La Giunta regionale della
Campania ha recentemente approvato i
Complementi di Programma-zione (CdP), il
complesso documento esecutivo del Programma
Operativo Regionale della Campania (POR
2000/2006) elaborato in soli 90 giorni,
compreso il mese di agosto, rispettando i
tempi strettissimi imposti dalla normativa
europea.
La giunta Bassolino marca
così un importante - e non scontato
- successo e può dare finalmente avvio
alle azioni e alle opere con cui attuerà la
strategia per lo sviluppo sostenibile dei
territori regionali tracciata da Agenda
2000 e dal Quadro Comunitario di
Sostegno (QCS) per le Regioni europee
dell’ Obiettivo 1.
Sono consapevole della
difficoltà per noi tutti di avvicinarci a
sigle, metodi e tempi di importazione
mitteleuropea; ma credo anche che questo sia
il pedaggio che dobbiamo pagare per accedere
alle importanti risorse finanziarie, e
quindi alle opportunità, che l’Europa ci
offre. Proverò allora a trattare questo
complesso argomento sottolineando le
importanti novità che interessano nello
specifico la nostra disciplina, cercando di
approfondire non tanto il cosa fare,
legato ai molteplici casi specifici, ma
soprattutto il come fare per avviare
le azioni necessarie, nei modi e nei tempi
giusti.
Il POR Campania
L’Obiettivo generale
del POR Campania è la crescita dell’occupazione,
per donne e uomini, da perseguirsi secondo
una strategia:
di sviluppo sostenibile
ed equo;
b) di miglioramento della
qualità della vita;
c) di armonico ed
equilibrato sviluppo del territorio.
Tutto ciò in un quadro
di accrescimento della competitività
regionale nello scenario nazionale, europeo,
e mediterraneo.
I Principi qualificanti
della programmazione e dell’impiego dei
fondi strutturali sono stabiliti dal
Regolamento della CE 1260 del 21 giugno
1999. Tali principi, che ci aiutano a
comprendere l’essenza "della maniera
europea" di programmare i fondi
strutturali, in estrema sintesi possono
essere così elencati:
programmazione
concentrazione
integrazione
sussidiarietà
decentramento
partenariato
addizionalità
verificabilità.
La Novità più
importante contenuta nel Quadro Comunitario
di Sostegno, e foriera di importanti
sviluppi, è l’introduzione tra le
modalità operative d’attuazione del Progetto
Integrato (PI) che è presentato come il
principale strumento di attuazione della
programmazione di azioni ed opere per lo
sviluppo. Il Progetto Integrato (PI) è
definito come: "un complesso di azioni
intersettoriali strettamente coerenti e
collegate tra di loro che convergono verso
un comune obbiettivo di sviluppo del
territorio e giustificano un approccio
attuativo unitario".
I Progetti Integrati
previsti dal POR sono di due tipi:
I PI di filiera
che integrano attività di un unico comparto
o riferite ad un unico tema, su territori
anche diversi, che possono (ma non
necessariamente devono) ricomprendere l’intero
territorio regionale;
I PI territoriali
che integrano settori di intervento, temi di
attività diversi, di un medesimo ambito.
Questa tipologia di Progetto Integrato
legato ai territori viene anche definita
PIT.
Tutti i PI devono essere
costruiti a partire dalla identificazione,
dalla definizione e dalla condivisione
collettiva di un’Idea Guida di
sviluppo del territorio, coerente con almeno
un Asse di sviluppo individuato nel POR.
Gli Assi di sviluppo
regionale, definiti dal POR Campania, sono
6: Risorse Naturali – 4.958 mld;
Risorse Culturali – 1.499 mld;
Risorse Umane – 2.387 mld; Sviluppo
Locale – 5.611 mld; Città – 805
mld; Reti e nodi di servizio 2.509 mld.
Le Misure definiscono
tutte le azioni attivabili (opere o risorse
per iniziative) e le modalità per attuare
gli obbiettivi degli Assi di sviluppo.
Le misure sono quindi
"gli ingredienti" che compongono i
PI.
Ogni PI individua un
prevalente indirizzo di sviluppo ed uno
specifico Asse di riferimento. Ai fini del
perseguimento degli specifici obiettivi può
però integrare le risorse anche attivando
misure afferenti ad altri Assi.
Ogni Asse ha una propria
procedura di identificazione e di formazione
dei PI. Nei sistemi locali di sviluppo in
territori che presentano grande
complessità, durante il processo di
formazione la identificazione dell’Asse di
sviluppo prevalente potrà essere
particolarmente complesso e motivo di
difficili decisioni.
