È imminente l’inizio dei lavori relativi alla riqualificazione
idrologica del fiume Irno, programmati da
alcuni anni dalla Provincia di Salerno.
Il procedimento finalizzato all’esecuzione dell’intervento,
finanziato per circa 15 miliardi a valere
sulla legge 183/1989, è stato lungo e
complesso. Per l’affidamento della
progettazione fu esperita una selezione
curriculare rivolta a gruppi
interdisciplinari: obiettivo dell’ente
era, infatti, quello di coniugare le opere
di difesa dal rischio ideologico con quelle
tese a reinserire il fiume nel contesto
territoriale.
In particolare la provincia si prefiggeva la difesa del suolo mediante
la sistemazione idrologica del fiume
considerando:
a) la piovosità e la instabilità morfologica dei suoi versanti,
interessati da fenomeni di colate solide e
da rapide piene con violento trasporto
solido e frequenti occlusioni d’alveo;
b) l’attuale capacità di autodepurazione;
c) la necessità che gli interventi di regimazione garantiscano un
ripristino della fascia di pertinenza
fluviale a scopo idrologico e geomorfologico,
per consentire una sia pur piccola
espansione della piena;
e la riqualificazione ambientale, dell’intero bacino dell’Irno,
mediante:
1. la rinaturazione delle zone compromesse ed attualmente prive di
utilità;
2. la ricostruzione di un piano paesaggistico proprio delle zone
fluviali e la valorizzazione delle zone
umide e/o spondali;
3. la formazione di spazi attrezzati per attività ricreative e, se del
caso, la ricostruzione di percorribilità
interna con percorsi ciclopedonali, prodromi
alla nascita di un parco fluviale.
Vincitore della selezione fu il gruppo coordinato dal prof. ing.
Vittorio Biggiero, gruppo composto da
ingegneri, architetti, geologi, agronomi,
biologi1. Il procedimento proseguì con
l’acquisizione dei pareri da parte dei
numerosi enti aventi competenza
sull’opera. Si fece ricorso alla
conferenza dei servizi che appariva lo
strumento capace di contrarre i tempi
necessari per assicurare la cantierabilità
dell’intervento.
Il progetto interessa il bacino dell’Irno a monte della località
Fratte di Salerno (Figura 1)2,
terminando ove confluisce l’ultimo dei più
grossi affluenti del fiume, il Grancano, ed
è stato redatto sulla base di approfondite
indagini geologiche, idrauliche,
idrogeologiche, biologiche, sanitarie,
agronomiche, topografiche ed archeologiche.
Le indagini sono state effettuate sul bacino
dell’Irno fino al ponte ferroviario in
località Fratte, dove la sua estensione è
di circa 35 kmq, mancando il tratto
terminale (ricadente nel Comune di Salerno)
e su tutto il bacino del Grancano di 6 kmq,
posto sulla sponda sinistra del fiume.
Dall’ampia ed approfondita lettura del
territorio sono venute in rilievo le ragioni
del notevole inquinamento del corso
d’acqua, dell’entità del trasporto
solido che in esso è convogliato e, più in
generale, le cause del degrado della vita
del fiume.
L’Irno, infatti, da elemento organico ed essenziale per la vita delle
comunità umane, è divenuto negli anni un
torrentaccio nel quale riversare tutto ciò
che essa espelleva; le difese spondali,
spesso verticali, ne hanno ristretto
l’alveo rendendolo uno sversatoio da
utilizzare per l’allontanamento rapido dei
rifiuti liquidi e solidi.
Figura 1 -
Sistemazione sull'asta principale:
inquadramento territoriale. |
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Per la raccolta dei reflui urbani alcune azioni sono state intraprese,
anche se disfunzioni e noncuranze sulla
funzionalità dei collegamenti danno luogo a
perdite che rendono parzialmente vano quanto
è già stato eseguito.
