La Regione Campania intende colmare la lacuna dell’assenza di una
disciplina coerente, articolata ed organica
della materia urbanistica.
Alcune regioni italiane, tra cui la Regione Lazio, la Regione
Emilia-Romagna e la Regione Liguria, si sono
recentemente dotate di una legge
urbanistica, con la quale hanno riordinato e
coordinato la disciplina relativa ai sistemi
di governo del territorio, mediante
l’introduzione di rilevanti novità sia
sotto il profilo procedimentale, sia in
merito alla definizione complessiva del
ruolo dei singoli enti cui sono attribuite
la programmazione territoriale e la
pianificazione urbanistica.
L’esigenza di una profonda attività di riordino complessivo delle
norme in materia urbanistica, che riveda funditus
la legislazione attualmente vigente, si è
presentata anche a livello statale, tant’è
che sono stati approntati vari disegni di
legge che allo stato risultano ancora
all’esame delle Camere.
In tale contesto la Regione Campania deve necessariamente dotarsi di
una legge urbanistica fondamentale di ampio
respiro, con la quale non solo si persegua
lo scopo di riordinare la materia, ma si
introducano delle novità di rilevante
spessore al fine di semplificare l’azione
amministrativa in parte qua e, al
contempo, di soddisfare le esigenze delle
collettività locali.
I criteri informatori della nuova legge urbanistica regionale
corrispondono principalmente all’esigenza
di imprimere una decisiva spinta alla
realizzazione di un sistema integrato,
omogeneo e coerente di programmazione
territoriale e di pianificazione
urbanistica, che coinvolga, ai diversi
livelli e nei vari momenti procedimentali,
la regione, le province ed i comuni.
Più in particolare, si introducono i concetti di flessibilità, di
perequazione urbanistica, di cooperazione e
partecipazione nei processi di
pianificazione e programmazione
territoriale.
Si disciplinano i vari momenti procedimentali, in attuazione dei
principi di snellezza, celerità, efficienza
ed efficacia dell’azione amministrativa,
si sostituisce il controllo di conformità
con la verifica di compatibilità della
strumentazione urbanistica sottordinata a
quella sovraordinata.
Si prevede, altresì, il potenziamento di moduli alternativi per
l’attuazione degli strumenti urbanistici
mediante gli accordi di programma, i
comparti edificatori, le società di
trasformazione urbana.
Si introduce, altresì, un nuovo concetto di gestione, assetto ed
utilizzazione del territorio, compatibile
con le risorse ambientali e con lo sviluppo
sostenibile della regione.
In tale sistema è decisivo il ruolo assegnato agli enti territoriali
infraregionali, mediante il metodo della
pianificazione partecipata, con la
previsione di un intervento preventivo delle
province e dei comuni al procedimento di
programmazione sovracomunale – ovvero
all’elaborazione delle linee guida di
governo del territorio – da parte della
regione.
I fini della riforma urbanistica regionale sono quelli di realizzare un
efficiente sistema di programmazione
territoriale e di pianificazione
urbanistica, funzionale a garantire lo
sviluppo economico, sociale e civile della
collettività regionale, nel rispetto delle
risorse ambientali, naturali, culturali e
territoriali, mediante la promozione di un
utilizzo adeguato delle stesse; di
ridefinire le competenze dei vari livelli
istituzionali, per il tramite della
cooperazione finalizzata al raccordo
funzionale tra i singoli strumenti di
pianificazione, nel rispetto del principio
di sussidiarietà; nonché di garantire la
trasparenza, l’efficacia e l’efficienza
dell’azione amministrativa, anche mediante
la semplificazione dei procedimenti di
pianificazione.
La nuova legge regionale, inoltre, individua gli obiettivi della
programmazione territoriale e della
pianificazione urbanistica, quali: la
promozione dell’uso razionale e dello
sviluppo ordinato del territorio, mediante
il minimo consumo delle risorse territoriale
e paesistico-ambientali disponibili, anche
attraverso la riqualificazione dei tessuti
insediativi esistenti; la garanzia
dell’equilibrio ambientale e della
vocazione socio-culturale del territorio e
la valorizzazione delle risorse esistenti;
il miglioramento della qualità della vita e
della salubrità degli insediamenti urbani;
l’individuazione delle linee dello
sviluppo sostenibile del territorio
regionale.
