Nel veloce mutamento del panorama legislativo, le leggi regionali di
tutela ed uso del territorio si stanno
rivelando il luogo di una reale
ridefinizione sia dei caratteri innovativi
della pianificazione, sia dei nuovi rapporti
istituzionali tra soggetti interessati al
governo del territorio. È stato da più
parti evidenziato come la tanto attesa
legge-quadro nazionale si vada definendo in
forme non programmate né controllate, una
sorta di riforma dal basso1
che si confronta
con quella più generale
riforma che, ritardi sulla nuova
legge urbanistica e difficoltà politiche più
generali, rendono forse meno prossima.
L’occasione per riflessioni e contributi al nuovo disegno di legge (ddil)
urbanistica della Regione Campania viene dal
convegno, organizzato dall’Ordine degli
Architetti della Provincia di Salerno2.
Tale iniziativa ha voluto rappresentare un
apporto collaborativo, diretto alla regione,
da parte delle categorie professionali, per
giungere ad una nuova legge regionale
condivisa ed efficace3.
Da sottolineare l’ampia partecipazione all’iniziativa
di tecnici, amministratori e cittadini, a
testimonianza del fatto che vi è attesa, ma
anche forti aspettative, nei confronti di
una legge di riforma di fondamentale
importanza nella cruciale contingenza
attuale, così permeata di radicali
mutamenti e tutta rivolta a nuovi orizzonti
e prospettive.
Ma passiamo in rapida rassegna i contributi che, nel loro complesso,
hanno il pregio di toccare quasi tutti i
contenuti del ddil, anche per la varia
natura ed eterogeneità dei soggetti
chiamati ad esprimersi.
La proposta di legge è stata illustrata dal gruppo di consulenza
giuridica della Regione Campania4.
È stato spiegato come la logica dell’uso del territorio sia
profondamente cambiata in rapporto alle
richieste del mondo contemporaneo, per cui
risulta fondamentale mettere in campo
strumenti per conciliare le esigenze di
sviluppo con quelle di tutela. Lo stesso
termine sostenibile rappresenta un
contemperamento fra uso e risparmio.
Ci si è soffermato sulla esplicazione di
termini utilizzati nel ddil: strutturale,
come necessità di un disegno complessivo
del territorio, cooperazione nel
senso di scelte congiunte fra enti
competenti in materia di pianificazione, sussidiarietà
sulla base della quale la regione si
preoccupa esclusivamente di dare indirizzi
non prescrittivi di assetto del territorio
cui corrisponde una responsabile autonomia
degli enti locali sottordinati. Si è messo
in evidenza la necessità di conferire flessibilità
alla pianificazione che, se viceversa
rimanesse rigida, continuerebbe, come
avviene, ad invecchiare rapidamente a causa
di sopravvenienze incontrovertibilmente
certificabili. Per non poche aree della
regione, in cui vi è una sovrapposizione di
due o più strumenti di pianificazione di
settore e, di conseguenza, l’esigenza di
contemperarne i contenuti e i diversi
interessi particolari o specialistici, si
pone più che altrove la necessità di forme
di partecipazione coinvolgenti una serie di
portatori di interessi qualificati, che sia
preventiva alla formazione del piano e,
quindi, ben diversa dalle osservazioni di
cui alle vigenti norme.
È stato posto l’accento sui contenuti del ddil accelerativi dei
procedimenti, mediante ampio ricorso alla conferenza
dei servizi che, oltre ad assicurare
snellezza e celerità, al contempo,
garantisce gli interessi dei soggetti
coinvolti producendo anche un vero momento
partecipativo. Altro aspetto messo in
evidenza è rappresentato dalla volontà di
estendere le possibilità di intervento da
parte dei privati, anche attraverso la perequazione,
nei processi di trasformazione urbana,
allorché la loro azione si collocasse
all’interno degli indirizzi delle
amministrazioni locali. È stato ricordato
che, oltre alla riforma della legge
urbanistica, sia stato avviato, e si sta
portando a conclusione, anche la formazione
del piano territoriale regionale (Ptr),
con cui si completerebbe il quadro di
indirizzo nei confronti degli enti
subregionali, lanciando, in tal modo,
definitivamente un esaustivo processo di
pianificazione in Campania.
