Numero 4 - 2001

 

il piano territoriale di coordinamento 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Efficacia attuale e futura del Ptc


Isidoro Fasolino


 

Nel dicembre 2001 il consiglio provinciale, a larghissima maggioranza dei presenti e con un solo voto contrario, ha adottato il Ptc. Isidoro Fasolino ricostruisce nel dettaglio le complesse fasi del procedimento messo in essere sino al voto favorevole dell’assemblea, interrogandosi sull’efficacia dello strumento, da un punto di vista sia formale sia sostanziale

 

 

 

 

 

In data 18.12.2001 il Consiglio provinciale, con delibera n.145, ha adottato il progetto di piano territoriale di coordinamento (Ptc) della Provincia di Salerno1. Al voto erano presenti 22 consiglieri e assenti 14; i voti favorevoli sono stati 21, un solo voto contrario.

Pur avendo la Giunta regionale approvato un disegno di legge (ddil) regionale in materia di governo del territorio che, tra l'altro, definisce le procedure di approvazione dei piani provinciali2, in Campania a tutt’oggi non vigono norme idonee a determinare l’efficacia di tali piani3. Nelle more dell’approvazione definitiva dello strumento di pianificazione provinciale, continua a porsi il problema di dover anticipare i tempi della pianificazione in termini di efficacia4. Il problema, quindi, è quello del valore e dei limiti dell'efficacia attuale del Ptc della Provincia di Salerno.

L'attuale notevole interesse per la pianificazione territoriale provinciale è da ascrivere non solo alla ancora sostanziale novità rappresentata dallo strumento del Ptc, a ben dodici anni dalla legge 142/1990, specie in alcune realtà del territorio nazionale, ma soprattutto dalla opportunità-obbligo di poter avviare, al di là degli aspetti istituzionali o di impostazione teorica o formale, una concreta sperimentazione delle varie condizioni operative, organizzative, procedurali e decisionali che lo sottendono.

È possibile fare riferimento ad alcuni aspetti, non solo metodologici, ma anche operativi ed organizzativi che, alla luce dell’attuale impostazione teorica e concettuale, dovrebbe compiere l’ente con competenze pianificatorie per potersi trasformare in un vero soggetto di pianificazione. Sulla base di alcune regole è possibile imbastire una prima valutazione del grado di efficacia del Ptc adottato dalla Provincia di Salerno.

 

 

Le regole

 

È fondamentale, innanzitutto, istituire un proprio e permanente ufficio di piano e interpretare il piano e la sua gestione come un processo continuo. L'elaborazione del piano non può essere appaltata totalmente all'esterno: una volta confezionato il piano nessuno sarebbe in grado di capirlo, interpretarlo, gestirlo, attuarlo. L'ufficio di piano ha, infatti, il compito fondamentale di essere l’interprete autentico degli obiettivi del piano anche nelle fasi di gestione ed attuazione. Il passaggio dal piano alla sua attuazione è la chiave di volta dell’intero processo di pianificazione, in una concezione strategico-processuale del piano. Il processo attuativo è aperto, ad esso partecipano diversi soggetti e vi concorrono vari momenti, istanze, decisioni, non tutte prevedibili. La metodologia processuale implica la radicale innovazione degli strumenti, dei metodi e delle strutture tecnico-amministrative e gestionali deputate alla pianificazione.

È indispensabile definire prioritariamente gli obiettivi strategici del piano, finalizzando le analisi al piano. Gli obiettivi, la cui formulazione è squisitamente politica e non tecnica, devono essere chiari, selezionati, fattibili, cioè compatibili con le concrete possibilità operative del piano, e condivisi nella maggiore misura possibile. Il dibattito sugli obiettivi va concluso con un documento politico-programmatico di indirizzo votato dal consiglio provinciale. Le prime ricerche ed analisi da avviare sono quelle necessarie per fornire una prima conoscenza complessiva di tutte le problematiche di area vasta utili per individuare e definire gli obiettivi del piano. La finalizzazione delle ricerche alla forma, ai contenuti, alle potenzialità del piano territoriale, costituisce l'unico valido riferimento per selezionare le indagini e le analisi indispensabili e prioritarie e per evitare sprechi di tempo e di risorse.

Il Ptc va interpretatato come piano di area vasta, privilegiando i contenuti paesistico-ambientali del piano. Il Ptc non è una sommatoria di Prg ma un piano strategico che opera su problematiche, effettuando le relative scelte, di carattere sovracomunale e di interesse  provinciale, lasciando ampi spazi di autonomia a livello comunale, di cui condiziona i soli aspetti strutturali. Il Ptc è inteso, inoltre, come processo in quanto non prefigura un disegno dell'assetto territoriale definito e concluso ma progetta un percorso aperto, capace di accogliere, durante la sua gestione continua, ulteriori decisioni ed implementazioni. L'innovazione nella pianificazione provinciale è rappresentata dalla ricerca del connubio tra il piano territoriale e il piano paesistico ed ambientale, mediante la capacità di assumere i dati ambientali locali, le risorse esistenti, la loro scarsità e riproducibilità, la loro vulnerabilità, la loro capacità di carico, ecc., come precondizioni, limiti, vincoli, criteri di guida al fine di valutare e condizionare le scelte di trasformazione e di uso. 

Occorre una notevole capacità di dialogo con le istituzioni e con i privati, privilegiando il rapporto con il livello comunale. La legge di riforma delle autonomie e la pianificazione strategica e processuale richiedono tutto quello che non si è avuto, e non si ha, fino ad oggi: superamento dell'ordinamento gerarchico, interdisciplinarietà, intercompetenza, coordinamento, corresponsabilità, co-decisione tra diversi enti e livelli e, infine, raccordo, dialogo e collaborazione all'interno dell'istituzione, tra le istituzioni e con soggetti e forze esterne. La natura della pianificazione provinciale è intermedia anche se sbilanciata verso il livello comunale, verso cui il rapporto è, come dire, stretto e quotidiano. Occorre definire correttamente il rapporto fra piano provinciale e piano comunale, specificando le indicazioni quali-quantitative, i criteri e le scelte che il primo trasmette al secondo senza ingiustificate invasioni nel campo delle decisioni e delle autonomie comunali, in linea con il principio di sussidiarietà.