In alcuni casi potrà
essere più agevole la costituzione e la
definizione di diversi PI. In tal caso sarà
fondamentale il ruolo di coordinamento
complessivo tra PI assegnato dal POR alla
Unità Progetti Integrati della Regione ed
alle Province in coerenza con gli indirizzi
e/o le norme dei Piani Territoriali di
Coordinamento.
I PI sono attuati, con la
Regia regionale, da un Responsabile di PI,
nominato dalla Regione, e da un Project
Manager, eventualmente nominato dalla
componente privata. Queste due figure hanno
la responsabilità esecutiva della buona
riuscita del processo e dell’attuazione
del sistema di progetti ed azioni in tutte
le fasi.
In alcuni casi è
previsto che la Regione possa mantenere la
titolarità totale del PIT.
Le fasi
Il POR Campania è stato
costruito finora attraverso tre fasi
procedurali:
il Programma interinale,
che ha tracciato gli indirizzi generali
il Programma Operativo
che ha visto la stesura delle decisioni
fondamentali
i Complementi di
Programma che hanno precisato le modalità
operative (il come) e la ripartizione delle
risorse (il quanto).
Tutte le fasi hanno visto
la partecipazione alle decisioni di una
grande quantità di Soggetti Istituzionali
ma anche di un ampissimo Partenariato. Tutto
ciò ha comportato finora, e continuerà a
comportare anche nelle successive fasi
attuative, un processo di programmazione
concertata teso alla identificazione ed
alla precisazione sempre più articolata ed
approfondita delle scelte generali: gli assi
di sviluppo, le misure, le azioni, le
procedure, le ripartizioni economiche, i
cronoprogrammi e le modalità di attuazione
ovvero i PI.
Interpretando la nuova
realtà complessa:
Dal singolo intervento,
ai programmi complessi; dal programma di
opere pubbliche deciso centralmente, alla
Programmazione negoziata e concertata; dal
POP, ai Progetti Integrati del POR.
È evidente l’interesse
che ha suscitato il POR 2000-2006, ed in
particolare lo strumento del PIT, anche
sulle discipline della Progettazione urbana
e della Pianificazione territoriale. Per la
prima volta, infatti, si crea la reale
opportunità, a partire da un ambito
territoriale definito e da un’Idea Guida
per il suo sviluppo, di fondere la
programmazione e la pianificazione,
concentrando le azioni e gli interventi,
integrando tipologie e modalità di
intervento, risorse pubbliche e private.
Tutto ciò in un’ottica di sussidiarietà
e di stretta collaborazione tra le
Amministrazioni Pubbliche, di decentramento
delle decisioni, di reale coinvolgimento di
un ampio partenariato locale.
Questa nuova metodologia
operativa della programmazione dei fondi
strutturali europei, capitalizza tutte
quelle esperienze di animazione, di
progettazione, e di concertazione avviate in
questi anni come i Programmi integrati, PRU,
Contratti d’area, Patti Territoriali,
Urban I e II, PRUSST, che ci hanno
progressivamente convinti (al di là dei
risultati ancora da verificare e nonostante
una crescente lettura o solo retorica, o
solo disfattista, sull’argomento) della
utilità del metodo. È infatti convinzione
sempre crescente che:
la stretta aderenza alle
effettive vocazioni e alle necessità dei
Sistemi Locali di sviluppo;
gli effetti di azioni e
programmi complessi sulla crescita dell’intero
microsistema e sugli effetti indotti;
la evidente crescita
culturale e sociale delle collettività
coinvolte in progetti realmente e
diffusamente autodefiniti dal basso
ripagano ampiamente della
indubbia "fatica" e delle
oggettive difficoltà da affrontare nei
percorsi di animazione, di progettazione e
di formazione. Difficoltà sicuramente
acuite dalla scarsa codifica dei
procedimenti e dei "come fare" per
la costruzione dei PI.
Forse volge
definitivamente al termine il periodo
storico in cui si è puntato, per la
gestione del territorio, su una pianificazione
astratta, quasi sempre scollegata dalle
reali occasioni e dalla misura delle risorse
disponibili e su una programmazione
lontana e disattenta agli effetti reali,
fisici e sociali, che non hanno prodotto
effetti adeguati per lo sviluppo sostenibile
dei territori.
I PIT e il POR
Il POR Campania ha
puntato decisamente e con coraggio su questa
innovativa modalità di programmazione e di
intervento, stabilendo che almeno il 40%
delle notevoli risorse complessive (che
ammontano a 17.845 miliardi di lire di cui
13.314 di risorse private) dovrà essere
impiegato all’interno di Progetti
Integrati. Ciò significa separare in
maniera chiara la gestione delle emergenze e
quella ordinaria (da perseguire con altre
specifiche metodologie, come per esempio una
nuova attenzione per la cultura e la pratica
della manutenzione edilizia, urbana ed
ambientale, che richiedono tempistiche e
risorse diverse), dalle azioni strategiche
finalizzate ad accompagnare lo sviluppo
autodefinito in sede locale. Azioni
strategiche che, finalmente, non vengono
concepite più nelle lontane "stanze
dei bottoni", come avveniva ad esempio
per i Programmi di Intervento della Cassa
per il Mezzogiorno, ma attraverso processi
di concertazione istituzionale e
partenariale.
