Pur
avendo la Giunta regionale approvato un disegno
di legge (ddil) regionale in materia di
governo del territorio che, tra l'altro,
definisce le procedure di approvazione dei
piani provinciali2,
in Campania a tutt’oggi non vigono norme
idonee a determinare l’efficacia di tali
piani3. Nelle more
dell’approvazione definitiva dello
strumento di pianificazione provinciale,
continua a porsi il problema di dover
anticipare i tempi della pianificazione in
termini di efficacia4.
Il problema, quindi, è quello del valore e
dei limiti dell'efficacia attuale del Ptc
della Provincia di Salerno.
L'attuale notevole interesse per la pianificazione territoriale
provinciale è da ascrivere non solo alla
ancora sostanziale novità
rappresentata dallo strumento del Ptc, a ben
dodici anni dalla legge 142/1990, specie in
alcune realtà del territorio nazionale, ma
soprattutto dalla opportunità-obbligo di
poter avviare, al di là degli aspetti
istituzionali o di impostazione teorica o
formale, una concreta sperimentazione delle
varie condizioni operative, organizzative,
procedurali e decisionali che lo sottendono.
È possibile fare riferimento ad alcuni aspetti, non solo metodologici,
ma anche operativi ed organizzativi che,
alla luce dell’attuale impostazione
teorica e concettuale, dovrebbe compiere
l’ente con competenze pianificatorie per
potersi trasformare in un vero soggetto di
pianificazione. Sulla base di alcune regole
è possibile imbastire una prima valutazione
del grado di efficacia del Ptc adottato
dalla Provincia di Salerno.
Le regole
È fondamentale, innanzitutto, istituire un
proprio e permanente ufficio di piano e
interpretare il piano e la sua gestione come
un processo continuo. L'elaborazione del
piano non può essere appaltata totalmente
all'esterno: una volta confezionato il piano
nessuno sarebbe in grado di capirlo,
interpretarlo, gestirlo, attuarlo. L'ufficio
di piano ha, infatti, il compito
fondamentale di essere l’interprete
autentico degli obiettivi del piano
anche nelle fasi di gestione ed attuazione.
Il passaggio dal piano alla sua attuazione
è la chiave di volta dell’intero processo
di pianificazione, in una concezione
strategico-processuale del piano. Il
processo attuativo è aperto, ad esso
partecipano diversi soggetti e vi concorrono
vari momenti, istanze, decisioni, non tutte
prevedibili. La metodologia processuale
implica la radicale innovazione degli
strumenti, dei metodi e delle strutture
tecnico-amministrative e gestionali deputate
alla pianificazione.
È indispensabile definire prioritariamente gli
obiettivi strategici del piano, finalizzando
le analisi al piano. Gli obiettivi, la
cui formulazione è squisitamente politica e
non tecnica, devono essere chiari,
selezionati, fattibili, cioè compatibili
con le concrete possibilità operative del
piano, e condivisi nella maggiore misura
possibile. Il dibattito sugli obiettivi va
concluso con un documento
politico-programmatico di indirizzo votato
dal consiglio provinciale. Le prime ricerche
ed analisi da avviare sono quelle necessarie
per fornire una prima conoscenza complessiva
di tutte le problematiche di area vasta
utili per individuare e definire gli
obiettivi del piano. La finalizzazione delle
ricerche alla forma, ai contenuti, alle
potenzialità del piano territoriale,
costituisce l'unico valido riferimento per
selezionare le indagini e le analisi
indispensabili e prioritarie e per evitare
sprechi di tempo e di risorse.
Il Ptc va interpretatato come piano di area vasta,
privilegiando i contenuti
paesistico-ambientali del piano. Il Ptc
non è una sommatoria di Prg ma un piano
strategico che opera su problematiche,
effettuando le relative scelte, di carattere
sovracomunale e di interesse
provinciale, lasciando ampi spazi di
autonomia a livello comunale, di cui
condiziona i soli aspetti strutturali. Il
Ptc è inteso, inoltre, come processo
in quanto non prefigura un disegno
dell'assetto territoriale definito e
concluso ma progetta un percorso aperto,
capace di accogliere, durante la sua
gestione continua, ulteriori decisioni ed
implementazioni. L'innovazione nella
pianificazione provinciale è rappresentata
dalla ricerca del connubio tra il piano
territoriale e il piano paesistico ed
ambientale, mediante la capacità di
assumere i dati ambientali locali, le
risorse esistenti, la loro scarsità e
riproducibilità, la loro vulnerabilità, la
loro capacità di carico, ecc., come
precondizioni, limiti, vincoli, criteri di
guida al fine di valutare e condizionare le
scelte di trasformazione e di uso.
Occorre una notevole capacità di dialogo con le
istituzioni e con i privati, privilegiando
il rapporto con il livello comunale. La
legge di riforma delle autonomie e la
pianificazione strategica e processuale
richiedono tutto quello che non si è avuto,
e non si ha, fino ad oggi: superamento
dell'ordinamento gerarchico,
interdisciplinarietà, intercompetenza,
coordinamento, corresponsabilità,
co-decisione tra diversi enti e livelli e,
infine, raccordo, dialogo e collaborazione
all'interno dell'istituzione, tra le
istituzioni e con soggetti e forze esterne.
La natura della pianificazione provinciale
è intermedia anche se sbilanciata
verso il livello comunale, verso cui il
rapporto è, come dire, stretto e
quotidiano. Occorre definire
correttamente il rapporto fra piano
provinciale e piano comunale, specificando
le indicazioni quali-quantitative, i criteri
e le scelte che il primo trasmette al
secondo senza ingiustificate invasioni nel
campo delle decisioni e delle autonomie
comunali, in linea con il principio di sussidiarietà.
