Numero 1/2 - 2000

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Progetti Integrati del POR. Come fare?


Francesco Escalona


La giunta regionale della Campania ha approvato il Programma Operativo Regionale 2000/2006. La gestione dei fondi strutturali dovrà ispirarsi ai requisiti di programmazione, concentrazione, integrazione, sussidiarietà, decentramento, partenariato, addizionalità, verificabilità. Francesco Escalona ricorda come tra le novità più importanti contenute nel Quadro Comunitario di Sostegno sia il Progetto Integrato, che viene definito "un complesso di azioni intersettoriali strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obbiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario" 

 

 

POR CAMPANIA 2000-2006
 

 

 

 

 

La Giunta regionale della Campania ha recentemente approvato i Complementi di Programma-zione (CdP), il complesso documento esecutivo del Programma Operativo Regionale della Campania (POR 2000/2006) elaborato in soli 90 giorni, compreso il mese di agosto, rispettando i tempi strettissimi imposti dalla normativa europea.

La giunta Bassolino marca così un importante - e non scontato - successo e può dare finalmente avvio alle azioni e alle opere con cui attuerà la strategia per lo sviluppo sostenibile dei territori regionali tracciata da Agenda 2000 e dal Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) per le Regioni europee dell’ Obiettivo 1.

Sono consapevole della difficoltà per noi tutti di avvicinarci a sigle, metodi e tempi di importazione mitteleuropea; ma credo anche che questo sia il pedaggio che dobbiamo pagare per accedere alle importanti risorse finanziarie, e quindi alle opportunità, che l’Europa ci offre. Proverò allora a trattare questo complesso argomento sottolineando le importanti novità che interessano nello specifico la nostra disciplina, cercando di approfondire non tanto il cosa fare, legato ai molteplici casi specifici, ma soprattutto il come fare per avviare le azioni necessarie, nei modi e nei tempi giusti.

 

Il POR Campania

 

L’Obiettivo generale del POR Campania è la crescita dell’occupazione, per donne e uomini, da perseguirsi secondo una strategia:

di sviluppo sostenibile ed equo;

b) di miglioramento della qualità della vita;

c) di armonico ed equilibrato sviluppo del territorio.

Tutto ciò in un quadro di accrescimento della competitività regionale nello scenario nazionale, europeo, e mediterraneo.

I Principi qualificanti della programmazione e dell’impiego dei fondi strutturali sono stabiliti dal Regolamento della CE 1260 del 21 giugno 1999. Tali principi, che ci aiutano a comprendere l’essenza "della maniera europea" di programmare i fondi strutturali, in estrema sintesi possono essere così elencati:

programmazione

concentrazione

integrazione

sussidiarietà

decentramento

partenariato

addizionalità

verificabilità.

La Novità più importante contenuta nel Quadro Comunitario di Sostegno, e foriera di importanti sviluppi, è l’introduzione tra le modalità operative d’attuazione del Progetto Integrato (PI) che è presentato come il principale strumento di attuazione della programmazione di azioni ed opere per lo sviluppo. Il Progetto Integrato (PI) è definito come: "un complesso di azioni intersettoriali strettamente coerenti e collegate tra di loro che convergono verso un comune obbiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario".

I Progetti Integrati previsti dal POR sono di due tipi:

I PI di filiera che integrano attività di un unico comparto o riferite ad un unico tema, su territori anche diversi, che possono (ma non necessariamente devono) ricomprendere l’intero territorio regionale;

I PI territoriali che integrano settori di intervento, temi di attività diversi, di un medesimo ambito. Questa tipologia di Progetto Integrato legato ai territori viene anche definita PIT.

Tutti i PI devono essere costruiti a partire dalla identificazione, dalla definizione e dalla condivisione collettiva di un’Idea Guida di sviluppo del territorio, coerente con almeno un Asse di sviluppo individuato nel POR.

Gli Assi di sviluppo regionale, definiti dal POR Campania, sono 6: Risorse Naturali – 4.958 mld; Risorse Culturali – 1.499 mld; Risorse Umane – 2.387 mld; Sviluppo Locale – 5.611 mld; Città – 805 mld; Reti e nodi di servizio 2.509 mld.

Le Misure definiscono tutte le azioni attivabili (opere o risorse per iniziative) e le modalità per attuare gli obbiettivi degli Assi di sviluppo.

Le misure sono quindi "gli ingredienti" che compongono i PI.

Ogni PI individua un prevalente indirizzo di sviluppo ed uno specifico Asse di riferimento. Ai fini del perseguimento degli specifici obiettivi può però integrare le risorse anche attivando misure afferenti ad altri Assi.

