Numero 4 - 2001

 

l'iniziativa delle province 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Legislazione regionale e sistemi informatici di gestione del territorio: l'esperienza bolognese


Alberto Fiore


 

La Provincia di Bologna ha svolto un ruolo pionieristico nella predisposizione di efficaci strumenti di pianificazione territoriale. L’ultima legge urbanistica regionale dell’Emilia Romagna ha ulteriormente precisato le competenze dell’ente intermedio. Alberto Fiore ne approfondisce gli aspetti normativi e gli strumenti tecnologici, a partire da quelli informatici, che supporteranno una nuova stagione di governo del territorio.

 

 

 

 

 

 

L’approvazione dei piani urbanistici di vario livello nella maggior parte delle realtà regionali italiane, segue iter a grande articolazione generalmente basati sul principio della definizione di una gerarchia di competenze, in base alla quale solo a seguito di controlli più o meno dettagliati, in alcuni casi effettuati anche da più di un ente, si arriva ad uno stato di operatività dello strumento sul territorio. Una tale complessità procedurale si traduce in una dilatazione eccessiva dei tempi che intercorrono tra la realizzazione del piano e la sua operatività, tra lo scenario che si presenta ai progettisti che si accingono alla formalizzazione delle scelte di assetto territoriale e lo scenario in cui viene a trovarsi il piano approvato. La modifica inevitabile di scenario, nonostante le misure cautelative imposte dalle norme di salvaguardia, che intervengono una volta adottato lo strumento e che impediscono trasformazioni sostanziali del territorio, determina una riduzione delle possibilità di vedere realizzata appieno la definizione dell’assetto territoriale immaginato dai progettisti. Negli ultimi anni, però, si va incontro ad un’inversione di tendenza che, con lo scopo di snellire le procedure di attuazione e di migliorare il rendimento complessivo dei piani stessi, si concretizza nell’emanazione di nuovi disposti normativi di livello regionale.

 

 

La nuova legge urbanistica regionale dell’Emilia Romagna

 

In questo contesto di mutazione dei principi posti alla base dell’iter procedurale di approvazione degli strumenti urbanistici si inserisce l’attività legislativa della Regione Emilia Romagna che ha prodotto la Lr 20/2000. Tale legge va a sostituire la precedente Lr 47/1978, prima legge urbanistica di cui si sia dotata la regione, aggiornandone i contenuti al fine di riformulare tutte le procedure di formazione e revisione dei piani urbanistici a tutti i livelli.

Il criterio posto alla base della riforma delle procedure di adozione e approvazione dei piani urbanistici si ispira apertamente alle procedure attualmente in vigore in Toscana1.

Il disposto normativo rifiuta l’assegnazione di una gerarchia di competenze in materia di approvazione di piani urbanistici, in base alla quale l’ente di livello superiore approva i piani prodotti dagli enti di livello inferiore, mentre arriva ad instaurare il principio della concertazione in base al quale viene indetta una conferenza di pianificazione, con lo scopo di pervenire all’adozione del piano.

Facendo riferimento al caso specifico della redazione e successiva approvazione di un piano territoriale di coordinamento (Ptc) si riassumono i passaggi indicati dall’articolo 27 della Lr 20/2000.

Il primo passaggio è rappresentato dall’elaborazione, da parte della giunta provinciale, di un documento preliminare del piano. Sulla base di tale documento viene indetta la succitata conferenza di pianificazione2 in cui viene effettuato un esame congiunto del documento preliminare e si raccolgono le osservazioni e le indicazioni prodotte da tutti i soggetti3 che sono stati invitati a partecipare alla conferenza. 

È importante sottolineare che la conferenza di pianificazione non si risolve in un unico incontro delle parti interessate ma si articola in una serie di sessioni di lavoro, volte ad approfondire i temi del documento preliminare presentato, che allungano ad alcuni mesi i tempi necessari all’adozione di un nuovo piano urbanistico.

In base a tale metodologia procedurale, però, già al termine dei lavori della succitata conferenza di pianificazione è possibile pervenire all’adozione del piano4, operazione che spetta all’ente che è stato interessato alla redazione del nuovo strumento, con l’assoluta certezza che siano stati considerati preventivamente i pareri espressi dagli organi competenti.

