L’approvazione dei piani urbanistici di vario livello nella maggior
parte delle realtà regionali italiane,
segue iter a grande articolazione
generalmente basati sul principio della
definizione di una gerarchia di competenze,
in base alla quale solo a seguito di
controlli più o meno dettagliati, in alcuni
casi effettuati anche da più di un ente, si
arriva ad uno stato di operatività dello
strumento sul territorio. Una tale
complessità procedurale si traduce in una
dilatazione eccessiva dei tempi che
intercorrono tra la realizzazione del piano
e la sua operatività, tra lo scenario che
si presenta ai progettisti che si accingono
alla formalizzazione delle scelte di assetto
territoriale e lo scenario in cui viene a
trovarsi il piano approvato. La modifica
inevitabile di scenario, nonostante le
misure cautelative imposte dalle norme di
salvaguardia, che intervengono una volta
adottato lo strumento e che impediscono
trasformazioni sostanziali del territorio,
determina una riduzione delle possibilità
di vedere realizzata appieno la definizione
dell’assetto territoriale immaginato dai
progettisti. Negli ultimi anni, però, si va
incontro ad un’inversione di tendenza che,
con lo scopo di snellire le procedure di
attuazione e di migliorare il rendimento
complessivo dei piani stessi, si concretizza
nell’emanazione di nuovi disposti
normativi di livello regionale.
La nuova legge urbanistica regionale dell’Emilia Romagna
In questo contesto di mutazione dei principi posti alla base
dell’iter procedurale di approvazione
degli strumenti urbanistici si inserisce
l’attività legislativa della Regione
Emilia Romagna che ha prodotto la Lr
20/2000. Tale legge va a sostituire la
precedente Lr 47/1978, prima legge
urbanistica di cui si sia dotata la regione,
aggiornandone i contenuti al fine di
riformulare tutte le procedure di formazione
e revisione dei piani urbanistici a tutti i
livelli.
Il criterio posto alla base della riforma delle procedure di adozione e
approvazione dei piani urbanistici si ispira
apertamente alle procedure attualmente in
vigore in Toscana1.
Il disposto normativo rifiuta l’assegnazione di una gerarchia di
competenze in materia di approvazione di
piani urbanistici, in base alla quale
l’ente di livello superiore approva i
piani prodotti dagli enti di livello
inferiore, mentre arriva ad instaurare il
principio della concertazione in base al
quale viene indetta una conferenza di
pianificazione, con lo scopo di pervenire
all’adozione del piano.
Facendo riferimento al caso specifico della redazione e successiva
approvazione di un piano territoriale di
coordinamento (Ptc) si riassumono i passaggi
indicati dall’articolo 27 della Lr
20/2000.
Il primo passaggio è rappresentato dall’elaborazione, da parte della
giunta provinciale, di un documento
preliminare del piano. Sulla base di tale
documento viene indetta la succitata
conferenza di pianificazione2 in cui viene
effettuato un esame congiunto del documento
preliminare e si raccolgono le osservazioni
e le indicazioni prodotte da tutti i
soggetti3 che sono stati invitati a
partecipare alla conferenza.
È importante sottolineare che la conferenza di pianificazione non si
risolve in un unico incontro delle parti
interessate ma si articola in una serie di
sessioni di lavoro, volte ad approfondire i
temi del documento preliminare presentato,
che allungano ad alcuni mesi i tempi
necessari all’adozione di un nuovo piano
urbanistico.
In base a tale metodologia procedurale, però, già al termine dei
lavori della succitata conferenza di
pianificazione è possibile pervenire
all’adozione del piano4, operazione che
spetta all’ente che è stato interessato
alla redazione del nuovo strumento, con
l’assoluta certezza che siano stati
considerati preventivamente i pareri
espressi dagli organi competenti.
La fase successiva si svolge in maniera concorde con quanto avveniva in
passato con la pubblicazione sul bollettino
ufficiale regionale dell’avviso di
avvenuta adozione al fine di consentire a
chiunque di prenderne visione e ai soggetti5
indicati dalla legge di formulare
osservazioni.
La regione ha 120 giorni di tempo, a decorrere dalla data di
ricevimento del piano, per valutare la
conformità del Ptc al piano territoriale
regionale (Ptr) e agli altri strumenti di
pianificazione regionale. La differenza
rispetto al passato è nell’approvazione
dello strumento prodotto.
