Numero 6/7 - 2003

 

la questione paesistica 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecosistemi urbano ed agricolo. Un'ibridazione possibile?


Valeria Palazzo


 

Fino ad oggi l’architettura si è concentrata sulla costruzione della città, senza considerare che anche il paesaggio agricolo necessita di una progettazione che utilizzi le tecnologie naturali come sistemi costruttivi. Valeria Palazzo mostra come l’ibridazione tra paesaggio urbano e agricolo sia stata brillantemente realizzata in Germania, Francia e Olanda. Significativa, a tal riguardo, è anche l’esperienza del Progetto Life per il parco agricolo di Palermo

 

 

Architettura e agricoltura

 

L’integrazione di aree agricole in ambito urbano, costituisce una tematica di grande attualità nell’ottica di trasformazione delle nostre città in luoghi più sostenibili. All’interno del dibattito sullo sviluppo sostenibile, uno dei temi centrali è la questione dei territori di margine, ed in particolare, la ridefinizione delle relazioni di reciprocità tra territorio agricolo e città, tra sistemi ambientali e sistemi urbani.

La città contemporanea si è espansa a dismisura, lasciando quasi sempre le zone protette e agricole limitrofe come riserva per la crescita urbana; tutto il XX secolo è stato caratterizzato da una netta separazione tra agricoltura e città. Alcune recenti esperienze, invece, dimostrano come un possibile riequilibrio dell’ecosistema urbano può avvenire proprio attraverso l’ibridazione dei due sistemi, e la progettazione di tale ibridazione è una delle sfide del progetto contemporaneo. Aspetti tecnologici, paesaggistici, ambientali coesistono insieme in questa ibridazione.

Una cultura architettonica, dunque, che rinnova del tutto i suoi modelli di riferimento, affrontando la sfida di una modernità liquida1 e stabilendo nuove relazioni con una cultura come quella agricola, che non è una cultura costruttiva in termini tradizionali, ma produttiva in termini enzimatici, e che segue logiche bio-compatibili e usa tecnologie di supporto altamente evolute. Un’architettura dunque, che ritorna alla natura, ed in particolar modo all’agricoltura e alle sue tecnologie.

L’agricoltura, interpretata in termini sostenibili, riveste sicuramente un ruolo centrale di tutela del territorio, costituendo insieme un’attività produttiva ma anche ecocompatibile, fondata, quindi, su regole biologiche e naturali. Un’agricoltura, dunque, concepita per restituire identità ad un luogo, per tutelare la bellezza dei nostri paesaggi agrari, per salvaguardare le risorse naturali, per rispettare una vocazione secolare delle nostre zone, per offrire numerosi benefici al sistema urbano (variazioni microclimatiche, depurazione dell’aria, produttività, attenuazione del rumore, difesa del suolo, conservazione della biodiversità). Un’agricoltura in grado di fornire un modello autoregolato di produzione industriale basato su risorse naturali e rinnovabili, un’agricoltura che non rappresenta più il mondo delle tecnologie preindustriali ma, al contrario, occupa uno spazio nuovo, di estrema sofisticazione gestionale e produttiva, un’agricoltura che si serve di tecnologie appropriate per riacquistare il ruolo di motore dello sviluppo sostenibile di un territorio.

La tecnologia naturale sta diventando, dunque, il modello costruttivo più sofisticato, a cui la tecnologia industriale guarda cercando di imitarne i cicli e le prestazioni. Il mondo dell’artificiale, nato per sostituire una natura inadeguata, sta riscoprendo la natura come regno di una tecnologia inarrivabile, come capacità straordinaria di produrre materiali, prodotti, prestazioni eco-compatibili, alimentandosi delle tecnologie deboli e diffuse della natura su intere regioni2.

Fino ad oggi l’architettura si è sempre concentrata sulla costruzione della città, senza considerare che anche il paesaggio agricolo necessita di una progettazione. Tale progettazione dovrebbe tendere proprio alla valorizzazione dei segni del paesaggio agricolo come elementi di identità di un luogo, alla promozione di tecniche di coltivazione tradizionali, all’utilizzo di energie alternative, all’insediamento di modelli e funzioni reversibili come la rotazione delle colture. Insomma, il paesaggio agricolo come fonte inesauribile da cui attingere per la progettazione di un paesaggio artificiale che usa le tecnologie naturali come sistemi costruttivi. Ne è un esempio l’opera Power Lines della paesaggista Martha Schwartz nella regione dell’Emscher Park in Germania (Figura 1). In questa installazione gli elementi tipici del paesaggio agricolo, le siepi di grano, alternate a pile di balle di fieno rivestite in tela rossa e nera, individuano gli assi direttori dell’intervento e determinano una tessitura geometrica che scandisce il paesaggio.

L’ibridazione tra paesaggio urbano e paesaggio agricolo è il tema su cui si fonda il Park André Citroen a Parigi (Figura 2 e 3), dove l’agricoltura è utilizzata con funzioni ricreative e didattiche. Due serre di metallo e vetro costituiscono il perno attorno a cui ruota l’intervento. L’intervento, ideato da G. Clement e A. Provost nel 1992, consiste, infatti, nel recupero di una ex area industriale e nella trasformazione in parco urbano.