Sarebbe auspicabile costituire presso l’ufficio di piano un centro
di documentazione, informazione,
monitoraggio continuo del territorio e
dell'ambiente, aperto anche all'utenza
esterna ed elaborare un bilancio
consuntivo urbanistico-ambientale
dell'attività di gestione e attuazione del
piano. L'attività del centro deve
essere indirizzata, oltre che alla raccolta
e alla diffusione delle informazioni
necessarie per l'attività di programmazione
e pianificazione a livello provinciale
(sistema delle conoscenze/sistema
informativo territoriale), anche ad una
funzione di osservatorio e di monitoraggio
continuo dell'evoluzione dell'ambiente
provinciale e dei risultati di attuazione e
gestione dei piani. Il centro può svolgere
anche la funzione di banca dati, cioè sede
di raccolta e di diffusione delle
informazioni territoriali e ambientali per
la pianificazione comunale. Per
un'amministrazione, elaborare un bilancio
consuntivo della propria attività
pianificatoria costituisce un atto di
trasparenza, razionalità amministrativa e
di buon governo, nonchè un'occasione
indispensabile per correggere, modificare
la rotta del piano, ricalibrare
obiettivi, spesso pretenziosi oppure
inficiati da perturbazioni impreviste, ma
anche risorse e strumenti. La pratica del
bilancio consuntivo, insomma, è
indispensabile al piano stesso inteso come
processo.
Quante
procedure per l’efficacia futura?
La Provincia di Salerno, con la stessa delibera, si è impegnata ad
attuare, nel prosieguo dell'iter di
approvazione del proprio Ptc, le procedure
indicate in un’apposita intesa
istituzionale sottoscritta con la
Regione Campania.
Infatti,
allo scopo di avviare l'iter di approvazione
del Ptc della Provincia di Salerno, in data
28.6.2001 è stata sottoscritta un’intesa
istituzionale tra la Regione Campania e
la Provincia di Salerno, rispettivamente
rappresentate dall'assessore regionale
all'urbanistica e dal presidente della
Giunta provinciale, che definisce le
procedure da seguire preliminarmente
all'esame ed al pronunciamento regionale sul
piano proposto. Il documento di intesa fu
sottoposto all'esame della Giunta
provinciale che ne prese atto con
deliberazione dell’11.7.2001, n. 398.
È
stato ritenuto necessario prendere
ogni iniziativa affinché il piano adottato
possa assumere al più presto efficacia di
indirizzo sulle pianificazioni comunali,
proprio come previsto dal DLgs 267 del
18.8.2000.
L’intesa istituzionale non nasconde che i tempi necessari alla
entrata in vigore della legge sono da
prevedersi ancora lunghi e, comunque, tali
da suggerire l’opportunità di ricorrere a
procedure straordinarie per conferire
cogenza al piano adottato, e che tali
procedure possono essere concordate tra i
due enti in forma di accordo bilaterale5.
Di fatto, per la nostra regione, il quadro normativo in materia è il
seguente.
Il DLgs
267/2000, Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, art.
20, comma 2, prevede che la provincia
“…predispone ed adotta il piano
territoriale di coordinamento che determina
gli indirizzi generali di assetto del
territorio…”. La medesima legge, al
comma 3 dell'art. 20 recita “…e il piano
territoriale di coordinamento sono trasmessi
alla regione ai fini di accertarne la
conformità agli indirizzi regionali della
programmazione … e territoriale”. Al
successivo comma 4 del medesimo art. 20 si
legge “La legge regionale detta procedure
di approvazione, nonché norme che
assicurano il concorso dei comuni alla
formazione … e dei piani territoriali di
coordinamento”.
Il ddil regionale, inerente la disciplina delle funzioni
amministrative concernenti l'adozione ed
approvazione dei Ptc, mira
sostanzialmente a rapportare i contenuti dei
piani delle province al sovraordinato quadro
di riferimento programmatico della regione
ed ai suoi piani di settore, regolamentando,
sotto l’aspetto procedurale e
contenutistico, i piani provinciali6.
La dichiarazione di urgenza contenuta
nell’art. 4 del ddil trova fondata
giustificazione nella necessità di guidare,
con la sollecitudine del caso, le province
nella definizione degli strumenti in
argomento, alla cui elaborazione stanno già
da tempo lavorando le amministrazioni
interessate e in fase già di avanzata
stesura. In realtà le cose non stanno
proprio così7.
Non assume alcuna rilevanza l'intervento sostitutivo, operato
dal Governo con il DLgs 96 del 30.3.1999,
nei confronti delle regioni inadempienti, al
compito di legiferare in conseguenza del
DLgs 112/1998, tra le quali la Regione
Campania. Tale intervento sostitutivo
ha tra l'altro disposto, con l'art. 17, che
sono esercitate dalle province le funzioni
relative ai Ptc ai fini e per gli effetti di
quanto dispone l'art. 57 del DLgs 112/1998.
Tale articolo stabilisce che “la regione,
con legge regionale, prevede che il piano
territoriale di coordinamento provinciale
... assuma il valore e gli effetti dei piani
di tutela nei settori della protezione della
natura, della tutela dell'ambiente, delle
acque e della difesa del suolo e della
tutela delle bellezze naturali, sempreché
la definizione delle relative disposizioni
avvenga nella forma di intese fra la
provincia e le amministrazioni, anche
statali, competenti”. Nel caso delle
province campane, infatti, dal momento che
non sono definiti, a monte, i contenuti, i
procedimenti di formazione e le efficacie
di tali piani territoriali, mediante
intervento legislativo regionale, non è
possibile conferire ai propri Ptc il valore
e gli effetti dei piani specialistici
di cui all'art. 57 del DLgs 112/1998, nei
modi ivi indicati.
Si tratta, quindi, di capire quali valenze, che non siano
esclusivamente culturali, le province
campane possano tentare di conferire ai
rispettivi piani territoriali, nel caso in
cui procedano alla loro redazione e, in
particolare, quali valenze possano essere
conferite al Ptc della Provincia di Salerno.