La Provincia di Salerno5
ha offerto al
dibattito il proprio contributo di
esperienza maturato con il lavoro di
formazione del piano territoriale di
coordinamento provinciale, ormai
ultimato ma che non potrà essere approvato
in quanto i tempi della legge regionale di
cui al ddil si prevedono più lunghi. Per
questo si pensa ad una conferenza di servizi
con la regione, previe
adozione/osservazioni/controdeduzioni, al
fine di assicurare immediata operatività al
piano. Con riferimento al ddil si sottolinea
positivamente la riunificazione in capo alle
sole province delle competenze in materia
urbanistica nei confronti dei comuni, con il
superamento dell’attuale anomalia delle
comunità montane, deputate dalla Lr 14/1982
all’approvazione degli strumenti
urbanistici comunali, nonché
l’eliminazione del visto di conformità
regionale e delle strutture dei comitati
tecnici regionali integrativi presso le
province.
L’Ordine dei Geologi della Regione Campania6
ha posto, tra gli
altri, il problema dell’aggiornamento
della Lr 9/1983, che introduce l’obbligo,
per i comuni classificati sismici o soggetti
alla legge 445/1908, di dotarsi delle
quattro carte geognostiche; tale legge
sarebbe inadeguata e non più in grado di
interpretare il territorio e di supportare i
nuovi processi di trasformazione.
A mio avviso, eventuali studi o strumenti specialistici, che dovessero
subentrare agli allegati tecnici attualmente
contemplati, dovrebbero possedere un
requisito fondamentale, per il fatto stesso
che sono chiamati a fornire un sussidio alla
pianificazione e cioè quello di una
maggiore articolazione, mediante la
costruzione di idonei scenari di rischio,
nella indicazione delle possibili ricadute
dei propri contenuti sull’organizzazione
del territorio, sia alla scala urbana che
all’area vasta; altro requisito, non
secondario, è quello relativo ad una
maggiore comunicabilità, proprio di questi
stessi contenuti, attraverso un linguaggio
nuovo, in grado di fornire al pianificatore
indicazioni utili alla costruzione di
indirizzi per la formazione di piani
urbanistici che tengano nel giusto conto i
problemi, sempre all’ordine del giorno,
della sicurezza del territorio.
In questo senso è chiaro che la nuova legge dovrà affidare al piano
provinciale non solo il ruolo di indirizzo
alla pianificazione comunale, ma anche
quello di strumento generale di valutazione
della sostenibilità delle azioni
strategiche rispetto alle caratteristiche di
vulnerabilità, criticità e potenzialità
dei sistemi insediativi o dei singoli siti
individuando così gli elementi di stabile
configurazione o di lenta trasformazione che
costituiscono le invarianti non negoziabili
del territorio. Il piano provinciale
dovrebbe avere il compito di individuare i
bilanci e le risorse territoriali, i criteri
e le soglie d’uso ritenute accettabili,
fornendo i parametri per la misurazione
della sostenibilità a livello comunale
delle trasformazioni proposte rispetto ai
sistemi socio-economici, ambientali e
insediativi. I piani provinciali, di
conseguenza, insieme con i piani comunali,
dovranno essere anche strumenti per il
monitoraggio degli effetti sul territorio
delle azioni messe in campo dalla
pianificazione comunale per convalidarne
obiettivi ed efficacia.