Infatti l’approvazione non è più di competenza dell’ente regione,
bensì dello stesso ente promotore della
conferenza e realizzatore del nuovo piano
(nel caso particolare la provincia), solo
dopo essersi adeguato alle riserve, oppure
essersi espresso sulle stesse con
motivazioni puntuali e circostanziali, e
solo dopo aver acquisito l’atto
deliberativo dell’intesa6 della regione7 e
delle amministrazioni interessate nei casi
di copianificazione8. Tale cambiamento a
livello procedurale è garantito proprio
dalla sicurezza che siano state rispettate
le osservazioni, nonché le indicazioni,
prodotte in sede di conferenza di
pianificazione.
Verso il nuovo Ptc della Provincia
di Bologna
L’idea di redigere un nuovo Ptc per la Provincia di Bologna nasce in
occasione dell’entrata in vigore della
nuova legge regionale in materia
urbanistica, la Lr 20/2000, cui si aggiunge
la considerazione circa la vetustà del
piano precedente, redatto circa dieci anni
prima.
Il nuovo strumento non si propone di stravolgere totalmente i contenuti
posti alla base del precedente piano, ma si
configura come aggiornamento reso possibile
dall’accresciuto bagaglio di conoscenze
del territorio fornito dal sempre più
nutrito sistema informativo territoriale (Sit).
Le analisi ambientali e tutti i contenuti fondamentali del piano
precedente, infatti, costituiscono
un’eredità viva per il nuovo strumento a
cui aggiungere nuove analisi e nuove
informazioni scaturenti da
un’informatizzazione spinta delle
procedure di raccolta e di elaborazione
delle stesse informazioni. Il
perfezionamento e l’ulteriore
organizzazione del Sit, reso sempre più
funzionale, unitamente al cambiamento delle
prospettive di lavoro in termini qualitativi
e quantitativi (alcune elaborazioni che
inizialmente sembravano di facile esecuzione
hanno, invece, richiesto un tempo
notevolmente superiore, mentre altre che
sembravano di complessità maggiore si sono
risolte in tempi molto più rapidi) hanno
spinto alla necessità di aggiornare lo
strumento di gestione del territorio a
livello provinciale.
Resta, comunque, l’assunto che il nuovo Ptc nasce nel segno della
continuità con il passato, senza alcuna
intenzione di stravolgimento sia dal punto
di vista degli strumenti sia delle scelte, a
dimostrazione della qualità contenutistica
della precedente esperienza progettuale. In
osservanza alle indicazioni fornite dalla
neonata legge regionale l’ente Provincia
di Bologna ha avviato i lavori della
conferenza di pianificazione il 5.12.2001
con la presentazione dei tre documenti
descritti nel seguito:
- il documento preliminare;
- il quadro conoscitivo;
- la Valsat (valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale).
Il documento preliminare è un elaborato contenente le scelte
progettuali poste alla base della redazione
del nuovo strumento urbanistico. Il quadro
conoscitivo si presenta come una raccolta di
elaborati, da un lato le analisi prodotte e
restituite in forma di archivi di
informazioni, dall’altro di cartografie di
studio del territorio poste alla base della
costruzione del nuovo piano.
Il vero elemento di novità proposto dalla nuova legge urbanistica
regionale, però, è costituito dal terzo
documento, la Valsat. La legge regionale,
infatti, all’art. 5 prevede che regione,
province e comuni provvedano, nell’ambito
del procedimento di formazione ed
approvazione dei propri strumenti
urbanistici, alla “valutazione preventiva
della sostenibilità ambientale e
territoriale” degli effetti che
scaturiscono dall’attuazione delle scelte
contenute negli stessi piani, con riguardo
alla normativa nazionale e della comunità
europea. La legge stabilisce anche che il
documento preliminare al piano definitivo
contenga lo studio dei potenziali impatti
negativi delle scelte operate e le misure
idonee per impedirli, ridurli o compensarli.
