La pianificazione
di area vasta è problematica che si
approfondisce all’Università di
Salerno, precisamente negli
insegnamenti di Tecnica
Urbanistica, Pianificazione
Territoriale ed Analisi dei
Sistemi Urbani e Territoriali
nell’ambito del corso di laurea in
Ingegneria Civile.
È sembrato
opportuno aprire questa finestra
sulle attività che si svolgono
presso l’Università di Salerno,
nell’ambito delle discipline della
tecnica e della pianificazione
urbanistica e territoriale,
presentando due studi, di un certo
interesse, scelti fra quelli più
recenti e più attenenti alle
problematiche di organizzazione
urbanistica che investono ampi
territori: una tesi di laurea e una
ricerca di dipartimento.
La tesi, in
Tecnica Urbanistica, è quella con
cui Raffaella Petrone si è laureata
il 9 ottobre 2000, avente come
titolo "Centralità urbane e
territoriali: il ruolo dell’Università
di Salerno nel contesto delle
relazioni spaziali e funzionali
della Valle dell’Irno".
Di tale tesi è stato relatore
Roberto Gerundo e correlatore chi
scrive.
Fra i filoni di
ricerca attivati presso il
Dipartimento di Ingegneria Civile
dell’Università di Salerno, è
presente quello denominato "La
pianificazione urbanistica e
territoriale nelle aree a rischio
naturale". Tale tema
presenta una attualità dettata
dalla stringente cadenza con cui,
purtroppo, gli eventi catastrofici
continuano a succedersi, in
corrispondenza di questo passaggio
di millennio, apparentemente più
che nel passato, nel nostro paese
come ovunque.
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Inquadramento
territoriale del Comune di
Fisciano |
La tesi di laurea
Centralità
urbane e territoriali: il ruolo dell’Università
di Salerno nel contesto delle
relazioni spaziali e funzionali
della Valle dell’Irno
L’argomento
della tesi è di estremo interesse
in quanto, per la natura stessa di
un insediamento universitario di
notevoli dimensioni (dati
quantitativi dimensionali in
rapporto ad altre università
nazionali) comporta un approccio sia
conoscitivo che propositivo che
necessita un passaggio di scala
territoriale che va da un ambito
sicuramente vasto alla necessità di
una definizione degli usi del suolo
che, viceversa, non può che
diventare puntuale in corrispondenza
del campus universitario di
Fisciano. L’interesse è dato, per
l’appunto, dalla necessità di
definire il rapporto che si
stabilisce fra un’attrezzatura
tipicamente di area vasta, con un
raggio di influenza che determina
provenienze extraprovinciali ed
extraregionali, e il suo immediato
intorno urbano e territoriale. Si
tratta, in un certo senso, di un
pezzo di città che deve uscire dal
proprio recinto per candidarsi a
diventare centralità per più
provincie e per più regioni.
Il comune di
Fisciano (SA) è nella parte
nord-orientale della Valle dell’Irno,
tra i monti Lattari e i monti
Picentini. Gran parte del territorio
è in zona montana nel versante
sud-occidentale del Pizzo S. Michele
(1564 mslm) che è una delle cime
più alte della catena dei monti
Picentini. L’altitudine è
compresa tra i 140 e i 1.200 mslm.
Il territorio comunale ha una
superficie di 3.152 ha ed una
densità territoriale di 3,9
abitanti per ettaro. Il paesaggio è
caratterizzato da una serie di
colline e piccole valli; a nord la
montagna (Pizzo S. Michele con, a
mezza quota, uno dei rarissimi
esempi di chiese rupestri della
Campania, la chiesa di S. Michele di
Basso, 592 mslm) da cui si domina
tutta la vallata del fiume Irno,
fino al golfo di Salerno, e la valle
del Sarno. Fisciano continua ad
essere non governato da un
programma di fabbricazione che
risale ormai a circa trent’anni
fa.
In un contesto
così specifico e particolare si è
colto il pretesto per sperimentare
la redazione di un piano
strutturale e relativo piano
operativo di un comune di medie
dimensioni a forte centralità
territoriale.