La natura delle disposizioni in cui si articolano gli strumenti di
pianificazione è duplice: da una parte le
disposizioni strutturali, con validità a
tempo indeterminato, finalizzate a definire
il tessuto territoriale regionale ed il suo
sviluppo a lungo termine, con particolare
riguardo ai valori naturali ed ambientali,
alla difesa del suolo, ai rischi derivanti
da calamità naturali, all’articolazione
delle reti infrastrutturali di interesse
regionale e ai sistemi di mobilità;
dall’altra le disposizioni programmatiche,
contenenti la disciplina degli interventi di
trasformazione del territorio in archi
temporali limitati, correlati alla
programmazione finanziaria delle
amministrazioni interessate.
La legge di riforma adotta il principio di leale cooperazione tra gli
enti quale criterio informatore del sistema
di pianificazione; gli strumenti sono il
raccordo e il coordinamento tra regione ed
enti locali, sia in sede di individuazione
degli obiettivi della pianificazione, sia
nella successiva fase di verifica della
compatibilità delle scelte adottate.
In tale ottica viene rimessa alla potestà regolamentare della regione
la costituzione e la disciplina di organi
deputati alla raccolta, elaborazione e
gestione, anche informatizzata, dei dati
relativi allo stato della pianificazione del
territorio regionale, in modo da consentire
uno sviluppo coerente dei processi di
pianificazione di competenza dei singoli
enti territoriali.
È prevista l’adozione, da parte della regione, di linee guida
disciplinanti l’espletamento delle
funzioni pianificatorie di province e
comuni, nonché di atti di coordinamento
tecnico e di direttive regolanti
l’esercizio delle funzioni delegate.
La partecipazione e la trasparenza nei processi di pianificazione sono
assicurate da forme di pubblicità e di
consultazione dei cittadini, da attuarsi già
nelle fasi precedenti l’adozione degli
strumenti pianificatori, come avviene per il
piano urbanistico comunale (Puc), per
la cui predisposizione è prevista una
preventiva fase di consultazione delle
organizzazioni e delle associazioni
rappresentative degli interessi di settore
operanti a livello comunale.
La legge di riforma definisce i vari livelli di pianificazione,
attribuendo potestà pianificatorie,
nell’ambito di rispettiva competenza, alla
regione, alle province, alla Città
metropolitana di Napoli ed ai comuni, ai
quali è consentita anche la pianificazione
in forma associata.
Ciò nel rispetto del principio di sussidiarietà, in virtù del quale
restano attribuite ai comuni tutte le
funzioni relative al governo del territorio
non espressamente demandate agli enti
sovraordinati.
È significativa a tal proposito la scelta di incentivare, in linea con
le previsioni del Tu n. 267 del 2000, la
cooperazione dei comuni di più ridotta
dimensione e di fornire loro il supporto
tecnico finanziario regionale per
l’espletamento delle funzioni
pianificatorie.
Il contesto così delineato, tuttavia, si ispira da un lato al
principio di verticalità delle funzioni
pianificatorie rimesse alla regione, alle
province, alla Città metropolitana di
Napoli ed ai comuni; dall’altro introduce
una rilevante novità, quale la flessibilità
della pianificazione, che consiste nella
possibilità di proporre modificazioni agli
strumenti pianificatori sovraordinati da
parte dei singoli enti territoriali.
Tale facoltà è realizzabile nella fase di adozione dei piani da parte
degli enti interessati ed è collegata alla
sopravvenienza di comprovate esigenze
relative alla necessità di garantire il
raggiungimento di obiettivi di sviluppo
economico e sociale e di riequilibrare gli
assetti territoriali ed ambientali.
Coerentemente con tale impostazione, i piani sovraordinati sono momento
di orientamento ed indirizzo, il che
conferisce la necessaria elasticità,
garanzia di adattamento alla variabili
esigenze del contesto territoriale, evitando
la pianificazione che ingessa le
funzioni e lo sviluppo degli enti
infraregionali. In tal modo si coniugano
istanze di organicità dell’indirizzo e
autogoverno del territorio da parte degli
enti locali.
Altra innovazione di notevole interesse, prospettata nei richiamati
disegni di legge nazionale urbanistica e
condivisa da autorevole dottrina, è
costituita dall’introduzione del concetto
di perequazione urbanistica, intesa come
strumento finalizzato a distribuire
equamente tra i proprietari di immobili
interessati dalla trasformazione del
territorio comunale, diritti edificatori ed
obblighi nei confronti del comune o degli
altri enti territoriali.