In aggiunta alle suddette disposizioni
normative il Consiglio regionale ha
approvato, in data 4.4.2001, l’atto di
indirizzo e coordinamento tecnico per
l’attuazione della stessa legge al fine di
definire funzioni e contenuti della Valsat,
riprendendo quanto previsto in materia di
valutazione ambientale strategica (Vas9)
dalla Direttiva 2001/42/Ce. Tale documento,
allora, ha lo scopo di verificare la
conformità delle scelte di piano agli
obiettivi generali della pianificazione e a
quelli di sostenibilità dello sviluppo del
territorio. La Valsat è volta ad
individuare, prima ancora che si giunga
all’adozione del nuovo piano, gli effetti
sull’ambiente e sul territorio che
derivano dall’attuazione delle singole
scelte con conseguente possibilità di
selezionare tra le differenti soluzioni
alternative quelle che rispondono
maggiormente agli obiettivi generali del
piano. Contemporaneamente la Valsat dà la
possibilità di individuare le misure di
pianificazione che sono in grado di
impedire, mitigare o compensare
l’incremento delle eventuali criticità
ambientali e territoriali già presenti.
Figura 1 -
Diagramma di flusso della fase di
valutazione qualitativa |
|
Fonte: Piano
territoriale di coordinamento -
Provincia di Bologna - Valsat |
La valutazione a priori dell’impatto degli interventi proposti e di
particolari assetti predisposti è possibile
grazie alla costruzione di opportuni modelli
di simulazione e alla successiva
applicazione degli stessi modelli, in modo
da determinare la risposta del territorio.
È fondamentale, però, far ricorso ad un
processo di tipo iterativo che, svolgendosi
durante tutto il percorso di elaborazione
del piano, garantisca l’efficacia del
risultato. La definizione di una nuova
metodologia ha portato alla suddivisione
dello studio in due fasi temporali e di
contenuto. La prima valutazione preventiva
del documento preliminare (definita fase
qualitativa) è volta ad individuare la
compatibilità fra politiche-azioni di piano
e obiettivi di sostenibilità per
evidenziare le interazioni positive,
negative o incerte fra le stesse (qualora
siano presenti interazioni) e fornire
suggerimenti per la risoluzione delle
problematiche relative.
Il secondo momento valutativo (definito fase quantitativa) rappresenta
un’integrazione dello studio iniziale
effettuata a partire già dal periodo della
conferenza di pianificazione. In sostanza si
sviluppa una valutazione che non si limita
alla sola quantificazione delle interazioni
ma che si spinge fino alla valutazione e
simulazione degli effetti e delle
performance relative a differenti scenari
insediativi, di mobilità e di allocazione
delle risorse naturali.
L’assenza di esperienze precedenti ha permesso di elaborare una
metodologia di azione originale, per cui la
fase qualitativa del processo di valutazione
di sostenibilità ambientale e territoriale
è stata suddivisa in quattro passaggi
successivi (Figura 1):
- definizione degli obiettivi di sostenibilità ambientale e
territoriale;
- definizione delle politiche-azioni del Ptc;
- elaborazione di una matrice di controllo delle politiche-azioni del
Ptc con gli obiettivi di sostenibilità
ambientale e territoriale;
Figura 2 -
Rappresentazione teorica della
matrice per la definizione degli
obiettivi generali, obiettivi
specifici e politiche-azioni del
Ptc. |
|
Fonte: Piano
territoriale di coordinamento -
Provincia di Bologna - Valsat |
- elaborazione di schede tematiche di approfondimento per ciascuna
interazione negativa o presumibilmente
negativa e per cluster di possibili
interazioni dagli effetti incerti. Il primo
passaggio è caratterizzato dalla
definizione degli obiettivi di sostenibilità
ambientale e territoriale che possono essere
associati a obiettivi di natura quantitativa
che, per tale natura, sono verificabili nel
tempo mediante indicatori adeguati.
L’approccio adottato per la definizione
degli obiettivi di sostenibilità fa
riferimento al documento Anpa, denominato
“Linee guida per le Agende 21 Locali in
Italia”, e propone, per ciascuna
componente ambientale o settore di attività,
quanto segue:
- obiettivi generali, rappresentanti i traguardi da raggiungere nel
lungo periodo con la politica di
sostenibilità;
- obiettivi specifici, da conseguire nel medio e breve termine come
traguardo di azioni e politiche orientate
verso i corrispondenti obiettivi generali;
- riferimenti consolidati che sono indispensabili per la individuazione
degli obiettivi di natura quantitativa e la
valutazione delle azioni.
Il secondo momento della valutazione è rappresentato dalla definizione
di obiettivi e politiche-azioni del Ptc,
svolto in parallelo all’elaborazione del
documento preliminare. Questo passaggio non
si è rivelato di estrema facilità in
quanto si è configurato come una verifica
incrociata delle politiche-azioni e dei
relativi obiettivi con quanto previsto nei
piani sovraordinati e, contemporaneamente,
nella verifica comparata e incrociata degli
obiettivi specifici e delle politiche-azioni
(Figura 2), mentre inizialmente si poteva
pensare di risolvere il tutto con una
trasposizione degli elementi definiti nel
passaggio precedente.