Gli agronomi e forestali della Provincia di Salerno7
hanno evidenziato come, nel ddil, si rimanga
ancora troppo ancorati all’urbano e come
le aree agricole siano state sostanzialmente
trascurate. Nella legge dell’Emilia
Romagna è presente un intero capo dedicato
alle aree agricole. Il ddil pone8
il problema
dell’utilizzo adeguato delle risorse
ambientali e naturali. Scopo principale
della pianificazione, d’altro canto, è
proprio la gestione delle risorse. In questo
senso l’extraurbano ha un ruolo
strategico: è un serbatoio per il futuro. A
partire dal 1987 gli agronomi appongono la
loro firma sulla carta dell’uso agricolo
del suolo accanto a quella del progettista
del piano regolatore generale9
(Prg); ma la detta
carta è del tutto insufficiente a fornire
gli strumenti necessari ai fini di quella
razionale gestione delle risorse che appare
sempre più irrimandabile. Da ultimo, il
grido di allarme degli agronomi: sono troppi
i vincoli che operano sulle aree agricole,
primo fra tutti quello idrogeologico che,
limitando le attività scoraggerebbero
l’agricoltura e causerebbero l’abbandono
delle campagne producendo marginalità. Per
questo il ddil avrebbe dovuto decisamente
spostare il baricentro dell’attenzione
dalle aree urbane ai territori agricoli.
Mi sembra utile, a questo punto, ricordare come considerare il
territorio rurale quale ambito da
pianificare coerentemente allo sviluppo
della città è un fatto di recente
acquisizione, sia dal punto di vista
culturale sia da quello più complesso e
incisivo nei suoi effetti rappresentato
dalla legge. Il territorio extraurbano,
infatti, solo fino a pochi anni fa era
considerato area disponibile per qualunque
uso, in particolare all’insediamento di
tutto ciò che si dimostrasse incompatibile
con il tessuto urbano. La legge urbanistica
prescrive, sin dal 1968, che il Prg debba
disciplinare l’intero territorio comunale,
ma solo molto dopo si è visto nel
territorio rurale non una zona bianca
disponibile ma una risorsa finita da
tutelare, dove l’intervento edificatorio
va collegato alla produttività delle aree
stesse e dove l’attenzione è estesa ad
un’ampia categoria di elementi considerati
di eminente interesse pubblico, quali:
acque, montagne, boschi, coste, presidi
rurali, ecc.
Gli usi impropri del territorio, l’ignoranza dei
caratteri insediativi dei luoghi e la
previsione di una organizzazione insediativa
indifferenziata hanno prodotto un
affievolimento delle peculiarità e delle
differenze dei sistemi ambientali, mettendo
a rischio quei caratteri di biodiversità
tanto importanti in un’ottica di sviluppo
sostenibile. Obiettivo di un piano di area
vasta sarà la conservazione di dette
peculiarità. Un tale strumento, anche per
la scala di rappresentazione che lo
caratterizza, presenta il rischio di avere
un approccio omogeneizzante, in cui i grandi
quadri prevalgono e i microambiti tendono ad
essere trascurati ed inglobati a quelli.
Ritengo, quindi, che uno strumento di
pianificazione di area vasta debba
classificare le zone extraurbane in funzione
delle specifiche caratteristiche ambientali
delle diverse porzioni di territorio e
dettare indirizzi per le corrispondenti
norme di tutela, conservazione,
valorizzazione e per le stesse attività
agricole o di uso delle risorse. Una legge
regionale, o di un piano sovraordinato,
dovrebbe dettare indirizzi verso gli
strumenti urbanistici in grado di attivare
una coerente politica di risanamento
ambientale, da contrapporre a quella urbana
ormai consolidata, incentivando, attraverso
concreti sostegni finanziari pubblici, il
recupero delle preesistenze culturali rurali
e l’eliminazione di quei manufatti che
presentano vistosi effetti negativi sul
paesaggio o sono incongrui con la
valorizzazione del contesto ambientale. Le
aree più marginali e montane devono, poi,
essere strettamente collegate ad una
funzione di presidio e manutenzione del
territorio in una prospettiva di difesa dai
rischi.