La fase successiva si svolge in maniera concorde con quanto avveniva in passato con la pubblicazione sul bollettino ufficiale regionale dell’avviso di avvenuta adozione al fine di consentire a chiunque di prenderne visione e ai soggetti5 indicati dalla legge di formulare osservazioni.

La regione ha 120 giorni di tempo, a decorrere dalla data di ricevimento del piano, per valutare la conformità del Ptc al piano territoriale regionale (Ptr) e agli altri strumenti di pianificazione regionale. La differenza rispetto al passato è nell’approvazione dello strumento prodotto.

Infatti l’approvazione non è più di competenza dell’ente regione, bensì dello stesso ente promotore della conferenza e realizzatore del nuovo piano (nel caso particolare la provincia), solo dopo essersi adeguato alle riserve, oppure essersi espresso sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziali, e solo dopo aver acquisito l’atto deliberativo dell’intesa6 della regione7 e delle amministrazioni interessate nei casi di copianificazione8. Tale cambiamento a livello procedurale è garantito proprio dalla sicurezza che siano state rispettate le osservazioni, nonché le indicazioni, prodotte in sede di conferenza di pianificazione.

Verso il nuovo Ptc della Provincia

di Bologna

 

L’idea di redigere un nuovo Ptc per la Provincia di Bologna nasce in occasione dell’entrata in vigore della nuova legge regionale in materia urbanistica, la Lr 20/2000, cui si aggiunge la considerazione circa la vetustà del piano precedente, redatto circa dieci anni prima.

Il nuovo strumento non si propone di stravolgere totalmente i contenuti posti alla base del precedente piano, ma si configura come aggiornamento reso possibile dall’accresciuto bagaglio di conoscenze del territorio fornito dal sempre più nutrito sistema informativo territoriale (Sit). 

Le analisi ambientali e tutti i contenuti fondamentali del piano precedente, infatti, costituiscono un’eredità viva per il nuovo strumento a cui aggiungere nuove analisi e nuove informazioni scaturenti da un’informatizzazione spinta delle procedure di raccolta e di elaborazione delle stesse informazioni. Il perfezionamento e l’ulteriore organizzazione del Sit, reso sempre più funzionale, unitamente al cambiamento delle prospettive di lavoro in termini qualitativi e quantitativi (alcune elaborazioni che inizialmente sembravano di facile esecuzione hanno, invece, richiesto un tempo notevolmente superiore, mentre altre che sembravano di complessità maggiore si sono risolte in tempi molto più rapidi) hanno spinto alla necessità di aggiornare lo strumento di gestione del territorio a livello provinciale.

Resta, comunque, l’assunto che il nuovo Ptc nasce nel segno della continuità con il passato, senza alcuna intenzione di stravolgimento sia dal punto di vista degli strumenti sia delle scelte, a dimostrazione della qualità contenutistica della precedente esperienza progettuale. In osservanza alle indicazioni fornite dalla neonata legge regionale l’ente Provincia di Bologna ha avviato i lavori della conferenza di pianificazione il 5.12.2001 con la presentazione dei tre documenti descritti nel seguito:

- il documento preliminare;

- il quadro conoscitivo;

- la Valsat (valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale).

Il documento preliminare è un elaborato contenente le scelte progettuali poste alla base della redazione del nuovo strumento urbanistico. Il quadro conoscitivo si presenta come una raccolta di elaborati, da un lato le analisi prodotte e restituite in forma di archivi di informazioni, dall’altro di cartografie di studio del territorio poste alla base della costruzione del nuovo piano.

