Numero 1/2 - 2000

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Proposte per la nuova legge urbanistica regionale


Maria Gabriella Alfano


La legge urbanistica regionale dovrà favorire i processi di pianificazione cooperativi, articolando le competenze fra regione, province e comuni, in modo chiaro e senza ingerenze e sovrapposizioni. Maria Gabriella Alfano sottolinea la necessità di ridurre "i tempi della pianificazione" che trascinano le prospettive di sviluppo del territorio, determinando sempre più frequentemente la perdita di opportunità economiche e finanziarie 

 

 

 

 

 

Proposte per la nuova legge urbanistica regionale

 

Secondo la legge 142 sulle autonomie locali, la Regione deve determinare gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale-territoriale in funzione della quale ripartire le risorse destinate agli investimenti degli Enti Locali.

Dal canto loro, province e comuni devono concorrere alla definizione di tali obiettivi regionali. Sempre la 142 stabilisce che la Regione debba emanare specifiche norme di disciplina dei rapporti e dei ruoli con i citati Enti.

Un primo procedimento di interrelazione è stato attivato in occasione dell’elaborazione della programmazione finalizzata al quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006, ma si tratta di andare oltre, trasferendo anche agli altri settori tale positiva esperienza.

Mi riferisco, in particolare all’urbanistica.

A quasi vent’anni dalla sua approvazione, la normativa urbanistica della Regione Campania (LR14/1982) in più punti risulta in contrasto con leggi statali emanate in epoche successive ma, soprattutto, non contiene i nuovi principi introdotti nel sistema legislativo italiano dalla legge 142 in poi.

Tutto ciò crea non pochi problemi: basti pensare che la mancata emanazione di una legge sulle modalità di approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale rischia di vanificare il lavoro delle province campane (quasi tutte) che ne stanno ormai ultimando la redazione.

La vigente normativa regionale, inoltre, non contiene i principi del decentramento amministrativo, introdotti con l’approvazione del DLgs 112/1999. Quest’ultimo, infatti, delegando numerose funzioni a Regioni, Province e Comuni, disegna anche nuovi ruoli per gli Enti ai quali è demandata la pianificazione e la gestione del territorio.

Queste alcune delle ragioni per le quali appare urgente che la Regione Campania si doti di una nuova Legge Urbanistica.

Il principio fondante della nuova Legge, superando l’attuale ordinamento gerarchico, dovrebbe essere quello di affidare ad ogni soggetto che esercita funzioni di governo del territorio possibilità di azioni autonome, correlate alle responsabilità che gli sono riconosciute ed aventi come obiettivo l’attuazione di interventi efficaci ed efficienti.

In virtù di tale principio ogni Ente territoriale dovrebbe approvare gli strumenti urbanistici coerenti con il proprio livello decisionale.

Sul piano dei contenuti, utilizzando un procedimento processuale e cooperativo, la Regione dovrebbe definire le linee programmatiche strutturali e la localizzazione delle infrastrutture di livello regionale, le Province le linee di assetto del territorio, costruite recependo quelle dei numerosi soggetti dotati di potere pianificatorio, i Comuni, infine, le linee strutturali del loro territorio, concordate con la Provincia e gli interventi operativi, coerenti con tali linee strutturali.

La Legge Regionale dovrebbe, poi, preoccuparsi di risolvere il problema dei "tempi" della pianificazione. Oggi, tanto per fare un esempio, in Provincia di Salerno sono mediamente necessari circa dieci anni perché il procedimento di formazione di un PRG si concluda ed il piano risulti efficace. Se consideriamo che attualmente il mandato sindacale si sviluppa al massimo per dieci anni, pochi Sindaci potranno disporre di uno strumento pianificatorio capace di trasformare in azioni concrete ed efficaci il programma elettorale.

Per ridurre i tempi del procedimento di formazione dei piani potrebbero essere prese a riferimento le norme per la semplificazione dell’azione amministrativa di cui alla Legge 241/1990, esaltando il principio di collaborazione tra gli Enti. Le conferenze di servizi tra le amministrazioni interessate potrebbero, ad esempio, diventare uno strumento ordinario per l’approvazione di Piani. Ne conseguirebbero strumenti di governo del territorio elaborati organicamente con l’apporto dei soggetti pubblici competenti in materia di interessi settoriali (naturali, ambientali, paesaggistici, archeologici, idrogeologici, ecc.) e redatti in tempi brevi (che possono essere ulteriormente contratti con l’utilizzo di pre-conferenze di orientamento). Siffatto procedimento, superando ogni situazione conflittuale, porterebbe ad un "prodotto", il Piano, non snaturato da modifiche ex post, come oggi spesso accade, ma frutto di scelte concertate tra i soggetti interessati.

D’altra parte, tale principio è quello espresso dal DLgs 112/1999 che, all’art. 57, prevede l’unificazione in un unico strumento – il piano di coordinamento provinciale – delle varie programmazioni settoriali a livello di area vasta, sempre che la redazione del piano avvenga d’intesa con gli Enti proposti alla tutela degli interessi ambientali, naturalistici, ecc.

Elemento di non scarso rilievo nell’utilizzo di tale procedimento è anche quello della riduzione dei costi della pianificazione: anche in questo caso, quindi, è necessario prevedere l’istituto di conferenze iniziali tra gli Enti per evitare duplicazioni di indagini ecc..

Infine elemento fondamentale per assicurare un governo del territorio di tipo "processuale", dovrebbe essere quello di favorire l’attivazione presso gli Enti territoriali di sistemi informativi territoriali da connettere con specifiche reti.

Anche in questo caso la realizzazione dei SIT e delle reti dovrebbe essere disciplinata dalla Regione, quale livello territoriale sovraordinato, sulla scorta di protocolli relativi alle tipologie, alla classificazione ed alle gerarchie dei dati, tali da assicurare categorie di dati omogenei, confrontabili ed esportabili da un Ente all’altro.

 

 

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