Una volta completata
la rete di fognatura, quindi, e già in
questa direzione si registra l’impegno
delle amministrazioni comunali e di quella
provinciale, i livelli di inquinamento
dell’Irno saranno quelli, modestissimi, di
un corso d’acqua che può confidare anche
su una significativa autodepurazione,
connessa alle correnti defluenti in tratti
intervallati da salti o scivoli, lungo i
quali l’acqua viene intensamente
rimescolata ed aerata. Dagli studi e dalle
analisi effettuate risulta che l’erosione
della superficie del bacino è poco
influente nella formazione del trasporto
solido, anche per la presenza di boschi su
gran parte del bacino; le parti disboscate
sono quelle antropizzate, con agglomerati
urbani e, in maniera più limitata, quelle
coltivate.
Frane invece si sviluppano, ma con frequenza sempre più ridotta, lungo
i terrazzi detritici piroclastici laddove,
in specie nei corsi affluenti all’Irno,
sono incise curve a stretto raggio e le
correnti lambiscono il piede di elementi di
terrazzo poco stabili.
L’Irno ha, però, per le modeste dimensioni del bacino, onde di piena
di durata molto limitata. Gli ammassi
eterogenei ostacolano il deflusso delle
portate di piena e facilmente danno luogo a
locali esondazioni, particolarmente se lungo
il percorso vi sono ostacoli quali
deviazioni a stretto raggio, strizioni di
sezione, ponti o muri laterali.
Lungo l’asta principale dell’Irno si sviluppa un’intensa erosione
del fondo e delle sponde per l’accentuata
pendenza che ha il corso d’acqua e per la
velocità che acquistano le correnti
originate dalle piene più consistenti. Un
limitato compenso all’azione erosiva del
fondo è dato dall’afflusso solido in
arrivo dai rami confluenti.
A ridurre l’erosione del fondo e l’incasso sempre più accentuato
del corso d’acqua nell’alluvione, come
sinora è avvenuto e di cui sono
testimonianza i sopra citati terrazzi
alluvionati, è intervenuta l’azione
dell’uomo con la realizzazione di una
serie di briglie, talvolta di altezza
modesta e talvolta di altezza di oltre
quattro metri.
Si è così ridotta la pendenza dei vari tronchi, compresa tra una
briglia e la seguente, raggiungendo
situazioni governabili solo localmente,
parzialmente e principalmente con
riferimento alle onde di piena più comuni.
Onde di piena a minor frequenza evolvono nel
fiume con correnti che sono normalmente
critiche, talvolta ipercritiche e che, anche
nei tratti in cui defluiscono lente, sono di
grosso spessore e animate, comunque, da
elevata velocità e dunque dotate di capacità
erosiva ancora notevolmente intensa.
La conoscenza precisa delle condizioni di deflusso attuale del corso
d’acqua, si è determinata a seguito di un
lungo e complesso studio idrologico ed un
altrettanto complesso studio idraulico.
Il valore ridotto dei suoli, la possibilità di disporre delle acque
del fiume anche per allontanare con rapidità
i propri reflui e la presenza dei
collegamenti con Salerno e l’entroterra,
ha facilitato l’allocazione, nella fascia
valliva prossima al fiume, di una serie di
installazioni industriali, sia di piccole
che di grandi dimensioni, e di coloro che
avevano correlazioni con tali attività.
Molti fabbricati sono sorti naturalmente a ridosso del fiume cercando
di difendersi al meglio da esso e dalle sue
acque. Con il tempo il corso d’acqua si è
trovato contornato e stretto da opere di
difesa, con poca o forse nessuna connessione
tra loro. Le aree di espansione fluviale
sono scomparse e nel fiume invece sono stati
immessi altri reflui.
Allo stato il fiume versa in uno stato di grande degrado: gli
interventi episodici, sia quelli privati che
quelli pubblici, hanno, infatti, solo
lievemente e localmente risolto i problemi
di esondazione e di erosione al fondo; le
briglie, all’uopo sistemate, imprimono, in
specie per le correnti di moderata portata,
un forte rimescolamento ed anche una
accentuata aerazione della vena riducendo,
anche se in maniera estremamente limitata,
il grado d’inquinamento del corso
d’acqua. L’intervento utilizza le
tecniche dell’ingegneria naturalistica per
garantire il massimo rispetto del contesto
ambientale e vuole porsi anche come pilota
per altre successive opere in aree di
interesse paesaggistico.