Il vero elemento di novità proposto dalla nuova legge urbanistica regionale, però, è costituito dal terzo documento, la Valsat. La legge regionale, infatti, all’art. 5 prevede che regione, province e comuni provvedano, nell’ambito del procedimento di formazione ed approvazione dei propri strumenti urbanistici, alla “valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale” degli effetti che scaturiscono dall’attuazione delle scelte contenute negli stessi piani, con riguardo alla normativa nazionale e della comunità europea. La legge stabilisce anche che il documento preliminare al piano definitivo contenga lo studio dei potenziali impatti negativi delle scelte operate e le misure idonee per impedirli, ridurli o compensarli. In aggiunta alle suddette disposizioni normative il Consiglio regionale ha approvato, in data 4.4.2001, l’atto di indirizzo e coordinamento tecnico per l’attuazione della stessa legge al fine di definire funzioni e contenuti della Valsat, riprendendo quanto previsto in materia di valutazione ambientale strategica (Vas9) dalla Direttiva 2001/42/Ce. Tale documento, allora, ha lo scopo di verificare la conformità delle scelte di piano agli obiettivi generali della pianificazione e a quelli di sostenibilità dello sviluppo del territorio. La Valsat è volta ad individuare, prima ancora che si giunga all’adozione del nuovo piano, gli effetti sull’ambiente e sul territorio che derivano dall’attuazione delle singole scelte con conseguente possibilità di selezionare tra le differenti soluzioni alternative quelle che rispondono maggiormente agli obiettivi generali del piano. Contemporaneamente la Valsat dà la possibilità di individuare le misure di pianificazione che sono in grado di impedire, mitigare o compensare l’incremento delle eventuali criticità ambientali e territoriali già presenti.

Figura 1 - Diagramma di flusso della fase di valutazione qualitativa

Fonte: Piano territoriale di coordinamento - Provincia di Bologna - Valsat

 

La valutazione a priori dell’impatto degli interventi proposti e di particolari assetti predisposti è possibile grazie alla costruzione di opportuni modelli di simulazione e alla successiva applicazione degli stessi modelli, in modo da determinare la risposta del territorio. È fondamentale, però, far ricorso ad un processo di tipo iterativo che, svolgendosi durante tutto il percorso di elaborazione del piano, garantisca l’efficacia del risultato. La definizione di una nuova metodologia ha portato alla suddivisione dello studio in due fasi temporali e di contenuto. La prima valutazione preventiva del documento preliminare (definita fase qualitativa) è volta ad individuare la compatibilità fra politiche-azioni di piano e obiettivi di sostenibilità per evidenziare le interazioni positive, negative o incerte fra le stesse (qualora siano presenti interazioni) e fornire suggerimenti per la risoluzione delle problematiche relative.

Il secondo momento valutativo (definito fase quantitativa) rappresenta un’integrazione dello studio iniziale effettuata a partire già dal periodo della conferenza di pianificazione. In sostanza si sviluppa una valutazione che non si limita alla sola quantificazione delle interazioni ma che si spinge fino alla valutazione e simulazione degli effetti e delle performance relative a differenti scenari insediativi, di mobilità e di allocazione delle risorse naturali.

L’assenza di esperienze precedenti ha permesso di elaborare una metodologia di azione originale, per cui la fase qualitativa del processo di valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale è stata suddivisa in quattro passaggi successivi (Figura 1):

- definizione degli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale;

- definizione delle politiche-azioni del Ptc;

- elaborazione di una matrice di controllo delle politiche-azioni del Ptc con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale;

 

Figura 2 - Rappresentazione teorica della matrice per la definizione degli obiettivi generali, obiettivi specifici e politiche-azioni del Ptc.

Fonte: Piano territoriale di coordinamento - Provincia di Bologna - Valsat

 

- elaborazione di schede tematiche di approfondimento per ciascuna interazione negativa o presumibilmente negativa e per cluster di possibili interazioni dagli effetti incerti. Il primo passaggio è caratterizzato dalla definizione degli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale che possono essere associati a obiettivi di natura quantitativa che, per tale natura, sono verificabili nel tempo mediante indicatori adeguati. L’approccio adottato per la definizione degli obiettivi di sostenibilità fa riferimento al documento Anpa, denominato “Linee guida per le Agende 21 Locali in Italia”, e propone, per ciascuna componente ambientale o settore di attività, quanto segue:

- obiettivi generali, rappresentanti i traguardi da raggiungere nel lungo periodo con la politica di sostenibilità;

- obiettivi specifici, da conseguire nel medio e breve termine come traguardo di azioni e politiche orientate verso i corrispondenti obiettivi generali;

- riferimenti consolidati che sono indispensabili per la individuazione degli obiettivi di natura quantitativa e la valutazione delle azioni. 

