L’articolata
rappresentazione degli assetti
insediativi e dei loro processi di
trasformazione pone alcune delle
basi per la ricerca. Si perviene a
una tassonomia di situazioni
territoriali differenziate basandosi
proprio sulla valutazione integrata
di usi agricoli, usi insediativi,
processi socio-economici ed
evoluzione demografica: l’autore,
infatti, muovendo da un set
particolarmente esteso di
indicatori, dimostra, con
precisione, la rilevanza del tessuto
delle differenze le quali, anche se
non sono certamente spiegabili con
la sola analisi statistica, mediante
il suo supporto possono senz’altro
essere efficacemente descritte.
Il lavoro pone
una rinnovata attenzione a quei
metodi quantitativi e a quelle
tecniche di analisi dei dati
territoriali che si sporcano le
mani col lavoro di campo e col
lavoro sui dati (analisi
multivariata e di cluster) e,
attraverso la descrizione degli
indicatori usati, definisce ambiti
spaziali omogenei pervenendo alla
costruzione di quadri interpretativi
parziali ma approfonditi. Il lavoro
esplicita i passi della procedura
statistica usata, conferendo al
lavoro una rilevanza di tipo
manualistico, senza perdere di vista
gli obiettivi territoriali. L’autore,
in questo modo, offre anche gli
strumenti per la messa a punto di
politiche territoriali mirate e per
la riattivazione di una
pianificazione fondata su ipotesi di
prospettiva.
Carlo Salone
(1999), Il territorio negoziato.
Strategie, coalizioni e
"patti" nelle nuove
politiche territoriali, Alinea,
Firenze.
Come ben illustra
Dematteis nella presentazione del
volume, ciò che fa da sfondo alle
riflessioni di Carlo Salone sulle
politiche di sviluppo locale
concerne un problema teorico di
grande rilevanza: le nuove
concezioni e le nuove forme della
territorialità nell’epoca della
progressiva disgregazione dell’idea
di Stato-nazione.
Tendono a
rivestire un ruolo sempre maggiore
alcuni modelli di azione collettiva
che, sulla scorta di inedite
modalità di relazione tra attori
sociali e istituzioni di governo, in
presenza, a volte, di nuove
condizioni normative, puntano ad
innescare meccanismi di sviluppo
economico più attenti ai bisogni e
alle vocazioni del locale. In questo
contesto, lo Stato tende a perdere
la sua rigida configurazione
piramidale, lasciando posto a nuove
modalità di regolazione politica,
meno gerarchiche, dove le
interazioni assumono la forma di
relazioni inter-organizzative.
Il volume, in
particolare, si sofferma su un
aspetto: quello della tendenza al
mutamento delle finalità stesse
dell’attività di pianificazione,
nel senso che non è più solo
controllo, ma anche orientamento e
sostegno alle politiche di sviluppo
economico.
La letteratura in
merito è già vastissima. Salone
sceglie di essere assai selettivo,
sia nei riferimenti teorici, che
nella scelta delle esperienze
concrete.
Il libro cerca di
rispondere a due esigenze
principali, una di carattere
interpretativo, volta a rendere
comparabili tra loro politiche di
sviluppo territoriale per molti
aspetti profondamente diverse tra
loro, e l’altra di natura pratica,
connessa cioè con la necessità di
orientare il dibattito sui nuovi
strumenti per lo sviluppo locale
verso modelli originali di azione
collettiva.
I casi indagati
nel libro illustrano sia vicende di
pianificazione in alcune città, sia
esperienze di programmazione
negoziata, patti territoriali e
contratti d’area, sia infine l’attività
di un soggetto specificamente
deputato alla promozione dello
sviluppo locale quale l’Agenzia di
sviluppo Nord Milano, di cui viene
raccontata la vicenda, le attività
svolte, i canali di finanziamento e
le occasioni di intersecazione con
le politiche urbanistiche, con un
cenno anche alla recente iniziativa
di elaborazione di un Piano
strategico del Nord Milano.
Il primo capitolo
esplora il significato di due
termini, concertazione e negoziazione,
spesso apparenti nel dibattito sulle
politiche di sviluppo territoriale,
mettendo a fuoco le implicazioni che
l’assunzione di strategie di
natura cooperativa ha per l’azione
pubblica anche con richiami al tema
della transizione da forme di government
a forme di governance nel
campo territoriale.
Nel secondo
capitolo, l’autore, oltre a
richiamare le implicazioni che l’uscita
dal fordismo e la crisi del sistema
del welfare hanno per la
pianificazione urbanistica e per l’azione
di governo del territorio, illustra
i principali modelli di lettura
disponibili sul tema della
costruzione partenariale delle
politiche urbane: quello della regolazione,
quello della città come growth
machine e quello dell’urban
regime.
