Lo sportello unico (Su) per le attività produttive è normato
dal DLgs 31 marzo 1998, n. 112 -
conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed
agli enti locali - in attuazione del capo I
della legge 15 marzo 1977, n. 59 - capo IV:
conferimenti ai comuni e Su per le attività
produttive e dal Dpr 447 del 20 ottobre 1998
così come modificato dal Dpr 440 del 7
dicembre 2000.
Il menzionato DLgs 31 marzo 1998, n. 112, nell’ambito del Titolo II,
dedicato allo sviluppo economico ed alle
attività produttive, gli artt. 23 e 24
conferiscono ai comuni le funzioni
amministrative relative alla localizzazione,
realizzazione ed ampliamento di impianti
produttivi, prevedendo che tali competenze
siano svolte da ogni comune, anche in forma
associata con altri comuni ed enti locali,
mediante un’unica struttura amministrativa
responsabile dell’intero procedimento
amministrativo e che presso ogni struttura
sia istituito uno Su in grado di garantire
l’accesso degli interessati a tutte le
informazioni concernenti, da un lato, le
procedure autorizzatorie e, dall’altro, le
attività di servizio ed assistenza alle
imprese (il cui coordinamento viene
contestualmente affidato alle regioni).
Il Dpr 447 del 20 ottobre 1998 - regolamento di semplificazione dei
procedimenti di autorizzazione concernenti
gli impianti produttivi – ha, quindi,
previsto che i comuni debbano provvedere
alla realizzazione della struttura e dello
Su ed alla nomina dell’unico responsabile
dei procedimenti affidati; ha, altresì,
disciplinato il nuovo procedimento
amministrativo unitario da attivare per la
realizzazione di nuovi impianti produttivi e
per la creazione di nuove aree industriali,
secondo i principi contenuti nello stesso
DLgs 112/1998.
La complessità e la novità della nuova disciplina appare peraltro
destinata a mettere a dura prova le capacità
e le possibilità organizzative dei comuni,
imponendo inoltre un radicale mutamento dei
rapporti fra burocrazia e cittadini ed un
nuovo clima di reale collaborazione fra
uffici ed enti diversi.
Fino ad ora, infatti, per poter localizzare una nuova attività
produttiva sul territorio, installare le
apparecchiature ed i sistemi produttivi
necessari, realizzare le opere relative ed
avviare l’attività imprenditoriale, è
stato necessario acquisire numerose
autorizzazioni di vario tipo, di competenza
di enti ed uffici pubblici diversi, secondo
procedure e con tempi di definizione non
coordinati fra loro. Si è così imposta la
necessità, per l’aspirante imprenditore,
di proporre molteplici domande, secondo
modelli differenziati e con ampia
duplicazione dei conseguenti adempimenti
formali, imponendogli di seguire le numerose
pratiche nel loro peregrinare fra uffici
diversi, spesso operanti senza alcun
raccordo, dovendo così fare fronte a
richieste istruttorie non chiare e talvolta
contraddittorie. Il risultato è stato un
notevole dispendio di tempo ed economia per
l’interessato, senza alcuna certezza sia
circa le condizioni necessarie per poter
avviare la nuova attività economica, sia
circa gli effettivi responsabili di ciascun
segmento dell’istruttoria, sia circa i
tempi di definizione, essendo in ogni caso
la tempistica condizionata dalla definizione
del più lento dei vari procedimenti, spesso
a sua volta necessario presupposto per poter
passare ad un procedimento successivo.
L’art. 23 del DLgs 31 marzo 1998, n. 112, in particolare, attribuisce
ai comuni le funzioni amministrative
concernenti l’autorizzazione agli impianti
produttivi, ivi incluso il rilascio della
concessione edilizia, attribuendo invece
alle regioni il diverso compito di
coordinare e migliorare i servizi e
l’assistenza per le imprese, in
particolare mediante la raccolta e
diffusione, anche in via telematica, delle
informazioni concernenti l’insediamento e
lo svolgimento delle attività produttive
nel territorio regionale, con particolare
riferimento alle normative applicabili, agli
strumenti agevolativi e agli strumenti di
incentivazione attivabili; anche tali
attività promozionali e di assistenza
dovranno peraltro essere veicolate ai
potenziali interessati, prioritariamente,
attraverso gli Su per le unità produttive
dei comuni.