Il secondo momento della valutazione è rappresentato dalla definizione di obiettivi e politiche-azioni del Ptc, svolto in parallelo all’elaborazione del documento preliminare. Questo passaggio non si è rivelato di estrema facilità in quanto si è configurato come una verifica incrociata delle politiche-azioni e dei relativi obiettivi con quanto previsto nei piani sovraordinati e, contemporaneamente, nella verifica comparata e incrociata degli obiettivi specifici e delle politiche-azioni (Figura 2), mentre inizialmente si poteva pensare di risolvere il tutto con una trasposizione degli elementi definiti nel passaggio precedente.

Una volta definiti gli obiettivi da porre alla base della valutazione, si passa alla costruzione della matrice di controllo delle politiche-azioni di piano con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale. Più precisamente si costruisce una matrice per ogni obiettivo generale del Ptc, in modo da evidenziare le interazioni tra le politiche di piano e gli obiettivi di sostenibilità. Le interazioni, determinate dagli incroci riga / colonna, vengono definite secondo una classificazione proposta dagli analisti. Trattandosi, inoltre, di una valutazione esplicitamente soggettiva è necessario fare in modo che si dedichi particolare attenzione a tale fase del processo di valutazione, prevedendo l’interazione di diversi soggetti con differenti competenze in maniera tale da riportare risultati significativi in termini di oggettività e da garantire un approccio multidisciplinare. Il risultato di tale momento valutativo è costituito, allora, da una serie di matrici, organizzate per obiettivo generale di piano, sulle quali sono evidenziate tutte le possibili summenzionate interazioni (Figura 3). 

Figura 3 - Rappresentazione teorica di una matrice di controllo per un dato obiettivo generale.

Fonte: Piano territoriale di coordinamento - Provincia di Bologna - Valsat

Tale analisi, in definitiva, è volta all’individuazione degli aspetti sui quali è necessario concentrare particolarmente l’attenzione al fine di garantire uno sviluppo complessivo del piano compatibile con l’ambiente, quindi ambientalmente sostenibile. L’ultimo passaggio di questa prima fase di valutazione è rappresentato dall’elaborazione di schede tematiche di approfondimento per ciascun obiettivo generale del piano, con le quali si commentano e approfondiscono i possibili effetti negativi o incerti delle politiche-azioni, nonché le relative incongruenze/incompatibilità, individuando alcuni possibili suggerimenti per ridurre o, addirittura, superare l’impatto negativo delle politiche-azioni stesse.

Lo sviluppo di tali schede è limitato alle interazioni che presentano un’incoerenza/incompatibilità tra le politiche-azioni di piano e gli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale definiti (Figura 4).

Figura 4 - Rappresentazione teorica di una scheda di valutazione realizzata per ogni interazione negativa o presumibilmente negativa.

Fonte: Piano territoriale di coordinamento - Provincia di Bologna - Valsat

In pratica le valutazioni seguono un approccio di tipo operativo volto ad aumentare, per quanto possibile, il livello di compatibilità ambientale e territoriale delle politiche-azioni da affrontare nel corso della formazione dello strumento urbanistico.

 

 

 

 

Il processo di formazione del Sit10

 

L’idea di costruire un Sit che raccogliesse i dati relativi all’intera Provincia di Bologna nasce sulla spinta di esigenze di natura amministrativa. Grazie ad incentivi regionali, nonché alla fornitura da parte della regione, in comproprietà con la provincia, di basi dati territoriali vettoriali nasce il Sit bolognese che risulta costituito dalla carta tematica regionale (Ctr) in scala 1:10000 da cui si ricavano le prime informazioni territoriali in formato vettoriale, le quali vanno a costituire la base cartografica per gli studi e la progettazione urbanistica. L’utilizzo prevalente di tale sistema di informazioni prima del 1995 era tendenzialmente volto alla realizzazione di plottaggi di diversa natura contenutistica: dei temi, degli elaborati di progetto e altro ancora. Ne scaturisce che fino a quel punto il Sit era stato utilizzato esclusivamente per scopi cartografici. Il 1995 segna una svolta per i destini del sistema informativo bolognese, in quanto la provincia riceve la delega dalla regione in materia di approvazione dei piani urbanistici comunali.