Efficacia attuale
Ci si
può legittimamente chiedere quale effettivo
valore possa avere, e quale funzione possa
credibilmente svolgere, il Ptc adottato in
mancanza e in attesa di una legge-quadro
regionale che conferisca piena efficacia
alle sue previsioni e prescrizioni in esso
contenute.
La Provincia di Salerno ha, innanzitutto, la possibilità
di conferire efficacia al Ptc anche in
assenza dei presupposti giuridici della
legge regionale in materia di contenuti e
formazione, “assumendolo come
inquadramento sistemico e vincolante di
tutte le sue proprie azioni ed attività
suscettibili di avere incidenza sulle
trasformazioni ed utilizzazioni del
territorio.” (Salzano, 2001). La Provincia
di Salerno può, dunque, per mero atto di
volontà politica, conferire al Ptc la
valenza di inquadramento sistemico e
vincolante di tutte le sue proprie azioni ed
attività suscettibili di avere incidenza
sulle trasformazioni ed utilizzazioni del
territorio: in particolare, ove esse
richiedano di essere organizzate e definite
mediante programmi di investimenti, ovvero
mediante piani o programmi settoriali.
La
formazione del Ptc ha rappresentato,
infatti, un punto di svolta notevole, ed è
la vera apertura ad una nuova prospettiva,
nella misura in cui a tale strumento si
attribuisce, non soltanto la sua tipica
funzione urbanistica ordinatrice e di
riferimento-quadro per le pianificazioni
locali, ma anche una forte valenza
socio-economica. Tutte le iniziative di
programmazione negoziata in itinere sul
territorio provinciale e quelle relative
alle grandi opere o interventi
infrastrutturali, anche di valenza
interprovinciale, in corso di realizzazione,
sono state inquadrate coerentemente con la
costruzione delle linee per la definizione
del Ptc. Gli ambiti territoriali sui quali
la provincia ha deciso di applicare i progetti
integrati territoriali di attuazione del
programma operativo regionale
derivano direttamente dalla suddivisione in
aree territoriali omogenee di programmazione
effettuata nell’ambito della redazione del
Ptc. Gli indirizzi della programmazione sono
tali da consentire di definire in modo
razionale ed organico le opzioni dello
sviluppo, sia in termini di settori
individuati come strategici sia nella scelta
di aree territoriali omogenee, che cioè
presentano caratteristiche socioeconomiche,
culturali e territoriali comuni.
È possibile, in buona sostanza, distinguere fra efficacia del Ptc come
atto amministrativo e normativo, il che
ancora non è, ed efficacia del Ptc come
strumento di governance, cioè di autodisciplina,
di governo sostanziale (Salzano E.,
2001). Tra l’altro, le due componenti,
quella regolativa e quella propositiva
sostanziale, sono entrambe necessarie per
l’attuazione del piano, in quanto le sole
norme, senza una condivisione generale e
convinta dei contenuti sono, quasi
certamente, destinate al fallimento.
Il
problema dell’efficacia, allora, risiede
già nelle tre funzioni indicate dal
coordinatore generale del Ptc: strategica,
di autocoordinamento e di indirizzo.
Strategica, in quanto consente di
delineare le grandi scelte sul territorio
avendone una visione sinottica. Di
autocoordinamento, perché la provincia,
esplicitando le scelte relative alle proprie
competenze, offre la possibilità di
misurare la coerenza delle opzioni
specialistiche al proprio livello. Il Ptc ha
ricoperto, già nel corso della sua
redazione, la funzione di guida e di
controllo di tutta l'attività ordinaria
della provincia, con specifico riferimento a
quei settori che hanno risvolti sull'assetto
e sull'organizzazione del territorio
(gestione delle reti e dei nodi di
comunicazione, attrezzature per l'istruzione
superiore, questioni ambientali, ecc.) i
quali, nel loro esplicarsi, dovranno
conformarsi al Ptc stesso. Di indirizzo,
nei confronti dei comuni, razionalizzando il
rapporto istituzionale fra ente
sovraordinato ed enti sottordinati,
trasformando l’attuale controllo ex-post,
ai fini dell’approvazione dei piani
urbanistici comunali, in indirizzo ex-ante
per le loro scelte individuali, in un quadro
di coerenze ispirate a finalità di
interesse generale. Con l’adozione da
parte del Consiglio provinciale, il Ptc ha
assunto valore di riferimento per l'esame
dei piani regolatori generali (Prg)
sia dei comuni di competenza della provincia
che di quelli affidati alle competenze delle
comunità montane, nonché per tutte le
decisioni, le azioni di promozione e i
pareri che la provincia assume ed esprime
nei confronti di atti e provvedimenti
suscettibili di incidere sull’assetto del
territorio. Relativamente alla funzione di
indirizzo, in realtà, posto che per buona
parte dei comuni la competenza resta delle
comunità montane, la provincia dovrebbe
raggiungere, con queste ultime, delle intese
volte ad ottenere che anche questi comuni fuori
giurisdizione assumano il Ptc quale
ineludibile riscontro ai fini
dell’approvazione dei loro strumenti
urbanistici.
Come precedentemente ribadito, precondizione essenziale e decisiva al
successo dell’intero processo di
pianificazione è lo svolgimento di una
capillare azione di informazione e
comunicazione del piano stesso a tutti gli
enti e a tutti i cittadini; la conoscenza
del Ptc necessaria alla costruzione di un
ampio consenso e una generale condivisione
da parte dei soggetti istituzionali e non. A
tal fine, la consultazione degli enti
territoriali è fondamentale anche per non
compromettere il futuro assetto del
territorio provinciale rispetto agli
obiettivi prefissatisi dall'attuale
amministrazione.
