Numero 6/7 - 2003

 

conferenze  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tra presente e futuro


Dino Borri


 

In una visione dualistica del presente, dove antico e nuovo possono e devono coesistere virtuosamente, Dino Borri illustra come la continua evoluzione di tecnologie, sistemi produttivi e politiche di pianificazione sia orientata verso forme sempre più complesse e interattive e verso sistemi ibridi di conoscenza

 

 

 

 

Pensando al futuro e alla rivista areAVasta, ma anche al futuro e ai problemi che esso impone di affrontare, si riportano di seguito alcune considerazioni. C’è, infatti, molto da riflettere sul nostro futuro, su quello che sta accadendo.

Molte cose stanno cambiando. Le città e il territorio stanno subendo rilevanti mutamenti socio-ambientali, forse come mai prima o, almeno, siamo noi ad avvertirne particolarmente le modifiche. La pianificazione è sempre più orientata alle aree vaste. Si tratta di aree regionali, come 20-30 anni fa; sono regioni sempre più ampie, più complesse e multidimensionali nel pianeta.

Gli sguardi sono ormai addirittura planetari, perché la sfida ambientale questo impone.

L’analisi e il progetto, parti fondamentali del nostro lavoro, sono in difficoltà di fronte a queste sfide e la complessità della sostanza e delle procedure è molto elevata. Si tratta, quindi, di una complessità organizzativa, non solo sostantiva (o sostanziale).

I progetti di conoscenza e rappresentazione di problemi sono cose, oggi, forse più utili e più importanti delle tradizionali soluzioni.

Si moltiplicano sempre più gli sguardi al futuro, a orientamenti strategici e a futuri possibili e molteplici. Sguardi ad una governance interistituzionale ibrida, multiculturale e in diffusione.

 

Scenari. Si verificano mutamenti strutturali delle aree vaste: le città crescono diventando delle metropoli e delle megalopoli, sia nei paesi ricchi che nei paesi poveri. Le campagne resistono come giacimenti di risorse naturali, ma le popolazioni, spesso, se ne allontanano, soprattutto nei paesi poveri, e vanno verso le megalopoli.

Invece, nei paesi più sviluppati, le campagne vedono un ritorno di popolazione; si registra, dunque, un fenomeno di contrurbanizzazione.

Stanno riassumendo una loro dimensione quei sistemi urbani composti di una pluralità di piccoli centri ricchi di tradizione. Le aree protette si diffondono sempre di più e, al tempo stesso, si diffondono anche forme di inquinamento che spesso non si riescono a controllare.

I dualismi rappresentano una componente fortissima del nostro tempo. Gli estremi si stanno esaltando: grande e piccolo, povero e ricco, inquinato e pulito, debole e potente.

La mobilità, reale e virtuale, sta crescendo enormemente insieme all’inquinamento da trasporto.

Nei paesi ricchi vediamo sistemi produttivi integrati, industrie sempre più avanzate coesistono con quelle tradizionali; si tratta, però, di industrie tradizionali che usano tecnologie. Si sviluppa un’industria della conoscenza mirabile, produzioni agricole specializzate coesistono con produzioni agricole di nicchia, servizi avanzati coesistono con servizi tradizionali.

Nei paesi poveri, invece, si assiste alla crescita di sistemi produttivi più semplici, più fragili, meno sviluppati, più polarizzati in pochi settori che gli economisti chiamano settori di vantaggio competitivo. Dominano produzioni tradizionali, mentre l’industria della conoscenza è assente.

Le organizzazioni evolvono pur conservando una drammatica coesistenza di vecchio e nuovo. Vecchio e nuovo possono e devono coesistere virtuosamente; il nuovo non deve eliminare il vecchio.

Crescono le realtà e le percezioni, come pure le pluralità, le complessità e le differenze, perché aumentano le interazioni reali e virtuali; aumentano i nostri scambi e ciò ci induce ad avere una maggiore coscienza della complessità e della multiculturalità.

 

Politiche. Nei paesi ricchi più sviluppati, politiche guidate dal mercato si sostituiscono a politiche pubbliche più tradizionali; queste ultime, invece, resistono nei paesi meno sviluppati e poveri. Le pianificazioni a cui assistiamo, di fronte alle sfide socio-ambientali, sono sempre meno guidate dall’attore pubblico e sempre più miste pubbliche e private, sempre più ibride, più partenariali, più complesse e interattive, più strategiche e più orientate al futuro, a futuri di generazioni successive.

Avanzano forme di governo non rituali, le cosiddette governance, che dal basso (bottom up) si accostano, integrano e si sostituiscono a politiche dall’alto (top down).