Tale circostanza porta ad avviare un processo di informatizzazione molto spinto con l’apertura decisa verso un software di elaborazione della famiglia Gis, ArcInfo. In realtà la delega urbanistica alla provincia in questo anno si configura solo come atto formale ufficiale in quanto l’attività di informatizzazione dei piani urbanistici si era già concretizzata precedentemente in alcuni casi pilota.

Questo atto ufficiale, però, costituisce l’occasione per estendere il processo di informatizzazione suddetto a tutti i piani di tutti i comuni della provincia, mediante l’adozione di specifiche standard, più o meno buone, che ovviassero all’estrema libertà progettuale concessa ai progettisti dando la possibilità di costituire un mosaico della pianificazione con un notevole potere descrittivo del territorio (Figura 5).

Figura 5 - Stralcio del mosaico della pianificazione comunale in scala 1:10.000.

Fonte: Sito internet della Provincia di Bologna

Nello scenario che si era configurato, nasceva sempre forte la necessità di unificare il riferimento cartografico provinciale al fine di avvicinare i differenti enti operanti in provincia e consentirgli uno sviluppo rapido e coordinato. In risposta a questa esigenza venne stipulato, nello stesso periodo, un accordo con gli altri soggetti operanti sul territorio, quali regione, Comune di Bologna e le aziende municipalizzate, con il quale fu avviato il processo di acquisizione di un’unica cartografia regionale che finì con il costituire l’unico riferimento per tutte le operazioni di progettazione del territorio affrontate dai suddetti enti. L’accordo prevedeva una partecipazione economica per quote. Tali quote vennero determinate sulla base dell’interesse di ciascun soggetto nei confronti della stessa cartografia. Solo in questo modo fu possibile pervenire ad un supporto descrittivo del territorio che consentisse una facile interazione tra i diversi soggetti a differenti livelli e che consentisse un rapido scambio delle informazioni. Il processo di acquisizione si concretizzò, nel 1996, nella rasterizzazione del Ctr (Figura 6) in scala 1:5000 (scala maggiore rispetto alla cartografia precedente) con relativa georeferenziazione11.

Figura 6 - Stralcio della carta tematica regionale in scala 1:5.000.

Fonte: Sito internet della Provincia di Bologna

Tra il 1997 e il 1998, invece, si ampliò ulteriormente la banca di informazioni con l’acquisizione del grafo stradale (Figura 7), altro documento molto importante che conteneva la viabilità di tutta la provincia, i centri urbani e la toponomastica.

Figura 7 - Stralcio dell'elaborato per la rappresentazione delle strade, ferrovie, ponti e passaggi a livello in scala 1:10.000.

 