Già
copia del documento preliminare,
consegnato all’amministrazione provinciale
in data 20.3.1997, fu trasmessa, oltre che a
tutti i consiglieri provinciali, al
presidente della Giunta regionale ed
all’assessore regionale all’urbanistica,
ai presidenti di tutte le comunità montane
del territorio, al presidente dell’Uncem
regionale, anche ai sindaci dei 158 comuni
della provincia, oltre che per la dovuta
conoscenza, pure perché potessero
verificare l’avvenuto rispetto delle
indicazioni fornite nel corso degli incontri
tenutisi precedentemente alla formazione del
documento stesso, ed arricchire del proprio
contributo la stesura del piano definitivo
prima che si ponesse mano alla sua
redazione.
Figura 1
- Le efficacie attuali e potenziali
del Ptc della Provincia di Salerno |
|
|
Fu proprio il problema dell’efficacia e dei tempi che, in una certa
fase dell’iter di formazione del piano
provinciale, portò a pensare ad un preliminare
di Ptc che consentisse di anticipare
solo poche ma importanti scelte8.
Una soluzione individuata dall'amministrazione provinciale per
anticipare i tempi del Ptc, già nella fase
di predisposizione dello stesso, è stata
quella di intervenire per stralci
territoriali, definiti progetti integrati
di area, in aree territoriali aventi
caratteri di omogeneità e predisposti sulla
base delle priorità degli interventi da
attuare9.
Ma l’utilità già attuale del Ptc è anche un’altra.
È necessario mettere a frutto l’esperienza derivante dal lavoro di
formazione del Ptc per pervenire ad una gestione
corrente della delega in maniera
completamente informatizzata, realizzando un
sistema assistito di gestione amministrativa
delle norme urbanistiche e degli adempimenti
per i comuni che, alla luce del ddil
urbanistico regionale, ricadranno,
finalmente, tutti nell'ambito territoriale
di competenza dell'amministrazione
provinciale.
Sulla base della prassi corrente e dei relativi flussi operativi,
potranno essere individuati i parametri
identificativi e le specifiche di documenti
ed elaborati tecnici e messe a punto le
procedure automatiche di valutazione, sia
amministrativa che nel merito, degli
strumenti urbanistici sottoposti
all'approvazione dell'ufficio. Il lavoro di
analisi, nella fase di contatto con gli
altri enti, consentirà di valutare e
selezionare il patrimonio informativo
esistente presso di essi e salvaguardare,
integrandole eventualmente nel sistema
informativo della provincia, le strutture di
dati e le relazioni esistenti, sia per la
gestione del piano territoriale di
coordinamento che per l’esercizio della
delega. L'attività di organizzazione degli
strumenti urbanistici vigenti, a livello
sovracomunale e comunale, e l'attività di
raccolta sistematica degli strumenti
sottoposti al parere dell'amministrazione
provinciale, consentirebbe la realizzazione,
nel tempo, di una vera e propria pianoteca
provinciale rappresentata da un esaustivo
mosaico della pianificazione comunale e di
area vasta.
Efficacia
possibile
Molte
azioni di organizzazione e sviluppo del
territorio richiederanno una complessa
azione di coordinamento, in quanto
coinvolgeranno numerosi enti. Tra queste
sono da ricomprendere le stesse iniziative
che possono essere intraprese congiuntamente
da parte dei comuni per far fronte a
problematiche di dimensione sovracomunale o
per favorire la loro volontà di
organizzarsi in sistemi locali, in grado di
supplire alla debolezza di ciascuno di essi
considerato singolarmente10.
L’altra possibilità di conferire efficacia al Ptc è
quella di pervenire alla definizione,
possibilmente formalizzata, di rapporti di
collaborazione ed intese con soggetti
titolari di competenze pianificatorie
specialistiche quali autorità di bacino ed
enti parco. Capovolgendo lo spirito
dell’art. 57 del Dlgs 112/1998, non
attuabile in tempi accettabili, infatti, la
provincia potrebbe conferire efficacia al
Ptc attraverso i piani di bacino e i piani
dei parchi, anche per stralci. In tale
ipotesi operativa, ed almeno nel breve/medio
periodo, non sarebbe il Ptc ad assumere,
giuridicamente, il valore e gli effetti
dei piani specialistici di area vasta o di
loro stralci, sulla base di opportune intese
con i relativi enti di gestione; sarebbero,
viceversa, i piani territoriali
paesistici, i piani per i parchi e i
piani di bacino11
o i loro stralci, a dare efficacia al Ptc,
limitatamente ai contenuti di cui al
suddetto art. 57.
I presupposti per un ulteriore percorso di efficacia sono stati posti
da una recentissima legge della Regione
Campania, la Lr 17/199812
che chiede alle comunità montane di formare
la carta di destinazione d'uso del
territorio in cui vengono definiti gli
indirizzi fondamentali della organizzazione
del territorio di propria competenza. In
tale carta vengono individuate le
aree di prevalente interesse e di
particolare pregio ambientale e paesistico,
nonché le linee dello sviluppo
residenziale, produttivo, terziario,
turistico e la rete delle infrastrutture
aventi rilevanza territoriale, concorrendo,
unitamente ad apposito documento
programmatico, alla formazione dei Ptc
provinciali. Anche i comuni orientano i loro
Prg alle indicazioni della carta di
destinazione d'uso del territorio elaborata
dalla comunità montana. La Lr dispone,
infine, che la carta, così come il
documento programmatico, è adottata dal
Consiglio della comunità montana ed
approvata dalla provincia territorialmente
competente.
L’entrata in vigore della carta, quindi, non è subordinata
soltanto al controllo della sua conformità
alla pianificazione provinciale che, tra
l’altro, è mancante in termini di
efficacia giuridica; il compito della carta
è quello di concorrere alla formazione del
Ptc.