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Evoluzione
insediativi dell'Università
degli Studi di Salerno nella
Valle dell'Irno |
La tesi di
Raffaella Petrone muove dalla
seguente riflessione: le risorse
locali, naturalistiche e
agricolo-artigianali tradizionali,
anche in termini di preesistenze,
rimangono attualmente di gran lunga
sottoutilizzate. Le potenzialità di
valorizzazione di tali risorse e di
evoluzione e di sviluppo della Valle
dell’Irno sono da ricercarsi quasi
totalmente nella presenza dell’Università
degli Studi di Salerno. L’idea
progettuale che si presenta vuole
essere un contributo al dibattito
sul futuro di questo territorio
nella convinzione che sia necessario
un tentativo di integrazione delle
funzioni universitarie e di servizio
tra l’Università stessa e il
tessuto urbano circostante l’area
universitaria. In definitiva, si
tenta di definire un modello di
integrazione territorio-università,
mediante la realizzazione di un
fulcro di funzioni a servizio dell’intera
realtà urbana della Valle dell’Irno.
L’Ateneo salernitano rappresenta
un insediamento di poderoso peso
urbanistico e di grande capacità di
attrazione gravitazionale; esso ha
favorito fin’ora, un
consolidamento ed un’espansione
della dinamica demografica dei
comuni della Valle dell’Irno
senza, tuttavia, esprimere
completamente le potenzialità che
esso, in nuce, possiede di attrarre
investimenti produttivi e di
sviluppare iniziative economiche ed
imprenditoriali in grado di
garantire una ricaduta
socio-economica positiva, stabile e
duratura. È necessario, dunque, un
progetto volto a favorire l’integrazione
dell’Università nel tessuto
sociale locale al fine di uno
sviluppo economico, sociale e
culturale e per offrire servizi agli
studenti universitari, così come
alla popolazione locale, e fare in
modo che l’Università stessa
diventi il centro propulsivo per la
crescita della Valle dell’Irno. A
tutt’oggi, infatti, si è avuta
una crescita diretta esclusivamente
ad alcuni settori produttivi e di
servizio, prevalentemente legati
alla ricettività privata degli
studenti universitari. Tali carenze,
unitamente all’assenza di una
razionalità organizzativa dello
spazio territoriale e urbano,
impediscono in primo luogo la
composizione di una nuova immagine
culturale di questo territorio e l’acquisizione
di una effettiva centralità nella
regione territoriale che gravita
attorno ad essa; in questo senso va
inteso il ruolo che l’Università
è destinata sempre maggiormente a
svolgere nel contesto delle
relazioni spaziali e funzionali di
un territorio.
Lo studio
ricostruisce e propone le fasi della
nascita, avvenuta nel capoluogo di
provincia nel 1944, e dell’evoluzione
dell’Università di Salerno: nel
1973 inizia la progettazione della
nuova sede e nel 1982, con la posa
della prima pietra, si dà il via ai
lavori per la realizzazione del
campus universitario. L’Università
da diffusa si trasforma in accentrata,
con la particolarità di una
localizzazione tutta esterna alla
città che originariamente la
ospitava.
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Le ipotesi
di collegamento ferroviario
ed autostradale con
l'Università di Salerno |
L’inadeguatezza
della strumentazione urbanistica in
dotazione del comune e la volontà
di sperimentare le innovazioni
normative in corso di attuazione
nelle realtà regionali di
avanguardia nella cultura della
pianificazione urbanistica del
territorio hanno suggerito che il
progetto si articolasse in un Piano
Strutturale e un Piano Operativo,
distinzione che nasce non solo dalle
suggestioni che la disciplina e l’esperienza
urbanistica di questo tempo propone.
Nel caso specifico, il comune di
Fisciano, a valle della definizione
del quadro conoscitivo e sulla base,
principalmente, delle
caratteristiche geomorfologiche, è
stato suddiviso in sistemi
territoriali, sub-sistemi e unità
territoriali organiche elementari.