 

Figura 1 - Power Lines di Martha Schwartz (Emscher Park, Germania)

 

 

 

Strategie di ibridazione

 

Nella strategia per la ricostruzione di un rapporto di continuità tra città e campagna, giocano un ruolo fondamentale le aree periurbane, che non sono più agricole e non sono ancora urbanizzate. Sono assai più importanti e decisive di qualsiasi altra zona. La riconquista dell’urbano nasce, dunque, dal riutilizzo di queste zone3. E non solo. Tutti quegli spazi residuali, marginali o interstiziali all’interno della città, possono svolgere un ruolo attivo di riequilibrio ambientale, se recuperati ed adibiti ad una funzione produttiva agricola eco-compatibile. Penso, ad esempio, a tutti quegli spazi attualmente abbandonati o in attesa di una destinazione, veri e propri vuoti urbani, lungo le autostrade o i binari di una linea ferroviaria, tra due edifici come all’interno di un insediamento urbano, contenitori solo di rifiuti o discariche abusive o parcheggio selvaggio di automobili. Non è un caso che il fenomeno degli orti urbani sta nascendo in forma spontanea proprio in queste aree in stato di abbandono, tant’è che alcune amministrazioni comunali hanno redatto appositi regolamenti che definiscono criteri di affidamento di terreni demaniali a categorie protette (pensionati ed anziani) per attività agricole non lucrative.

Figura 2 - Parc André Citroen di G. Clement e A. Provost (Parigi,1992)

La velocità delle trasformazioni tecnologiche e sociali a cui stiamo assistendo è impressionante e la cultura del progetto contemporaneo molto spesso risulta inadeguata ed in ritardo. Inoltre, l’ormai acquisita presa di coscienza della limitatezza delle risorse porta ad una nuova stagione progettuale, legata alla ricerca di modelli di sviluppo reversibili, di equilibri provvisori più che di soluzioni definitive, di sistemi produttivi alternativi, alimentati da energie genetiche deboli, stagionali, eco-compatibili. La città contemporanea si è completamente disassata rispetto alle funzioni su cui è stata progettata (zooning) e si è spontaneamente fluidificata adattandosi a nuove esigenze. Cambiano così i fondamenti del progetto contemporaneo e portano in luce nuove categorie di riferimento, come la reversibilità dei processi e delle destinazioni d’uso, la smontabilità dei sistemi architettonici, l’integrazione tra ambiente progettato e ambiente naturale4. Questi, infatti, i leit motiv delle proposte utopiche di Andrea Branzi per Agronica (1994) ed Eindhoven (2000), che prevedono l’ibridazione tra agricoltura e città (Figura 4). Il modello urbano-agricolo proposto nei progetti di Agronica ed Eindhoven5, rappresenta uno strumento per trasformare la realtà urbana senza stravolgerla, un sistema industrialmente evoluto, capace di adeguarsi a cicli produttivi che cambiano nel tempo, seguendo modalità organizzative reversibili, a basso impatto ambientale. Tutto questo grazie ad una flessibilità e disponibilità tecnologica fondata su energie deboli, pulite, reversibili. La civiltà agricola industriale realizza un paesaggio orizzontale, privo di cattedrali, attraversabile e reversibile: il turn over delle coltivazioni permette di gestire il paesaggio agricolo secondo una logica transitoria, che si adegua all’equilibrio produttivo del terreno, all’andamento delle stagioni e del mercato.

Per questo insieme di motivi l’architettura contemporanea dovrebbe cominciare a guardare all’agricoltura moderna come ad una realtà con cui stabilire nuove relazioni strategiche, secondo un approccio non deterministico per l’evoluzione dell’ambiente urbano.

Figura 3 - Parc André Citroen di G. Clement e A. Provost (Parigi,1992)

Carica parzialmente utopica anche per la proposta olandese Fruitful City (Figura 5) per un quartiere residenziale che sperimenta la tipologia della serra sia in funzione abitativa che in funzione produttiva, realizzando quell’integrazione di funzioni indispensabile per ridare identità urbana ad un luogo e garantire insieme auto-approvvigionamento alimentare e nuove forme dell’abitare. Il progetto è stato elaborato tra il 1992 e il 1997 da un gruppo di architetti olandesi, i Kuiper Compagnos e Oosterhuis Associates su commissione dell’amministrazione di Dordrecht e con il supporto della Dutch National Planning Agency nell’ambito del progetto di espansione urbana Vinex6: 56 ettari in totale, 1700 abitazioni (80% a basso costo), 24 ettari destinati a serre produttive e oltre 5 ettari di campi aperti. L’obiettivo del progetto è di combinare i principi di energia, ecologia ed economia all’interno di un quartiere residenziale. L’impianto di aree di verde agricolo costituisce una tendenza innovativa nella progettazione di nuove residenze soprattutto nel nord Europa. Non più, dunque, ghetti dormitorio, ma parchi residenziali, dove il verde agricolo produttivo garantisce un miglior comfort ambientale ed insieme offre opportunità di lavoro agli abitanti stessi in un’ottica di sostenibilità delle trasformazioni urbane.

