Il concetto di rischio non può essere disgiunto dalle attività umane:
laddove non esistono insediamenti abitativi,
attività economiche, industriali o
commerciali, sostanzialmente laddove non
c’è l’uomo, non esiste rischio, per il
fatto che non esiste un patrimonio
vulnerabile, esposto ad eventuali condizioni
di pericolosità.
In ambito urbanistico rivestono particolare importanza i rischi
naturali, per le implicazioni che essi
comportano sulla struttura territoriale. A
testimonianza di ciò, basti pensare che il
valore attualizzato al 1994 del totale degli
stanziamenti disposti nel dopoguerra per
fronteggiare i danni provocati da calamità
naturali assomma a 200.000 miliardi di lire
(Censis - costo delle calamità e
stanziamenti nel dopoguerra, 1994). Tale
dato mostra quale possa essere l’incidenza
di eventi come terremoti, frane e
inondazioni sulla struttura socio economica
di una città.
Fino ad oggi la prevenzione è stata attuata prevalentemente mediante
interventi agenti sulla pericolosità per
quanto riguarda il rischio idrogeologico, e
sulla vulnerabilità per quanto riguarda il
rischio sismico. Praticamente opere di
bonifica e di riassetto idrogeologico del
territorio nel primo caso e applicazione di
norme tecniche per le nuove costruzioni o
per l’adeguamento e miglioramento degli
edifici esistenti, nei comuni classificati
sismici.
Molto poco è stato fatto nel settore dell’informazione e della
promozione di una cultura del rischio,
cioè consapevolezza della pericolosità del
territorio in cui si vive e del relativo
rischio, legato alla presenza di
popolazione, di beni esposti e di manufatti
vulnerabili. Le attività di informazione e
formazione risultano fondamentali per
l’efficacia di qualsiasi campagna di
prevenzione e per rendere la coscienza
sociale del rischio elemento fondamentale
delle ordinarie strategie di governo del
territorio.
Il piano della sicurezza urbana rappresenta la sintesi di un
processo di pianificazione territoriale e
urbanistica che considera il rischio
naturale come fattore centrale
caratterizzante di ogni scelta. Esso
rappresenta quella parte del piano
urbanistico che recepisce le necessità di
organizzazione fisica e di utilizzo degli
spazi del piano di protezione civile. Gli
studi sono rivolti all’individuazione,
all’interno della struttura urbana, di
spazi che possano essere utilizzati per vari
scopi, durante la fase di emergenza e
nell’immediato post-evento.
Innanzitutto, alcuni degli spazi individuati devono servire a
predisporre aree di attesa, o meeting
point, sicure, destinate ad accogliere
la popolazione in caso di evento o di
preallarme. Esse devono essere raggiungibili
in maniera agevole e sicura da ogni punto
del settore urbano cui afferiscono. A tale
scopo è necessario disegnare dei percorsi
garantiti, che conducano, mediante
appositi segnali opportunamente posizionati
lungo il percorso stesso, all’area di
attesa corrispondente, secondo la via più
breve e meno pericolosa. A tal proposito,
l’individuazione dei settori urbani
consente di indicare in maniera
inequivocabile alla popolazione verso quale
area di attesa deve dirigersi e quale
percorso deve seguire.
Nell’immediato post-evento è necessario disporre di aree di
accoglienza, che permettano di
realizzare degli alloggiamenti di emergenza,
in grado di ospitare l’eventuale
popolazione senzatetto, per il tempo
necessario alla ricostruzione e alla ripresa
economico sociale del territorio
colpito.
Figura 1 -
Mercato San Severino -
Individuazione delle funzioni
strategiche per la protezione civile
a livello comunale
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Per poter assistere la popolazione vittima di un evento calamitoso si
devono utilizzare molte risorse, sia
materiali (mezzi di trasporto, tende,
derrate alimentari, medicinali, ecc.) che
umane (operatori di protezione civile,
polizia, medici, volontari, ecc.). È,
quindi, necessario individuare delle aree
che consentano di contenere, gestire e
coordinare uomini, mezzi e risorse. Tali
aree vengono dette aree di ammassamento.
I percorsi garantiti, le aree di attesa, le strutture di accoglienza e
le aree di ammassamento costituiscono le
cosiddette funzioni di protezione civile,
cioè gli elementi fisici costitutivi del
sistema di riferimento per la protezione
civile ai fini della gestione
dell’emergenza.