È rimessa alla strumentazione urbanistica comunale la ripartizione
delle quote edificatorie e dei relativi
obblighi ai proprietari degli immobili
ricompresi nelle zone destinate alla
trasformazione in comparti urbanistici, che
trovano una disciplina specifica sia per
quanto attiene la definizione concettuale,
sia in ordine alle modalità di attuazione
degli stessi.
Alla definizione dei principi e degli obiettivi primari al cui
perseguimento è ispirata l’attività di
governo del territorio segue poi
l’individuazione e la disciplina dei
singoli strumenti di pianificazione e
programmazione.
La programmazione territoriale regionale si realizza mediante il piano
territoriale regionale (Ptr) ed i piani
settoriali regionali (Psr), che
disciplinano specifici interessi ed attività
coinvolgenti l’uso del territorio e devono
essere coerenti con le previsioni del Ptr.
Con il Ptr la regione determina le finalità da raggiungere nel governo
del territorio, dettando previsioni di
carattere strutturale e programmatico; le
previsioni strutturali contengono il quadro
generale degli obiettivi di programmazione;
gli indirizzi per la distribuzione sul
territorio degli insediamenti produttivi e
commerciali, nonché degli insediamenti
direzionali di competenza regionale; gli
indirizzi ed i criteri per il
dimensionamento dei piani territoriali ed
urbanistici provinciali.
Le previsioni programmatiche indicano invece le modalità ed i tempi di
attuazione delle previsioni strutturali, con
le definizione degli interventi da
realizzare in via prioritaria; le stime di
massima delle risorse economiche da
impiegare per la loro realizzazione; la
tempistica di adeguamento delle previsioni
dei piani provinciali alla disciplina del
Ptr.
Tale strumento, in sintesi, ha una funzione di programmazione
territoriale, di disciplina e di
coordinamento dei livelli di pianificazione
infraregionale, nell’ottica del
perseguimento dello sviluppo sostenibile del
territorio regionale.
Fino all’adozione del Ptr è prevista l’adozione, da parte del
giunta regionale, delle linee guida della
programmazione territoriale regionale, che
indirizzano e coordinano l’attività degli
infraregionali.
Nel procedimento di formazione del Ptr si introduce una conferenza preventiva
tra la regione e le amministrazioni
competenti, funzionale alla valutazione
delle linee guida della programmazione
territoriale in precedenza predisposte dalla
giunta regionale, nonché degli eventuali
contributi trasmessi dagli enti territoriali
e dagli altri enti pubblici interessati.
I vari momenti procedimentali preordinati alla formazione del Ptr sono
scanditi temporalmente da termini entro i
quali sono esauriti i passaggi
dell’istruttoria e dell’approvazione
dello strumento di programmazione regionale,
in modo tale da garantire snellezza, celerità
e partecipazione al procedimento.
Nel rispetto dei principi di partecipazione in precedenza enunciati, è
altresì prevista l’indizione di una
conferenza alla quale partecipano le
province, la Città metropolitana di Napoli,
i comuni, gli enti locali e le
organizzazioni sociali, culturali, sindacali
ed ambientaliste di livello provinciale, al
fine di elaborare osservazioni ed eventuali
proposte di modifica allo schema di Ptr.
Anche la pianificazione territoriale provinciale si attua mediante uno
strumento di carattere generale, denominato piano
territoriale di coordinamento (Ptc), e
dei piani settoriali disciplinanti specifici
interessi ed attività coinvolgenti l’uso
del territorio.
In particolare il Ptc, oltre a contenere previsioni strutturali e
programmatiche, ha valore e portata di Ptc,
teso a garantire la protezione della natura,
dell’ambiente, delle acque, della difesa
del suolo e della tutela delle bellezze
naturali, ai sensi dell’art. 57 del DLgs
112/1998.
In tale ipotesi, ed in ogni caso in cui ne ravvisi la necessità, la
provincia indice una conferenza preliminare
all’adozione del Ptc, alla quale sono
invitate le amministrazioni statali
interessate, la regione e tutti gli altri
enti pubblici competenti, al fine di
definire le opportune intese.