La notevole entità delle
risorse vincolate all’utilizzo di questo
strumento ci evidenzia che non si tratterà
di una parziale ed occasionale
sperimentazione ma di una vera scelta
strategica destinata a durare nel tempo ed a
trasformare radicalmente, anche in Campania,
le pratiche della Programmazione
socio-economica e della Pianificazione dei
territori, il rapporto tra le
Amministrazioni Pubbliche, i rapporti con
e tra i vari attori dello sviluppo
locale.
È una grande sfida che
potrà essere vinta solo con un grande
sforzo collettivo nella consapevolezza delle
difficoltà ma anche delle opportunità che
tale metodologia comporta.
L’Individuazione e la
promozione dei PIT
È all’ordine del
giorno la identificazione degli ambiti dei
PI e l’attivazione di pratiche per la loro
formazione. Nei mesi scorsi si è
alimentata, come spesso accade in occasione
della presentazione di nuove occasioni di
investimento e progettualità (vedi cosa è
già avvenuto con Patti, PRUSST, URBAN,
ecc.), una incredibile serie di
"voci" che hanno a volte indotto
ad avviare iniziative premature e che, anche
in questo caso, rischiano di produrre
scetticismo e scoraggiamento. Forse è
importante provare a fare un po’ di
sintetica chiarezza.
Il documento del POR ed i
CdP, identificano con precisione alcuni temi
o ambiti prioritari di sviluppo in cui
avviare subito la formazione dei PI, ovvero:
le cinque città capoluogo, la filiera
termale, i Parchi nazionali e regionali,
alcuni Distretti industriali, il sistema
della portualità turistica. Solo questi
ambiti sono specificamente predefiniti in
quanto dotati di una chiara linea
progettuale e di una Idea Guida già
tracciata nel processo di concertazione già
svolto ed approvata dal Consiglio Regionale
e dalla CE.
Secondo il POR l’identificazione
degli altri ambiti di riferimento di PI
avviene seguendo le specifiche procedure
previste per l’Asse di sviluppo
prioritario individuato, attraverso processi
di concertazione che possono vedere
coinvolte sia Amministrazioni centrali che
Amministrazioni Locali, con il più ampio
coinvolgimento del Partenariato
istituzionale e sociale, tenendo
principalmente conto della progettualità
già esistente coerente con gli ambiti di
riferimento previsti dal POR (PRUSST, Studi
di fattibilità, PRU, URBAN 2, ecc.).
Spetta alla Giunta
Regionale approvare gli ambiti dei PI
attivabili, attraverso una valutazione di
coerenza con i contenuti del POR. Solo
successivamente si potrà dare avvio alla
progettazione dei PI elaborando, nei Tavoli
di Concertazione istituiti con Decreto del
Presidente della Giunta Regionale, i
Documenti di Orientamento Strategico che
definiranno gli obiettivi dei PIT nel quadro
strategico più complessivo, ed i contenuti
dei Protocolli d’Intesa che avvieranno la
vera e propria progettazione dei PI.
Il Protocollo d’intesa
tra le Amministrazioni interessate, dovrà
tracciare le caratteristiche di base del PI,
prevedere la identificazione del Soggetto
Responsabile, individuato dal Tavolo di
Concertazione, e le necessarie risorse
progettuali necessarie.
La sottoscrizione dei
Protocolli d’intesa non costituisce
approvazione del PI che sarà soggetto, in
ogni caso, alla valutazione finale di
idoneità ai contenuti ed agli obbiettivi
del POR.
Il Ruolo delle Province
Il POR assegna alle
Province un ruolo fondamentale.
Nell’ambito dei
processi di Concertazione la Regione
"dovrà realizzare con le Province le
più opportune intese per l’individuazione
e la promozione dei PI". Questo ruolo
di coordinamento intermedio delle Province,
che "assisteranno i Tavoli di
concertazione per la costruzione dei PI, è
particolarmente interessante ai fini di un
innovativo rapporto tra Programmazione e
Pianificazione in quanto sono in corso di
redazione, in tutte le Province della
Campania, anche se con vario grado di
avanzamento (Napoli e Salerno sono più
avanti), i Piani Territoriali di
Coordinamento provinciali (PTC).