Sarebbe auspicabile costituire presso l’ufficio di piano un centro di documentazione, informazione, monitoraggio continuo del territorio e dell'ambiente, aperto anche all'utenza esterna ed elaborare un bilancio consuntivo urbanistico-ambientale dell'attività di gestione e attuazione del piano. L'attività del centro deve essere indirizzata, oltre che alla raccolta e alla diffusione delle informazioni necessarie per l'attività di programmazione e pianificazione a livello provinciale (sistema delle conoscenze/sistema informativo territoriale), anche ad una funzione di osservatorio e di monitoraggio continuo dell'evoluzione dell'ambiente provinciale e dei risultati di attuazione e gestione dei piani. Il centro può svolgere anche la funzione di banca dati, cioè sede di raccolta e di diffusione delle informazioni territoriali e ambientali per la pianificazione comunale. Per un'amministrazione, elaborare un bilancio consuntivo della propria attività pianificatoria costituisce un atto di trasparenza, razionalità amministrativa e di buon governo, nonchè un'occasione indispensabile per correggere, modificare la rotta del piano, ricalibrare obiettivi, spesso pretenziosi oppure inficiati da perturbazioni impreviste, ma anche risorse e strumenti. La pratica del bilancio consuntivo, insomma, è indispensabile al piano stesso inteso come processo.

 

Quante procedure per l’efficacia futura?

 

Come detto, il Consiglio provinciale, con delibera del 18.12.2001, n. 145, ha adottato il progetto di Ptc della Provincia di Salerno. 

La delibera ha stabilito che il Ptc adottato costituisce indirizzo per la pianificazione comunale da esaminare, sia per i comuni di competenza della Provincia di Salerno che per quelli di competenza delle comunità montane del territorio provinciale, nonché per tutte le decisioni, le azioni di promozione e i pareri che la provincia assume ed esprime nei confronti di atti e provvedimenti suscettibili di incidere sull’assetto del territorio. La deliberazione è stata successivamente notificata in forma esecutiva, unitamente ad una copia del piano adottato, a tutti i comuni ed a tutte le comunità montane della provincia, anche affinché sia possibile dare attuazione a quanto sopra.

La Provincia di Salerno, con la stessa delibera, si è impegnata ad attuare, nel prosieguo dell'iter di approvazione del proprio Ptc, le procedure indicate in un’apposita intesa istituzionale sottoscritta con la Regione Campania.

Infatti, allo scopo di avviare l'iter di approvazione del Ptc della Provincia di Salerno, in data 28.6.2001 è stata sottoscritta un’intesa istituzionale tra la Regione Campania e la Provincia di Salerno, rispettivamente rappresentate dall'assessore regionale all'urbanistica e dal presidente della Giunta provinciale, che definisce le procedure da seguire preliminarmente all'esame ed al pronunciamento regionale sul piano proposto. Il documento di intesa fu sottoposto all'esame della Giunta provinciale che ne prese atto con deliberazione dell’11.7.2001, n. 398.

È stato ritenuto necessario prendere ogni iniziativa affinché il piano adottato possa assumere al più presto efficacia di indirizzo sulle pianificazioni comunali, proprio come previsto dal DLgs 267 del 18.8.2000.

L’intesa istituzionale non nasconde che i tempi necessari alla entrata in vigore della legge sono da prevedersi ancora lunghi e, comunque, tali da suggerire l’opportunità di ricorrere a procedure straordinarie per conferire cogenza al piano adottato, e che tali procedure possono essere concordate tra i due enti in forma di accordo bilaterale5.

Di fatto, per la nostra regione, il quadro normativo in materia è il seguente.

Il DLgs 267/2000, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, art. 20, comma 2, prevede che la provincia “…predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio…”. La medesima legge, al comma 3 dell'art. 20 recita “…e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla regione ai fini di accertarne la conformità agli indirizzi regionali della programmazione … e territoriale”. Al successivo comma 4 del medesimo art. 20 si legge “La legge regionale detta procedure di approvazione, nonché norme che assicurano il concorso dei comuni alla formazione … e dei piani territoriali di coordinamento”.

Il ddil regionale, inerente la disciplina delle funzioni amministrative concernenti l'adozione ed approvazione dei Ptc, mira sostanzialmente a rapportare i contenuti dei piani delle province al sovraordinato quadro di riferimento programmatico della regione ed ai suoi piani di settore, regolamentando, sotto l’aspetto procedurale e contenutistico, i piani provinciali6. La dichiarazione di urgenza contenuta nell’art. 4 del ddil trova fondata giustificazione nella necessità di guidare, con la sollecitudine del caso, le province nella definizione degli strumenti in argomento, alla cui elaborazione stanno già da tempo lavorando le amministrazioni interessate e in fase già di avanzata stesura. In realtà le cose non stanno proprio così7.

Non assume alcuna rilevanza l'intervento sostitutivo, operato dal Governo con il DLgs 96 del 30.3.1999, nei confronti delle regioni inadempienti, al compito di legiferare in conseguenza del DLgs 112/1998, tra le quali la Regione Campania. Tale intervento sostitutivo ha tra l'altro disposto, con l'art. 17, che sono esercitate dalle province le funzioni relative ai Ptc ai fini e per gli effetti di quanto dispone l'art. 57 del DLgs 112/1998. Tale articolo stabilisce che “la regione, con legge regionale, prevede che il piano territoriale di coordinamento provinciale ... assuma il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali, sempreché la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intese fra la provincia e le amministrazioni, anche statali, competenti”. Nel caso delle province campane, infatti, dal momento che non sono definiti, a monte, i contenuti, i procedimenti di formazione e le efficacie di tali piani territoriali, mediante intervento legislativo regionale, non è possibile conferire ai propri Ptc il valore e gli effetti dei piani specialistici di cui all'art. 57 del DLgs 112/1998, nei modi ivi indicati.

Si tratta, quindi, di capire quali valenze, che non siano esclusivamente culturali, le province campane possano tentare di conferire ai rispettivi piani territoriali, nel caso in cui procedano alla loro redazione e, in particolare, quali valenze possano essere conferite al Ptc della Provincia di Salerno.