La
provincia potrebbe, quindi, non approvare i
provvedimenti amministrativi di spettanza
delle comunità montane, a norma della Lr
17/1998, nel caso in cui essi non fossero
coerenti con i contenuti del Ptc, che la
provincia ha assunto come proprio sistema di
regole di comportamento. Si potrebbero,
quindi, definire, in termini formalizzati,
un complesso di rapporti di collaborazione
con le stesse comunità montane, al fine
della co-redazione dei predetti
provvedimenti amministrativi. I risultati
che tale linea operativa potrebbe produrre
sono:
- i provvedimenti amministrativi delle comunità montane di cui alle Lr
17/1998, coerenti con i già definiti
contenuti del Ptc, concorrerebbero ad impletamentarlo,
arricchendolo e dettagliandolo nella
prospettiva della sua formalizzazione
giuridica nel momento in cui vi saranno i
presupposti legislativi regionali;
- a tali provvedimenti amministrativi dovrebbero adeguarsi gli
strumenti urbanistici generali comunali, la
cui approvazione, a norma dell’art. 5,
primo comma, della Lr 14/1982, compete alle
comunità montane, per i comuni compresi in
esse che siano interamente montani.
Inoltre, a norma del comma 3 dell’art. 12 della legge del 15.4.1998
n. 6, i comuni possono delegare alle comunità
montane le funzioni concernenti:
- l’elaborazione di progetti di sviluppo sovracomunali;
- la gestione di servizi sovracomunali o comunali o comunali associati;
- la pianificazione urbanistica.
Le comunità montane potrebbero, cioè, esercitare le funzioni
concernenti la pianificazione urbanistica
e, in particolare, nella formazione degli
strumenti urbanistici generali comunali, per
conto ed in luogo dei comuni deleganti. Tale
linea operativa può ipotizzarsi anche per
gruppi di comuni non facenti parte di
comunità montane, in tal caso in termini
meno istituzionalizzati e, quindi, più
problematici.
Se e nella misura in cui, con i comuni non facenti parte di comunità
montane tale linea operativa non fosse
percorribile, per essi non sarebbe
attingibile il primo dei due risultati
dianzi configurati, cioè quello di implementare
i già definiti contenuti del Ptc,
arricchendoli e specificandoli.
Resterebbe la possibilità di indurre i comuni non facenti parte di
comunità montane ad adeguare i propri
strumenti urbanistici generali ai già
definiti contenuti del Ptc, facendo leva sul
fatto che, a norma del già citato art. 5,
primo comma, della Lr 14/1982,
l’approvazione di tali strumenti
urbanistici generali compete alla provincia13.
La dimensione operativa della pianificazione risiede negli indirizzi
normativi che successivi momenti del
processo di pianificazione potranno
ulteriormente precisare, integrare e
tradurre, in relazione ai contenuti della
futura legislazione regionale, in norme, precetti
e prestazioni (performances), volti a
disciplinare le componenti del territorio e
l’azione dei singoli operatori, per ciò
che le competenze dirette della provincia
consentiranno di definire, oppure a dettare
le direttive per la pianificazione
sottordinata.
Negli approfondimenti successivi del Ptc dovrà essere dedicata
specifica attenzione alle azioni
programmatiche, alle politiche e ai progetti
che è opportuno la provincia promuova o
stimoli o direttamente ponga in essere o
chieda a enti sovraordinati o di competenza
parallela di attuare, per rendere concrete
le strategie e gli indirizzi assunti nel Ptc
stesso. È su questo che il Ptc dovrà
cimentarsi nel prossimo futuro.
a) la Relazione generale, contenente
l'esposizione sintetica degli obiettivi
assunti e dei problemi rilevati, delle più
rilevanti caratteristiche dell'ambito
territoriale considerato, della struttura
del piano, delle scelte operate e delle
relative motivazioni; di essa fanno parte
integrante:
- le tavole:
1.1. Strategie: il sistema ambientale (1 foglio
in scala 1:150.000);
1.2. Strategie: il sistema insediativo (1 foglio
in scala 1:150.000);
b) le Norme, che prevalentemente
fanno diretto riferimento alle tavole:
2.1. La fragilità del suolo (5 fogli in scala
1:50.000);
2.2. La vulnerabilità degli acquiferi principali
(5 fogli in scala 1:50.000);
2.3. Le risorse naturali e storiche (5 fogli in
scala 1:50.000);
e delle quali fanno parte integrante:
- le Definizioni, stabilite ai fini e per
gli effetti dell’interpretazione e
applicazione delle medesime norme, nonché
allo scopo di uniformare, nel territorio
provinciale, il significato attribuito ai
termini in uso nella pianificazione
territoriale e urbanistica;
- le Schede programmatiche, che
specificano le indicazioni delle tavole:
3.1 Interventi e politiche (1 foglio in scala
1:150.000);
3.2 Specificazioni per il sistema insediativo (5
fogli in scala 1:50.000);
- le Linee guida e le
disposizioni per l’uso efficiente
dell’energia e la valorizzazione delle
fonti energetiche rinnovabili;
2
Nella tarda primavera del 1999 la Giunta
regionale della Campania ha varato un ddil
volto a disciplinare le funzioni
amministrative concernenti la materia territorio,
ambiente e infrastrutture ai sensi del
DLgs 112/1998, nel contesto del quale sono
stabiliti (artt.4 e 5) i contenuti dei Ptc
e, per la verità non troppo chiaramente,
detta norme e procedure da seguire nella
redazione, formazione ed approvazione dei
piani territoriali di competenza delle
province. Vi è, inoltre, la più assoluta
incertezza circa i tempi prevedibili
dell'iter di tale ddil.
3
La Regione Campania è tuttora priva di una
legge organica ed unitaria in materia di norme
per il governo del territorio. In
particolare, essa non ha ancora provveduto,
ad oltre dieci anni dall'entrata in vigore
della legge 142/1990, a disciplinare
l'esercizio, da parte delle province, delle
funzioni che loro competono in materia di
pianificazione territoriale, definendo i
contenuti dei Ptc, i procedimenti di
formazione, le efficacie.
4 Efficacia ed efficienza delle azioni: efficacia
è la comparazione di quello che è stato
fatto con quanto programmato; l’efficienza
misura il rapporto fra il risultato e le
risorse finanziarie impiegate.