Il progetto di
piano operativo ruota intorno alla
scelta del punto di attestamento,
nei pressi del campus, di un ramo
dedicato della linea su ferro che
collega Salerno a Mercato S.
Severino; di minore incidenza sull’assetto
locale si ritiene l’esito del
dibattito aperto sul tracciato della
bretella autostradale finalizzata ad
evitare il famigerato nodo di
Salerno-Fratte.
La proposta di
piano operativo tenta di ridisegnare
la porzione di territorio di cintura
all’Ateneo. È stato definito, a
tal fine, un perimetro che racchiude
in sé, oltre il centro abitato di
Fisciano, direttamente confinante
con il lotto universitario, quelli
che nel piano strutturale sono stati
definiti sub-sistema Università e
sub-sistema di integrazione. All’interno
dell’area così definita è stato
individuato il complesso di immobili
da assoggettare a trasformazione
urbanistica e da destinare alla
realizzazione di infrastrutture,
attrezzature, zone di rispetto, aree
verdi, e altre opere pubbliche e di
interesse pubblico. In particolare
le direttrici fondamentali di
intervento individuate, sulle quali
ci si è soffermati sono: il
miglioramento delle infrastrutture
viarie di collegamento all’area
universitaria; la necessità di
realizzare ulteriori ingressi all’Ateneo,
attualmente presenti solo sul lato
nord lungo la provinciale
Fisciano-Mercato S. Severino; la
possibilità di realizzare una
ulteriore uscita autostradale per l’Università
esclusivamente riservata ai
provenienti da sud; il recupero dei
contenitori dimessi all’interno
dell’area in oggetto ai fini
residenziali e di servizio; l’integrazione
delle già esistenti attrezzature
sportive; la conservazione e la
rinaturalizzazione dei due corridoi
naturali, costituiti da
incisioni geomorfologiche o Valloni,
che solcano l’area in oggetto; la
conservazione delle aree agricole
esistenti con la destinazione di
parte di esse alla coltivazione
biologica e sperimentale. Per quanto
riguarda il miglioramento delle
infrastrutture viarie esistenti si
è proceduto ad un ampliamento delle
sezioni stradali esistenti
rendendole tutte carrabili, in buona
parte ciclabili e pedonali.
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Ambiti di
Piano Strutturale del Comune
di Fisciano |
Il
planovolumetrico dello stato di
fatto e delle opere programmate
fornisce un’idea della dimensione
del campus e della distribuzione e
dell’organizzazione delle funzioni
attuali e future.
La collinetta dei
Cappuccini ricadente anch’essa
nell’area oggetto di studio
verrebbe recuperata e
rinaturalizzata nella parte
abbandonata e incolta, conservata
invece nella parte destinata ad
uliveto. Del monastero,
opportunamente recuperato, si
ipotizza la destinazione a centro
polifunzionale, ricettivo e
congressuale. Ad esso, nella ipotesi
progettuale formulata da Raffaella
Petrone, si accederebbe da Fisciano
percorrendo la nuova strada comunale
Fisciano-Capo Penta prevista nel
piano di zona di Fisciano, fino a
giungere ai piedi della collinetta
dove si prevede la realizzazione di
un parcheggio. Di qui, percorrendo
un itinerario esclusivamente
pedonale, si può accedere alla
parte antistante il monastero,
opportunamente risistemata e nella
quale trova posto anche un piccolo
anfiteatro all’aperto.