 

 

Efficacia attuale

 

Ci si può legittimamente chiedere quale effettivo valore possa avere, e quale funzione possa credibilmente svolgere, il Ptc adottato in mancanza e in attesa di una legge-quadro regionale che conferisca piena efficacia alle sue previsioni e prescrizioni in esso contenute.

La Provincia di Salerno ha, innanzitutto, la possibilità di conferire efficacia al Ptc anche in assenza dei presupposti giuridici della legge regionale in materia di contenuti e formazione, “assumendolo come inquadramento sistemico e vincolante di tutte le sue proprie azioni ed attività suscettibili di avere incidenza sulle trasformazioni ed utilizzazioni del territorio.” (Salzano, 2001). La Provincia di Salerno può, dunque, per mero atto di volontà politica, conferire al Ptc la valenza di inquadramento sistemico e vincolante di tutte le sue proprie azioni ed attività suscettibili di avere incidenza sulle trasformazioni ed utilizzazioni del territorio: in particolare, ove esse richiedano di essere organizzate e definite mediante programmi di investimenti, ovvero mediante piani o programmi settoriali.

La formazione del Ptc ha rappresentato, infatti, un punto di svolta notevole, ed è la vera apertura ad una nuova prospettiva, nella misura in cui a tale strumento si attribuisce, non soltanto la sua tipica funzione urbanistica ordinatrice e di riferimento-quadro per le pianificazioni locali, ma anche una forte valenza socio-economica. Tutte le iniziative di programmazione negoziata in itinere sul territorio provinciale e quelle relative alle grandi opere o interventi infrastrutturali, anche di valenza interprovinciale, in corso di realizzazione, sono state inquadrate coerentemente con la costruzione delle linee per la definizione del Ptc. Gli ambiti territoriali sui quali la provincia ha deciso di applicare i progetti integrati territoriali di attuazione del programma operativo regionale derivano direttamente dalla suddivisione in aree territoriali omogenee di programmazione effettuata nell’ambito della redazione del Ptc. Gli indirizzi della programmazione sono tali da consentire di definire in modo razionale ed organico le opzioni dello sviluppo, sia in termini di settori individuati come strategici sia nella scelta di aree territoriali omogenee, che cioè presentano caratteristiche socioeconomiche, culturali e territoriali comuni. 

È possibile, in buona sostanza, distinguere fra efficacia del Ptc come atto amministrativo e normativo, il che ancora non è, ed efficacia del Ptc come strumento di governance, cioè di autodisciplina, di governo sostanziale (Salzano E., 2001). Tra l’altro, le due componenti, quella regolativa e quella propositiva sostanziale, sono entrambe necessarie per l’attuazione del piano, in quanto le sole norme, senza una condivisione generale e convinta dei contenuti sono, quasi certamente, destinate al fallimento. 

Il problema dell’efficacia, allora, risiede già nelle tre funzioni indicate dal coordinatore generale del Ptc: strategica, di autocoordinamento e di indirizzo. Strategica, in quanto consente di delineare le grandi scelte sul territorio avendone una visione sinottica. Di autocoordinamento, perché la provincia, esplicitando le scelte relative alle proprie competenze, offre la possibilità di misurare la coerenza delle opzioni specialistiche al proprio livello. Il Ptc ha ricoperto, già nel corso della sua redazione, la funzione di guida e di controllo di tutta l'attività ordinaria della provincia, con specifico riferimento a quei settori che hanno risvolti sull'assetto e sull'organizzazione del territorio (gestione delle reti e dei nodi di comunicazione, attrezzature per l'istruzione superiore, questioni ambientali, ecc.) i quali, nel loro esplicarsi, dovranno conformarsi al Ptc stesso. Di indirizzo, nei confronti dei comuni, razionalizzando il rapporto istituzionale fra ente sovraordinato ed enti sottordinati, trasformando l’attuale controllo ex-post, ai fini dell’approvazione dei piani urbanistici comunali, in indirizzo ex-ante per le loro scelte individuali, in un quadro di coerenze ispirate a finalità di interesse generale. Con l’adozione da parte del Consiglio provinciale, il Ptc ha assunto valore di riferimento per l'esame dei piani regolatori generali (Prg) sia dei comuni di competenza della provincia che di quelli affidati alle competenze delle comunità montane, nonché per tutte le decisioni, le azioni di promozione e i pareri che la provincia assume ed esprime nei confronti di atti e provvedimenti suscettibili di incidere sull’assetto del territorio. Relativamente alla funzione di indirizzo, in realtà, posto che per buona parte dei comuni la competenza resta delle comunità montane, la provincia dovrebbe raggiungere, con queste ultime, delle intese volte ad ottenere che anche questi comuni fuori giurisdizione assumano il Ptc quale ineludibile riscontro ai fini dell’approvazione dei loro strumenti urbanistici.

Come precedentemente ribadito, precondizione essenziale e decisiva al successo dell’intero processo di pianificazione è lo svolgimento di una capillare azione di informazione e comunicazione del piano stesso a tutti gli enti e a tutti i cittadini; la conoscenza del Ptc necessaria alla costruzione di un ampio consenso e una generale condivisione da parte dei soggetti istituzionali e non. A tal fine, la consultazione degli enti territoriali è fondamentale anche per non compromettere il futuro assetto del territorio provinciale rispetto agli obiettivi prefissatisi dall'attuale amministrazione.

Già copia del documento preliminare, consegnato all’amministrazione provinciale in data 20.3.1997, fu trasmessa, oltre che a tutti i consiglieri provinciali, al presidente della Giunta regionale ed all’assessore regionale all’urbanistica, ai presidenti di tutte le comunità montane del territorio, al presidente dell’Uncem regionale, anche ai sindaci dei 158 comuni della provincia, oltre che per la dovuta conoscenza, pure perché potessero verificare l’avvenuto rispetto delle indicazioni fornite nel corso degli incontri tenutisi precedentemente alla formazione del documento stesso, ed arricchire del proprio contributo la stesura del piano definitivo prima che si ponesse mano alla sua redazione.