Una volta definiti gli obiettivi da porre alla base della valutazione,
si passa alla costruzione della matrice di
controllo delle politiche-azioni di piano
con gli obiettivi di sostenibilità
ambientale e territoriale. Più precisamente
si costruisce una matrice per ogni obiettivo
generale del Ptc, in modo da evidenziare le
interazioni tra le politiche di piano e gli
obiettivi di sostenibilità. Le interazioni,
determinate dagli incroci riga / colonna,
vengono definite secondo una classificazione
proposta dagli analisti. Trattandosi,
inoltre, di una valutazione esplicitamente
soggettiva è necessario fare in modo che si
dedichi particolare attenzione a tale fase
del processo di valutazione, prevedendo
l’interazione di diversi soggetti con
differenti competenze in maniera tale da
riportare risultati significativi in termini
di oggettività e da garantire un approccio
multidisciplinare. Il risultato di tale
momento valutativo è costituito, allora, da
una serie di matrici, organizzate per
obiettivo generale di piano, sulle quali
sono evidenziate tutte le possibili
summenzionate interazioni (Figura 3).
Figura 3 -
Rappresentazione teorica di una
matrice di controllo per un dato
obiettivo generale. |
|
Fonte: Piano
territoriale di coordinamento -
Provincia di Bologna - Valsat |
Tale analisi, in definitiva, è volta all’individuazione degli
aspetti sui quali è necessario concentrare
particolarmente l’attenzione al fine di
garantire uno sviluppo complessivo del piano
compatibile con l’ambiente, quindi
ambientalmente sostenibile. L’ultimo
passaggio di questa prima fase di
valutazione è rappresentato
dall’elaborazione di schede tematiche di
approfondimento per ciascun obiettivo
generale del piano, con le quali si
commentano e approfondiscono i possibili
effetti negativi o incerti delle
politiche-azioni, nonché le relative
incongruenze/incompatibilità, individuando
alcuni possibili suggerimenti per ridurre o,
addirittura, superare l’impatto negativo
delle politiche-azioni stesse.
Lo sviluppo di tali schede è limitato alle interazioni che presentano
un’incoerenza/incompatibilità tra le
politiche-azioni di piano e gli obiettivi di
sostenibilità ambientale e territoriale
definiti (Figura 4).
Figura 4 -
Rappresentazione teorica di una
scheda di valutazione realizzata per
ogni interazione negativa o
presumibilmente negativa. |
|
Fonte: Piano
territoriale di coordinamento -
Provincia di Bologna - Valsat |
In pratica le valutazioni seguono un approccio di tipo operativo volto
ad aumentare, per quanto possibile, il
livello di compatibilità ambientale e
territoriale delle politiche-azioni da
affrontare nel corso della formazione dello
strumento urbanistico.
Il processo di formazione del Sit10
L’idea di costruire un Sit che raccogliesse i dati relativi
all’intera Provincia di Bologna nasce
sulla spinta di esigenze di natura
amministrativa. Grazie ad incentivi
regionali, nonché alla fornitura da parte
della regione, in comproprietà con la
provincia, di basi dati territoriali
vettoriali nasce il Sit bolognese che
risulta costituito dalla carta tematica
regionale (Ctr) in scala 1:10000 da cui si
ricavano le prime informazioni territoriali
in formato vettoriale, le quali vanno a
costituire la base cartografica per gli
studi e la progettazione urbanistica.
L’utilizzo prevalente di tale sistema di
informazioni prima del 1995 era
tendenzialmente volto alla realizzazione di
plottaggi di diversa natura contenutistica:
dei temi, degli elaborati di progetto e
altro ancora. Ne scaturisce che fino a quel
punto il Sit era stato utilizzato
esclusivamente per scopi cartografici. Il
1995 segna una svolta per i destini del
sistema informativo bolognese, in quanto la
provincia riceve la delega dalla regione in
materia di approvazione dei piani
urbanistici comunali.
Tale circostanza porta ad avviare un processo di informatizzazione
molto spinto con l’apertura decisa verso
un software di elaborazione della famiglia
Gis, ArcInfo. In realtà la delega
urbanistica alla provincia in questo anno si
configura solo come atto formale ufficiale
in quanto l’attività di informatizzazione
dei piani urbanistici si era già
concretizzata precedentemente in alcuni casi
pilota.