Le attrezzature urbane di interesse strategico sono invece le
componenti del sistema urbano (piazze,
parcheggi, scuole, ecc.), che possono essere
adibite, con determinate modifiche, a
funzioni di protezione civile.
Le funzioni di interesse strategico per l’organizzazione delle
attività di protezione civile sono le
attrezzature aventi ordinaria funzione
pubblica che si prestano ad assumere un
ruolo direzionale o di soccorso in
situazione di emergenza (caserme, ospedali,
sedi comunali, sedi della protezione civile,
ecc.). Il comune oggetto di studio è stato
Mercato San Severino (Sa), con particolare
attenzione al centro urbano del capoluogo.
La prima fase è stata quella di individuare e valutare i rischi
naturali presenti sul territorio. Sono stati
considerati il rischio sismico, il rischio
frana e il rischio alluvione.
Figura 2 - Il principio della polifunzionalità: progetto di un centro
sportivo. Tendopoli - Fase ordinaria |
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Al fine di valutare il rischio sismico, la struttura urbana del
capoluogo di Mercato San Severino è stata
suddivisa in settori, all’interno dei
quali sono stati individuati gli isolati,
insieme di uno o più lotti delimitati dalla
maglia viaria principale, e gli edifici,
unità minima di riferimento per il calcolo
dell’esposizione urbana e della
vulnerabilità sismica. I risultati sono
stati poi omogeneizzati all’isolato,
attraverso medie pesate.
Per valutare l’esposizione urbana si è fatto riferimento alle
superfici utili, in quanto indicative sia
della presenza umana che del valore
economico degli immobili.
Per quanto riguarda il fattore umano, le superfici utili sono state
moltiplicate per dei coefficienti di
affollamento, con cui si è tenuto conto
delle destinazioni d’uso degli edifici. Il
valore economico degli immobili è stato
considerato attraverso coefficienti, che
hanno permesso di attribuire differenti
valori economici ai diversi tipi di
superficie. Il carattere storico e/o
architettonico di un edificio contribuisce
ad aumentare il suo valore e quindi la sua
esposizione. Questo ulteriore fattore è
stato considerato mediante un parametro di
esposizione architettonica. Inoltre è stato
considerato anche il maggiore o minore
pregio del settore di riferimento, portato
in conto mediante l’esposizione del
contesto, valutata sulla base della
dotazione e dello stato di infrastrutture,
reti e sottoservizi tecnologici. La
vulnerabilità sismica è stata valutata
tenendo conto di vari fattori, quali il tipo
di struttura, il numero di piani, il tipo di
terreno e la pendenza del terreno.
Infine il rischio sismico è stato calcolato come prodotto
dell’esposizione urbana, della
vulnerabilità sismica e di ulteriori due
parametri, che considerano la pericolosità
sismica locale, valutabile dalla carta di
microzonazione in prospettiva sismica, e la
pericolosità globale, dipendente dalla
classificazione sismica nazionale.
Figura 3 - Il principio della polifunzionalità: progetto di un centro
sportivo. Tendopoli - Fase di emergenza |
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Per quanto riguarda la pericolosità e il rischio relativi a frane e
inondazioni si è fatto riferimento agli
studi condotti dall’Autorità di Bacino
del Sarno (progetto di piano stralcio per
l’assetto idrogeologico, 2001),
all’interno del cui ambito di competenza
rientra il Comune di Mercato San Severino.
La seconda fase è consistita nell’analisi dello stato di fatto, cioè
nell’individuazione di tutti i detrattori
di sicurezza diffusi, quali l’arredo
urbano di ostacolo alla circolazione
pedonale, le illuminazioni di tipo volante,
gli elementi aggettanti in condizioni
precarie (balconi, comignoli, cornicioni,
ecc.) e puntuali, come ponti in muratura,
sottopassi, ruderi, ecc.
Nella stessa fase sono state individuate le funzioni di protezione
civile, le attrezzature urbane di interesse
strategico e le funzioni di interesse
strategico per l’organizzazione delle
attività di protezione civile.
La terza fase, di progetto, è quella in cui sono stati previsti
interventi di eliminazione dei detrattori di
sicurezza e di riduzione della pericolosità,
della vulnerabilità e dell’esposizione,
laddove possibile.