In data 29.10.1999, si tenne, presso la sede della provincia, un incontro con i sindaci ed i presidenti delle comunità montane del territorio, nel corso del quale, oltre alla consegna di una copia della bozza di piano, furono illustrati i relativi contenuti da parte del coordinatore generale del piano, e si formulò l’invito a fornire un contributo di osservazioni per la successiva stesura del piano definitivo. È da sottolineare, tuttavia, che solo pochi comuni fecero tenere osservazioni sulla bozza preliminare.

 Figura 1 - Le efficacie attuali e potenziali del Ptc della Provincia di Salerno

 

 

Nel periodo intercorrente tra la consegna della bozza di piano e la discussione in Consiglio provinciale per la approvazione della stessa, si ritenne utile provvedere al censimento delle più importanti iniziative in atto sul territorio, delle quali ovviamente la bozza non aveva potuto tenere conto, sia da parte della Provincia di Salerno che ad opera di qualsiasi altra istituzione pubblica. Con delibera del 24.1.2000, n. 8, il Consiglio provinciale approvò la bozza definitiva del Ptc, con l'indicazione di provvedere ad una ulteriore sollecitazione, agli enti destinatari della copia della medesima, a fornire osservazioni ed indicazioni preliminari alla stesura definitiva del piano. Anche a seguito di tale ulteriore invito pervennero solo pochi contributi da parte degli enti a ciò sollecitati. In data 28.6.2001 il Ptc fu presentato ed illustrato all'assessore regionale all'urbanistica.

Fu proprio il problema dell’efficacia e dei tempi che, in una certa fase dell’iter di formazione del piano provinciale, portò a pensare ad un preliminare di Ptc che consentisse di anticipare solo poche ma importanti scelte8

Una soluzione individuata dall'amministrazione provinciale per anticipare i tempi del Ptc, già nella fase di predisposizione dello stesso, è stata quella di intervenire per stralci territoriali, definiti progetti integrati di area, in aree territoriali aventi caratteri di omogeneità e predisposti sulla base delle priorità degli interventi da attuare9

Ma l’utilità già attuale del Ptc è anche un’altra.

È necessario mettere a frutto l’esperienza derivante dal lavoro di formazione del Ptc per pervenire ad una gestione corrente della delega in maniera completamente informatizzata, realizzando un sistema assistito di gestione amministrativa delle norme urbanistiche e degli adempimenti per i comuni che, alla luce del ddil urbanistico regionale, ricadranno, finalmente, tutti nell'ambito territoriale di competenza dell'amministrazione provinciale. 

Sulla base della prassi corrente e dei relativi flussi operativi, potranno essere individuati i parametri identificativi e le specifiche di documenti ed elaborati tecnici e messe a punto le procedure automatiche di valutazione, sia amministrativa che nel merito, degli strumenti urbanistici sottoposti all'approvazione dell'ufficio. Il lavoro di analisi, nella fase di contatto con gli altri enti, consentirà di valutare e selezionare il patrimonio informativo esistente presso di essi e salvaguardare, integrandole eventualmente nel sistema informativo della provincia, le strutture di dati e le relazioni esistenti, sia per la gestione del piano territoriale di coordinamento che per l’esercizio della delega. L'attività di organizzazione degli strumenti urbanistici vigenti, a livello sovracomunale e comunale, e l'attività di raccolta sistematica degli strumenti sottoposti al parere dell'amministrazione provinciale, consentirebbe la realizzazione, nel tempo, di una vera e propria pianoteca provinciale rappresentata da un esaustivo mosaico della pianificazione comunale e di area vasta.

 

 

Efficacia possibile

 

Molte azioni di organizzazione e sviluppo del territorio richiederanno una complessa azione di coordinamento, in quanto coinvolgeranno numerosi enti. Tra queste sono da ricomprendere le stesse iniziative che possono essere intraprese congiuntamente da parte dei comuni per far fronte a problematiche di dimensione sovracomunale o per favorire la loro volontà di organizzarsi in sistemi locali, in grado di supplire alla debolezza di ciascuno di essi considerato singolarmente10

L’altra possibilità di conferire efficacia al Ptc è quella di pervenire alla definizione, possibilmente formalizzata, di rapporti di collaborazione ed intese con soggetti titolari di competenze pianificatorie specialistiche quali autorità di bacino ed enti parco. Capovolgendo lo spirito dell’art. 57 del Dlgs 112/1998, non attuabile in tempi accettabili, infatti, la provincia potrebbe conferire efficacia al Ptc attraverso i piani di bacino e i piani dei parchi, anche per stralci. In tale ipotesi operativa, ed almeno nel breve/medio periodo, non sarebbe il Ptc ad assumere, giuridicamente, il valore e gli effetti dei piani specialistici di area vasta o di loro stralci, sulla base di opportune intese con i relativi enti di gestione; sarebbero, viceversa, i piani territoriali paesistici, i piani per i parchi e i piani di bacino11 o i loro stralci, a dare efficacia al Ptc, limitatamente ai contenuti di cui al suddetto art. 57.

I presupposti per un ulteriore percorso di efficacia sono stati posti da una recentissima legge della Regione Campania, la Lr 17/199812 che chiede alle comunità montane di formare la carta di destinazione d'uso del territorio in cui vengono definiti gli indirizzi fondamentali della organizzazione del territorio di propria competenza. In tale carta vengono individuate le aree di prevalente interesse e di particolare pregio ambientale e paesistico, nonché le linee dello sviluppo residenziale, produttivo, terziario, turistico e la rete delle infrastrutture aventi rilevanza territoriale, concorrendo, unitamente ad apposito documento programmatico, alla formazione dei Ptc provinciali. Anche i comuni orientano i loro Prg alle indicazioni della carta di destinazione d'uso del territorio elaborata dalla comunità montana. La Lr dispone, infine, che la carta, così come il documento programmatico, è adottata dal Consiglio della comunità montana ed approvata dalla provincia territorialmente competente.

L’entrata in vigore della carta, quindi, non è subordinata soltanto al controllo della sua conformità alla pianificazione provinciale che, tra l’altro, è mancante in termini di efficacia giuridica; il compito della carta è quello di concorrere alla formazione del Ptc.