5
È fondamentale, innanzitutto, istituire
un proprio e permanente ufficio di piano e
interpretare il piano e la sua gestione come
un processo continuo. L'elaborazione del
piano non può essere appaltata totalmente
all'esterno: una volta confezionato il piano
nessuno sarebbe in grado di capirlo,
interpretarlo, gestirlo, attuarlo. L'ufficio
di piano ha, infatti, il compito
fondamentale di essere l’interprete
autentico degli obiettivi del piano
anche nelle fasi di gestione ed attuazione.
Il passaggio dal piano alla sua attuazione
è la chiave di volta dell’intero processo
di pianificazione, in una concezione
strategico-processuale del piano. Il
processo attuativo è aperto, ad esso
partecipano diversi soggetti e vi concorrono
vari momenti, istanze, decisioni, non tutte
prevedibili. La metodologia processuale
implica la radicale innovazione degli
strumenti, dei metodi e delle strutture
tecnico-amministrative e gestionali deputate
alla pianificazione.
È indispensabile definire prioritariamente gli
obiettivi strategici del piano, finalizzando
le analisi al piano. Gli obiettivi, la
cui formulazione è squisitamente politica e
non tecnica, devono essere chiari,
selezionati, fattibili, cioè compatibili
con le concrete possibilità operative del
piano, e condivisi nella maggiore misura
possibile. Il dibattito sugli obiettivi va
concluso con un documento
politico-programmatico di indirizzo votato
dal consiglio provinciale. Le prime ricerche
ed analisi da avviare sono quelle necessarie
per fornire una prima conoscenza complessiva
di tutte le problematiche di area vasta
utili per individuare e definire gli
obiettivi del piano. La finalizzazione delle
ricerche alla forma, ai contenuti, alle
potenzialità del piano territoriale,
costituisce l'unico valido riferimento per
selezionare le indagini e le analisi
indispensabili e prioritarie e per evitare
sprechi di tempo e di risorse.
Il Ptc va interpretatato come piano di area vasta,
privilegiando i contenuti
paesistico-ambientali del piano. Il Ptc
non è una sommatoria di Prg ma un piano
strategico che opera su problematiche,
effettuando le relative scelte, di carattere
sovracomunale e di interesse
provinciale, lasciando ampi spazi di
autonomia a livello comunale, di cui
condiziona i soli aspetti strutturali. Il
Ptc è inteso, inoltre, come processo
in quanto non prefigura un disegno
dell'assetto territoriale definito e
concluso ma progetta un percorso aperto,
capace di accogliere, durante la sua
gestione continua, ulteriori decisioni ed
implementazioni. L'innovazione nella
pianificazione provinciale è rappresentata
dalla ricerca del connubio tra il piano
territoriale e il piano paesistico ed
ambientale, mediante la capacità di
assumere i dati ambientali locali, le
risorse esistenti, la loro scarsità e
riproducibilità, la loro vulnerabilità, la
loro capacità di carico, ecc., come
precondizioni, limiti, vincoli, criteri di
guida al fine di valutare e condizionare le
scelte di trasformazione e di uso.
Occorre una notevole capacità di dialogo con le
istituzioni e con i privati, privilegiando
il rapporto con il livello comunale. La
legge di riforma delle autonomie e la
pianificazione strategica e processuale
richiedono tutto quello che non si è avuto,
e non si ha, fino ad oggi: superamento
dell'ordinamento gerarchico,
interdisciplinarietà, intercompetenza,
coordinamento, corresponsabilità,
co-decisione tra diversi enti e livelli e,
infine, raccordo, dialogo e collaborazione
all'interno dell'istituzione, tra le
istituzioni e con soggetti e forze esterne.
La natura della pianificazione provinciale
è intermedia anche se sbilanciata
verso il livello comunale, verso cui il
rapporto è, come dire, stretto e
quotidiano. Occorre definire
correttamente il rapporto fra piano
provinciale e piano comunale, specificando
le indicazioni quali-quantitative, i criteri
e le scelte che il primo trasmette al
secondo senza ingiustificate invasioni nel
campo delle decisioni e delle autonomie
comunali, in linea con il principio di sussidiarietà.
Sarebbe auspicabile costituire presso l’ufficio di
piano un centro di documentazione,
informazione, monitoraggio continuo del
territorio e dell'ambiente, aperto anche
all'utenza esterna ed elaborare un
bilancio consuntivo urbanistico-ambientale
dell'attività di gestione e attuazione del
piano. L'attività del centro deve
essere indirizzata, oltre che alla raccolta
e alla diffusione delle informazioni
necessarie per l'attività di programmazione
e pianificazione a livello provinciale
(sistema delle conoscenze/sistema
informativo territoriale), anche ad una
funzione di osservatorio e di monitoraggio
continuo dell'evoluzione dell'ambiente
provinciale e dei risultati di attuazione e
gestione dei piani. Il centro può svolgere
anche la funzione di banca dati, cioè sede
di raccolta e di diffusione delle
informazioni territoriali e ambientali per
la pianificazione comunale. Per
un'amministrazione, elaborare un bilancio
consuntivo della propria attività
pianificatoria costituisce un atto di
trasparenza, razionalità amministrativa e
di buon governo, nonchè un'occasione
indispensabile per correggere, modificare
la rotta del piano, ricalibrare
obiettivi, spesso pretenziosi oppure
inficiati da perturbazioni impreviste, ma
anche risorse e strumenti. La pratica del
bilancio consuntivo, insomma, è
indispensabile al piano stesso inteso come
processo.