La necessità di
integrare le attrezzature sportive
già presenti all’interno dell’area
in oggetto, rende indispensabile la
realizzazione di un ampio parcheggio
nell’attuale area dei
prefabbricati adiacente il campo
sportivo e di ulteriori attrezzature
sportive che vanno a sopperire al
deficit registrato nella fase di
analisi. A supporto di tali
attrezzature si prevede il recupero
di alcuni edifici dimessi con la
realizzazione di palestra,
spogliatoio e servizi. L’area tra
via Mariscoli e il Vallone Vallecaro,
opportunamente rinaturalizzata,
diviene finalmente fruibile per lo
svago, lo sport e il tempo libero:
un parco costituisce un’occasione
di riqualificazione e valorizzazione
dei corridoi naturali costituiti dai
Valloni mediante la sistemazione e
la infrastrutturazione leggera dei
luoghi ai fini di una fruibilità
adeguata e non invasiva. Un’altra
area, adiacente alla precedente, tra
l’Università e la stessa via
Mariscoli, potrebbe essere
utilizzata dalla stessa Università
come area agricola sperimentale,
vista la presenza di specifiche
facoltà come Farmacia e di filoni
di ricerca in Ingegneria
chimico-alimentare.
Il progetto
prevede un capillare studio della
rete viaria esistente ai fini del
miglioramento delle strade esistenti
e la realizzazione di nuove
consentendo in tal modo l’accesso
all’Università sia da via Macello
che da via I Maggio e l’utilizzo
dell’anello viario universitario
che andrebbe così ad integrare la
rete stradale comunale. La
possibilità di realizzare una
ulteriore uscita autostradale prima
della diramazione per Caserta
consentirebbe di razionalizzare i
flussi veicolari di ingresso all’Università.
In tal modo, infatti, verrebbero a
diversificarsi le uscite per
provenienza rendendo lo svincolo di
Fisciano, attualmente utilizzato dai
provenienti da Napoli e da Salerno,
esclusivamente riservato ai
provenienti da Napoli, in maniera da
evitare le code che quotidianamente
si verificano in prossimità del
suddetto svincolo.
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Il Piano
Strutturale del Comune di
Fisciano. I sistemi e
subsistemi territoriali. Le
unità territoriali
organiche elementari. |
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Il Piano
Strutturale del Comune di
Fisciano. I sistemi e
subsistemi territoriali. Le
unità territoriali
organiche elementari. |
Il progetto, in
definitiva, partendo dalle ipotesi
di rafforzamento dei collegamenti
alla grande scala fino a giungere
alla definizione puntuale dell’uso
di ogni porzione di territorio,
muove nella direzione di un
rafforzamento di una centralità che
è urbana e territoriale al tempo
stesso; una centralità determinata
dal ruolo che riveste l’Università
di Salerno nel contesto di una fitta
rete di relazioni spaziali e
funzionali che vanno oltre i confini
stessi della Valle dell’Irno. Una
centralità il cui rafforzamento
deve vedere impegnato lo stesso
comune di Fisciano, attraverso la
predisposizione di un idoneo
strumento urbanistico in grado di
proporre ed orientare correttamente
le trasformazioni, che pure
avvengono sotto spinte contingenti
ed occasionali, nell’ambito di un
approccio che è di competizione nei
confronti delle realtà locali
finitime.
La ricerca
Il Piano della
Sicurezza Urbana per un insediamento
abitato di piccole dimensioni
La ricerca muove
dalla considerazione che in
determinate aree il rischio naturale
può rappresentare il fattore
centrale caratterizzante l’intero
processo di pianificazione
territoriale e urbanistica con
riferimento all’attuale quadro
legislativo individuante livelli,
soggetti e strumenti per la
disciplina del territorio. Gli studi
sono mirati all’approfondimento di
una serie di problematiche
finalizzate alla acquisizione di una
conoscenza di sfondo
(teorico-disciplinare, normativa,
tecnico-progettuale) sul tema della
pianificazione delle aree a rischio.
Con la legge
267/1998, varata a seguito dell’evento
idrogeologico del 5 maggio 1998 nell’area
di Sarno, si apre, infatti, una fase
nuova nel governo del territorio
delle aree a rischio. Una fase in
cui, a tutt’oggi, non risulta
individuato e tanto meno condiviso
un modello di pianificazione
urbanistica in grado di coniugare
difesa dell’ambiente e progresso
economico che non siano imposti
dirigisticamente ma che si
costruiscano dal basso, favorendo
forme di sviluppo locale. Emerge la
necessità di un ripensamento di
alcuni meccanismi e strumenti di
trasformazione del territorio in
rapporto alla caratterizzazione
normativa e/o parametrico-ambientale
dello stesso.