La provincia potrebbe, quindi, non approvare i provvedimenti amministrativi di spettanza delle comunità montane, a norma della Lr 17/1998, nel caso in cui essi non fossero coerenti con i contenuti del Ptc, che la provincia ha assunto come proprio sistema di regole di comportamento. Si potrebbero, quindi, definire, in termini formalizzati, un complesso di rapporti di collaborazione con le stesse comunità montane, al fine della co-redazione dei predetti provvedimenti amministrativi. I risultati che tale linea operativa potrebbe produrre sono:

- i provvedimenti amministrativi delle comunità montane di cui alle Lr 17/1998, coerenti con i già definiti contenuti del Ptc, concorrerebbero ad impletamentarlo, arricchendolo e dettagliandolo nella prospettiva della sua formalizzazione giuridica nel momento in cui vi saranno i presupposti legislativi regionali;

- a tali provvedimenti amministrativi dovrebbero adeguarsi gli strumenti urbanistici generali comunali, la cui approvazione, a norma dell’art. 5, primo comma, della Lr 14/1982, compete alle comunità montane, per i comuni compresi in esse che siano interamente montani.

Inoltre, a norma del comma 3 dell’art. 12 della legge del 15.4.1998 n. 6, i comuni possono delegare alle comunità montane le funzioni concernenti:

- l’elaborazione di progetti di sviluppo sovracomunali;

- la gestione di servizi sovracomunali o comunali o comunali associati;

- la pianificazione urbanistica.

Le comunità montane potrebbero, cioè, esercitare le funzioni concernenti la pianificazione urbanistica e, in particolare, nella formazione degli strumenti urbanistici generali comunali, per conto ed in luogo dei comuni deleganti. Tale linea operativa può ipotizzarsi anche per gruppi di comuni non facenti parte di comunità montane, in tal caso in termini meno istituzionalizzati e, quindi, più problematici.

Se e nella misura in cui, con i comuni non facenti parte di comunità montane tale linea operativa non fosse percorribile, per essi non sarebbe attingibile il primo dei due risultati dianzi configurati, cioè quello di implementare i già definiti contenuti del Ptc, arricchendoli e specificandoli.

Resterebbe la possibilità di indurre i comuni non facenti parte di comunità montane ad adeguare i propri strumenti urbanistici generali ai già definiti contenuti del Ptc, facendo leva sul fatto che, a norma del già citato art. 5, primo comma, della Lr 14/1982, l’approvazione di tali strumenti urbanistici generali compete alla provincia13.

La dimensione operativa della pianificazione risiede negli indirizzi normativi che successivi momenti del processo di pianificazione potranno ulteriormente precisare, integrare e tradurre, in relazione ai contenuti della futura legislazione regionale, in norme, precetti e prestazioni (performances), volti a disciplinare le componenti del territorio e l’azione dei singoli operatori, per ciò che le competenze dirette della provincia consentiranno di definire, oppure a dettare le direttive per la pianificazione sottordinata. 

Negli approfondimenti successivi del Ptc dovrà essere dedicata specifica attenzione alle azioni programmatiche, alle politiche e ai progetti che è opportuno la provincia promuova o stimoli o direttamente ponga in essere o chieda a enti sovraordinati o di competenza parallela di attuare, per rendere concrete le strategie e gli indirizzi assunti nel Ptc stesso. È su questo che il Ptc dovrà cimentarsi nel prossimo futuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Il Ptc adottato si compone dei seguenti elaborati:

a) la Relazione generale, contenente l'esposizione sintetica degli obiettivi assunti e dei problemi rilevati, delle più rilevanti caratteristiche dell'ambito territoriale considerato, della struttura del piano, delle scelte operate e delle relative motivazioni; di essa fanno parte integrante:

- le tavole:

1.1. Strategie: il sistema ambientale (1 foglio in scala 1:150.000);

1.2. Strategie: il sistema insediativo (1 foglio in scala 1:150.000);

b) le Norme, che prevalentemente fanno diretto riferimento alle tavole:

2.1. La fragilità del suolo (5 fogli in scala 1:50.000);

2.2. La vulnerabilità degli acquiferi principali (5 fogli in scala 1:50.000);

2.3. Le risorse naturali e storiche (5 fogli in scala 1:50.000);

e delle quali fanno parte integrante:

- le Definizioni, stabilite ai fini e per gli effetti dell’interpretazione e applicazione delle medesime norme, nonché allo scopo di uniformare, nel territorio provinciale, il significato attribuito ai termini in uso nella pianificazione territoriale e urbanistica;

- le Schede programmatiche, che specificano le indicazioni delle tavole:

3.1 Interventi e politiche (1 foglio in scala 1:150.000);

3.2 Specificazioni per il sistema insediativo (5 fogli in scala 1:50.000);

- le Linee guida e le disposizioni per l’uso efficiente dell’energia e la valorizzazione delle fonti energetiche rinnovabili;

- il Regesto dei beni culturali.

 

2 Nella tarda primavera del 1999 la Giunta regionale della Campania ha varato un ddil volto a disciplinare le funzioni amministrative concernenti la materia territorio, ambiente e infrastrutture ai sensi del DLgs 112/1998, nel contesto del quale sono stabiliti (artt.4 e 5) i contenuti dei Ptc e, per la verità non troppo chiaramente, detta norme e procedure da seguire nella redazione, formazione ed approvazione dei piani territoriali di competenza delle province. Vi è, inoltre, la più assoluta incertezza circa i tempi prevedibili dell'iter di tale ddil.

 

3 La Regione Campania è tuttora priva di una legge organica ed unitaria in materia di norme per il governo del territorio. In particolare, essa non ha ancora provveduto, ad oltre dieci anni dall'entrata in vigore della legge 142/1990, a disciplinare l'esercizio, da parte delle province, delle funzioni che loro competono in materia di pianificazione territoriale, definendo i contenuti dei Ptc, i procedimenti di formazione, le efficacie.

 

4 Efficacia ed efficienza delle azioni: efficacia è la comparazione di quello che è stato fatto con quanto programmato; l’efficienza misura il rapporto fra il risultato e le risorse finanziarie impiegate.