6
Sulla base dell’intesa, la Provincia di
Salerno si impegnava ad adottare il piano e
ad espletare una serie di adempimenti, quali
pubblicazione, deposito, inoltro a enti ed
amministrazioni, raccolta ed istruttoria di
osservazioni, fino all’assunzione di una
delibera consiliare di riadozione del piano
che contestualmente si pronunci sulle
osservazioni prodotte. Dopo l’eventuale
rielaborazione del piano, questo verrebbe
inoltrato al presidente della Giunta
regionale. A questo punto la Regione
Campania si impegna a convocare una
conferenza di servizi, che, nel tempo
massimo di trenta giorni, si pronunci sul
piano proposto in relazione agli indirizzi
di pianificazione regionali. In caso di
approvazione, il pronunciamento sul piano
presentato con provvedimento di Giunta
regionale e relativo decreto del Presidente
della Gr, viene pubblicato sul Burc e la
pubblicazione del decreto menzionato
conferisce vigenza al Ptc.
7
La regione, nel rispetto degli artt. 52 e 54
del DLgs 31/3/1998 n. 112, con i quali sono
stati individuati i compiti di rilievo
nazionale e le funzioni mantenute allo
Stato, nell’espletamento delle funzioni
amministrative in materia urbanistica che
richiedono l’unitario esercizio a livello
regionale ed il coordinamento
interprovinciale, procede all’approvazione
dei piani territoriali di coordinamento
provinciale e relative varianti nonché alla
determinazione degli indirizzi per la loro
predisposizione.
Contenuto del Ptc:
1. Il Ptc, in conformità ai compiti di programmazione ed alle funzioni
attribuite alla provincia dagli artt. 14 e
15 della legge 142/1990, nonché ai sensi
dell’art. 57 del DLgs 112/1998, provvede
in base alle esigenze e alle proposte dei
comuni e degli altri enti locali e in
coerenza con gli strumenti di pianificazione
e programmazione regionali, ad individuare
gli obiettivi relativi all’assetto e alla
tutela territoriale, definendo, inoltre, le
conseguenti politiche, misure ed interventi
da attuare. Il Ptc ha efficacia di piano
paesistico ambientale ai sensi dell’art.
1bis della legge 8/8/1958, n. 431, nonché
di indirizzo dei piani dei parchi regionali
di cui alla Lr 33/1995, dei piani di
sviluppo industriale e dei piani
socio-economici delle comunità montane;
2. Il Ptc costituisce riferimento per il coordinamento, la
predisposizione e l’approvazione degli
strumenti urbanistici comunali.
(…) individua gli ambiti da sottoporre a particolare disciplina ai
fini della tutela delle risorse fisiche,
della difesa del suolo, della regimazione
idraulica e della prevenzione
dell’inquinamento, previa intesa con le
competenti autorità in materia idraulica e
di difesa del suolo.
“Al fine di attribuire al piano territoriale di coordinamento
territoriale provinciale il valore e gli
effetti dei piani di tutela nei settori
della protezione della natura, della tutela
dell’ambiente, delle acque e del suolo e
della tutela delle bellezze naturali ai
sensi dell’art. 57, DLgs 112/1998, le Amministrazioni
Statali competenti partecipano alle
conferenze di programmazione ed alle stesse
è inviato il progetto preliminare di piano
territoriale di coordinamento adottato.
La deliberazione delle Province di adozione del piano
territoriale di coordinamento dà atto
dell’eventuale intesa intervenuta con le Amministrazioni
Statali. Il piano territoriale di
coordinamento individua gli ambiti da
sottoporre a particolare disciplina ai fini
della tutela della natura, dell’ambiente,
delle acque, del suolo e delle bellezze
naturali”. In mancanza d’intesa i piani
conservano il valore e gli effetti ad essi
assegnati dal normativo nazionale e
regionale, fermo il disposto dell’art. 149
comma 6 del DLgs 112/1998.
(…) Con decorrenza dalla data di pubblicazione della deliberazione di
adozione del Piano sul BURC e sino alla
entrata in vigore dello stesso o non oltre
due anni dalla data di pubblicazione, è
vietata la realizzazione di interventi in
contrasto con le previsioni del Piano
adottato inerenti gli aspetti di carattere
sovracomunale, salvo espressa deroga da
parte della provincia.
o) I comuni interessati adeguano il proprio strumento urbanistico
generale entro due anni dalla data di
approvazione del Piano. In caso di
inadempienza, le Province possono attivare,
previa diffida, gli interventi
sostitutivi.
(…)
3. Il PTCP, previa intesa tra la Provincia ed i Comuni interessati, può
altresì individuare aree da destinare al
soddisfacimento di specifici fabbisogni non
risolvibili su scala comunale.
Avellino.
La precedente giunta aveva avviato il
processo di piano con l’elaborazione di
documenti preliminari e programmatici.
L’attuale non sembra invece intenzionata a
procedere, nonostante le emergenze di
carattere ambientale (dissesto idrogeologico
diffuso, gestione rifiuti commissariata).
Unico segno di iniziativa è stato
l’affidamento, di un incarico di
formazione e organizzazione del servizio sistemi
informativi territoriali.
Benevento.
È in corso un’analisi generale delle
esigenze del territorio provinciale che sarà
propedeutica alla definizione delle linee di
indirizzo per la redazione del piano. Il
processo di elaborazione appare ancora poco
consistente.
Caserta.
Si riscontrano gravi carenze di bilancio e
di risorse tecniche (l’ufficio di piano è
costituito da due sole persone). Emblematica
è la vicenda concernente la dotazione
informativo-cartografica: attualmente è
disponibile un solo rilievo
aerofotogrammetrico del 1984 in formato
cartaceo e in scala 1/25.000; si dispone
anche di un rilievo più recente, del 1988,
realizzato dalla Regione Campania, che
tuttavia, per carenza di risorse economiche,
non si è ancora potuto restituire in
formato raster. L’elaborazione è ferma a
documenti preliminari e programmatici,
dotati di dati statistici riferiti alla
popolazione e agli strumenti urbanistici.
Napoli. Il
processo di piano ha preso avvio con
delibera consiliare n. 87 dell’11/6/1997
affidando l’incarico per l’analisi
fisico-ambientale e urbanistico-demografica.