Nasce la possibilità di
fondere inscindibilmente, e per la prima
volta, programmazione economica di lungo
periodo, ingenti risorse, e pianificazione
territoriale, paesistica ed ambientale,
articolando un sistema di azioni strategiche
che fungano da "volano" per l’attuazione
del Piano più complessivo.
Una delle prime tappe
concrete in tal senso è stata marcata con
la recente sottoscrizione del Protocollo
Quadro, tra la Regione Campania e le
Province, per "l’individuazione e la
promozione di Progetti Integrati e per l’istituzione
del Tavolo di Coordinamento" nel quale,
per un verso, si descrivono gli ambiti già
definiti dai CdP, e nell’altro, si prende
atto del lavoro di concertazione avviato nei
territori dalle province e della proposta al
Tavolo di coordinamento di individuazione di
ulteriori ambiti di PI ritenuti coerenti con
gli obbiettivi del POR.
Il documento, anche se
non ancora vincolante ai fini delle
decisioni, è un importante contributo per
fare chiarezza sugli indirizzi specifici e
per diradare la gran confusione generata in
questi mesi nei territori da improvvisati
"pittisti", alimentata a volte da
una cattiva prassi politico-amministrativa,
alla continua caccia di finanziamenti non
accompagnata e sostenuta da una adeguata
programmazione e da progetti di qualità.
La recente approvazione
della legge Merloni, e del relativo
Regolamento, dovrebbe in tal senso
contribuire ad affermare la Programmazione e
la Progettazione di qualità come un
indispensabile patrimonio immateriale per
perseguire lo sviluppo sostenibile dei
territori.
Il Documento di
orientamento strategico
Il Documento di
Orientamento Strategico è un’altra
importante innovazione introdotta nel
procedimento di formazione dei PI dal CdP
anche sulla scorta di alcune esperienze
innovative sperimentate in alcuni Patti
territoriali.
Il Documento di
Orientamento Strategico viene elaborato all’interno
del Tavolo di Concertazione ed indica le
caratteristiche fondamentali del PIT alla
luce del quadro complessivo dell’area
anche sulla scorta della analisi dei
vincoli urbanistici, ambientali ed
idrogeologici; delle risorse inespresse
esistenti nel territorio. Tutto ciò
perlustrando e mappando le opportunità;
proponendo, in attuazione dell’Idea Guida
di sviluppo delineata, un sistema strategico
di azioni finalizzate all’avvio o al
consolidamento dello sviluppo compatibile
con i valori esistenti nel territorio e dell’occupazione.
Il Documento, un vero
ponte tra le discipline della
programmazione, della pianificazione e del
disegno urbanistico e paesistico delle aree
urbane e dei territori, da produrre in forma
scritta e disegnata, dovrà poter consentire
anche la verifica ex ante, per gli ambiti
specifici non individuati direttamente dal
POR, della fondatezza e coerenza delle
motivazioni del ricorso alla progettazione
integrata e la definizione dei contenuti
tecnici ed amministrativi ai quali dovrà
corrispondere l’elaborazione del PI. Il
documento consentirà inoltre al Nucleo per
la VAS previsto nel POR, già in fase
preliminare, una prima valutazione dell’impatto
ambientale del PIT, consentendo di
correggerne le scelte per tempo.
Dagli strumenti della
programmazione contrattata al PIT:
Il ruolo del partenariato
sociale e locale
Restano, a mio parere,
non ancora sufficientemente definiti i modi
ed il metodo con cui il partenariato locale
potrà realmente e concretamente partecipare
ed interagire con i Tavoli di concertazione,
con i contenuti e le procedure della
programmazione e della pianificazione
complessa e con le decisioni amministrative
e politiche. Ciò soprattutto in
considerazione degli strettissimi tempi
previsti dalla stringente normativa europea.
Saranno sicuramente
avvantaggiati quei territori che in questi
anni hanno già avviato veri processi di
animazione e di costituzione di ampio
partenariato autodefinito ed autoregolato,
che potranno avvalersi, in molti casi, di
Società per lo sviluppo locale già
operative.
Ma non dappertutto è
così.
Quel processo di
proposizione "dal basso" delle
idee e delle iniziative, che costituisce il
valore cardine introdotto in questi anni
dagli strumenti della Programmazione
concertata, e in special modo da alcuni
Patti Territoriali, potrebbe essere
sacrificato alla necessità del
raggiungimento di "obiettivi
concreti" (la facile spesa dei fondi).
Ma sicuramente, a mio parere, questa strada
sarebbe di più corto respiro e di esito
incerto per la creazione di un reale
sviluppo sostenibile dei territori, di nuova
e duratura occupazione e di un miglioramento
generale della qualità della vita dei
cittadini.
È questa la nuova
frontiera.