L’Inu Campania10
ha evidenziato il
momento di grandi sperimentazioni che
l’urbanistica e le amministrazioni stanno
vivendo, soprattutto costrette a causa della
inadeguatezza normativa persistente. Anche
per la stessa Lr di riforma si può dire di
essere in piena fase sperimentale. La copianificazione,
ad esempio, rappresenta un momento in cui condividere
strategie: ad esempio, per i comuni
condividere le idee-forza nei programmi
operativi regionali: questo è
importante anche per la dimensione delle
enormi risorse che questi nuovi strumenti di
programmazione riverseranno sulle nostre
regioni, di una rilevanza tale da poter
ipotizzare un completo rifacimento
dei paesaggi urbani e territoriali. Altro
problema che si pone è quello di conciliare
le esigenze di riduzione dei controlli fra
gli enti come, ad esempio, quelli della
regione nei confronti delle province, e
quella di evitare l’errato trattamento di
alcune problematiche, quale quella del
rischio che non riconosce le frontiere
amministrative tra le province, ovvero
quella della localizzazioni di impianti di
rilevanza territoriale: la localizzazione di
due interporti in due province diverse ma,
di fatto, a pochi chilometri di distanza
avrebbe effetti dirompenti sugli equilibri
territoriali.
Proposte di aggiustamento del ddil sono venute dalle categorie di
rappresentanza dei professionisti.
Il Consiglio Nazionale degli Architetti11
ha messo in evidenza la carenza di
attenzione nei confronti di due parole
chiavi, fondamentali per l’Italia nella
competizione internazionale: paesaggio
e architettura. Per venire incontro
alla domanda diffusa di qualità occorre
incrementare il ricorso al concorso di
progettazione, come già succede in
Francia e in altri paesi europei, dove la
programmazione del concorso per la
realizzazione delle opere pubbliche comporta
il coinvolgimento di diversi soggetti, quali
i cittadini, ma anche gli ordini
professionali, che possono dare, in questo
senso, un notevole contributo.
L’Ordine degli Architetti della Provincia di Salerno12
ha lamentato il mancato coinvolgimento
degli ordini nella stesura del ddil ai fini
di una sua ottimizzazione, soprattutto per
venire incontro alle esigenze di quello che
ha definito l’architetto maratoneta,
costretto incessantemente a salire e
scendere scale e a bussare porte per portare
a conclusione una pratica edilizia. Insomma,
una richiesta a ridurre in maniera drastica
i tempi lunghi e defatiganti delle
procedure. Gli architetti13
hanno fornito il proprio contributo ricco di
proposte ed emendamenti, anche molto
puntuali e circostanziati, al ddil. Tra le
altre cose, si evidenzia come le forme
associate di comuni per finalità di
pianificazione intercomunale debbano essere
non facoltative bensì obbligatorie, laddove
le oggettive condizioni urbanistiche lo
impongano.
L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Salerno14
ha posto il problema della non puntuale
definizione dei tempi in alcune procedure
previste dal ddil (formazione dei piani,
conclusione di conferenze dei servizi). Non
trascurabili nemmeno gli effetti che
potrebbero innescarsi per effetto della
ripartizione degli indici di edificazione
tra i proprietari, all’interno dei
comparti, in rapporto ai valori imponibili,
accertati ai fini dell’imposta comunale
sugli immobili. Vi sarebbe, inoltre,
sovrapposizione e confusione di competenze
tra regione e comuni nella repressione
dell’abusivismo edilizio.
Le riflessioni provenienti dal mondo delle professioni ha fornito utili
spunti per una disamina ad ampio spettro: il
ddil richiede, questo è certo, ancora non
pochi aggiustamenti.
A questo punto vorrei aggiungere alcune ulteriori osservazioni
personali al ddil.
Il principio di sussidiarietà, innanzitutto, riconosce ad ogni
ente il diritto di approvare il proprio
piano, previa verifica di compatibilità e
di congruenza dei contenuti rispetto ai
piani di livello superiore e, più in
generale, al complessivo sistema della
pianificazione. Ogni ente ha quindi piena
titolarità del proprio piano e, ove vi
siano discrepanze, le necessarie congruenze
del sistema della pianificazione vanno
conseguite attraverso forme di
copianificazione (collaborazione, accordi e
concertazioni) e non più dall’alto, come
avvenuto in passato, per via gerarchica,
impositiva e autoritativa15.