 Parallelamente si sviluppò il primo vero lavoro in cui l’applicazione della tecnologia Gis mostrava appieno le proprie potenzialità, ovverosia la realizzazione dello schema direttore del nuovo Ptc della Provincia di Bologna, nel periodo compreso tra il 1996 e il 1999, che ha costituito la vera e propria preparazione all’elaborazione del nuovo strumento urbanistico provinciale. Tutto lo staff dell’ufficio di piano provinciale iniziò ad utilizzare il Gis eseguendo interrelazioni fra i dati, analisi spaziali, intersezioni tra i temi raffiguranti il territorio, eseguendo, in pratica, tutte quelle operazioni che, grazie allo strumento Gis, davano un valore aggiunto al dato vettoriale e costituivano la prima occasione di utilizzo sostanziale dello stesso dato. L’attività di acquisizione di nuove informazioni, nel frattempo, non si era arrestata, tanto che nel 2000 si è giunti all’acquisizione delle ortofoto per l’ortofotopiano, che ha fornito ulteriori elementi di elaborazione delle informazioni, nonché buona parte della numerazione civica, che ha contribuito al completamento di una banca dati di tutto rilievo e delle anagrafi comunali. Il progetto di acquisizione e normalizzazione delle anagrafi comunali si è concretizzato con l’ausilio di altri uffici provinciali ed è soggetto ad aggiornamento continuo, a cadenza annuale12. Tutti questi archivi di informazione, aggiunti ai dati posseduti precedentemente, hanno costituito elementi di importanza fondamentale per elaborazioni svolte in seguito. Infatti con l’avvio dei lavori per la formazione del nuovo Ptc si è cominciato ad analizzare tutti i dati a disposizione, a far dialogare tra loro tutte le banche dati, provenienti da diverse fonti e che molto spesso facevano riferimento agli indirizzi, per cui l’utilizzo del grafo stradale, unitamente alla numerazione civica, ha rivestito una notevole importanza ed è stato fondamentale per l’esecuzione di associazioni delle informazioni territoriali e alfanumeriche. L’utilizzo spinto del Gis ha addirittura consentito di eseguire un lavoro di associazione dell’informazione anagrafica al numero civico al fine di ottenere una distribuzione della popolazione non più areale ma puntuale seppur con i dovuti noti errori13. Non bisogna, poi, dimenticare che del Sit fa parte anche una base catastale provinciale, informatizzata e georeferenziata, che è soggetta ad un aggiornamento con cadenza semestrale. È interessante descrivere la modalità di aggiornamento dei dati catastali. Ogni sei mesi la Provincia di Bologna acquisisce lo scarico del catasto censuario nonché di quello dei terreni e lo converte nel formato utilizzato dai propri uffici, mediante un apposito algoritmo di conversione costruito dallo stesso ente provinciale14. Successivamente tale dato viene fornito a quei comuni che ne hanno fatto richiesta precedentemente previo pagamento di una quota iniziale, una quota di servizio in quanto necessaria al sostentamento dello stesso servizio e senza scopi di lucro a favore dell’ente provincia. In questo modo sia i comuni, sia la provincia hanno sempre informazioni attuali circa lo stato della proprietà in tutto il territorio provinciale. In realtà, la base cartografica catastale, fino ad oggi, non ha avuto una piena utilizzazione se non da parte dei comuni, mentre si stanno attualmente scoprendo basi dati di vario tipo (ad esempio i pozzi) di cui esistono solo archivi anagrafici e descrittivi, per i quali le coordinate catastali rappresentano l’unico elemento utile al posizionamento sul territorio. Configurandosi un tale scenario risultava necessario solo analizzare le differenti banche dati di cui si disponeva e completare il quadro conoscitivo con ulteriori campagne di acquisizione di informazioni specialistiche e utili allo sviluppo coerente di un progetto urbanistico15. Nasceva, in pratica, la necessità di immaginare e mettere in pratica una corretta utilizzazione di tutte le informazioni a disposizione.

 

 

Organizzazione ed utilizzo del Sit per la formazione del nuovo Ptc

 

I tecnici incaricati della realizzazione del nuovo Ptc hanno ipotizzato di spingere l’utilizzo del Sit verso un’elaborazione spinta delle informazioni, resa possibile dall’utilizzo di software Gis. Non si è fatto altro che cercare di correlare tra loro, dal punto di vista geografico, tutte le informazioni acquisite nel corso degli anni, nonché effettuare le opportune analisi, per ottenere come risultato finale un sistema analitico molto efficace. L’analisi, ovviamente, si è rivolta all’ottenimento di informazioni territoriali che fossero attinenti al progetto del nuovo strumento urbanistico che si stava realizzando. Senza entrare nel dettaglio dell’organizzazione e dei contenuti dello studio, effettuato dalla provincia, può essere interessante illustrare una particolare analisi che solo pochi anni fa poteva sembrare impossibile e che l’utilizzo dei calcolatori elettronici ha reso fattibile.

Lo staff di progettazione ha reso possibile l’individuazione delle aree di influenza delle antenne ripetitrici della telefonia mobile. In pratica è stato possibile valutare il numero di cittadini che ricadevano entro un certo raggio di influenza delle suddette antenne, al fine di valutare l’intensità dei campi elettromagnetici cui è esposta la popolazione di ogni zona.

Si comprende come un tale tipo di analisi possa essere utile ai fini dell’individuazione dei livelli di inquinamento elettromagnetico (Figure 8 e 9) cui è esposta la popolazione consentendo anche di pianificare l’opera di potenziamento del servizio attuata dai gestori della telefonia mobile.

Figura 8 - Estratto della tavola per l'individuazione dei generatori dei campi elettromagnetici.