Ogni Asse ha una propria procedura di identificazione e di formazione dei PI. Nei sistemi locali di sviluppo in territori che presentano grande complessità, durante il processo di formazione la identificazione dell’Asse di sviluppo prevalente potrà essere particolarmente complesso e motivo di difficili decisioni.

In alcuni casi potrà essere più agevole la costituzione e la definizione di diversi PI. In tal caso sarà fondamentale il ruolo di coordinamento complessivo tra PI assegnato dal POR alla Unità Progetti Integrati della Regione ed alle Province in coerenza con gli indirizzi e/o le norme dei Piani Territoriali di Coordinamento.

I PI sono attuati, con la Regia regionale, da un Responsabile di PI, nominato dalla Regione, e da un Project Manager, eventualmente nominato dalla componente privata. Queste due figure hanno la responsabilità esecutiva della buona riuscita del processo e dell’attuazione del sistema di progetti ed azioni in tutte le fasi.

In alcuni casi è previsto che la Regione possa mantenere la titolarità totale del PIT.

 

Le fasi

 

Il POR Campania è stato costruito finora attraverso tre fasi procedurali:

il Programma interinale, che ha tracciato gli indirizzi generali

il Programma Operativo che ha visto la stesura delle decisioni fondamentali

i Complementi di Programma che hanno precisato le modalità operative (il come) e la ripartizione delle risorse (il quanto).

Tutte le fasi hanno visto la partecipazione alle decisioni di una grande quantità di Soggetti Istituzionali ma anche di un ampissimo Partenariato. Tutto ciò ha comportato finora, e continuerà a comportare anche nelle successive fasi attuative, un processo di programmazione concertata teso alla identificazione ed alla precisazione sempre più articolata ed approfondita delle scelte generali: gli assi di sviluppo, le misure, le azioni, le procedure, le ripartizioni economiche, i cronoprogrammi e le modalità di attuazione ovvero i PI.

Interpretando la nuova realtà complessa:

Dal singolo intervento, ai programmi complessi; dal programma di opere pubbliche deciso centralmente, alla Programmazione negoziata e concertata; dal POP, ai Progetti Integrati del POR.

È evidente l’interesse che ha suscitato il POR 2000-2006, ed in particolare lo strumento del PIT, anche sulle discipline della Progettazione urbana e della Pianificazione territoriale. Per la prima volta, infatti, si crea la reale opportunità, a partire da un ambito territoriale definito e da un’Idea Guida per il suo sviluppo, di fondere la programmazione e la pianificazione, concentrando le azioni e gli interventi, integrando tipologie e modalità di intervento, risorse pubbliche e private. Tutto ciò in un’ottica di sussidiarietà e di stretta collaborazione tra le Amministrazioni Pubbliche, di decentramento delle decisioni, di reale coinvolgimento di un ampio partenariato locale.

Questa nuova metodologia operativa della programmazione dei fondi strutturali europei, capitalizza tutte quelle esperienze di animazione, di progettazione, e di concertazione avviate in questi anni come i Programmi integrati, PRU, Contratti d’area, Patti Territoriali, Urban I e II, PRUSST, che ci hanno progressivamente convinti (al di là dei risultati ancora da verificare e nonostante una crescente lettura o solo retorica, o solo disfattista, sull’argomento) della utilità del metodo. È infatti convinzione sempre crescente che:

la stretta aderenza alle effettive vocazioni e alle necessità dei Sistemi Locali di sviluppo;

gli effetti di azioni e programmi complessi sulla crescita dell’intero microsistema e sugli effetti indotti;

la evidente crescita culturale e sociale delle collettività coinvolte in progetti realmente e diffusamente autodefiniti dal basso

ripagano ampiamente della indubbia "fatica" e delle oggettive difficoltà da affrontare nei percorsi di animazione, di progettazione e di formazione. Difficoltà sicuramente acuite dalla scarsa codifica dei procedimenti e dei "come fare" per la costruzione dei PI.

Forse volge definitivamente al termine il periodo storico in cui si è puntato, per la gestione del territorio, su una pianificazione astratta, quasi sempre scollegata dalle reali occasioni e dalla misura delle risorse disponibili e su una programmazione lontana e disattenta agli effetti reali, fisici e sociali, che non hanno prodotto effetti adeguati per lo sviluppo sostenibile dei territori.