Nel corso del procedimento di formazione del Ptc si inseriscono
ulteriori fasi procedimentali, quali:
– nel rispetto del principio di partecipazione, l’eventuale
indizione di una conferenza, alla quale sono
invitati gli enti locali e le organizzazioni
sociali, culturali, ambientaliste e
sindacali di livello provinciale al fine di
approfondire la valutazione del piano e di
formulare proposte di modifica allo schema
di Ptc;
– la verifica di compatibilità del piano adottato con il Ptr,
ovvero con le linee guida della
programmazione territoriale regionale, e con
i Psr, che sostituisce il controllo di
conformità;
– in coerenza con il principio di flessibilità, la possibilità
di proporre modifiche al Ptr ovvero alle
linee guida della programmazione
territoriale regionale;
– l’adeguamento del Ptc alla programmazione territoriale
sovraordinata, che avviene in seno ad una
conferenza di servizi, a cui sono chiamati a
partecipare la regione, la provincia ed i
dirigenti delle strutture regionali e
provinciali competenti.
La disciplina del procedimento di formazione del Ptp garantisce, in
sintesi, il contemperamento delle esigenze
di partecipazione dei soggetti interessati
alla pianificazione provinciale da un lato,
e di celerità e concentrazione delle fasi
procedimentali dall’altro; assicura
coerenza ed organicità con i livelli di
pianificazione sovraprovinciale.
Si è introdotta, inoltre, la verifica di compatibilità, che
sostituisce il più rigido controllo di
conformità, proprio al fine di garantire,
nel rispetto del rapporto di gerarchia tra i
piani, una maggiore flessibilità della
pianificazione, passando da una concezione
della funzione dei piani sottordinati come
strumenti di mera esecuzione di quelli
sovraordinati ad una funzione attuativa dei
primi da parte di questi ultimi, diretta ad
un razionale adeguamento alla realtà
territoriale oggetto della pianificazione.
La legge di riforma ha disciplinato, altresì, la pianificazione
urbanistica della istituenda Città
metropolitana di Napoli, estendendo a
quest’ultima la medesima disciplina
dettata per la formazione degli strumenti
urbanistici generali e rimettendo alle
singole municipalità la predisposizione
della pianificazione attuativa.
Per quanto attiene più specificamente al governo del territorio
comunale, la legge di riforma individua,
quali strumenti di pianificazione
urbanistica, il Puc, i piani urbanistici
attuativi (Pua) ed il Regolamento
urbanistico edilizio comunale.
In particolare, il Puc è strumento urbanistico generale e contiene
disposizioni di carattere strutturale che
recepiscono le individuazioni delle
componenti territoriali indicate dalla
pianificazione regionale e provinciale e
attua le prescrizioni da queste dettate,
disciplinando la tutela ambientale, le
trasformazioni urbanistiche ed edilizie del
territorio comunale, anche mediante
disposizioni, aventi effetti diretti ed
immediati sul diritto di proprietà.
Il Puc, in coerenza con le disposizioni del Ptr e del Ptc, definisce
gli elementi del territorio urbano ed
extraurbano, del criterio di compatibilità
tra interventi di trasformazione e risorse
naturali, ambientali e storico-culturali
disponibili; determina i fabbisogni
insediativi e le priorità relative alle
opere di urbanizzazione; stabilisce la
suddivisione del territorio comunale in zone
omogenee, individuando le aree non
suscettibili di trasformazione urbanistica;
individua le trasformazioni fisiche e
funzionali ammissibili nelle singole zone;
disciplina le relazioni funzionali,
strutturali e morfologiche dei sistemi della
mobilità di beni e persone.
Fanno parte integrante del Puc i piani di settore riguardanti il
territorio comunale, inclusi i piani
riguardanti le aree naturali protette ed i
piani relativi alla tutela dei beni
culturali e dell’ambiente, alla difesa del
suolo ed alla prevenzione dei rischi
derivanti da calamità naturali.
Anche al procedimento di formazione del Puc si applicano i principi di
pubblicità, trasparenza, flessibilità e
partecipazione dei soggetti coinvolti dal
processo pianificatorio, mediante la
previsione di consultazioni preliminari
all’adozione del piano, di conferenze tese
alla verifica di compatibilità dello
strumento urbanistico generale rispetto a
quelli sovraordinati ed alla eventuale
introduzione, in tali sedi, di modifiche a
questi ultimi; il tutto scandito da termini
procedimentali che definiscono le singole
fasi di formazione del Puc, in linea con le
istanze di efficienza e semplificazione
procedurale.
La legge di riforma introduce, altresì, la possibilità per i comuni
di approvare con delibera consiliare delle
previsioni di carattere programmatico, con
le quali si specificano le disposizioni
strutturali contenute nel Puc, precisandone
le modalità di attuazione nell’arco
temporale di tre anni.