Il ddil si richiama al suddetto principio di
sussidiarietà16
ma conferma l’approvazione dei piani di
ciascun livello da parte dei rispettivi
livelli sovraordinati, confermando il
sistema di controlli a cascata17.
Mi sembra, inoltre, che il ddil trascuri il ruolo fondativo
attribuibile alla conoscenza organizzata
all’interno del processo di piano, una
conoscenza, cioè, indirizzata a sostenere
la sequenza continua delle decisioni di
piano all’interno di quadri organizzati e
attraverso valutazioni motivate, sia pure
nell’ambito di processi decisionali
interattivi nei quali hanno spazio anche
altri tipi di saperi. Non basta richiamare
riferimenti normativi che già invitano alla
partecipazione o fare enunciazioni di
principio sulla necessità di una più ampia
informazione e diffusione dei dati,
rimandando tutto alla potestà statutaria o
regolamentare degli enti18,
considerando, quindi, l’informatizzazione
un optional, senza prevedere obblighi
e senza prefigurare la messa in campo di
apposite strutture a tanto preposte.
Nel ddil prevale, quindi, la centralità dello strumento
rispetto al processo di
pianificazione: l’obiettivo dell’azione
di governo non deve essere tanto il piano in
sé quanto il processo attraverso il quale
esso si costruisce e si attua. È
importante, certo, che ci sia formalmente un
progetto del territorio, preferibilmente
generale e condiviso, ma è forse più
importante che gli enti, a tutti i livelli,
esercitino le proprie responsabilità nel
quotidiano all’interno di questo progetto,
senza necessariamente stare ad aspettare il
piano, di cui pure ci si dovrà rapidamente
dotare.
Il
ddil prevede un quadro di riferimento
territoriale (Qrt) per la programmazione
e un Ptr. Considerando che il Ptr, vista la
scala geografica in gioco, non possa essere
altro che uno schema di larga massima delle
proiezioni territoriali della programmazione
regionale avente le caratteristiche di un
programma strategico delle politiche
(pianificazione urbanistica, trasporti,
attività estrattive, bacini idrografici,
smaltimento rifiuti, edilizia residenziale
pubblica, ecc.) e della conseguente
localizzazione delle scelte regionali, se ne
auspica l’unificazione. La formazione e
l'aggiornamento di un tale strumento così
unificato sarebbe la sede per l'incontro e
l'accordo di tutte le istituzioni
rappresentative e d'interesse pubblico, per
quanto riguarda i programmi regionali e le
politiche nazionali nel territorio della
regione19.
Per ogni materia della politica regionale
che investe il territorio, alle leggi
settoriali di indirizzo corrisponderanno
strumenti settoriali programmatici che
confluiscono nell’unico strumento generale
ipotizzato.
Per quanto concerne l’area metropolitana di Napoli, sembra di capire
che le singole municipalità procedono alla
predisposizione dei piani attuativi20
del piano della città metropolitana: tale
impostazione sarebbe coerente con quella che
vede applicarsi un piano strutturale
all’intera area metropolitana e singoli
piani operativi, di attuazione del primo,
alle singole distrettualizzazioni in cui
dovrà essere suddivisa tale area.
È poi alquanto curioso, e forse anche un po’ sospetto, che si parli
di varianti21
al piano urbanistico comunale, ossia
allo strumento di pianificazione comunale
introdotto proprio dal ddil, finalizzate al
recupero urbanistico degli insediamenti
abusivi, ai sensi della legge 47/1985, art.
29, in quanto tale nuovo piano deve
contenere, se del caso, già in sé tale
problematica e non mettersi nella condizione
di ricorrere ad una variante successiva ad
una sua compiuta formazione ed approvazione.
Che si voglia surrettiziamente introdurre un
nuovo condono?