L’art. 24 individua i principi organizzativi per l’esercizio delle
funzioni amministrative attribuite ai comuni
in materia di insediamenti produttivi,
mediante l’affidamento della responsabilità
dell’intero procedimento ad un’unica
struttura, presso la quale è istituito lo
Su.
L’art. 25 pone i principi generali secondo i quali dovrà svolgersi
il procedimento amministrativo in materia di
autorizzazione all’insediamento di attività
produttive, concernenti i profili
urbanistici, sanitari, di tutela ambientale
e di sicurezza. Prevedendo anche la
possibilità di ricorso ad
autocertificazioni ed a dichiarazioni
asseverate per poter procedere, decorso il
termine previsto ed indipendentemente dalla
adozione di provvedimenti amministrativi,
alla realizzazione di un impianto
produttivo.
L’art. 26 disciplina l’individuazione e la realizzazione di aree
industriali e di aree ecologicamente
attrezzate, dotate delle necessarie
infrastrutture.
L’art. 27, infine, individua gli impianti comportanti particolari
rischi per la sicurezza, la salute e
l’ambiente e per i quali è pertanto
escluso il ricorso all’autocertificazione.
Inoltre, è in ogni caso fatta salva la
necessità di acquisire le concessioni
edilizie e le valutazioni favorevoli di
compatibilità e di impatto ambientale, ove
necessarie.
Il regolamento sullo Su dà attuazione ai principi e criteri
procedimentali ed organizzativi previsti dal
DLgs 112/1998, così come espressamente
previsto dall’art. 25, comma 2,
limitandosi quindi ad articolare e precisare
previsioni già inserite in un atto avente
rango primario.
Per ciascuno degli impianti in esame, dovrà essere presentata
un’unica domanda alla struttura unica
istituita presso ciascun comune o
associazione di comuni, ai fini della
valutazione dei singoli profili di interesse
pubblico e della loro conseguente eventuale
autorizzazione.
Come già accennato, il nuovo procedimento presso lo Su non abroga gli
attuali procedimenti autorizzatori
concernenti i diversi profili di tutela e
sicurezza della collettività, limitandosi,
invece, a coordinarli, inserendo i diversi
momenti autorizzativi nel nuovo procedimento
gestito presso lo Su.
Si tratta di un sistema a stella che vede al centro il
responsabile della struttura (ovvero il
responsabile del singolo procedimento
nell’ambito della struttura), che riceve
la domanda unica dell’interessato e che
valuta i profili attribuiti alla sua
competenza, trasmettendo la stessa domanda
agli altri uffici competenti per profili
diversi, appartenenti al comune o ad altri
enti territoriali, al fine di acquisirne
l’avviso e poter così comunicare
all’interessato l’esito conclusivo del
procedimento avviato sulla propria domanda.
Appare però evidentemente preferibile che ciascun momento
organizzativo chiamato a partecipare alla
procedura espleti i propri compiti
assicurando la massima collaborazione ed
operando nei tempi tecnici strettamente
necessari, che potranno essere notevolmente
inferiori a quelli massimi previsti, grazie
alle moderne tecnologie di acquisizione e
scambio elettronico delle informazioni, ma
prima ancora grazie all’intelligenza e al
buon senso degli operatori (ad esempio in
attesa di e-mail e videoconferenza, non
sarebbe male conoscere i colleghi
dell’ufficio a fianco, concertare
periodicamente le attività di rispettivo
interesse e attivare piccole sinergie
quotidiane volte a facilitare il procedere
delle pratiche). Al riguardo, sotto un
profilo più strettamente giuridico, si
evidenzia che resta certamente consentita la
previsione, con l’accordo dei soggetti
competenti, di termini più brevi (purché
congrui) rispetto a quelli fissati dal
regolamento.
Peraltro, il profilo organizzativo disegnato dalla riforma è più
complesso di quanto possa apparire a prima
vista, prevedendo la contestuale
attivazione:
- di una struttura unica, gestita dal comune in forma singola o
associata e preposta alla gestione del nuovo
procedimento autorizzatorio;
- di uno Su, la cui gestione può anche essere affidata in
concessione, volto a consentire il dialogo
fra amministrazione e cittadini nella
materia in esame;
- di un archivio informatico che, attraverso lo Su, deve
garantire a tutti gli interessati
l’accesso in tempo reale ai dati, di
diversa provenienza, concernenti sia i
procedimenti amministrativi autorizzativi,
sia le attività promozionali disponibili.