Le previsioni programmatiche si ispirano ai criteri di perequazione
urbanistica, hanno valore ed effetti del
programma pluriennale di attuazione
disciplinato dall’art. 13 della legge
10/1977 e si coordinano con il bilancio
pluriennale comunale e con il programma
triennale per la realizzazione di opere
pubbliche, di cui all’art. 14 della legge
109/1994.
Per le opere pubbliche o di interesse pubblico la deliberazione di
approvazione delle previsioni programmatiche
comporta la dichiarazione di pubblica utilità
e di indifferibilità e urgenza dei lavori
ivi previsti.
Mediante le previsioni programmatiche vengono stabiliti gli interventi
da attuarsi per il tramite di società di
trasformazione urbana, ed individuate le
aree per gli impianti di
distribuzione carburanti, ai sensi del DLgs 32/1998.
L’attuazione delle previsioni del Puc è affidata ai Pua, che dettano
la disciplina puntuale delle trasformazioni
urbanistiche, in relazione a specifici e
circoscritti ambiti territoriali, così come
delineati dalla strumentazione urbanistica
generale.
La scelta è stata quella di unificare tutti i piani attuativi in un
unico strumento che, in relazione allo
specifico contenuto, assume di volta in
volta portata effettuale e valore di piano
particolareggiato, piano di lottizzazione,
piano per l’edilizia economica e popolare,
piano per gli insediamenti produttivi, piano
di recupero, programma integrato di
intervento, ovvero di programma di recupero
urbano.
La pianificazione attuativa perde, quindi, il carattere di semplice
strumento di specificazione e dettaglio
della strumentazione urbanistica generale
per assumere la valenza di strumentazione
attuativa delle previsioni di carattere
sovraordinato; si passa cioè da un sistema
di pianificazione di stampo dirigistico ad
una pianificazione di tipo strategico, nel
rispetto del rapporto di gerarchia tra i
piani, caratterizzato, però, da una
maggiore flessibilità, tant’è che i Pua
possono comportare la modifica delle
previsioni programmatiche e attuano il
criterio più elastico della compatibilità,
che sostituisce quello obsoleto della
conformità.
I Pua sono adottati d’ufficio, su proposta dei proprietari delle aree
interessate dai singoli interventi, ovvero
dalle società di trasformazione urbana. Il
comune può introdurre in sede di adozione
del piano le modifiche necessarie o comunque
ritenute opportune, ovvero può respingere
le proposte di adozione avanzate dai
privati.
L’adozione del Pua è stata attribuita alla giunta comunale, nel
rispetto delle disposizioni di cui
all’art. 48 del DLgs 267/2000.
Peraltro, in coerenza con quanto stabilito dall’art. 24 della legge
47/1985, del resto già anticipata dalle
disposizioni di cui alla Lr 14/1982, si è
affidato all’amministrazione comunale
l’adozione e l’approvazione degli
strumenti attuativi conformi alla
strumentazione urbanistica generale,
eliminando il controllo di conformità da
parte dell’amministrazione provinciale.
La nuova normativa regionale disciplina, inoltre, i sistemi di
attuazione della pianificazione urbanistica,
mediante accordi di programma, comparti
edificatori e società di trasformazione
urbana.
Si amplia portata e occasioni di attuazione di tale strumento,
riconoscendo la possibilità di
utilizzazione anche per interventi di
privati diretti alla realizzazione di opere
di interesse pubblico. Tale criterio,
virtualmente adottato dalla normativa
statale, rinviene occasione di
riaffermazione esplicita nella scelta
legislativa in esame.
In particolare si prevede che qualora sia necessaria un’azione
integrata tra regione, province, comuni,
amministrazioni dello Stato ed altri enti
pubblici per la definizione e l’esecuzione
di programmi di intervento di opere
pubbliche o di interesse pubblico, anche
d’iniziativa privata, si procede alla
stipula dell’accordo di programma con le
modalità previste dall’art. 34 del DLgs
267/2000.
È inoltre consentita la costituzione da parte dei comuni e della Città
metropolitana di Napoli, anche con la
partecipazione delle province e della
regione, di società miste per la
progettazione e la realizzazione di
interventi finalizzati alla trasformazione
urbana, ai sensi dell’art. 120 del
medesimo DLgs 267/2000.