 

5 È fondamentale, innanzitutto, istituire un proprio e permanente ufficio di piano e interpretare il piano e la sua gestione come un processo continuo. L'elaborazione del piano non può essere appaltata totalmente all'esterno: una volta confezionato il piano nessuno sarebbe in grado di capirlo, interpretarlo, gestirlo, attuarlo. L'ufficio di piano ha, infatti, il compito fondamentale di essere l’interprete autentico degli obiettivi del piano anche nelle fasi di gestione ed attuazione. Il passaggio dal piano alla sua attuazione è la chiave di volta dell’intero processo di pianificazione, in una concezione strategico-processuale del piano. Il processo attuativo è aperto, ad esso partecipano diversi soggetti e vi concorrono vari momenti, istanze, decisioni, non tutte prevedibili. La metodologia processuale implica la radicale innovazione degli strumenti, dei metodi e delle strutture tecnico-amministrative e gestionali deputate alla pianificazione.

È indispensabile definire prioritariamente gli obiettivi strategici del piano, finalizzando le analisi al piano. Gli obiettivi, la cui formulazione è squisitamente politica e non tecnica, devono essere chiari, selezionati, fattibili, cioè compatibili con le concrete possibilità operative del piano, e condivisi nella maggiore misura possibile. Il dibattito sugli obiettivi va concluso con un documento politico-programmatico di indirizzo votato dal consiglio provinciale. Le prime ricerche ed analisi da avviare sono quelle necessarie per fornire una prima conoscenza complessiva di tutte le problematiche di area vasta utili per individuare e definire gli obiettivi del piano. La finalizzazione delle ricerche alla forma, ai contenuti, alle potenzialità del piano territoriale, costituisce l'unico valido riferimento per selezionare le indagini e le analisi indispensabili e prioritarie e per evitare sprechi di tempo e di risorse.

Il Ptc va interpretatato come piano di area vasta, privilegiando i contenuti paesistico-ambientali del piano. Il Ptc non è una sommatoria di Prg ma un piano strategico che opera su problematiche, effettuando le relative scelte, di carattere sovracomunale e di interesse  provinciale, lasciando ampi spazi di autonomia a livello comunale, di cui condiziona i soli aspetti strutturali. Il Ptc è inteso, inoltre, come processo in quanto non prefigura un disegno dell'assetto territoriale definito e concluso ma progetta un percorso aperto, capace di accogliere, durante la sua gestione continua, ulteriori decisioni ed implementazioni. L'innovazione nella pianificazione provinciale è rappresentata dalla ricerca del connubio tra il piano territoriale e il piano paesistico ed ambientale, mediante la capacità di assumere i dati ambientali locali, le risorse esistenti, la loro scarsità e riproducibilità, la loro vulnerabilità, la loro capacità di carico, ecc., come precondizioni, limiti, vincoli, criteri di guida al fine di valutare e condizionare le scelte di trasformazione e di uso. 

Occorre una notevole capacità di dialogo con le istituzioni e con i privati, privilegiando il rapporto con il livello comunale. La legge di riforma delle autonomie e la pianificazione strategica e processuale richiedono tutto quello che non si è avuto, e non si ha, fino ad oggi: superamento dell'ordinamento gerarchico, interdisciplinarietà, intercompetenza, coordinamento, corresponsabilità, co-decisione tra diversi enti e livelli e, infine, raccordo, dialogo e collaborazione all'interno dell'istituzione, tra le istituzioni e con soggetti e forze esterne. La natura della pianificazione provinciale è intermedia anche se sbilanciata verso il livello comunale, verso cui il rapporto è, come dire, stretto e quotidiano. Occorre definire correttamente il rapporto fra piano provinciale e piano comunale, specificando le indicazioni quali-quantitative, i criteri e le scelte che il primo trasmette al secondo senza ingiustificate invasioni nel campo delle decisioni e delle autonomie comunali, in linea con il principio di sussidiarietà.

Sarebbe auspicabile costituire presso l’ufficio di piano un centro di documentazione, informazione, monitoraggio continuo del territorio e dell'ambiente, aperto anche all'utenza esterna ed elaborare un bilancio consuntivo urbanistico-ambientale dell'attività di gestione e attuazione del piano. L'attività del centro deve essere indirizzata, oltre che alla raccolta e alla diffusione delle informazioni necessarie per l'attività di programmazione e pianificazione a livello provinciale (sistema delle conoscenze/sistema informativo territoriale), anche ad una funzione di osservatorio e di monitoraggio continuo dell'evoluzione dell'ambiente provinciale e dei risultati di attuazione e gestione dei piani. Il centro può svolgere anche la funzione di banca dati, cioè sede di raccolta e di diffusione delle informazioni territoriali e ambientali per la pianificazione comunale. Per un'amministrazione, elaborare un bilancio consuntivo della propria attività pianificatoria costituisce un atto di trasparenza, razionalità amministrativa e di buon governo, nonchè un'occasione indispensabile per correggere, modificare la rotta del piano, ricalibrare  obiettivi, spesso pretenziosi oppure inficiati da perturbazioni impreviste, ma anche risorse e strumenti. La pratica del bilancio consuntivo, insomma, è indispensabile al piano stesso inteso come processo.

 

6 Sulla base dell’intesa, la Provincia di Salerno si impegnava ad adottare il piano e ad espletare una serie di adempimenti, quali pubblicazione, deposito, inoltro a enti ed amministrazioni, raccolta ed istruttoria di osservazioni, fino all’assunzione di una delibera consiliare di riadozione del piano che contestualmente si pronunci sulle osservazioni prodotte. Dopo l’eventuale rielaborazione del piano, questo verrebbe inoltrato al presidente della Giunta regionale. A questo punto la Regione Campania si impegna a convocare una conferenza di servizi, che, nel tempo massimo di trenta giorni, si pronunci sul piano proposto in relazione agli indirizzi di pianificazione regionali. In caso di approvazione, il pronunciamento sul piano presentato con provvedimento di Giunta regionale e relativo decreto del Presidente della Gr, viene pubblicato sul Burc e la pubblicazione del decreto menzionato conferisce vigenza al Ptc.