Figura 2:
Sistemazione sull’asta principale
– Inquadramento territoriale. |
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Le linee guida del progetto, fondate sull’approfondita conoscenza del
territorio e della geomorfologia ed
idrogeologiche del bacino, sono:
1. realizzazione di briglie selettive per trattenere i materiali di
maggiore grandezza;
2. realizzazione di terrazzi di espansioni lacuali, ottenuti attraverso
sopralzi di fondo, e realizzati per ridurre
la velocità delle correnti, la capacità
erosiva del corso d’acqua e per realizzare
la riaggregazione tra il fiume e le fasce di
pertinenza;
3. rinaturazione delle aree di pertinenza fluviale;
4. gestione, con monitoraggio continuo, delle condizioni del fiume, per
impedire che le acque dell’Irno vengano
inquinate da sversamenti di reflui urbani.
Con la realizzazione di sovralzi di fondo, si otterranno tratti di
fiume in cui la corrente si espanderà tanto
da far assumere all’insieme un aspetto di
piccolo lago.
Sono state previste undici espansioni lacuali che si succedono a
grappolo ricoprendo circa un terzo della
lunghezza del corso principale del fiume (Figura
2). Le correnti si espandono in esse
riducendo drasticamente la velocità e di
conseguenza la capacità erosiva.
Queste undici espansioni unite in quattro grappoli,
rappresentano le premesse per una netta
trasformazione paesistica dell’ambito
fluviale in senso naturalistico. Per quasi
tutta la loro estensione, le sponde di
queste espansioni non richiedono un
rivestimento capace di resistere ad elevati
sforzi tangenziali e, quindi, potranno
essere facilmente rinaturate con piante
acquatiche di diverso tipo (Figura 3).
I sovralzi, realizzati in terra e rivestiti con pietrame di ridotta
dimensione verso l’espansione lacuale, e
di pietrame più grosso verso valle, saranno
ricoperti da piante di tipo acquatico e, per
la parte valliva, da alberi facilitando, in
tal modo, la dissipazione di energia delle
correnti defluenti. L’intervento sarà poi
completato con la messa in opera a mezzo di
grossi blocchi di roccia, veri e propri
spuntoni, incassati sul fondo. A lato dei
sovralzi, con pendenza più ridotta, saranno
disposte delle scale a pesci per far
risalire (o ridiscendere) gli animali
acquatici scelti per il ripopolamento ittico
del fiume.
Le espansioni lacuali, oltre a ridurre drasticamente la velocità delle
correnti (e dunque la loro capacità
erosiva), dovrebbero assicurare, anche nei
periodi siccitosi, la permanenza di un
ambiente acquatico lungo la valle
dell’Irno.
I laghi si pongono come l’elemento portante per la riqualificazione
ambientale del bacino fluviale del fiume
Irno, anche perché costituiranno
l’habitat di un vivace ambiente acquatico,
invertendo la tendenza in atto, ben
delineata dall’indagine biologica
effettuata sulla base degli indici biotici,
che qualifica l’ambiente fluviale del
corso d’acqua come eccezionalmente
inquinato o alterato e poco idoneo alla vita
acquatica (Figura 4).
Affinché il meccanismo di depurazione che avviene sia efficiente,
occorre che l’acqua stagni per tempi
sufficienti; occorre anche, però, che un
minimo flusso sia garantito per evitare
fenomeni di anaerobiosi, così da
considerare insufficiente l’azione
ossidante delle macrofite e delle microalghe
che saranno fatte vegetare nei bacini.