Appare, quindi, opportuno soffermarci sulle modifiche introdotte dal
Dpr 440/2000 che hanno una triplice
funzione: sono rivolte in primo luogo a
chiarire dubbi interpretativi originari,
servono ad introdurre correttivi di natura
tecnica nella gestione della pratica ed
infine si propongono di rafforzare l'unicità
della struttura e del conseguente
procedimento.
Esse possono essere così riassunte:
- chiarificazione dell'ambito di applicazione della normativa sullo
sportello imprese, con parificazione
dell'attività di produzione di beni con
quella di produzione di servizi;
- previsione esplicita dell'istanza unica, che consente di sciogliere i
dubbi sull'imposta di bollo;
- disposizione altrettanto esplicita che obbliga a presentare la
domanda soltanto allo sportello e
conseguente obbligo di trasmettere, da parte
delle altre amministrazioni, entro 5 giorni,
eventuali domande ad esse presentate;
- divieto per le amministrazioni pubbliche coinvolte, di rilasciare
autorizzazioni, nulla-osta, pareri o atti di
consenso in modo autonomo ed in ogni caso
operatività degli stessi esclusivamente
all'interno del procedimento unico;
- previsione che sia il responsabile del procedimento e non il sindaco
a convocare la conferenza di servizi; la
competenza del sindaco resta solo nel caso
di individuazione delle aree industriali
ecologicamente attrezzate;
- riduzione dei tempi procedimentali per l'emanazione del provvedimento
unico;
- obbligo per la struttura di provvedere alla riscossione di spese e
diritti istruttori precedentemente esatti
dalle amministrazioni coinvolte;
- facoltà di non riversare tali spese e diritti nel caso in cui le
amministrazioni che hanno svolto attività
istruttoria non abbiano risposto nei termini
previsti;
- possibilità di avvalersi, nell'istruttoria tecnica delle pratiche,
di strutture pubbliche qualificate con
requisiti di indipendenza, competenza ed
adeguatezza tecnica;
- possibilità di istituire, da parte del comune ed in relazione
all'attività propria della struttura,
autonomi diritti di istruttoria con limite
di spesa complessiva per l'interessato.
Dall'esame delle novità sopradescritte si nota chiaramente come gran
parte delle disposizioni sono finalizzate a
rafforzare il ruolo della struttura,
l'unicità ed esclusività del procedimento,
i poteri del responsabile dello sportello.
Le nuove formulazioni sgombrano il campo anche da dubbi interpretativi
precedenti circa la validità e la
preminenza di leggi che assegnano ad altre
amministrazioni pubbliche atti (prima
autorizzativi, ora istruttori) e tempi
procedimentali diversi rispetto a quelli del
Dpr 440/2000; potremo dire infatti che è la
normativa dello Su a porsi come lex
specialis ogni qual volta sia rispettato
l'ambito di applicazione descritto dall'art.
1, comma 1 bis e ciò appare ancor più
vincolante con l'art. 27 bis del DLgs
112/1998 aggiunto dalla legge 340/2000.
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Figura
1 - Procedimento semplificato
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Figura
2 - Conferenza dei servizi: fase con
pubbliche amministrazioni
dissenzienti |
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Figura
3 - Conferenza dei servizi |
Un ragionamento a parte merita la variante urbanistica ex art. 5 Dpr
447/1998.
Il processo di integrazione dei mercati e dei prodotti, ovvero il
processo di globalizzazione dell'economia,
tenderà a premiare maggiormente - in
termini di investimenti e di qualificazione
del territorio - le realtà locali più
evolute e competitive, in quanto solo queste
ultime saranno in grado di attrarre maggiori
risorse pubbliche e private e potranno,
conseguentemente, generare ricchezza e
creare sviluppo.
I confini nazionali ed amministrativi avranno un peso molto relativo in
quanto è il territorio in sé, per le sue
caratteristiche socio-economiche, che si
troverà esposto direttamente ad affrontare
la sfida dello sviluppo.