Agende 21 ed i loro forums si presentano come nuove arene di politiche socio-ambientali; ma a questi forums si associano effetti di Babele perchè tanti sono i linguaggi, i problemi di integrazione difficile, di differenti valori e differenti linguaggi.

Emergono dilemmi della partecipazione, dilemmi della decisione, dilemmi della democrazia. Ma emergono anche coinvolgimenti, passioni e promesse di migliori efficienze ed efficacie; promesse legate, per esempio, al decentramento e alla partecipazione massicce; basti pensare ai bilanci partecipativi che si stanno diffondendo in tutto il pianeta.

Mediazioni e negoziazioni costituiscono un campo molto importante e sempre più imprescindibile del lavoro di planner, che si esplica a livello locale e anche globale.

Le forme tradizionali delle politiche sono messe in discussione. Per quanto riguarda le politiche, poi, devono coesistere decisionalità e cautele. Ad esempio: le risposte ai bisogni basici (basic needs) richiedono decisioni ma, al tempo stesso, risposte a bisogni evoluti richiedono cautela.

Occorre individuare soluzioni creative e a tal fine l’irruzione di nuovi attori e nuovi saperi nelle arene politiche è importante. Si tratta di figure che sono già entrate o stanno ancora sui limitari delle arene, non sono ancora entrate e premono per entrare. Ma quale tipo di nuova democrazia può coinvolgerle? Vi è una forte problematicità in tutto questo: le soluzioni generali e quelle locali devono coesistere con i rispettivi tipi di problemi. Si riafferma, pertanto, la saggezza del detto “pensa globalmente, agisci localmente”. Vi è una necessità di coordinamenti sempre più intensi ed estesi di fronte alle emergenti sfide socio-ambientali.

 

Tecnologie. Vi sono, poi, le tecnologie ad assistere il nostro lavoro. I Gis, ad esempio, sono in diffusione in maniera pressoché incontrollata: sistemi di supporto alla decisione, agenti intelligenti, sistemi di acquisizione e trattamento di conoscenza multiagente, sistemi di mediazione e negoziale, sistemi geomatici nuovi (si pensi a quelli da piattaforme remote satellitari), sistemi di navigazione (per esempio, nei trasporti).

Nel passaggio dal macro al micro abbiamo sempre più la possibilità di trattare il micro, di andare verso gli agenti, verso le individualità. Ma la tendenza crescente è quella di ambienti interoperabili, ambienti che dialogano tra loro e che possono farlo in base a soluzioni ibride.

Vi è un’interessante diffusione delle nostre possibilità e capacità di trattamento di problemi linguistici e di azioni linguistiche (soft computing: computing by words). Mi riferisco, qui, al campo della computazione attraverso parole, in costante dispiegamento non solo nel nostro campo.

Nascono organizzazioni ed agenzie che apprendono: dagli ambienti istituzionali e di governance che le favoriscono alle tecnologie che esplorano spazi di decisione, per esempio mediante diffusioni di reti e di apprendimenti a distanza di tipo virtuale (e-learning). I Gis, i sistemi di informazione geografica, divengono sempre più evoluti: a partire dalla georeferenziazione euclidea, sono ormai divenuti capaci, in qualche caso, di trattare dati non euclidei, di avere georeferenziazioni qualitative, di trattare conoscenze sfumate, di trattare espressioni orali, verbali. Si pensi a quanto le espressioni orali e verbali siano importanti nella conoscenza dei luoghi, nella conoscenza locale, nella conoscenza degli ambienti, nelle tradizioni che certi luoghi conservano e tramandano alle generazioni future.

Si vanno diffondendo tecnologie amichevoli per le conoscenze locali.

Si vanno diffondendo sistemi ibridi basati su conoscenza esperta e non esperta, sistemi che fanno sempre più uso di conoscenza di senso comune, la quale si rivela sempre più importante anche nelle tecnologie.

Emergono, naturalmente, problemi di divisione digitale (digital divide) tra quanti hanno poteri informatici (cioè dispongono di strumentazioni, sono alfabetizzati) e quanti, invece, non ne hanno.

Si tratta di problemi seri da affrontate con adeguate conoscenze e consapevolezze politiche.

 

 

Conclusioni

 

Nei nuovi piani vi è bisogno di integrare forme di razionalità sostanziale e di razionalità procedurale.

I piani dobbiamo sempre più vederli come vere e proprie organizzazioni di popolazioni che apprendono a coevolvere in ecosistemi di differente artificialità e naturalità.

La pianificazione razionale contemporanea è sempre più orientata alla sfida della conoscenza e della complessità.

 

 

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