Figura 3:
Planimetria di dettaglio degli
interventi paesaggistico-ambientali. |
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L’idoneità ambientale per l’ittofauna sarà sviluppata dando alle
vasche profondità diverse, aumentando
l’ombreggiatura con alberi, diversificando
il fondo, creando zone di rifugio. Mentre il
regime torrentizio del corso d’acqua
favorisce la vita dei pesci, questa viene
limitata nei luoghi del periodo siccitoso
così da sconsigliare, ad esempio,
l’introduzione di specie ittiche che
vivono in grossi branchi. Saranno, per la
stessa ragione, scelte specie insettivore,
capaci di superare i salti d’acqua (scale
a pesci) (Figura 5). Le espansioni
lacuali saranno caratterizzate da profondità
variabile tra 2 e 5 m, per cui non
avverranno fenomeni di stabilizzazione ed i
nuovi ecosistemi che verranno a realizzarsi
raggiungeranno un proprio equilibrio legato
ai sedimenti stratificati sul corpo idrico.
Questo equilibrio dovrà essere difeso,
impedendo elevati apporti di nutrimenti. Nel
malaugurato caso che ciò possa avvenire, i
fenomeni eutrofici che potrebbero innescarsi
potranno essere affrontati collocando, per
assegnati periodi, aeratori meccanici
(turbine superficiali galleggianti) che
assicurino più elevate concentrazioni di
ossigeno disciolto.
A completare questa inversione di rapporto tra l’ambiente fluviale e
la popolazione, oltre a garantire la
sistemazione idrologica dell’Irno, si
propone la formazione di spazi di verde
attrezzato per attività ricreative e di
zone di percorribilità interna con percorsi
ciclopedonali, prodromi alla nascita di un
parco fluviale, localizzate ai margini dei
laghetti. Queste aree saranno rinaturate con
la creazione di prati irrigati e messa a
dimora di alberi e arbusti autoctoni. Si
vuole dotare, così, il bacino dell’Irno e
la stessa Salerno di un adeguato polmone di
verde attrezzato, garantire l’accessibilità
al sistema, creare le condizioni per un
reale riuso di tipo pubblico-culturale delle
aree dismesse presenti ai margini del fiume.
Figura 4:
Planimetria di dettaglio degli
interventi paesaggistico-ambientali. |
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Per tutti i tratti per i quali non sarà possibile realizzare le espansioni
lacuali, tratti che ricoprono circa i
due terzi della lunghezza dell’asta
principale dell’Irno, si interverrà per
proteggere al meglio fondo e sponde del
corso d’acqua, ma in maniera diversa di
quella sinora descritta, così che il fiume
non debba risultare nascosto dall’ambiente
circostante, ma ne divenga elemento
fondamentale e di riferimento.
Le sponde, non più verticali, con l’acquisizione delle strette fasce
dinanzi richiamate, saranno difese
dall’erosione disponendo, sulla parte più
bassa delle stesse, grosso pietrame naturale
con interposti astoni e talee di salici.
Rialzi di fondo, molto più piccoli di quelli dinanzi utilizzati per le
espansioni lacuali, verranno posti a
distanza variabile da 50 m a 200 m per dar
luogo a salti di fondo non superiori al
metro.
Essi si presenteranno a valle a pendenza lieve e saranno ricoperti da
pietre naturali con interposti astoni di
salice; pietrame grosso imporrà
un’accentuata diminuzione dell’energia
sovrabbondante, immediatamente a valle dei
piccoli rialzi di fondo.
La sistemazione idraulica e la rinaturazione delle aree di pertinenza
fluviale sono state eseguite a partire
dall’ultimo tratto del torrente Sava e
sono state protratte per tutto il corso
dell’Irno, dalla confluenza del vallone
Fariconda all’attraversamento ferroviario
di Fratte di Salerno.
L’efficacia dell’intervento di riqualificazione idrologica ed
ambientale finora descritto è subordinata
alle azioni dei Comuni di Salerno, Baronissi
e Pellezzano che dovranno evitare immissioni
in alveo di reflui urbani o di materiali
solidi di grossa dimensione.
In questa direzione si sviluppa la contestuale azione intrapresa dai
Comuni di Pellezzano e Baronissi che hanno
sottoscritto uno specifico protocollo di
intesa con la Provincia di Salerno.