 

7 La regione, nel rispetto degli artt. 52 e 54 del DLgs 31/3/1998 n. 112, con i quali sono stati individuati i compiti di rilievo nazionale e le funzioni mantenute allo Stato, nell’espletamento delle funzioni amministrative in materia urbanistica che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale ed il coordinamento interprovinciale, procede all’approvazione dei piani territoriali di coordinamento provinciale e relative varianti nonché alla determinazione degli indirizzi per la loro predisposizione.

Contenuto del Ptc:

1. Il Ptc, in conformità ai compiti di programmazione ed alle funzioni attribuite alla provincia dagli artt. 14 e 15 della legge 142/1990, nonché ai sensi dell’art. 57 del DLgs 112/1998, provvede in base alle esigenze e alle proposte dei comuni e degli altri enti locali e in coerenza con gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali, ad individuare gli obiettivi relativi all’assetto e alla tutela territoriale, definendo, inoltre, le conseguenti politiche, misure ed interventi da attuare. Il Ptc ha efficacia di piano paesistico ambientale ai sensi dell’art. 1bis della legge 8/8/1958, n. 431, nonché di indirizzo dei piani dei parchi regionali di cui alla Lr 33/1995, dei piani di sviluppo industriale e dei piani socio-economici delle comunità montane;

2. Il Ptc costituisce riferimento per il coordinamento, la predisposizione e l’approvazione degli strumenti urbanistici comunali.

(…) individua gli ambiti da sottoporre a particolare disciplina ai fini della tutela delle risorse fisiche, della difesa del suolo, della regimazione idraulica e della prevenzione dell’inquinamento, previa intesa con le competenti autorità in materia idraulica e di difesa del suolo.

“Al fine di attribuire al piano territoriale di coordinamento territoriale provinciale il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell’ambiente, delle acque e del suolo e della tutela delle bellezze naturali ai sensi dell’art. 57, DLgs 112/1998, le Amministrazioni Statali competenti partecipano alle conferenze di programmazione ed alle stesse è inviato il progetto preliminare di piano territoriale di coordinamento adottato.

La deliberazione delle Province di adozione del piano territoriale di coordinamento dà atto dell’eventuale intesa intervenuta con le Amministrazioni Statali. Il piano territoriale di coordinamento individua gli ambiti da sottoporre a particolare disciplina ai fini della tutela della natura, dell’ambiente, delle acque, del suolo e delle bellezze naturali”. In mancanza d’intesa i piani conservano il valore e gli effetti ad essi assegnati dal normativo nazionale e regionale, fermo il disposto dell’art. 149 comma 6 del DLgs 112/1998.

(…) Con decorrenza dalla data di pubblicazione della deliberazione di adozione del Piano sul BURC e sino alla entrata in vigore dello stesso o non oltre due anni dalla data di pubblicazione, è vietata la realizzazione di interventi in contrasto con le previsioni del Piano adottato inerenti gli aspetti di carattere sovracomunale, salvo espressa deroga da parte della provincia.

o) I comuni interessati adeguano il proprio strumento urbanistico generale entro due anni dalla data di approvazione del Piano. In caso di inadempienza, le Province possono attivare, previa diffida, gli interventi sostitutivi. 

(…)

3. Il PTCP, previa intesa tra la Provincia ed i Comuni interessati, può altresì individuare aree da destinare al soddisfacimento di specifici fabbisogni non risolvibili su scala comunale.

 

8 Esaminiamo, rapidamente, lo stato dell’arte nelle cinque province. 

Avellino. La precedente giunta aveva avviato il processo di piano con l’elaborazione di documenti preliminari e programmatici. L’attuale non sembra invece intenzionata a procedere, nonostante le emergenze di carattere ambientale (dissesto idrogeologico diffuso, gestione rifiuti commissariata). Unico segno di iniziativa è stato l’affidamento, di un incarico di formazione e organizzazione del servizio sistemi informativi territoriali.

Benevento. È in corso un’analisi generale delle esigenze del territorio provinciale che sarà propedeutica alla definizione delle linee di indirizzo per la redazione del piano. Il processo di elaborazione appare ancora poco consistente.

Caserta. Si riscontrano gravi carenze di bilancio e di risorse tecniche (l’ufficio di piano è costituito da due sole persone). Emblematica è la vicenda concernente la dotazione informativo-cartografica: attualmente è disponibile un solo rilievo aerofotogrammetrico del 1984 in formato cartaceo e in scala 1/25.000; si dispone anche di un rilievo più recente, del 1988, realizzato dalla Regione Campania, che tuttavia, per carenza di risorse economiche, non si è ancora potuto restituire in formato raster. L’elaborazione è ferma a documenti preliminari e programmatici, dotati di dati statistici riferiti alla popolazione e agli strumenti urbanistici.

Napoli. Il processo di piano ha preso avvio con delibera consiliare n. 87 dell’11/6/1997 affidando l’incarico per l’analisi fisico-ambientale e urbanistico-demografica. Successivamente è stato affidato l’incarico di redazione del piano a un pool di progettisti esterni che ha prodotto un progetto preliminare di piano che, dopo l’adozione da parte del Consiglio provinciale, è stato inviato ai comuni per le previste osservazioni. È in corso la stesura della proposta definitiva di piano la cui adozione definitiva era ipotizzata già per la fine del 2000.

(fonte: Ministero dei lavori pubblici - Direzione generale del coordinamento territoriale, Rapporto sullo stato della pianificazione del territorio 2000, a cura dell’Inu).

 

9 Si pensava, cioè, ad uno strumento, diverso dal preliminare cui di solito ci si riferisce, e cioè un piano non ancora definitivo ma comprendente comunque l'insieme di tutte le scelte possibili sull'intero territorio e preventivo alla stesura definitiva. Il preliminare di Ptc delle province e un piano già definitivo, ma limitatamente ad alcune tematiche o ambiti territoriali. Un piano, quindi, che pur comprendendo l'insieme di tutte le scelte sull'intero territorio, fosse definitivo ed operativo, nonchè vincolante, solo per particolari problematiche: vincoli, ambiente, infrastrutture, discariche, ecc. Tutto ciò, naturalmente, previa una verifica di compatibilità complessiva della coerenza con quello che sarebbe stato, poi, il Ptc nella sua configurazione definitiva.Si ipotizzava, in buona sostanza, che una legge regionale, di parziale attuazione dell'art. 15 della legge 142/1990, consentisse  alle province di redigere uno stralcio del Ptc sulle problematiche già mature e definite, fermo restando la necessità di definire una procedura ordinaria di formazione del Ptc stesso nella sua interezza e completezza.

