Proposte per la nuova
legge urbanistica regionale
Secondo la legge 142
sulle autonomie locali, la Regione deve
determinare gli obiettivi generali della
programmazione
economico-sociale-territoriale in funzione
della quale ripartire le risorse destinate
agli investimenti degli Enti Locali.
Dal canto loro, province
e comuni devono concorrere alla definizione
di tali obiettivi regionali. Sempre la 142
stabilisce che la Regione debba emanare
specifiche norme di disciplina dei rapporti
e dei ruoli con i citati Enti.
Un primo procedimento di
interrelazione è stato attivato in
occasione dell’elaborazione della
programmazione finalizzata al quadro
Comunitario di Sostegno 2000-2006, ma si
tratta di andare oltre, trasferendo anche
agli altri settori tale positiva esperienza.
Mi riferisco, in
particolare all’urbanistica.
A quasi vent’anni dalla
sua approvazione, la normativa urbanistica
della Regione Campania (LR14/1982) in più
punti risulta in contrasto con leggi statali
emanate in epoche successive ma,
soprattutto, non contiene i nuovi principi
introdotti nel sistema legislativo italiano
dalla legge 142 in poi.
Tutto ciò crea non pochi
problemi: basti pensare che la mancata
emanazione di una legge sulle modalità di
approvazione del Piano Territoriale di
Coordinamento Provinciale rischia di
vanificare il lavoro delle province campane
(quasi tutte) che ne stanno ormai ultimando
la redazione.
La vigente normativa
regionale, inoltre, non contiene i principi
del decentramento amministrativo, introdotti
con l’approvazione del DLgs 112/1999.
Quest’ultimo, infatti, delegando numerose
funzioni a Regioni, Province e Comuni,
disegna anche nuovi ruoli per gli Enti ai
quali è demandata la pianificazione e la
gestione del territorio.
Queste alcune delle
ragioni per le quali appare urgente che la
Regione Campania si doti di una nuova Legge
Urbanistica.
Il principio fondante
della nuova Legge, superando l’attuale
ordinamento gerarchico, dovrebbe essere
quello di affidare ad ogni soggetto che
esercita funzioni di governo del territorio
possibilità di azioni autonome, correlate
alle responsabilità che gli sono
riconosciute ed aventi come obiettivo l’attuazione
di interventi efficaci ed efficienti.
In virtù di tale
principio ogni Ente territoriale dovrebbe
approvare gli strumenti urbanistici coerenti
con il proprio livello decisionale.
Sul piano dei contenuti,
utilizzando un procedimento processuale e
cooperativo, la Regione dovrebbe definire le
linee programmatiche strutturali e la
localizzazione delle infrastrutture di
livello regionale, le Province le linee di
assetto del territorio, costruite recependo
quelle dei numerosi soggetti dotati di
potere pianificatorio, i Comuni, infine, le
linee strutturali del loro territorio,
concordate con la Provincia e gli interventi
operativi, coerenti con tali linee
strutturali.
La Legge Regionale
dovrebbe, poi, preoccuparsi di risolvere il
problema dei "tempi" della
pianificazione. Oggi, tanto per fare un
esempio, in Provincia di Salerno sono
mediamente necessari circa dieci anni
perché il procedimento di formazione di un
PRG si concluda ed il piano risulti
efficace. Se consideriamo che attualmente il
mandato sindacale si sviluppa al massimo per
dieci anni, pochi Sindaci potranno disporre
di uno strumento pianificatorio capace di
trasformare in azioni concrete ed efficaci
il programma elettorale.
Per ridurre i tempi del
procedimento di formazione dei piani
potrebbero essere prese a riferimento le
norme per la semplificazione dell’azione
amministrativa di cui alla Legge 241/1990,
esaltando il principio di collaborazione tra
gli Enti. Le conferenze di servizi tra le
amministrazioni interessate potrebbero, ad
esempio, diventare uno strumento ordinario
per l’approvazione di Piani. Ne
conseguirebbero strumenti di governo del
territorio elaborati organicamente con l’apporto
dei soggetti pubblici competenti in materia
di interessi settoriali (naturali,
ambientali, paesaggistici, archeologici,
idrogeologici, ecc.) e redatti in tempi
brevi (che possono essere ulteriormente
contratti con l’utilizzo di pre-conferenze
di orientamento). Siffatto procedimento,
superando ogni situazione conflittuale,
porterebbe ad un "prodotto", il
Piano, non snaturato da modifiche ex post,
come oggi spesso accade, ma frutto di scelte
concertate tra i soggetti interessati.
D’altra parte, tale
principio è quello espresso dal DLgs
112/1999 che, all’art. 57, prevede l’unificazione
in un unico strumento – il piano di
coordinamento provinciale – delle varie
programmazioni settoriali a livello di area
vasta, sempre che la redazione del piano
avvenga d’intesa con gli Enti proposti
alla tutela degli interessi ambientali,
naturalistici, ecc.
Elemento di non scarso
rilievo nell’utilizzo di tale procedimento
è anche quello della riduzione dei costi
della pianificazione: anche in questo caso,
quindi, è necessario prevedere l’istituto
di conferenze iniziali tra gli Enti per
evitare duplicazioni di indagini ecc..
Infine elemento
fondamentale per assicurare un governo del
territorio di tipo "processuale",
dovrebbe essere quello di favorire l’attivazione
presso gli Enti territoriali di sistemi
informativi territoriali da connettere con
specifiche reti.
Anche in questo caso la
realizzazione dei SIT e delle reti dovrebbe
essere disciplinata dalla Regione, quale
livello territoriale sovraordinato, sulla
scorta di protocolli relativi alle
tipologie, alla classificazione ed alle
gerarchie dei dati, tali da assicurare
categorie di dati omogenei, confrontabili ed
esportabili da un Ente all’altro.