Lo schema progettuale si articola in una serie di interventi
finalizzati a rendere le correnti che si
instaurano nel corso d’acqua non più
impetuose, ma facilmente regimabili.
Attraverso una serie di cascate, le acque
raggiungeranno i laghi artificiali che
mitigheranno le portate con una laminazione
spinta e assicureranno la persistenza
dell’elemento liquido anche nei periodi più
siccitosi. La presenza delle espansioni
lacuali diviene una premessa alla fruibilità
delle aree disposte lungo il fiume evitando
che esse siano invase dalle acque nel corso
delle piene, come invece avviene allo stato
attuale.
I sovralzi di fondo saranno realizzati in materiale sciolto con
pietrame atto a difendere le superfici e ad
evitarne il dilavamento da parte delle
correnti che le superano. La disposizione a
mano del pietrame favorirà
l’attecchimento di specie vegetali tra gli
elementi lapidei; sul paramento di valle
potranno essere messe a dimora anche piante
di alto fusto in maniera che, rimescolando
la corrente che tracima, possano facilitare
la dissipazione dell’energia
sovrabbondante.
I piccoli sovralzi di fondo posti lungo l’alveo a distanze variabili
tra i 20 m e i 100 m saranno costituiti da
pietrame grosso capace di resistere agli
sforzi tangenziali della corrente di piena;
a valle saranno disposti massi di grosse
dimensioni, lasciando liberi gli spazi tra i
vari elementi, in modo da incutere alla vena
un intenso rimescolamento e, quindi,
assicurare la valida dissipazione di
energia. Le briglie selettive saranno
realizzate in ammassi di pietrame. La
portata prevista in progetto è incapace di
smuovere i massi stessi. La piena che
dovesse sorpassare l’ammasso ricadrebbe a
valle di esso dissipando l’energia
sovrabbondante sul fondo dell’alveo, ove
è disposto materiale di grossa pezzatura.
Il rivestimento delle sponde e del tronco
d’alveo a valle è necessario ad impedire
fenomeni di autosifonamento capace alla
lunga, di sconvolgere il piano di posa
dell’opera.
Mancando la copertura finanziaria per la realizzazione dell’intero
progetto, la Provincia di Salerno ha
stabilito di articolare l’intervento in
due lotti funzionali.
Il primo stralcio, per il quale sono
in corso le procedure di appalto dei lavori,
prevede l’esecuzione di tutte le opere
necessarie per la sistemazione idrogeologica
del bacino, attraverso la realizzazione
delle briglie selettive e delle espansioni
lacuali, in modo da ridurre il trasporto
solido ed ottenere la mitigazione del
rischio di esondazioni.
Il secondo stralcio, invece, prevede il completamento dell’opera,
attraverso la realizzazione della
rinaturazione delle zone compromesse ed
attualmente prive di utilità, la formazione
di spazi attrezzati per attività ricreative
e la ricostruzione di percorribilità
interna con percorsi ciclopedonali necessari
alla nascita del parco fluviale.
Allo stato il secondo stralcio è privo della copertura finanziaria,
anche se richieste di finanziamenti sono
state già avanzate. Tuttavia l’idea
progettuale del parco fluviale –
fortemente condivisa dalle amministrazioni
comunali – ha portato alla definizione di
linee guida che possono essere di
riferimento ai comuni per tutti gli
interventi tesi alla riqualificazione
dell’ambiente fluviale.
1 Progettisti e consulenti: prof. ing. Vittorio Biggiero (capogruppo),
ing. Roberto Boccia, ing. Gerardo
D’Antonio, arch. Nicola Greco, ing. Alberto
Herrmann, ing. Antonio
Marano, dott. agr. Luciano Mauro, ing.
Remigio Nanni, ing. Domenico Pisacane, ing.
Antonio Giuseppe Volpe, dott. geol. Silvio
Di Nocera (consulente), dott. biol. Gabriele
De Filippo (consulente), arch. Maria
Gabriella Alfano (responsabile unico del
procedimento).
2 Tutte le figure sono tratte dagli elaborati del
progetto.
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