Questo atto ufficiale, però, costituisce l’occasione per estendere
il processo di informatizzazione suddetto a
tutti i piani di tutti i comuni della
provincia, mediante l’adozione di
specifiche standard, più o meno buone, che
ovviassero all’estrema libertà
progettuale concessa ai progettisti dando la
possibilità di costituire un mosaico della
pianificazione con un notevole potere
descrittivo del territorio (Figura 5).
Figura 5 -
Stralcio del mosaico della
pianificazione comunale in scala
1:10.000. |
|
Fonte: Sito
internet della Provincia di Bologna |
Nello scenario che si era configurato, nasceva sempre forte la necessità
di unificare il riferimento cartografico
provinciale al fine di avvicinare i
differenti enti operanti in provincia e
consentirgli uno sviluppo rapido e
coordinato. In risposta a questa esigenza
venne stipulato, nello stesso periodo, un
accordo con gli altri soggetti operanti sul
territorio, quali regione, Comune di Bologna
e le aziende municipalizzate, con il quale
fu avviato il processo di acquisizione di
un’unica cartografia regionale che finì
con il costituire l’unico riferimento per
tutte le operazioni di progettazione del
territorio affrontate dai suddetti enti.
L’accordo prevedeva una partecipazione
economica per quote. Tali quote vennero
determinate sulla base dell’interesse di
ciascun soggetto nei confronti della stessa
cartografia. Solo in questo modo fu
possibile pervenire ad un supporto
descrittivo del territorio che consentisse
una facile interazione tra i diversi
soggetti a differenti livelli e che
consentisse un rapido scambio delle
informazioni. Il processo di acquisizione si
concretizzò, nel 1996, nella
rasterizzazione del Ctr (Figura 6) in scala
1:5000 (scala maggiore rispetto alla
cartografia precedente) con relativa
georeferenziazione11.
Figura 6 -
Stralcio della carta tematica
regionale in scala 1:5.000. |
|
Fonte: Sito
internet della Provincia di Bologna |
Tra il 1997 e il 1998,
invece, si ampliò ulteriormente la banca di
informazioni con l’acquisizione del grafo
stradale (Figura 7), altro documento molto
importante che conteneva la viabilità di
tutta la provincia, i centri urbani e la
toponomastica.
Figura 7 -
Stralcio dell'elaborato per la
rappresentazione delle strade,
ferrovie, ponti e passaggi a livello
in scala 1:10.000. |
|
|
Parallelamente si sviluppò
il primo vero lavoro in cui l’applicazione
della tecnologia Gis mostrava appieno le
proprie potenzialità, ovverosia la
realizzazione dello schema direttore del
nuovo Ptc della Provincia di Bologna, nel
periodo compreso tra il 1996 e il 1999, che
ha costituito la vera e propria preparazione
all’elaborazione del nuovo strumento
urbanistico provinciale. Tutto lo staff
dell’ufficio di piano provinciale iniziò
ad utilizzare il Gis eseguendo
interrelazioni fra i dati, analisi spaziali,
intersezioni tra i temi raffiguranti il
territorio, eseguendo, in pratica, tutte
quelle operazioni che, grazie allo strumento
Gis, davano un valore aggiunto al dato
vettoriale e costituivano la prima occasione
di utilizzo sostanziale dello stesso dato.
L’attività di acquisizione di nuove
informazioni, nel frattempo, non si era
arrestata, tanto che nel 2000 si è giunti
all’acquisizione delle ortofoto per l’ortofotopiano,
che ha fornito ulteriori elementi di
elaborazione delle informazioni, nonché
buona parte della numerazione civica, che ha
contribuito al completamento di una banca
dati di tutto rilievo e delle anagrafi
comunali. Il progetto di acquisizione e
normalizzazione delle anagrafi comunali si
è concretizzato con l’ausilio di altri
uffici provinciali ed è soggetto ad
aggiornamento continuo, a cadenza annuale12.