Non vengono per nulla considerati gli aspetti relativi alla valutazione
ambientale strategica; inoltre, a parte
qualche richiamo alle problematiche del
rischio, nulla è detto relativamente al
rapporto tra i piani territoriali e
urbanistici e i programmi della protezione
civile, nulla è detto relativamente alla
necessità di dover trattare unitariamente
territori, anche interprovinciali, come nel
caso dell’ambito dell’emergenza
idrogeologica del 5 maggio nel sarnese,
omogenei dal punto di vista dell’immanenza
di pericolosità naturale.
Il
ddil, infine, oltre a costituire
l’impianto del sistema di pianificazione
in Campania, dovrebbe assumere anche la
funzione di testo unico, facendo
convergere in esso quelle norme di natura
urbanistica che, non essendo abrogate dallo
stesso ddil, restano in piedi; in tal modo
si disboscherebbe il quadro legislativo
regionale di numerose leggi e leggine di cui
si rischia di perdere il segno e potrebbe
crearsi la condizione per una coerenza con i
nuovi principi ispiratori.
Al
ddil mi sento di chiedere un'azione
legislativa coraggiosa, capace di sviluppare
la sperimentazione, di valorizzare
l'autonomia istituzionale e di governo
regionale e degli enti locali, di esaltare
le differenze, di individuare quelle
soluzioni idonee alla specificità e
diversità dei territori, e il riferimento
non è soltanto quello fra polpa ed osso
della nostra regione, ma attiene anche alle
culture, alle storie, alle morfologie
fisiche, ai caratteri delle singole porzioni
del territorio regionale.
(1)
La Toscana si è dotata per prima di
una Lur nuova ed innovativa (Lr 5/1995) ed
oggi la sta sperimentando, calibrandone
l’interpretazione ed introducendo piccole
modifiche legislative di aggiustamento (Lr
57/1997).
Il
Piemonte si è limitato ad
introdurre, nel corso degli anni, piccole
modifiche procedurali alla propria vecchia
(in origine innovativa ma oggi obsoleta) Lur
(Lr 56/1977). Tale Regione ha introdotto la
possibilità di varianti parziali al Prg
senza autorizzazione regionale (Lr 41/1997),
ha emanato norme sui programmi integrati ex
legge 179/1992 (Lr 18/1996).
La Liguria si è definitivamente dotata di una nuova
e innovativa Lur che sostituisce tutta la
legislazione urbanistica precedente (Lr
36/1997).
L’Umbria completava nel 1997 il proprio disegno
innovativo emanando la nuova disciplina
della pianificazione urbanistica comunale (Lr
31/1997). Oltre alla emanazione della nuova
Lur, l’Umbria ha regolamentato la
riqualificazione urbana attraverso la Lr
13/1997.
Il Friuli-Venezia Giulia ha invece aggiornato la Lur
che era stata emanata immediatamente dopo la
legge n. 142/1990 (Lr 52/1991 come
aggiornata da Lr 34/1997). Inoltre, sono
almeno cinque i provvedimenti di revisione
generale in itinere di cui si ha notizia.
L’Abruzzo procede nel lavoro di revisione e
innovazione della Lur vigente (Lr 18/1983
come modificata ed integrata dalla Lr
70/1995) cui ha dato inizio nel 1995. Nelle
more della redazione ed approvazione della
Lur, la Regione Abruzzo aveva sub-delegato
ai comuni le funzioni amministrative di
tutela del paesaggio (Lr 47/1996).
La Basilicata si è dotata della nuova normativa (Lr23/1999)
introducendo la cosiddetta carta
regionale dei suoli; aveva in precedenza
modificato le procedure per l’approvazione
degli strumenti urbanistici generali (Lr
37/1996).
Il Lazio ha approvato la legge (Lr 38/1999) recante norme
sul governo del territorio. La Regione
Lazio aveva già modificato la legge
sull’abusivismo edilizio (Lr 58/1996) ed
introdotto norme urbanistiche in materia di
programmi integrati (Lr 22/1997).