 

10 I progetti integrati di area, dunque, hanno riguardano l’attuazione di interventi di carattere intercomunale, anticipativi rispetto al Ptc, in alcune macroaree del territorio  provinciale ben individuate, ciascuna afflitta da una particolare problematica, caratterizzate dal fatto di non essere disciplinate da alcuno strumento sovraordinato. Al fine di limitare al massimo le procedure di adeguamento alle indicazioni dell'organo sovraordinato, è stata prevista l'indizione di consultazioni preliminari tra i comuni interessati e l'ente provincia, preposta alla approvazione delle varianti ai Prg dei vari comuni, che, messe insieme, costituiscono il progetto complessivo di soluzione organizzativa del territorio. Tali consultazioni, opportunamente strutturate e regolamentate hanno portato alla formalizzazione di accordi programmatici ed operativi che hanno condotto ad una rapida approvazione dei Prg dei singoli comuni il cui mosaico configura il progetto integrato di area.

 

11 Tra l’altro, uno dei principali contenuti della pianificazione provinciale, come previsto dalla legge 142/1990, è proprio il coordinamento delle politiche settoriali e dell’azione dei comuni.

 

12 Relativamente ai bacini regionali, vi è il limite derivante dalla Lr 8 del 7/2/1994, di attuazione della legge 183/1989, la quale ha negato ai piani di bacino ogni efficacia immediatamente precettiva ed operativa limitandosi, invece, a far obbligo agli enti pubblici territoriali interessati di adeguare ai suddetti piani i propri strumenti di pianificazione.

 

13 La Lr 17 del 4/11/1998, al comma 1 dell'art. 3 dispone che: “le Comunità Montane, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, provvedono ad adeguare ed aggiornare il proprio piano di sviluppo socioeconomico mediante l'adozione di deliberazione programmatica, che individui le linee‑guida su cui si imposterà la loro operatività; provvedono, altresì, a formare la carta di destinazione d'uso dei territorio, di cui al successivo articolo 4.”. Il quale articolo 4 precisa che: 

“1. Le Comunità Montane, contestualmente al documento di programmazione predispongono una carta di destinazione d'uso del proprio territorio, in cui vengono definiti gli indirizzi fondamentali della organizzazione territoriale nell'area di propria competenza.

2. La carta di destinazione d'uso del territorio, elaborata sulla base cartografica regionale in scala 1:10.000, individua le aree di prevalente interesse agro‑silvo pastorale e di particolare pregio ambientale e paesistico, le linee d'uso delle risorse primarie e dello sviluppo residenziale, produttivo, terziario, turistico e la rete delle infrastrutture aventi rilevanza territoriale. 

3. La carta di destinazione d'uso del territorio concorre, con il documento programmatico alla formazione dei piano territoriale di coordinamento (...).

4. La carta, per uniformità di programma, può estendersi ai territori montani non ricadenti in Comunità Montana, previo accordo di programmazione con i Comuni interessati.

5. I Comuni orientano i loro piani regolatori alle indicazioni della carta di destinazione d'uso del territorio elaborata dalla Comunità Montana”.

È altresì disposto (comma 2 dell’art.3) che: “la deliberazione programmatica e la carta di destinazione d’uso del territorio sono adottate dal Consiglio della Comunità Montana ed approvate dalla Provincia territorialmente competente (...)”.

 

14 Possibilità che, peraltro, non sussisterebbe relativamente al Comune di Salerno, stante che, a norma dell’art. 4bis della medesima Lr 14/1982, in essa inserito per effetto dell’art. 1 della Lr 24 del 24/11/1989: “sino all’approvazione del Piano di assetto territoriale della regione Campania (..) le funzioni amministrative relative all’approvazione dei piani regolatori generali dei comuni capoluoghi di provincia sono esercitate dalla Giunta regionale”.

 

 

Riferimenti e letture

 

Ferrari E., Saitta N., Tigano A. (a cura di) (2001), Livelli e contenuti della pianificazione territoriale, Giuffrè Editore, Milano.

 

Fiore G. (2000), Il Ptc di Salerno: evoluzione storica, in areAVasta (LOGO) n. 1/2, Università di Salerno - Fisciano.

 

Provincia di Salerno - Assessorato all'Urbanistica e Trasporti (1995), Indirizzi politico-programmatici per la formazione del piano territoriale di coordinamento (delibera Cp n. 330 del 24/10/1995), Salerno.

 

Provincia di Salerno - Assessorato all'Urbanistica, Piano di coordinamento territoriale e dei trasporti (1996), Indirizzi programmatici per la formazione del piano provinciale dei trasporti / Il riassetto del sistema dei trasporti. Strategie e priorità di intervento, (delibera Cp n. 72 del 31/5/1996), Salerno.

 

Provincia di Salerno - Assessorato Urbanistica e Trasporti (1996), L'avvio di un sistema informativo territoriale per la Provincia di Salerno, Salerno.

 

Provincia di Salerno - Assessorato Urbanistica Piano di coordinamento territoriale e trasporti (1997), Documento preliminare al piano territoriale di coordinamento, Salerno.

 

Provincia di Salerno - Assessorato Urbanistica Piano di coordinamento territoriale e trasporti (1999), Bozza del piano territoriale di coordinamento provinciale, Salerno.

 

Regione Liguria - Provincia di La Spezia - Comune di La Spezia (1995), Pianificazione generale e pianificazione specialistica. Gli specialismi per un governo unitario del territorio, Atti del convegno nazionale, Lerici.

 

Salzano E. (2000), Sintesi della formazione della bozza di Ptc, in areAVasta n. 1/2, Università di Salerno – Fisciano.

 

Salzano E. (2001), Le tre funzioni della pianificazione territoriale, in areAVasta n. 3, Università di Salerno – Fisciano.

 

UPI-INU (1994), Il piano territoriale di coordinamento. Conoscenze, progetto, efficacia, Atti del convegno nazionale di Tolentino, Macerata.

 

 

 

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