Lo sviluppo economico-sociale del territorio non è più, pertanto, la
risultante esclusiva di strategie di
politica economica a livello nazionale. Le
istituzioni, le forze economiche, sociali e
culturali presenti in ciascun territorio,
per poterlo pienamente valorizzare, devono
diventare soggetti attivi di sviluppo. In
questa fase, è pertanto delicata la
responsabilità che incombe sull'apparato
amministrativo locale, se si considera che
proprio le diseconomie esterne provocate
dall'agire della pubblica amministrazione
sono una delle cause principali di fuga
degli investimenti.
Il legislatore statale ha preso atto della nuova realtà con la quale
gli enti locali devono confrontarsi in
materia di sviluppo ed ha attribuito ai
comuni, con il DLgs 112/1998, le funzioni
amministrative concernenti la realizzazione,
l'ampliamento, la cessazione, la
riattivazione, la localizzazione e la
rilocalizzazione di impianti produttivi.
Tali funzioni sono esercitate da ogni comune mediante l'istituzione e
l'attivazione dello Su disciplinato dal Dpr
447/1998, come modificato dal Dpr 440/2000.
All'interno della normativa sullo Su si
colloca il procedimento semplificato di cui
all'art. 5 del citato Dpr, in materia di
approvazione dei progetti comportanti la
variazione di strumenti urbanistici.
Il predetto procedimento semplificato è finalizzato all'avvio di una
procedura di variante agli strumenti
urbanistici con lo scopo ultimo di rendere
concretamente realizzabili singole
iniziative imprenditoriali, nell'acquisita
consapevolezza che la promozione dello
sviluppo economico del territorio è un
valore da tutelare anche con gli strumenti
della pianificazione urbanistica.
Le varianti ai piani regolatori possono essere distinte in varie
tipologie, sulla base della loro funzione ed
estensione, come ha avuto modo di chiarire
anche la giurisprudenza amministrativa.
Possiamo distinguere tra varianti generali e
varianti specifiche o speciali; talvolta si
è parlato anche di variante normativa.
Le recenti legislazioni regionali tendono inoltre ad introdurre
suddivisioni che tengono conto del livello
di competenza degli enti coinvolti
nell'approvazione delle varianti (si parla
di variante strutturale, formale, ecc.).
Tornando alle tipologie principali, le varianti generali consistono,
come è noto, in una nuova disciplina
generale dell'assetto del territorio al fine
di aggiornare e rivedere, periodicamente, il
piano regolatore generale che ha, per sua
natura, una durata indeterminata.
La variante a cui allude l'art. 5 della disciplina sullo Su non può
essere evidentemente ritenuta come generale
in quanto è occasionata da esigenze
connesse ad un singolo progetto edilizio e
riguarda un singolo impianto.
La variante ex Su può essere definita quindi quale variante specifica
e puntuale; è, inoltre, anche straordinaria,
in ragione del particolare iter
procedimentale semplificato di cui gode
rispetto al regime ordinario di approvazione
delle varianti.
È bene chiarire che le peculiarità della variante ex Su sono
riconducibili, nel disegno del legislatore,
non all'esigenza di soddisfare l'interesse
privato di chi presenta un progetto
edilizio, ma a quella di soddisfare
l'interesse pubblico allo sviluppo economico
connesso ad un dato progetto edilizio di un
imprenditore, nel rispetto di un assetto
ordinato del territorio.
Per le caratteristiche procedurali sopra accennate (variante originata
da esigenze del singolo imprenditore e
regime procedurale semplificato) la variante
ex Su incontra talune opposizioni, di chi
cioè sostiene che il governo del territorio
debba essere improntato sempre a scelte di
carattere generale e programmatorio.
Con il nuovo strumento, invece, potrebbe esservi il rischio che
l'assetto edilizio-urbanistico del
territorio venga ad essere rimesso alle
scelte dei privati in quanto, in luogo del piano
regolatore generale (Prg) e delle
varianti generali, prenderebbero sempre più
spazio varianti specifiche, puntuali e
straordinarie. In altre parole, l'assetto
del territorio potrebbe essere determinato
dal business plan dell'impresa e, quindi,
dalla sommatoria di singoli progetti edilizi
e non più dalla pianificazione generale.