La riforma contiene inoltre una nuova disciplina dei vincoli
urbanistici, finalizzata a superare la grave
alternativa posta dalla giurisprudenza della
Corte Costituzionale (da ultimo, sentenza n.
179 del 1999) alle previsioni di esproprio
per pubblica utilità – quella tra
un’attuazione entro il termine di cinque
anni, ovvero la previsione di un indennizzo
– proponendo l’abbandono della rigida
contrapposizione tra zone libere e zone
vincolate per dare alla proprietà
immobiliare uno statuto generale compatibile
con la essenziale funzione di supporto
indispensabile delle opere atte a soddisfare
le esigenze presenti e anche future della
collettività.
Si stabilisce così che per la categoria dei beni immobili sia disposta
in via ordinaria una limitazione della
facoltà di trasformazione da parte del
proprietario e che tale limitazione derivi
proprio dalla necessità che il territorio
conservi la sua idoneità a soddisfare
agevolmente le esigenze future della
collettività.
Il nuovo statuto della proprietà, dunque, vieta nelle zone non incluse
in un piano attuativo, solo le opere che
possono ritenersi in concreto di grave
ostacolo ad una futura utilizzazione
pubblica dell’area e di consentire per
converso liberamente ogni intervento dal
carattere agevolmente reversibile, in
applicazione del principio secondo il quale
l’interesse pubblico deve essere
realizzato con il minor sacrificio di quello
privato.
Il criterio distintivo della reversibilità o meno degli interventi
ammessi, in relazione alla loro idoneità a
compromettere la realizzazione di opere e
infrastrutture di interesse generale, è
stato individuato nella funzione alla quale
l’opera realizzata dal privato è
preordinata e dell’attività che si
intende svolgere.
Le attività ammesse dalla nuova legge regionale sono, dunque, quelle
di coltivazione diretta, di manutenzione
ordinaria, nonché le trasformazioni
soggette a semplice denuncia di inizio
attività, la realizzazione di manufatti non
destinati ad abitazione o soggiorno di
persone ed i cambi di destinazioni d’uso,
purché anch’essi non finalizzati ad
abitazione o soggiorno di persone.
L’organicità della normativa di riforma non poteva tralasciare la
disciplina dei poteri sostitutivi rimessi
alla regione.
Da un lato, infatti, si è riconosciuto un ruolo centrale agli enti
locali nell’attività di pianificazione
territoriale, introducendo un sistema di
controllo più elastico quale la verifica di
compatibilità, dall’altro si è assegnato
alla regione un potere sostitutivo nel caso
in cui gli enti territoriali subregionali
ritardino o omettano di compiere atti di
loro competenza.
Ciò anche al fine di assicurare la rapida attuazione della legge di
riforma, soprattutto in relazione agli
obblighi contenuti nelle
disposizioni transitorie e finali della legge, disciplinanti i termini
entro cui gli enti locali devono dotarsi di
strumenti urbanistici conformi alla nuova
normativa.
La riforma, infine, prevede una disciplina in materia di repressione
dell’abusivismo edilizio, che impone
l’adozione di misure adeguate ad
assicurare il ripristino della legalità. Si
affida alla regione il compito di affiancare
il comune nell’attività di vigilanza e di
sostituirlo nell’esecuzione delle
ordinanze di ripristino, mediante
l’organizzazione di una struttura
attrezzata per l’esecuzione diretta dei
provvedimenti sanzionatori, che consente di
abbreviare i tempi e di garantire il
risultato cui la stessa attività
sanzionatoria è finalizzata.
Lo sforzo compiuto, allo stato, porta alla individuazione dei criteri
informatori elencati nella parte iniziale
della relazione.
Resta ora agli apporti collaborativi delle amministrazioni
territoriali, delle associazioni culturali e
sindacali, delle autorità statali preposte
alla tutela dei vincoli pesistici e
storico-architettonici, cooperare per i
necessari, irrinunciabili miglioramenti del
contenuto e delle scelte legislative.
Si confida pienamente nell’apporto degli
operatori, chiarendo in definitiva che la
legge è diretta a garantire la
realizzazione di un organico sistema di
pianificazione territoriale, che contemperi
istanze di garanzia dell’ambiente nella
accezione più ampia del termine e esigenze
di sviluppo socio economico, nonché di
garantire, nel caso di illecita
trasformazione territoriale, i rapidi ed
incisivi interventi che evitino il
proliferare dello scempio ambientale
presente sul nostro territorio. |