La ricerca pone
una serie di quesiti le cui risposte
sono volte a verificare la tesi che
il rischio naturale, per determinate
aree, può divenire, mediante
opportune metodologie e tecniche di
analisi e di progettazione, il
fattore centrale e propositivo del
processo di pianificazione
urbanistica.
L’obiettivo è
quello della individuazione di
livelli, soggetti e strumenti per la
pianificazione urbanistica dei
territori caratterizzati dalla
costante presenza di rischi di
origine naturale; della definizione,
inoltre, di norme inerenti la
disciplina dell’uso del suolo per
i suddetti territori.
Insomma, è in
corso il tentativo, non semplice, di
mettere a punto nuovi e più idonei
riferimenti teorici e metodologici
in grado di descrivere il rapporto
tra rischio naturale e sistemi
urbani e territoriali.
Nell’ambito
della ricerca si è giunti ad una
prima formulazione di studi
finalizzati alla redazione di un
Piano della Sicurezza Urbana esteso
a un insediamento abitato di piccole
dimensioni.
La prevenzione e
riduzione del rischio comporta un
insieme di azioni volte ad agire
contemporaneamente sulla
esposizione, sulla vulnerabilità e
sulla pericolosità separatamente
individuabili in un sistema urbano.
Si tratta di creare,
progressivamente, un nuovo approccio
alla pianificazione urbanistica,
tale che, sulla base di apposite
metodologie e tecniche, ogni
intervento di tipo urbanistico
rappresenti l’occasione per
aggiungere un gradiente di sicurezza
in più ai centri urbani. Le
politiche di riduzione del rischio,
accettando l’impossibilità di una
protezione totale, hanno il compito
di individuare la resistenza degli
elementi della struttura urbana
ritenuti strategici ai fini della
predisposizione di un piano di
protezione civile. È pertanto
compito dell’amministrazione
comunale definire, sulla base delle
proprie finalità e delle analisi
settoriali svolte per l’elaborazione
del piano urbanistico, un
determinato livello strutturale di
prevenzione. Al fine di rendere
quanto più efficace la risposta al
fenomeno da parte del sistema di
protezione civile è opportuno che
risulti preventivamente pianificata
l’individuazione e la
predisposizione degli spazi
necessari per le operazioni di messa
in sicurezza e assistenza alla
popolazione nonché al ripristino
delle funzioni vitali primarie di
una comunità. Occorre, pertanto,
assicurare gli spazi necessari alla
gestione di una situazione di crisi
connessa all’alterazione violenta
dell’assetto del territorio con un
lavoro di interazione tra
pianificazione territoriale e
pianificazione di emergenza,
finalizzato a mitigare gli effetti
degli eventi calamitosi a cui il
centro urbano è esposto e ad
individuare e predisporre
funzionalmente degli spazi necessari
ad assicurare una rapida assistenza
alla popolazione.
La
sperimentazione è stata condotta
per il comune di Mercato S.
Severino: l’analisi e il progetto
hanno riguardato, in particolare, il
centro urbano del capoluogo Mercato
S. Severino.
L’analisi
comprende la parte indirizzata alla
conoscenza e alla valutazione dei
rischi naturali, cui un determinato
territorio è sottoposto, ed alla
loro intensità. Il rischio
idrogeologico è stato valutato
attraverso l’analisi del piano
straordinario relativo al rischio
frana e inondazione prodotto dall’Autorità
di bacino del Sarno. Per il rischio
sismico si è fatto riferimento alla
pericolosità sismica considerando
le zone di amplificazione dell’accelerazione
sismica presenti nella carta di
microzonazione sismica prevista
dalla legge regionale 9/1983.