Nel terzo
capitolo si analizzano esperienze di
promozione dello sviluppo economico
locale che hanno caratterizzato le
vicende di molti contesti urbani e
territoriali dei paesi a capitalismo
maturo. Le città esaminate sono
Montpellier, Tolosa, Napoli e
Bologna. Esse sono state scelte
sulla base della natura dei
rispettivi Stati di appartenenza,
essendo Francia e Italia
caratterizzati da un peso ancora
rilevante delle burocrazie
pubbliche. Delle quattro città sono
presentate le recenti politiche di
piano, "al fine di capire in
che modo esse diano occasione a
forme di interazione più o meno
strutturata tra gli attori delle
società locali e come
contribuiscano a definire
traiettorie di sviluppo che
investono la sfera economica e
sociale".
Questa lettura ha
come sfondo costante di riferimento
le politiche urbane, da considerarsi
non solo come propulsore di processi
di sviluppo più complessivo delle
società locali, ma anche come
effetti di politiche di sviluppo
economico. Vengono richiamati esempi
di programmi comunitari (Emploi,
Integra, Urban) e nazionale (PRqU,
PRU, PRUSST) come primi tentativi di
trattare la pluralità dei tipi di
intervento oggi richiesti, su cui la
riflessione e le esperienze in campo
sono appena agli inizi.
Il quarto
capitolo, oltre a fornire un quadro
degli strumenti della programmazione
negoziata e a tracciare il processo
di costruzione dei contratti d’area
e dei patti territoriali, esamina,
di questi ultimi, alcune esperienze:
il patto territoriale di Enna,
quello di Siracusa, quello del
Matese e quello di Rovigo.
Altro aspetto
affrontato riguarda le risorse con
cui devono fare i conti quanti,
oggi, hanno interesse a promuovere
iniziative di sviluppo locale in un
quadro di incertezza strutturale e
di relativa debolezza dell’attore
pubblico, in particolare lo Stato,
soprattutto dal punto di vista delle
capacità di erogazione finanziaria.
Nelle
conclusioni, Salone avanza alcune
considerazioni sui punti di forza e
di debolezza degli strumenti della
programmazione negoziata e sulle
differenze tra contratti d’area e
patti territoriali, segnalandone le
caratteristiche salienti in termini
di territori interessati, soggetti
promotori, procedure e modalità di
finanziamento.
Marco Togna
(2000), Sviluppo locale. Patti
non parole. Mezzogiorno e
programmazione negoziata,
Ediesse, Roma
Con la chiusura
dell’intervento straordinario, l’attenzione
della politica economica italiana si
è spostata sulla crescita
autopropulsiva delle realtà locali.
A sostenerne quello che è da troppo
tempo l’atteso e sospirato decollo
sono arrivati gli strumenti della
programmazione negoziata, e, primi
tra tutti, i patti territoriali,
fondati sulla concertazione.
L’autore
propone, inizialmente, una rassegna
di tutti gli strumenti della
programmazione negoziata, quali
capisaldi della nuova politica
economica: patti territoriali,
contratti d’area, intese
istituzionali di programma,
contratti di programma, i contratti
di quartiere.
Il volume
effettua una ricognizione dei patti
fin qui approvati, presentandone in
particolare otto, legati a specifici
settori, a cui si affida la crescita
economica del Sud. Grande attenzione
viene rivolta alla struttura
produttiva ed imprenditoriale delle
aree meridionali e alle numerose
filiere presenti sul territorio,
indirizzate verso la definizione di
ambiti riconducibili al nuovo
modello di distretto industriale,
già presente nel panorama normativo
nazionale. I casi di studio sono
raggruppati per tematiche: il
modello distretto industriale (il
patto del cosentino, il patto di
Caserta, il patto di Caltanissetta;
l’agricoltura e l’agroindustria
(il patto dell’Area sud
Basilicata) il turismo e l’agriturismo
(il patto di Oristano); il terzo
settore (il patto del Matese); i
gemellaggi economici (il patto Nord
Barese Ofantino); l’economia
sommersa (il patto di Lecce).
L’intervento di
Alberto Versace, direttore del
Servizio per la programmazione
negoziata del Ministero del Tesoro,
anticipa i contenuti dell’imminente
riforma, in cui si prevede una
programmazione sempre più affidata
alle regioni e realizzata con il
metodo del piano integrato
territoriale (Pit). L’illustrazione
dei recentissimi patti formativi
territoriali, attualmente in via di
sperimentazione in due realtà
calabresi (Locride e area di Vibo
Valentia), è corredata, infine, da
un’intervista ad Andrea Ranieri,
segretario generale della
Federazione formazione e ricerca
della Cgil nazionale.