L’Emilia-Romagna ha anch’essa completato (Lr
20/2000) il lavoro di revisione della
legislazione vigente, della cui necessità
prendeva già esplicitamente atto la Lr
6/1995 di modifica e adeguamento alla legge
142/1990. Relativamente alle modifiche ed
integrazioni parziali alla legislazione
urbanistica, va ricordato che la Regione
Emilia-Romagna ha introdotto norme in
materia di programmi speciali d’area (Lr
30/1996).
(2)
Il convegno, dal titolo La nuova legge
urbanistica regionale. Riflessioni e
contributi dal mondo delle professioni,
si è tenuto lunedì 7 giugno 2001 presso la
sala Bottiglieri della Provincia di Salerno.
I lavori, sono stati introdotti e coordinati
da Gabriella Alfano, consigliere
dall’Ordine degli Architetti della
Provincia di Salerno.
(3)
L’incontro è stato preceduto da un
approfondito confronto tra architetti,
ingegneri, geologi, agronomi e urbanisti, a
seguito del quale sono state messe a punto
le richieste di modifica da sottoporre
all’assessore all’Urbanistica della
Regione Campania, avv. Marco Di Lello.
(4)
Avvocati Felice Laudadio ed Enrico
Soprano.
(5) Rappresentata dall’assessore al Territorio e Mobilità,
arch. Giovanni Lambiase.
(6) Rappresentato dal presidente, dott. Francesco Russo.
(7) Rappresentati dal presidente, dott. Beniamino Curcio.
(8) Ddil, art.1.
(9) Lr 2/1987.
(10)
Rappresentato dal presidente della sezione,
arch. Fabrizio Mangoni.
(11) Rappresentato dal presidente, arch. Raffaele Sirica.
(12) Rappresentato dal presidente Pasquale Caprio e dal
consigliere Juan Carlos Loffredo.
(13)
Presenti con contributi anche i presidenti
degli Ordini degli Architetti delle altre
province campane: Fulvio Fraternali
per Avellino, Pellegrino Soriano per
Benevento, Enrico De Cristoforo per
Caserta e Paolo Pisciotta per Napoli.
(14) Rappresentati dal presidente, ing. Antonio Musella.
(15)
Edilizia e Territorio, 11-16 giugno 2001,
definisce tradizionale il ddil della
Campania in quanto, pur facendo ampio
ricorso alla concertazione, prevede una
pianificazione regionale forte con
direttrici, obiettivi e vincoli agli enti
locali.
(16) Ddil, art. 1, comma 1, lettera b).
(17)
Il ddil, in conformità del DLgs 267/2000,
art. 20, comma 4, potrebbe prevedere
l’attribuzione dell’approvazione del
piano provinciale alla provincia.
(18)
Ddil, art. 5 - Partecipazione e
trasparenza nei processi di pianificazione
- comma 2 (vedi pag. 28 del presente
numero).
Ddil, art. 6 - Strumenti di cooperazione e trasparenza
nella pianificazione - comma 2 (vedi
pag. 28 del presente numero).
Ddil, art. 17 – Strumenti per l’informazione e il
coordinamento - comma 1 (vedi pag. 30
del presente numero).
(19) Utilissimo sarebbe, allo stesso modo, un Quadro territoriale di
riferimento nazionale, che obblighi
Governo e Parlamento a far saltare i
compartimenti stagni radicati nelle
strutture dello Stato e a coordinare
preventivamente con le regioni le grandi
scelte per le infrastrutture e le
attrezzature nazionali.
(20)
Ddil, art. 22, comma 3.
(21)
Ddil, art. 25, comma 13.
Alcune letture sulla
riforma urbanistica
Barbanente A. (1996), La pianificazione di area
vasta, Supplemento a Urbanistica
Informazioni n.149, Dossier 3/1996 e a
Urbanistica Informazioni n. 150, Dossier
6/1996, edizioni INU, Roma.