Ad esempio, nelle aree a maggiore pericolosità da frana sono stati
previsti interventi di bonifica e di
sistemazione dei versanti, nelle aree a
maggiore pericolosità idraulica si è
pensato di vietare la destinazione d’uso
abitabile per i piani terra, i seminterrati
e gli interrati.
Nella stessa fase è stata organizzata l’emergenza: sono state scelte
le aree di attesa, disegnati i percorsi
garantiti, individuate le strutture di
accoglienza. Alcune attrezzature sono già
esistenti o da adeguare, per altre è stata
prevista la progettazione ex novo.
In realtà non si tratta solo di individuare delle aree idonee a
svolgere determinate funzioni durante
l’emergenza e progettare percorsi di fuga,
non basta identificare sul territorio gli
edifici strategici ai fini della protezione
civile e prevedere opere di mitigazione
della pericolosità.
Bisogna operare in modo da costruire un vero e proprio sistema che
consenta di far emergere, in caso di
necessità, la cosiddetta struttura
urbana minima (Sum).
Si intende per Sum la parte della struttura urbana da proteggere
prioritariamente. La Sum non è una semplice
sommatoria di edifici, infatti il patrimonio
esistente non può essere considerato solo
in termini di manufatti, poiché
l’aggregato urbano possiede un valore
legato all’accumulazione e alla
sedimentazione di un vissuto sociale, che va
al di là di un insieme di edifici.
Figura 4 -
La struttura urbana minima
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Un insediamento si caratterizza per una organizzazione di funzioni e di
attività legate alla vita della popolazione
in esso insediata. La Sum è quindi
rappresentata da un sottosistema di funzioni
e di spazi che consentono, durante la crisi
susseguente alla calamità, lo svolgimento,
anche se a ritmo ridotto, di tutte le
attività necessarie alla vita del centro
urbano. È evidente che il problema consiste
nel garantire continuità di funzionamento
per tutte quelle attività (commerciali,
direzionali, direzionali strategiche e di
soccorso) che nella maggior parte dei comuni
italiani risiedono all’interno del tessuto
urbano. Gli effetti a medio e lungo termine
di eventi passati mostrano in maniera
inequivocabile come il decadimento dei
territori colpiti sia legato proprio alla
incapacità di innescare in tempi
sufficientemente rapidi un processo di
rivitalizzazione economica, sociale e
funzionale dell’insediamento. Il secondo
scopo della creazione di una Sum consiste
proprio nel garantire una base di partenza
per permettere il ritorno alle condizioni
socio economiche esistenti prima
dell’evento.
Per la costruzione della Sum ipotizzata bisogna prevedere interventi
che non siano concepiti ai soli fini di
protezione civile. La progettazione di
attrezzature che abbiano un’ordinaria
funzione di protezione civile non è
attuabile, in quanto risulterebbe troppo
costosa e per questo limitativa. È quindi
necessario operare mediante un principio di polifunzionalità,
che consenta ordinariamente di promuovere lo
sviluppo sociale, economico e culturale del
territorio e, in fase di emergenza, di
svolgere funzioni di protezione civile.
Così, ad esempio, un centro sportivo progettato sulla base del
principio di polifunzionalità, che
ordinariamente rappresenta un polo di
aggregazione sociale, sportivo e culturale,
diventa, in fase di emergenza, una funzione
di protezione civile, potendo assolvere alla
funzione di struttura di prima accoglienza
per le popolazioni colpite.
Si tratta, dunque, di creare un connubio tra pianificazione
territoriale e pianificazione di emergenza,
che consenta di operare in modo che ogni
intervento sul territorio costituisca un
gradiente di sicurezza in più per la
popolazione insediata e permetta la
costruzione di una Sum, permeata del
principio di polifunzionalità.
Questo approccio consente di avere una struttura urbana sicura per
l’organizzazione e la gestione dei
soccorsi e, allo stesso tempo, getta le basi
per la ricostruzione e per il ritorno alle
normali condizioni di vita sociale,
economica e culturale, dopo gli effetti
devastanti di un evento calamitoso.
* Domenico Pino si è laureato in ingegneria civile
nel febbraio 2002, presso l’Università di
Salerno, discutendo una tesi di Tecnica
Urbanistica su “La pianificazione
urbanistica della sicurezza. Applicazioni ad
un comune di medie dimensioni”, relatore
il Prof. Ing. Roberto Gerundo, correlatore
il Dott. Ing. Isidoro Fasolino
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