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Comune di
Mercato S. Severino -
Valutazione del rischio
sismico urbano |
L’analisi
urbanistica offre l’opportunità
di individuare, all’interno di
ciascun quartiere o isolato, spazi
liberi esistenti, immediatamente
accessibili, nonché quelli
liberabili, utili a fornire ai
relativi utenti le indicazioni
migliori nell’ambito di un
efficace piano di protezione civile
per proteggersi in caso di evento o
di preallarme. Essa consente,
inoltre, di individuare, in ciascun
quartiere o isolato, anche tutta la
serie di attrezzature urbane di
interesse strategico,
sufficientemente sicure, da
utilizzare come funzioni di
protezione civile in caso di
emergenza. L’analisi dei dati,
rilevati mediante apposita
schedatura, ha consentito una
valutazione sul grado di idoneità
delle aree censite ai fini del loro
eventuale inserimento nel Piano
della Sicurezza.
Per quanto
riguarda le aree urbane esistenti,
il fattore che governa l’entità
del rischio è l’esposizione
urbana in relazione alla
vulnerabilità del sistema. Si
propone una metodologia di analisi
della vulnerabilità e dell’esposizione
che evidenzia la non linearità dell’espressione
del rischio sismico in funzione di
pericolosità, vulnerabilità ed
esposizione. L’eventuale
rafforzamento di singoli edifici
risulta globalmente inefficace a
ridurre il rischio di un sistema
urbano in quanto in valore assoluto
il rischio è strettamente
dipendente dall’estensione della
superficie urbana e dalla dimensione
della popolazione insediata; il
rischio non può quindi che
diminuire in maniera infinitesimale
se il numero di edifici capaci di
resistere al terremoto è di molto
inferiore al totale degli edifici
esistenti. Si è tenuto in conto,
inoltre, il concetto, molto
importante in urbanistica, che il
danno provocato da un terremoto alla
città costruita non è esprimibile
come la semplice somma dei danni ai
singoli edifici. Mediante un
apposito parametro si è valutata l’esposizione
del patrimonio edilizio esistente
per cui il maggiore o minore volume
fabbricato su di una determinata
porzione di territorio con
determinate caratteristiche fornisce
il valore dell’esposizione
antropica.
È importante la
definizione delle caratteristiche,
fisiche e tecniche, di tutte le aree
che, in caso di evento calamitoso,
occorrono per gestire le varie fasi
dell’emergenza. Tali aree sono: il
percorso garantito, l’area di
attesa, l’area di accoglienza, l’area
di ammassamento. Il percorso
garantito è il percorso da
seguire per giungere all’area di
attesa. L’area di attesa è
il luogo sicuro dove dirigere la
popolazione in caso d’evento. L’individuazione
di quest’area è assai più
importate di quanto comunemente si
pensi, perché essa deve rispondere
ad una serie di requisiti atti a
tutelare tutti coloro che ivi si
radunano. Il punto di raccolta deve
essere individuato con chiarezza e
comunicato in anticipo alla parte di
popolazione afferente ad un
determinato settore urbano. In
mancanza d’indicazioni precise si
crea confusione, generando rischi
per le persone che così possono
assumere comportamenti errati (come
sostare dopo aver avvertito la prima
scossa sismica sotto a cornicioni o
manufatti di altro tipo) creando
difficoltà alle strutture preposte
al soccorso. Per area d’ammassamento
s’intende un sito dove far
affluire i materiali, i mezzi e gli
uomini necessari alle operazioni di
soccorso in seguito ad un evento
calamitoso. Per area di
accoglienza si intende, infine,
un’area adatta all’installazione
di strutture idonee ad assicurare un
ricovero alle popolazioni colpite da
evento calamitoso che hanno dovuto
abbandonare la propria abitazione.