La scelta estremistica di non far uso del nuovo strumento per i rischi
ad esso connessi è, comunque, a mio avviso,
eccessiva, in quanto potrebbe essere fonte
di pregiudizio alla prosperità della
comunità locale. Alla base di questa
sfiducia verso il nuovo istituto si nasconde
la convinzione, non fondata nelle norme,
come avremo modo di vedere, che il
procedimento di variante ex Su intacchi le
competenze sostanziali dei soggetti
istituzionali preposti al governo del
territorio ed estrometta i privati o la
collettività dalla partecipazione al
procedimento di pianificazione.
In realtà, i soggetti preposti in via ordinaria alla adozione ed
all'approvazione delle varianti urbanistiche
ovvero il consiglio comunale, la provincia
delegata e la regione (visto di conformità
Lr 14/1982), sono sempre presenti anche nel
procedimento ex Su. Lo stesso dicasi per i
privati cittadini e le associazioni che
possono partecipare al procedimento di
variante, sia nell'ambito della conferenza
di servizi, che successivamente, presentando
osservazioni sulla variante adottata.
Va comunque anche evitato, per converso, un utilizzo irragionevole di
tale strumento, in quanto anche questo
potrebbe pregiudicare lo sviluppo economico
che è comunque correlato ad un uso ordinato
del territorio. In parole semplici, la
variante ex Su è solamente un procedimento
neutro, tenendo conto dei profili sopra
esposti, alla stessa stregua di qualsivoglia
procedura di variazione degli strumenti
urbanistici.
La variante ex sportello deve essere interpretata esclusivamente come
una opportunità per accelerare lo sviluppo
economico del territorio, purché venga
applicata in modo equilibrato e funzionale
all'interesse pubblico.
Trovare il giusto equilibrio tra le esigenze dello sviluppo, connesse
ad un progetto imprenditoriale di un
privato, e il rispetto del territorio è
quindi la sfida che deve essere,
inevitabilmente, affrontata da parte
dell'apparato burocratico e da parte degli
organi politici.
Procedura tipo di variante ex art. 5 Dpr
447/1998
1. Un imprenditore presenta alla struttura dello Su un progetto per la
realizzazione, ad esempio, di un nuovo
impianto di produzione di servizi.
Il progetto senza dubbio, in ragione del suo oggetto, rientra nel campo
di applicazione del regolamento nazionale
sullo Su in quanto è ormai pacifico
l'assunto secondo cui le attività
economiche promotrici di sviluppo non sono
più oggi solo quelle manifatturiere ma
anche quelle commerciali e di servizi.
L'art. 1 bis del Dpr 20 ottobre 1998, n.
447, modificato con il Dpr 440/2000,
stabilisce infatti, che "rientrano tra
gli impianti di cui al comma 1 quelli
relativi a tutte le attività di produzione
di beni e servizi, ivi incluse le attività
agricole, commerciali e artigiane, le
attività turistiche ed alberghiere, i
servizi resi dalle banche e dagli
intermediari finanziari, i servizi di
telecomunicazioni".
2. Viene, quindi, verificata la compatibilità urbanistica del progetto
presentato.
Occorre sottolineare che la normativa urbanistica tipica è costituita
dal Prg. La procedura di variante ex Su può
essere avviata - aderendo alle finalità
acceleratorie della normativa dello Su - in
quanto vi è un interesse pubblico correlato
all'esigenza di non ritardare la
realizzazione di un assetto. Il progetto si
presenta in contrasto con lo strumento
urbanistico vigente.
3. Ai sensi di quanto previsto dal primo comma dell'art. 5 del citato
Dpr la domanda dell'imprenditore viene
rigettata per l'anzidetto contrasto con la
normativa urbanistica approvata. Il progetto
in questione risulta, infatti, non
realizzabile in quanto non sono
individuabili aree destinate
all'insediamento richiesto.
4. Gli uffici comunali hanno, poi, verificato la sussistenza dei
requisiti legittimanti una motivata
indizione della conferenza di servizi.
L'istruttoria ha dovuto, quindi, riguardare
innanzitutto l'accertamento di uno dei due
presupposti, tra loro alternativi -
inesistenza oppure insufficienza di aree
destinate all'insediamento - in presenza dei
quali è legittimo procedere all'indizione
della conferenza di servizi. Sussiste nel
caso di specie il requisito di insufficienza
di aree in quanto non vi era area
sufficiente, sotto il profilo quantitativo,
alla realizzazione dell'impianto,
trattandosi di struttura estremamente ampia
in termini di superficie. L'insufficienza è
di natura quantitativa e non è tale da
generare dubbi interpretativi. In
conclusione, la pratica oggetto di
istruttoria, non presenta elementi
dirompenti rispetto alla normativa statale
sullo Su e alla strumentazione urbanistica
comunale.