Successivamente è stato affidato
l’incarico di redazione del piano a un
pool di progettisti esterni che ha prodotto
un progetto preliminare di piano che, dopo
l’adozione da parte del Consiglio
provinciale, è stato inviato ai comuni per
le previste osservazioni. È in corso la
stesura della proposta definitiva di piano
la cui adozione definitiva era ipotizzata già
per la fine del 2000.
(fonte: Ministero dei lavori pubblici - Direzione
generale del coordinamento territoriale, Rapporto
sullo stato della pianificazione del
territorio 2000, a cura dell’Inu).
9
Si pensava, cioè, ad uno strumento, diverso
dal preliminare cui di solito ci si
riferisce, e cioè un piano non ancora
definitivo ma comprendente comunque
l'insieme di tutte le scelte possibili
sull'intero territorio e preventivo alla
stesura definitiva. Il preliminare di Ptc
delle province e un piano già definitivo,
ma limitatamente ad alcune tematiche o
ambiti territoriali. Un piano, quindi, che
pur comprendendo l'insieme di tutte le
scelte sull'intero territorio, fosse
definitivo ed operativo, nonchè vincolante,
solo per particolari problematiche: vincoli,
ambiente, infrastrutture, discariche, ecc.
Tutto ciò, naturalmente, previa una
verifica di compatibilità complessiva della
coerenza con quello che sarebbe stato, poi,
il Ptc nella sua configurazione
definitiva.Si ipotizzava, in buona sostanza,
che una legge regionale, di parziale
attuazione dell'art. 15 della legge
142/1990, consentisse
alle province di redigere uno
stralcio del Ptc sulle problematiche già
mature e definite, fermo restando la
necessità di definire una procedura
ordinaria di formazione del Ptc stesso nella
sua interezza e completezza.
10
I progetti integrati di area, dunque,
hanno riguardano l’attuazione di
interventi di carattere intercomunale,
anticipativi rispetto al Ptc, in alcune
macroaree del territorio
provinciale ben individuate, ciascuna
afflitta da una particolare problematica,
caratterizzate dal fatto di non essere
disciplinate da alcuno strumento
sovraordinato. Al fine di limitare al
massimo le procedure di adeguamento alle
indicazioni dell'organo sovraordinato, è
stata prevista l'indizione di consultazioni
preliminari tra i comuni interessati e
l'ente provincia, preposta alla approvazione
delle varianti ai Prg dei vari comuni, che,
messe insieme, costituiscono il progetto
complessivo di soluzione organizzativa del
territorio. Tali consultazioni,
opportunamente strutturate e regolamentate
hanno portato alla formalizzazione di
accordi programmatici ed operativi che hanno
condotto ad una rapida approvazione dei Prg
dei singoli comuni il cui mosaico configura
il progetto integrato di area.
11
Tra l’altro, uno dei principali contenuti
della pianificazione provinciale, come
previsto dalla legge 142/1990, è proprio il
coordinamento delle politiche settoriali e
dell’azione dei comuni.
12
Relativamente ai bacini regionali, vi è il
limite derivante dalla Lr 8 del 7/2/1994, di
attuazione della legge 183/1989, la quale ha
negato ai piani di bacino ogni efficacia
immediatamente precettiva ed operativa
limitandosi, invece, a far obbligo agli enti
pubblici territoriali interessati di
adeguare ai suddetti piani i propri
strumenti di pianificazione.
13
La Lr 17 del 4/11/1998, al comma 1 dell'art.
3 dispone che: “le Comunità Montane,
entro un anno dall'entrata in vigore della
presente legge, provvedono ad adeguare ed
aggiornare il proprio piano di sviluppo
socioeconomico mediante l'adozione di
deliberazione programmatica, che individui
le linee‑guida su cui si imposterà la
loro operatività; provvedono, altresì, a
formare la carta di destinazione d'uso dei
territorio, di cui al successivo articolo
4.”. Il quale articolo 4 precisa
che:
“1. Le Comunità Montane, contestualmente al
documento di programmazione predispongono
una carta di destinazione d'uso del proprio
territorio, in cui vengono definiti gli
indirizzi fondamentali della organizzazione
territoriale nell'area di propria
competenza.
2. La carta di destinazione d'uso del territorio, elaborata
sulla base cartografica regionale in scala
1:10.000, individua le aree di prevalente
interesse agro‑silvo pastorale e di
particolare pregio ambientale e paesistico,
le linee d'uso delle risorse primarie e
dello sviluppo residenziale, produttivo,
terziario, turistico e la rete delle
infrastrutture aventi rilevanza
territoriale.
3. La carta di destinazione d'uso del territorio concorre,
con il documento programmatico alla
formazione dei piano territoriale di
coordinamento (...).
4. La carta, per uniformità di programma, può estendersi
ai territori montani non ricadenti in Comunità
Montana, previo accordo di
programmazione con i Comuni
interessati.
5. I Comuni orientano i loro piani regolatori
alle indicazioni della carta di destinazione
d'uso del territorio elaborata dalla Comunità
Montana”.
È altresì disposto (comma 2 dell’art.3) che: “la deliberazione
programmatica e la carta di destinazione
d’uso del territorio sono adottate dal Consiglio
della Comunità Montana ed approvate
dalla Provincia territorialmente
competente (...)”.
14
Possibilità che, peraltro, non
sussisterebbe relativamente al Comune di
Salerno, stante che, a norma dell’art.
4bis della medesima Lr 14/1982, in essa
inserito per effetto dell’art. 1 della Lr
24 del 24/11/1989: “sino
all’approvazione del Piano di
assetto territoriale della regione
Campania (..) le funzioni amministrative
relative all’approvazione dei piani
regolatori generali dei comuni
capoluoghi di provincia sono esercitate
dalla Giunta regionale”.
Riferimenti e letture
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Provincia di Salerno - Assessorato all'Urbanistica, Piano di
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Provincia di Salerno - Assessorato Urbanistica Piano di coordinamento
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