 

I PIT e il POR

 

Il POR Campania ha puntato decisamente e con coraggio su questa innovativa modalità di programmazione e di intervento, stabilendo che almeno il 40% delle notevoli risorse complessive (che ammontano a 17.845 miliardi di lire di cui 13.314 di risorse private) dovrà essere impiegato all’interno di Progetti Integrati. Ciò significa separare in maniera chiara la gestione delle emergenze e quella ordinaria (da perseguire con altre specifiche metodologie, come per esempio una nuova attenzione per la cultura e la pratica della manutenzione edilizia, urbana ed ambientale, che richiedono tempistiche e risorse diverse), dalle azioni strategiche finalizzate ad accompagnare lo sviluppo autodefinito in sede locale. Azioni strategiche che, finalmente, non vengono concepite più nelle lontane "stanze dei bottoni", come avveniva ad esempio per i Programmi di Intervento della Cassa per il Mezzogiorno, ma attraverso processi di concertazione istituzionale e partenariale.

La notevole entità delle risorse vincolate all’utilizzo di questo strumento ci evidenzia che non si tratterà di una parziale ed occasionale sperimentazione ma di una vera scelta strategica destinata a durare nel tempo ed a trasformare radicalmente, anche in Campania, le pratiche della Programmazione socio-economica e della Pianificazione dei territori, il rapporto tra le Amministrazioni Pubbliche, i rapporti con e tra i vari attori dello sviluppo locale.

È una grande sfida che potrà essere vinta solo con un grande sforzo collettivo nella consapevolezza delle difficoltà ma anche delle opportunità che tale metodologia comporta.

 

L’Individuazione e la promozione dei PIT

 

È all’ordine del giorno la identificazione degli ambiti dei PI e l’attivazione di pratiche per la loro formazione. Nei mesi scorsi si è alimentata, come spesso accade in occasione della presentazione di nuove occasioni di investimento e progettualità (vedi cosa è già avvenuto con Patti, PRUSST, URBAN, ecc.), una incredibile serie di "voci" che hanno a volte indotto ad avviare iniziative premature e che, anche in questo caso, rischiano di produrre scetticismo e scoraggiamento. Forse è importante provare a fare un po’ di sintetica chiarezza.

Il documento del POR ed i CdP, identificano con precisione alcuni temi o ambiti prioritari di sviluppo in cui avviare subito la formazione dei PI, ovvero: le cinque città capoluogo, la filiera termale, i Parchi nazionali e regionali, alcuni Distretti industriali, il sistema della portualità turistica. Solo questi ambiti sono specificamente predefiniti in quanto dotati di una chiara linea progettuale e di una Idea Guida già tracciata nel processo di concertazione già svolto ed approvata dal Consiglio Regionale e dalla CE.

Secondo il POR l’identificazione degli altri ambiti di riferimento di PI avviene seguendo le specifiche procedure previste per l’Asse di sviluppo prioritario individuato, attraverso processi di concertazione che possono vedere coinvolte sia Amministrazioni centrali che Amministrazioni Locali, con il più ampio coinvolgimento del Partenariato istituzionale e sociale, tenendo principalmente conto della progettualità già esistente coerente con gli ambiti di riferimento previsti dal POR (PRUSST, Studi di fattibilità, PRU, URBAN 2, ecc.).

Spetta alla Giunta Regionale approvare gli ambiti dei PI attivabili, attraverso una valutazione di coerenza con i contenuti del POR. Solo successivamente si potrà dare avvio alla progettazione dei PI elaborando, nei Tavoli di Concertazione istituiti con Decreto del Presidente della Giunta Regionale, i Documenti di Orientamento Strategico che definiranno gli obiettivi dei PIT nel quadro strategico più complessivo, ed i contenuti dei Protocolli d’Intesa che avvieranno la vera e propria progettazione dei PI.

Il Protocollo d’intesa tra le Amministrazioni interessate, dovrà tracciare le caratteristiche di base del PI, prevedere la identificazione del Soggetto Responsabile, individuato dal Tavolo di Concertazione, e le necessarie risorse progettuali necessarie.

La sottoscrizione dei Protocolli d’intesa non costituisce approvazione del PI che sarà soggetto, in ogni caso, alla valutazione finale di idoneità ai contenuti ed agli obbiettivi del POR.

 

Il Ruolo delle Province

 

Il POR assegna alle Province un ruolo fondamentale.

Nell’ambito dei processi di Concertazione la Regione "dovrà realizzare con le Province le più opportune intese per l’individuazione e la promozione dei PI". Questo ruolo di coordinamento intermedio delle Province, che "assisteranno i Tavoli di concertazione per la costruzione dei PI, è particolarmente interessante ai fini di un innovativo rapporto tra Programmazione e Pianificazione in quanto sono in corso di redazione, in tutte le Province della Campania, anche se con vario grado di avanzamento (Napoli e Salerno sono più avanti), i Piani Territoriali di Coordinamento provinciali (PTC).