Tutti questi archivi di informazione,
aggiunti ai dati posseduti precedentemente,
hanno costituito elementi di importanza
fondamentale per elaborazioni svolte in
seguito. Infatti con l’avvio dei lavori
per la formazione del nuovo Ptc si è
cominciato ad analizzare tutti i dati a
disposizione, a far dialogare tra loro tutte
le banche dati, provenienti da diverse fonti
e che molto spesso facevano riferimento agli
indirizzi, per cui l’utilizzo del grafo
stradale, unitamente alla numerazione
civica, ha rivestito una notevole importanza
ed è stato fondamentale per l’esecuzione
di associazioni delle informazioni
territoriali e alfanumeriche. L’utilizzo
spinto del Gis ha addirittura consentito di
eseguire un lavoro di associazione
dell’informazione anagrafica al numero
civico al fine di ottenere una distribuzione
della popolazione non più areale ma
puntuale seppur con i dovuti noti errori13.
Non bisogna, poi, dimenticare che del Sit fa
parte anche una base catastale provinciale,
informatizzata e georeferenziata, che è
soggetta ad un aggiornamento con cadenza
semestrale. È interessante descrivere la
modalità di aggiornamento dei dati
catastali. Ogni sei mesi la Provincia di
Bologna acquisisce lo scarico del catasto
censuario nonché di quello dei terreni e lo
converte nel formato utilizzato dai propri
uffici, mediante un apposito algoritmo di
conversione costruito dallo stesso ente
provinciale14. Successivamente tale dato
viene fornito a quei comuni che ne hanno
fatto richiesta precedentemente previo
pagamento di una quota iniziale, una quota
di servizio in quanto necessaria al
sostentamento dello stesso servizio e senza
scopi di lucro a favore dell’ente
provincia. In questo modo sia i comuni, sia
la provincia hanno sempre informazioni
attuali circa lo stato della proprietà in
tutto il territorio provinciale. In realtà,
la base cartografica catastale, fino ad
oggi, non ha avuto una piena utilizzazione
se non da parte dei comuni, mentre si stanno
attualmente scoprendo basi dati di vario
tipo (ad esempio i pozzi) di cui esistono
solo archivi anagrafici e descrittivi, per i
quali le coordinate catastali rappresentano
l’unico elemento utile al posizionamento
sul territorio. Configurandosi un tale
scenario risultava necessario solo
analizzare le differenti banche dati di cui
si disponeva e completare il quadro
conoscitivo con ulteriori campagne di
acquisizione di informazioni specialistiche
e utili allo sviluppo coerente di un
progetto urbanistico15. Nasceva, in pratica,
la necessità di immaginare e mettere in
pratica una corretta utilizzazione di tutte
le informazioni a disposizione.
Organizzazione ed utilizzo del Sit per la formazione del nuovo Ptc
I tecnici incaricati della realizzazione del nuovo Ptc hanno ipotizzato
di spingere l’utilizzo del Sit verso
un’elaborazione spinta delle informazioni,
resa possibile dall’utilizzo di software
Gis. Non si è fatto altro che cercare di
correlare tra loro, dal punto di vista
geografico, tutte le informazioni acquisite
nel corso degli anni, nonché effettuare le
opportune analisi, per ottenere come
risultato finale un sistema analitico molto
efficace. L’analisi, ovviamente, si è
rivolta all’ottenimento di informazioni
territoriali che fossero attinenti al
progetto del nuovo strumento urbanistico che
si stava realizzando. Senza entrare nel
dettaglio dell’organizzazione e dei
contenuti dello studio, effettuato dalla
provincia, può essere interessante
illustrare una particolare analisi che solo
pochi anni fa poteva sembrare impossibile e
che l’utilizzo dei calcolatori elettronici
ha reso fattibile.
Lo staff di progettazione ha reso possibile l’individuazione delle
aree di influenza delle antenne ripetitrici
della telefonia mobile. In pratica è stato
possibile valutare il numero di cittadini
che ricadevano entro un certo raggio di
influenza delle suddette antenne, al fine di
valutare l’intensità dei campi
elettromagnetici cui è esposta la
popolazione di ogni zona.
Si comprende come un tale tipo di analisi possa essere utile ai fini
dell’individuazione dei livelli di
inquinamento elettromagnetico (Figure 8 e 9)
cui è esposta la popolazione consentendo
anche di pianificare l’opera di
potenziamento del servizio attuata dai
gestori della telefonia mobile.
