La pianificazione provinciale in Provincia di Salerno ha avuto corso
con le seguenti premesse: la Regione
Campania non ha legiferato in materia: in
compagnia del Molise, della Calabria e della
Sicilia è una delle pochissime regioni che
non ha una legge organica in materia di
urbanistica (o, com’è più corretto dire,
di governo del territorio). Si é perciò
dovuto far ricorso ad una interpretazione
della pianificazione territoriale
provinciale (e della dizione piano
territoriale di coordinamento). È il caso
di esporla:
l’esegesi legislativa, l’esame comparato delle legislazioni
regionali, l’analisi delle pratiche
professionali e amministrative e
l’esplorazione della letteratura
consentono di indicare tre funzioni
essenziali cui la pianificazione
territoriale provinciale (e in generale la
pianificazione territoriale, a tutti i
livelli) deve adempiere.
Una prima funzione può essere definita strategica. Si tratta di
delineare le grandi scelte sul territorio,
il disegno del futuro cui si vuole tendere,
le grandi opzioni (in materia di
organizzazione dello spazio e del rapporto
tra spazio e società) sulle quali si
vogliono indirizzare le energie della società.
È una funzione che richiama i concetti di futuro,
di comunicazione, di consenso.
Una seconda funzione può essere definita di autocoordinamento. Si
tratta di rendere esplicite a priori e di
rappresentare sul territorio, le scelte
proprie delle competenze provinciali: in
modo che ciascuno possa misurarne la
coerenza e valutarne l’efficacia. In che
modo, però, definire le scelte proprie
della provincia? Nell’assenza di una
specifica legislazione (e/o pianificazione)
regionale, si è dovuto ragionare con
attenzione, e procedere per tentativi, per
affrontare questo problema. Una terza
funzione può essere definita di indirizzo.
Il livello di pianificazione più
direttamente operativo (che è anche quello
più tradizionale e sperimentato) è quello
comunale, i cui piani sono soggetti
all’approvazione degli enti sovraordinati.
L’esigenza di razionalità nei rapporti
istituzionali, pretenderebbe invece che la
coerenza tra le scelte dei diversi enti, e
la loro riconduzione a finalità
d’interesse generale, non avvenisse più
con i tradizionali sistemi di controllo a
posteriori sulle decisioni degli enti
sottordinati, ma indirizzando a priori,
mediante opportune norme, la loro attività
sul territorio.
Le competenze territoriali della Provincia
Secondo il principio di sussidiarietà, là dove un determinato livello
di governo non può efficacemente
raggiungere gli obiettivi proposti, e questi
sono raggiungibili in modo più
soddisfacente dal livello di governo
sovraordinato, è a quest’ultimo che
spetta la responsabilità e la competenza
dell’azione. E la scelta del livello
giusto va compiuta non in relazione a
competenze astratte o nominalistiche, oppure
a interessi demaniali, ma (come suggerisce
il trattato europeo) in relazione a due
elementi: la scala dell’azione (o
dell’oggetto cui essa si riferisce) oppure
i suoi effetti. È su questa base che è
possibile distinguere, in modo
sufficientemente rigoroso e certo, le
competenze territoriali della provincia da
quelle della regione e del comune.
Stato di
attuazione della pianificazione paesaggistica |
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Fonte: Pianificazione territoriale e provinciale e rischio
idrogeologico - Previsioni e tutela,
a cura del Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e dell’Unione delle
Province d’Italia, 2002 |
Tre aree di competenza provinciale
Da questo punto di vista, applicando in modo rigoroso il principio di
sussidiarietà, si può dire che le
competenze della provincia si esplicano in
tre grandi aree:
a) la tutela delle risorse territoriali (il suolo, l’acqua, la
vegetazione e la fauna, il paesaggio, la
storia, i beni culturali e quelli
artistici), la prevenzione dei rischi
derivanti da un loro uso improprio o
eccessivo rispetto alla sua capacità di
sopportazione, la valorizzazione delle loro
qualità suscettibili di fruizione
collettiva. È evidente che questo compito
spetta in modo prevalente alla provincia, a
causa della scala, generalmente
infraregionale e sovracomunale, alla quale
le risorse suddette si collocano;
b) la corretta localizzazione degli elementi del sistema insediativo
(residenze, produzione di beni e servizi,
infrastrutture per la comunicazione di
persone, merci, informazioni ed energia) che
hanno rilevanza sovracomunale. Il limite
superiore, rispetto all’insieme di
elementi collocabili in questa categoria,
dovrebbe essere costituito da ciò che viene
definito dalla pianificazione di livello
regionale ma, come si è detto, in Campania
questa è assente;
c) le scelte d’uso del territorio le quali, pur
essendo di per sé di livello provinciale (a
differenza delle precedenti), richiedono
ugualmente una visione di livello
sovracomunale per evitare che la sommatoria
delle scelte comunali contraddica la
strategia complessiva delineata per
l’intero territorio provinciale (per
esempio, il dimensionamento della residenza
e delle attività), oppure che le normative
comunali contraddicano le scelte relative
alle grandi opzioni d’uso del territorio
(per esempio, in materia di tutela e
valorizzazione dei beni culturali e delle
risorse ambientali).
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