Il Piano della
Sicurezza si pone l’obiettivo
di individuare e predisporre alcune
aree in maniera tale che queste
siano disponibili, per quanto
concerne le dotazioni e le
caratteristiche fisiche e
funzionali, immediatamente durante
la fase di emergenza come funzioni
di protezione civile. La risposta
del sistema di protezione civile è
tanto più efficace quanto più sia
stata preventivamente pianificata l’individuazione
e predisposizione degli spazi
necessari per le operazioni di messa
in sicurezza e di assistenza alla
popolazione e preordinati al
ripristino delle funzioni principali
di una comunità.
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Comune di
Mercato S. Severino - Il
Piano della Sicurezza:
Settori urbani |
L’individuazione
dei settori urbani consente
di indicare, in maniera
inequivocabile, alla popolazione del
centro urbano verso quale area di
attesa deve dirigersi e quale
percorso deve seguire per giungere a
tale area. In mancanza di tale
suddivisione e di indicazioni
precise, infatti, potrebbe crearsi
confusione generando rischi per le
persone che assumono comportamenti
errati.
Ai fini di una
politica urbanistica preventiva,
occorre conoscere il livello di
protezione attuale e, su tale base,
programmare le azioni future che
realizzino una protezione diffusa
della struttura urbana: elaborare un
piano che preveda la realizzazione
di percorsi garantiti di
collegamento ed interventi su aree
ed edifici strategici in coerenza
coerente con gli obiettivi di
prevenzione. Ulteriore punto
riguarda la definizione degli spazi
che svolgono un ruolo connettivo tra
le diverse aree e funzioni
strategiche e tra queste il tessuto
urbano. Non si tratta solo di
individuare percorsi di fuga ma
costruire un vero e proprio sistema
che consenta di far emergere, in
caso di necessità, la cosiddetta
struttura minima ipotizzata. È
fondamentale dare informazioni e
indicazioni alla popolazione sui
comportamenti da tenere, sui luoghi
da raggiungere e sui percorsi da
seguire sulla base di appositi
segnali opportunamente posizionati
lungo il percorso stesso. A seguito
di un esame critico del piano
regolatore generale, del piano di
protezione civile e del piano
generale del traffico urbano in
dotazione al comune, è stato
formulato un progetto di adeguamento
delle attrezzature urbane di
interesse strategico esistenti per
funzioni straordinarie di protezione
civile, e localizzazione di
attrezzature da adibire a protezione
civile sulla base del principio
della polifunzionalità.
È stato
realizzato un abaco tipologico di
possibili soluzioni tecniche ai fini
della progettazione dei percorsi
garantiti, delle aree di attesa e
delle aree di accoglienza. Tale
abaco, unitamente ad un pacchetto
normativo diretto ad agire su
esposizione e vulnerabilità, va ad
integrare in parte le norme tecniche
di attuazione dello strumento
urbanistico ed in parte il
regolamento edilizio adottati.
È chiaro che un
intervento concepito ai soli fini di
protezione civile risulta
limitativo, vincolante ed
improduttivo e pertanto di scarso
interesse da parte delle
amministrazioni locali. È quindi
fondamentale definire un principio
di polifunzionalità delle
aree, individuando funzioni ed
esigenze, nell’ambito di un
determinato territorio, da poter
sviluppare parallelamente alle
attività di protezione civile,
consentendo così le condizioni
urbanistiche per promuovere
attività sociali, sportive e
culturali, creando, in tal modo,
possibilità di sviluppo. Nell’applicazione
di una metodologia di analisi per l’individuazione
e realizzazione di nuove aree
necessarie all’installazione di
strutture di emergenza, una prima
operazione da compiere è, quindi,
quella di determinare esigenze e
funzioni richieste dal territorio
per applicare, alla scala comunale,
il principio di polifunzionalità.
Si rende allora necessario stabilire
un percorso congiunto tra
pianificazione territoriale e
pianificazione di emergenza per
coniugare le esigenze relative ad
aree da destinare a verde pubblico,
parcheggi o impianti sportivi, con
quelle necessarie per far fronte
alle conseguenze di scenari di
evento riferiti alle diverse
tipologie di rischio a cui un
determinato territorio è esposto, e
la relativa potenziale popolazione
da assistere in caso di evento.