Figura 8 -
Estratto della tavola per
l'individuazione dei generatori dei
campi elettromagnetici. |
|
Fonte: Piano
territoriale di coordinamento -
Provincia di Bologna - Quadro
conoscitivo |
Il Sit, seppur ricco di informazioni di varia natura, non sarebbe stato
realizzabile e utilizzabile appieno senza il
supporto offerto dal Gis. L’organizzazione
fisica delle informazioni è avvenuta
secondo un criterio di ordine logico. In
pratica sono state individuate famiglie di
informazioni, categorie di dati accomunati
da qualche particolare elemento. In base
alle suddette categorie è stata fatta la
distinzione dei temi vettoriali utilizzati
per la rappresentazione delle informazioni
territoriali.
Figura 9 -
Estratto della tavola
"Recettori sensibili
potenzialmente esposti a cem 0.2 e
0.5 microtesla generati da linee ad
alta tensione". |
|
Fonte: Piano
territoriale di coordinamento -
Provincia di Bologna - Quadro
conoscitivo |
Ovviamente ad ogni categoria
di dati è corrisposta una cartella (o
directory) del disco fisso di una macchina
centrale. In ognuna di tali directory è
stata inserita una struttura fissa dei dati:
- il dato (sottoforma di tematismi di ArcInfo);
- le legende;
- i progetti su questi dati.
In questo modo è stato possibile organizzare il lavoro in maniera
razionale consentendo ad ogni utente
autorizzato di entrare in queste sezioni ed
accedere al progetto che gli era stato
assegnato16.
Evoluzione tecnologica
Avendo acquisito una quantità di informazioni tale da poter affermare
di possedere un Sit di ottima fattura,
l’interesse dei tecnici bolognesi si è
rivolto verso il trasferimento di tutti i
dati posseduti su database relazionale
utilizzando spatial database engine (Sde) di
ArcView, allo scopo di rendere fruibili ad
un certo numero di utenti i dati
territoriali e alfanumerici raccolti.
Ovviamente quella scelta non rappresenta una soluzione obbligata in
quanto sarebbe possibile anche studiare un
diverso sistema di memorizzazione dei dati
territoriali su relazionale, però Sde
agevola la consultazione con gli strumenti
Gis utilizzati in quanto rappresenta
un’interfaccia standard dal mondo
relazionale al mondo desktop utilizzato dai
tecnici provinciali per le elaborazioni.
Allo stesso tempo la Provincia di Bologna ha deciso di entrare
decisamente nel mondo web acquistando due
server da destinare espressamente alla rete
con cartografie. Si tratta di due server
cartografici, basati sull’applicazione
ArcIMS per il Web, con cui permettere ad
utenti di differente natura, mediante
licenze browser, di consultare la
cartografia memorizzata su Sde con delle
buone prestazioni finali.
Questa scelta consente, una volta individuate specifiche categorie di
utenti finali, di rendere disponibili quei
servizi di cui necessitano gli utenti
stessi.
Ad esempio, un ufficio che si occupi in prevalenza di visure catastali
potrebbe avere un’applicazione specifica
per la consultazione e l’eventuale
manipolazione delle informazioni che
interessano.
Allo stato attuale, però, si deve ancora valutare se sia meglio optare
per un applicativo specifico, sviluppato con
ArcIMS, che consenta la prevalente
consultazione con un comune browser, oppure
indirizzarsi verso uno strumento che
consenta anche una consistente manipolazione
del dato consultato, come un client ArcView
8.
Resta il fatto che la possibilità di avere tutte le informazioni su
un’unica piattaforma consente di scegliere
la soluzione non fra un numero indefinito di
alternative ma esclusivamente tra una
soluzione basata sulla tecnologia web e una
soluzione che prevede uno strumento standard
di consultazione, eventualmente
personalizzato. L’utilizzo di due server
cartografici si giustifica con la necessità
di individuare due macrocategorie di utenti:
- tutti gli utenti della rete;
- particolari utenti quali i comuni.
Tale distinzione consente di destinare una macchina alla consultazione
delle informazioni cartografiche e
alfanumeriche da parte di tutti gli utenti
del web (Figura 10), con la fornitura di un
certo tipo di servizi, mentre la seconda
macchina viene protetta a livello di rete
intranet da riservare agli utenti, quali gli
enti municipalizzati, che possono accedere
ad un differente livello di informazione.
Figura 10 -
Struttura della rete di trasmissione
dati dedicata al sistema informativo
territoriale per la pianificazione. |
|
Fonte: Sito
internet della Provincia di Bologna |
1 Fin dal 1995 in Toscana vige una Lr urbanistica (Lr 5/1995) che ha
determinato la svolta in materia di
formazione ed approvazione dei piani
urbanistici. Tale legge è stata, in
seguito, perfezionata con piccole modifiche
tradottesi nell’emanazione di una nuova Lr
(Lr 57/1997).