 Fonte: Piano territoriale di coordinamento - Provincia di Bologna - Quadro conoscitivo

Il Sit, seppur ricco di informazioni di varia natura, non sarebbe stato realizzabile e utilizzabile appieno senza il supporto offerto dal Gis. L’organizzazione fisica delle informazioni è avvenuta secondo un criterio di ordine logico. In pratica sono state individuate famiglie di informazioni, categorie di dati accomunati da qualche particolare elemento. In base alle suddette categorie è stata fatta la distinzione dei temi vettoriali utilizzati per la rappresentazione delle informazioni territoriali.

Figura 9 - Estratto della tavola "Recettori sensibili potenzialmente esposti a cem 0.2 e 0.5 microtesla generati da linee ad alta tensione".

 Fonte: Piano territoriale di coordinamento - Provincia di Bologna - Quadro conoscitivo

Ovviamente ad ogni categoria di dati è corrisposta una cartella (o directory) del disco fisso di una macchina centrale. In ognuna di tali directory è stata inserita una struttura fissa dei dati:

- il dato (sottoforma di tematismi di ArcInfo);

- le legende;

- i progetti su questi dati.

In questo modo è stato possibile organizzare il lavoro in maniera razionale consentendo ad ogni utente autorizzato di entrare in queste sezioni ed accedere al progetto che gli era stato assegnato16.

Evoluzione tecnologica

 

Avendo acquisito una quantità di informazioni tale da poter affermare di possedere un Sit di ottima fattura, l’interesse dei tecnici bolognesi si è rivolto verso il trasferimento di tutti i dati posseduti su database relazionale utilizzando spatial database engine (Sde) di ArcView, allo scopo di rendere fruibili ad un certo numero di utenti i dati territoriali e alfanumerici raccolti.

Ovviamente quella scelta non rappresenta una soluzione obbligata in quanto sarebbe possibile anche studiare un diverso sistema di memorizzazione dei dati territoriali su relazionale, però Sde agevola la consultazione con gli strumenti Gis utilizzati in quanto rappresenta un’interfaccia standard dal mondo relazionale al mondo desktop utilizzato dai tecnici provinciali per le elaborazioni.

Allo stesso tempo la Provincia di Bologna ha deciso di entrare decisamente nel mondo web acquistando due server da destinare espressamente alla rete con cartografie. Si tratta di due server cartografici, basati sull’applicazione ArcIMS per il Web, con cui permettere ad utenti di differente natura, mediante licenze browser, di consultare la cartografia memorizzata su Sde con delle buone prestazioni finali.

Questa scelta consente, una volta individuate specifiche categorie di utenti finali, di rendere disponibili quei servizi di cui necessitano gli utenti stessi.

Ad esempio, un ufficio che si occupi in prevalenza di visure catastali potrebbe avere un’applicazione specifica per la consultazione e l’eventuale manipolazione delle informazioni che interessano.

Allo stato attuale, però, si deve ancora valutare se sia meglio optare per un applicativo specifico, sviluppato con ArcIMS, che consenta la prevalente consultazione con un comune browser, oppure indirizzarsi verso uno strumento che consenta anche una consistente manipolazione del dato consultato, come un client ArcView 8.

Resta il fatto che la possibilità di avere tutte le informazioni su un’unica piattaforma consente di scegliere la soluzione non fra un numero indefinito di alternative ma esclusivamente tra una soluzione basata sulla tecnologia web e una soluzione che prevede uno strumento standard di consultazione, eventualmente personalizzato. L’utilizzo di due server cartografici si giustifica con la necessità di individuare due macrocategorie di utenti:

- tutti gli utenti della rete;

- particolari utenti quali i comuni.

Tale distinzione consente di destinare una macchina alla consultazione delle informazioni cartografiche e alfanumeriche da parte di tutti gli utenti del web (Figura 10), con la fornitura di un certo tipo di servizi, mentre la seconda macchina viene protetta a livello di rete intranet da riservare agli utenti, quali gli enti municipalizzati, che possono accedere ad un differente livello di informazione.

  

Figura 10 - Struttura della rete di trasmissione dati dedicata al sistema informativo territoriale per la pianificazione.

 Fonte: Sito internet della Provincia di Bologna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 Fin dal 1995 in Toscana vige una Lr urbanistica (Lr 5/1995) che ha determinato la svolta in materia di formazione ed approvazione dei piani urbanistici. Tale legge è stata, in seguito, perfezionata con piccole modifiche tradottesi nell’emanazione di una nuova Lr (Lr 57/1997).