Beltrame G. (1997), Aspetti e problematiche ambientali nella
pianificazione provinciale, in
Urbanistica Dossier 4, supplemento al n. 153
di Urbanistica Informazioni, Roma.
CNI-CNSU (1995), Rinnovare l'ordinamento
urbanistico. La proposta del Centro
Nazionale di Studi Urbanistici, in
“L'ingegnere italiano”, n. 258.
D'Angelo G. (1995), L'ordinamento urbanistico
della Regione Campania / dottrina,
legislazione, giurisprudenza, Cedam,
Padova.
Edilizia e Territorio n. 33 del 30/08/1997, settimanale di informazione
de “Il sole 24 Ore”, Speciale Regioni,
Il Sole 24Ore.
Edilizia e Territorio n. 34 del 05/09/1998, settimanale di informazione
de “Il sole 24 Ore”, Speciale Regioni,
Il Sole 24Ore.
Edilizia e Territorio n. 34 del 30/08/1999, settimanale di informazione
de “Il sole 24 Ore”, Speciale Regioni,
Il Sole 24Ore.
Edilizia e Territorio n. 2 del 17/01/2000, settimanale di informazione
de “Il sole 24 Ore”, Dossier n. 2, Il
Sole 24Ore.
Fasolino
I. (1997), Il disegno di legge della
Regione Campania in tema di “Tutela,
assetto ed uso del territorio regionale.
Legge quadro o testo unico?”,
Ingegneri n. 20, maggio/agosto 1997,
Salerno.
Guidicini P., Brunelli W. (a cura) (1993), Quanti
piani regolatori nell’area metropolitana?,
FrancoAngeli, Milano.
INU (1995), Indirizzi per la nuova legge
urbanistica, Bologna.
INU - sezione Piemonte - Valle d'Aosta (1996), La
pianificazione di area vasta nella regione
Piemonte, Torino.
INU (2000), Rapporto sullo stato della
pianificazione del territorio 2000,
Ministero dei lavori pubblici – Direzione
generale del coordinamento territoriale,
Roma.
Mantini P., Oliva F. (1996), La riforma
urbanistica in Italia, Pirola, Milano.
Monti C. (1996), Alcune riflessioni sulle nuove
forme del piano e sulle proposte per una
nuova legge nazionale, in
Mercheterritorio, Roma.
Piazzini M. (a cura) (1996), Il territorio delle
Province / gestione del territorio,
pianificazione, rapporti fra le istituzioni,
Portonovo.
Properzi P., Seassaro L. (1996), Leggi urbanistiche regionali tra
innovazione disciplinare e riforme
istituzionali, in Dossier 5/1996,
supplemento a Urbanistica Informazioni n.
150, Roma.
Regione Emilia-Romagna (1999), Rapporto sullo
stato della pianificazione urbanistica in
Emilia-Romagna, Bologna.
Regione Emilia-Romagna (2000), Laboratorio di
urbanistica. Studi per la legge regionale,
Bologna.
Regione Liguria - Provincia di La Spezia - Comune di
La Spezia (1995), Pianificazione generale
e pianificazione specialistica. Gli
specialismi per un governo unitario del
territorio, Atti del convegno nazionale,
Lerici.
Regione Toscana / Giunta regionale (1995), Norme
per il governo del territorio / legge
regionale 16 gennaio 1995 n. 5, Firenze.
Rupi P.L. (1995), Urbanistica e piano strutturale.
Normativa e prassi della regione Toscana,
Alinea, Firenze.
Seassaro L. (1998), Stili e contenuti delle recenti leggi
urbanistiche regionali, in Urbanistica
Dossier 14, supplemento al n. 159 di
Urbanistica Informazioni, Roma.
Seassaro L. (2000), Il governo del territorio nelle regioni, in
Urbanistica Dossier 34, supplemento al n.
174 di Urbanistica Informazioni, Roma.
UPI-INU (1994), Il Piano Territoriale di
Coordinamento. Conoscenze, progetto,
efficacia, Atti del convegno nazionale
di Tolentino, Macerata. |