5. L'istruttoria ha poi riguardato le verifiche in ordine alla
compatibilità del progetto con le norme
vigenti in materia ambientale, sanitaria e
di sicurezza del lavoro. Gli uffici comunali
e le altre pubbliche amministrazioni aventi
competenza in materia hanno attestato tale
conformità, mediante il rilascio di
appositi pareri favorevoli.
6. Prima di procedere oltre, appare opportuno rendere noti gli aspetti
organizzativi pertinenti alla conduzione
dell'istruttoria, sopra illustrata,
propedeutica alla eventuale indizione della
conferenza di servizi. Sul piano interno, è
stata assunta una precisa misura
organizzativa idonea a semplificare
l'attività istruttoria. Nell'ambito del
regolamento comunale di disciplina
dell'attività dello Su dovrebbe essere
istituito un gruppo di coordinamento
composto dai dirigenti comunali che nei vari
procedimenti da sportello hanno competenza
ad esprimere pareri, valutazioni o a
rilasciare autorizzazioni; tale gruppo di
coordinamento, ove occorra, viene allargato
alla partecipazione dei responsabili degli
enti esterni competenti in materia. I
rapporti tra comune procedente e le altre
pubbliche amministrazioni devono essere
disciplinati in appositi accordi di
programma.
In ragione delle misure organizzative sopra individuate, il
responsabile dello Su convoca il gruppo di
coordinamento in un'apposita riunione
nell'ambito della quale si procede alla
verifica circa la sussistenza di tutti i
requisiti propedeutici. È stato, quindi,
redatto un verbale ove vengono riportati
tutti i pareri rilasciati dai dirigenti
comunali e dalle altre pubbliche
amministrazioni competenti nelle rispettive
materie.
7. Terminata l'istruttoria propedeutica con esito positivo, il
responsabile del procedimento valuta la
motivazione che può supportare l'indizione
della conferenza di servizi.
L'interesse imprenditoriale deve coincidere, quindi, con l'interesse
pubblico in materia di sviluppo ed in
materia di uso del territorio. Il mero
interesse imprenditoriale non può ex sé
legittimare l'avvio del procedimento di
proposta di variante.
8. L'indizione della conferenza si è estrinsecata mediante
comunicazione formale di convocazione:
- la comunicazione è stata rivolta a tutti i rappresentanti delle
pubbliche amministrazioni aventi competenze
in materia;
- la comunicazione recava con precisione l'argomento oggetto di
discussione;
- è stata allegata tutta la documentazione informativa necessaria ad
agevolare l'assunzione della decisione;
- è stato assegnato alle parti convocate un termine congruo di gg. 30
per l'esame delle pratiche.
È stato inoltre emanato un pubblico avviso (affisso nell'albo pretorio
e nei pubblici spazi del territorio
comunale) per consentire la partecipazione
alla conferenza, anche mediante la
presentazione di memorie scritte, a tutti i
soggetti portatori di interessi pubblici o
privati, individuali o collettivi ovvero
portatori di interesse diffusi costituiti in
associazione.
9. Nel giorno prefissato si riuniscono in conferenza i rappresentanti
delle pubbliche amministrazioni invitate, i
quali esprimeranno (possibilmente, se la
istanza sarà corredata di tutti i pareri,
gli atti e gli elaborati necessari), in
un'unica seduta, i pareri e le
autorizzazioni richieste dalla legge. Viene,
quindi, redatto un verbale, approvato e
sottoscritto da tutti i partecipanti della
seduta, recante la ricognizione dei soggetti
partecipanti e legittimati ad intervenire,
gli estremi della documentazione consegnata
dalle pubbliche amministrazioni nel corso
della riunione, le modalità di svolgimento
della discussione e l'esito della stessa.
Pertanto, l'esito della conferenza si
conclude con la proposta di variante al
consiglio comunale. Successivamente la
pratica verrà trasmessa all'ufficio
competente in via ordinaria alla
pubblicazione delle varianti adottate per la
cura degli adempimenti conseguenti.
Il presente articolo è stato redatto con il contributo involontario
di A. M. Mariconi e di S. Languenti.
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