2 Le disposizioni, circa le conferenze e gli accordi di pianificazione, sono contenute nell’art. 14 della Lr 20/2000. 

3 Il comma 2 dell’art. 27, Lr 20/2000, indica i soggetti con la facoltà di partecipare alla conferenza di pianificazione quali la regione, le province contermini, i comuni, le comunità montane e gli enti di gestione delle aree naturali protette interessati.

4 Comma 4 dell’art. 27, Lr 20/2000.

5 Il comma 6 dell’art. 27, Lr 20/2000 stabilisce che i soggetti che possono formulare osservazioni sono: gli enti e gli organismi pubblici, le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela degli interessi diffusi, i singoli cittadini che sono direttamente interessati da effetti prodotti dalle previsioni del piano adottato.

6 Nel caso in cui, a conclusione della conferenza di pianificazione, sia stato stipulato un accordo di pianificazione, nonché se si accolgono integralmente le eventuali riserve regionali e non si introducono modifiche sostanziali al piano in accoglimento delle osservazioni presentate, si può approvare il piano prescindendo dall’intesa della regione.

7 L’atto deliberativo dell’intesa fa riferimento alla conformità del Ptc al Ptr e a tutti gli altri strumenti di pianificazione regionale. 

8 La copianificazione è disciplinata dall’art. 21, Lr 20/2000.

9 Quando si parla di valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale (Valsat) e di valutazione ambientale strategica (Vas) si fa sempre riferimento alla “valutazione preventiva degli effetti di determinati piani e programmi” secondo quanto contenuto nella Direttiva comunitaria 2001/42/Ce del 27.06.2001. La scelta della Regione Emilia Romagna scaturisce dalla volontà di affermare l’innovazione del piano che recepisce e si confronta con le disposizioni della comunità europea in materia di strategie e strumenti per lo sviluppo sostenibile.

10 Le notizie contenute nel presente paragrafo sono state fornite da Marco Mondini cui vanno i ringraziamenti della redazione di .

11 Il processo di costruzione di una cartografia unica di livello regionale, in realtà, è successivo al progetto bolognese. Il progetto portato avanti dalla Provincia di Bologna ha costituito l’esperienza pilota che ha consentito di estendere l’idea a tutto il territorio regionale.

12 Ogni anno si acquisiscono e si scaricano i dati forniti dalle anagrafi dei 60 comuni appartenenti alla Provincia di Bologna. Le modalità di fornitura dei dati sono diverse a seconda dei comuni, in quanto sono stati stipulati differenti protocolli di intesa con i comuni proprio per regolamentare la fornitura delle informazioni anagrafiche, per cui è notevole la mole di lavoro che si deve eseguire ogni anno.

13 Le elaborazioni eseguite hanno consentito di sviluppare l’associazione dei dati anagrafici al numero civico per l’87% della popolazione, valore che saliva al 94% trascurando l’esponente presente nell’algoritmo utilizzato.

14 Recentemente, in occasione della modifica dei formati utilizzati dal catasto, è stato rinnovato anche il sistema informatico di conversione dei formati. Tale sistema è stato reso più flessibile e veloce al fine di ottenere il risultato in tempi più rapidi e con una maggiore facilità di utilizzo da parte degli utenti.

15 Ad esempio era necessario acquisire tutti i dati relativi alle attività produttive, individuando i poli promotori di tali attività.

16 Importante era organizzare la gestione delle condivisioni sul server di informazioni in modo da specificare dettagliatamente l’ambito di visibilità dei diversi utenti.

 

 

Bibliografia

 

Regione Emilia Romagna – Giunta regionale (2000) – Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio, Legge regionale 24 marzo 2000 n. 20, Bologna.

Provincia di Bologna (2001), Piano territoriale di coordinamento – Documento preliminare.

Provincia di Bologna (2001), Piano territoriale di coordinamento – Quadro conoscitivo.

Provincia di Bologna (2001), Piano territoriale di coordinamento – Valsat – Valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale.

 

 

Presentazione | Referenze Autori | Scrivi alla redazione | AV News | HOME

 

 Il sito web di Area Vasta è curato da Michele Sol