Nasce la possibilità di fondere inscindibilmente, e per la prima volta, programmazione economica di lungo periodo, ingenti risorse, e pianificazione territoriale, paesistica ed ambientale, articolando un sistema di azioni strategiche che fungano da "volano" per l’attuazione del Piano più complessivo.

Una delle prime tappe concrete in tal senso è stata marcata con la recente sottoscrizione del Protocollo Quadro, tra la Regione Campania e le Province, per "l’individuazione e la promozione di Progetti Integrati e per l’istituzione del Tavolo di Coordinamento" nel quale, per un verso, si descrivono gli ambiti già definiti dai CdP, e nell’altro, si prende atto del lavoro di concertazione avviato nei territori dalle province e della proposta al Tavolo di coordinamento di individuazione di ulteriori ambiti di PI ritenuti coerenti con gli obbiettivi del POR.

Il documento, anche se non ancora vincolante ai fini delle decisioni, è un importante contributo per fare chiarezza sugli indirizzi specifici e per diradare la gran confusione generata in questi mesi nei territori da improvvisati "pittisti", alimentata a volte da una cattiva prassi politico-amministrativa, alla continua caccia di finanziamenti non accompagnata e sostenuta da una adeguata programmazione e da progetti di qualità.

La recente approvazione della legge Merloni, e del relativo Regolamento, dovrebbe in tal senso contribuire ad affermare la Programmazione e la Progettazione di qualità come un indispensabile patrimonio immateriale per perseguire lo sviluppo sostenibile dei territori.

 

Il Documento di orientamento strategico

 

Il Documento di Orientamento Strategico è un’altra importante innovazione introdotta nel procedimento di formazione dei PI dal CdP anche sulla scorta di alcune esperienze innovative sperimentate in alcuni Patti territoriali.

Il Documento di Orientamento Strategico viene elaborato all’interno del Tavolo di Concertazione ed indica le caratteristiche fondamentali del PIT alla luce del quadro complessivo dell’area anche sulla scorta della analisi dei vincoli urbanistici, ambientali ed idrogeologici; delle risorse inespresse esistenti nel territorio. Tutto ciò perlustrando e mappando le opportunità; proponendo, in attuazione dell’Idea Guida di sviluppo delineata, un sistema strategico di azioni finalizzate all’avvio o al consolidamento dello sviluppo compatibile con i valori esistenti nel territorio e dell’occupazione.

Il Documento, un vero ponte tra le discipline della programmazione, della pianificazione e del disegno urbanistico e paesistico delle aree urbane e dei territori, da produrre in forma scritta e disegnata, dovrà poter consentire anche la verifica ex ante, per gli ambiti specifici non individuati direttamente dal POR, della fondatezza e coerenza delle motivazioni del ricorso alla progettazione integrata e la definizione dei contenuti tecnici ed amministrativi ai quali dovrà corrispondere l’elaborazione del PI. Il documento consentirà inoltre al Nucleo per la VAS previsto nel POR, già in fase preliminare, una prima valutazione dell’impatto ambientale del PIT, consentendo di correggerne le scelte per tempo.

 

Dagli strumenti della programmazione contrattata al PIT:

Il ruolo del partenariato sociale e locale

 

Restano, a mio parere, non ancora sufficientemente definiti i modi ed il metodo con cui il partenariato locale potrà realmente e concretamente partecipare ed interagire con i Tavoli di concertazione, con i contenuti e le procedure della programmazione e della pianificazione complessa e con le decisioni amministrative e politiche. Ciò soprattutto in considerazione degli strettissimi tempi previsti dalla stringente normativa europea.

Saranno sicuramente avvantaggiati quei territori che in questi anni hanno già avviato veri processi di animazione e di costituzione di ampio partenariato autodefinito ed autoregolato, che potranno avvalersi, in molti casi, di Società per lo sviluppo locale già operative.

Ma non dappertutto è così.

Quel processo di proposizione "dal basso" delle idee e delle iniziative, che costituisce il valore cardine introdotto in questi anni dagli strumenti della Programmazione concertata, e in special modo da alcuni Patti Territoriali, potrebbe essere sacrificato alla necessità del raggiungimento di "obiettivi concreti" (la facile spesa dei fondi). Ma sicuramente, a mio parere, questa strada sarebbe di più corto respiro e di esito incerto per la creazione di un reale sviluppo sostenibile dei territori, di nuova e duratura occupazione e di un miglioramento generale della qualità della vita dei cittadini.

È questa la nuova frontiera.

 

 

 

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