2 Le disposizioni, circa le conferenze e gli accordi di pianificazione,
sono contenute nell’art. 14 della Lr
20/2000.
3 Il comma 2 dell’art. 27, Lr 20/2000, indica i soggetti con la
facoltà di partecipare alla conferenza di
pianificazione quali la regione, le province
contermini, i comuni, le comunità montane e
gli enti di gestione delle aree naturali
protette interessati.
4 Comma 4 dell’art. 27, Lr 20/2000.
5 Il comma 6 dell’art. 27, Lr 20/2000 stabilisce che i soggetti che
possono formulare osservazioni sono: gli
enti e gli organismi pubblici, le
associazioni economiche e sociali e quelle
costituite per la tutela degli interessi
diffusi, i singoli cittadini che sono
direttamente interessati da effetti prodotti
dalle previsioni del piano adottato.
6 Nel caso in cui, a conclusione della conferenza di pianificazione,
sia stato stipulato un accordo di
pianificazione, nonché se si accolgono
integralmente le eventuali riserve regionali
e non si introducono modifiche sostanziali
al piano in accoglimento delle osservazioni
presentate, si può approvare il piano
prescindendo dall’intesa della regione.
7 L’atto deliberativo dell’intesa fa riferimento alla conformità
del Ptc al Ptr e a tutti gli altri strumenti
di pianificazione regionale.
8 La copianificazione è disciplinata dall’art. 21, Lr 20/2000.
9 Quando si parla di valutazione di sostenibilità ambientale e
territoriale (Valsat) e di valutazione
ambientale strategica (Vas) si fa sempre
riferimento alla “valutazione preventiva
degli effetti di determinati piani e
programmi” secondo quanto contenuto nella
Direttiva comunitaria 2001/42/Ce del
27.06.2001. La scelta della Regione Emilia
Romagna scaturisce dalla volontà di
affermare l’innovazione del piano che
recepisce e si confronta con le disposizioni
della comunità europea in materia di
strategie e strumenti per lo sviluppo
sostenibile.
10 Le notizie contenute nel presente paragrafo sono state fornite da
Marco Mondini cui vanno i ringraziamenti
della redazione di
.
11 Il processo di costruzione di una cartografia unica di livello
regionale, in realtà, è successivo al
progetto bolognese. Il progetto portato
avanti dalla Provincia di Bologna ha
costituito l’esperienza pilota che ha
consentito di estendere l’idea a tutto il
territorio regionale.
12 Ogni anno si acquisiscono e si scaricano i dati forniti dalle
anagrafi dei 60 comuni appartenenti alla
Provincia di Bologna. Le modalità di
fornitura dei dati sono diverse a seconda
dei comuni, in quanto sono stati stipulati
differenti protocolli di intesa con i comuni
proprio per regolamentare la fornitura delle
informazioni anagrafiche, per cui è
notevole la mole di lavoro che si deve
eseguire ogni anno.
13 Le elaborazioni eseguite hanno consentito di sviluppare
l’associazione dei dati anagrafici al
numero civico per l’87% della popolazione,
valore che saliva al 94% trascurando
l’esponente presente nell’algoritmo
utilizzato.
14 Recentemente, in occasione della modifica dei formati utilizzati dal
catasto, è stato rinnovato anche il sistema
informatico di conversione dei formati. Tale
sistema è stato reso più flessibile e
veloce al fine di ottenere il risultato in
tempi più rapidi e con una maggiore facilità
di utilizzo da parte degli utenti.
15 Ad esempio era necessario acquisire tutti i dati relativi alle
attività produttive, individuando i poli
promotori di tali attività.
16 Importante era organizzare la gestione delle condivisioni sul server
di informazioni in modo da specificare
dettagliatamente l’ambito di visibilità
dei diversi utenti.
Bibliografia
Regione Emilia Romagna – Giunta regionale (2000) – Disciplina
generale sulla tutela e l’uso del
territorio, Legge regionale 24 marzo 2000 n.
20, Bologna.
Provincia di Bologna (2001), Piano territoriale di coordinamento –
Documento preliminare.
Provincia di Bologna (2001), Piano territoriale di coordinamento –
Quadro conoscitivo.
Provincia di Bologna (2001), Piano territoriale di
coordinamento – Valsat – Valutazione di
sostenibilità ambientale e territoriale. |