L’esigenza di integrazione di pezzi di campagna in città è stata recepita e proposta da un team di progettazione, Patrick Nadeau, Vincent Dupont-Rougier e Joelle Alexandre, che comprende un architetto, un designer e un consulente industriale per il Festival des Jardins 1999 a Chaumont-sur-Loire7 (Figura 6). L’opera, denominata l’orto nomade consiste in un giardino trasportabile, ideale per residenze temporanee, dove spesso l’inquilino non vuole investire tempo in un giardino che poi non potrà godere a lungo. L’idea è senz’altro innovativa. Inoltre, fornisce cibo economico, è facile da manutenere ed è anche decorativo. Rotoli di lana minerale, utilizzati come supporto per la crescita delle piante, atomizzatori, circuiti idraulici e schermi di protezione dal cattivo tempo sono stati tutti progettati specificatamente per questo giardino, che dispone di un sistema di irrigazione premontato. L’acqua viene recuperata attraverso un’incerata posta sotto il pavimento centrale e arricchita di elementi nutritivi. Poi è nuovamente pompata nel circuito d’irrigazione. La struttura è costituita da un cubo d’acciaio inossidabile sistemato su un semplice carrello. I quattro lati del cubo si aprono rivelando quattro mobili piattaforme di legno, che possono assumere posizione orizzontale o verticale, ed in tal caso realizzare una piccola serra, rivestita da fogli di plastica trasparente. Possono essere impiantate verdure, erbe aromatiche e frutta, la cui crescita dipende da un sistema idroponica, cioè non richiede la presenza del suolo. Le piante sono poste nella lana minerale, attraverso cui viene pompata l’acqua arricchita da soluzioni nutritive specifiche. A fine stagione l’orto può essere semplicemente ripiegato nel cubo e trasportato altrove. I requisiti principali di quest’elemento innovativo di design ed insieme produttivo sono la trasportabilità, la manutenibilità, l’ecocompatibilità dei materiali.

 

Figura 4 - Agronica di Andrea Branzi (1994)

 

 

Parchi agricoli: l’esperienza di Palermo

 

Il parco agricolo rappresenta una particolare tipologia di parco, la cui struttura è costituita dallo stesso territorio agricolo, da quegli elementi depositati nel tempo dall’attività agricola (trame di percorsi, sistema di irrigazione, elementi vegetazionali, strutture architettoniche, ecc.)8. La configurazione del parco agricolo è formata principalmente dall’orditura dei campi, da coltivazioni in pien’aria e coltivazioni protette, dai terrazzamenti, dalle recinzioni, dalla trama di percorsi interpoderali già esistenti e da nuovi percorsi, pedonali e ciclabili, che consentono l’accessibilità anche ai non addetti ai lavori, dal sistema delle acque, dai pozzi e dai canali di irrigazione, da strutture temporanee e da esempi di architettura rurale (casolari e rustici) da riconvertire per attività turistico-ricreative di supporto all’attività agricola.

Un parco agricolo fondato sulla rivitalizzazione di un’attività economica condotta in termini ambientalmente consapevoli costituisce, di fatto, un’innovazione nell’idea di parco, non più struttura apposita per il tempo libero, ma condizione di sostenibilità delle attività insediate e della qualità ambientale dell’intero territorio. Un’evoluzione, dunque, nella visione degli spazi aperti che da spazi residuali e di riserva, sottoposti a tutela con la sola funzione di porre dei limiti alla superficie dell’edificato, diventano elementi attivi e strutturanti lo sviluppo urbano. Costituisce un’innovazione dell’idea di parco, in quanto unisce alle caratteristiche di fruibilità, accessibilità e godibilità estetica del parco urbano, la funzione agricola produttiva che, sviluppata in termini ambientalmente compatibili, rappresenta prerogativa di sostenibilità. Non più parchi solamente per il tempo libero, ma aree dove l’agricoltura sostenibile funge da motore trainante per l’intera struttura. La campagna come giardino della città, luogo produttivo e di piacere insieme, dove coincidono “in un giardino assoluto, l’idea del giardino, natura contemplabile, con quella del frutteto, natura utile alla vita”9, elemento attivo e strutturante dello sviluppo urbano.

Dal punto di vista ambientale le aree verdi urbane e periurbane, comprese anche le aree agricole, rivestono un ruolo fondamentale per la depurazione dell’aria. Sono, infatti, attive nella immobilizzazione di alcuni inquinanti particolari (polveri, metalli pesanti) e nella metabolizzazione di sostanze gassose (CO, NOx, H2S) emesse da alcune attività antropiche che hanno sede privilegiata in città o nelle sue vicinanze (industrie, traffico veicolare, sistemi di riscaldamento, ecc.). Grande interesse rivestono, inoltre, le aree verdi urbane anche nel contrastare l’incremento dell’isola di calore. Fenomeno, questo, provocato dalla geografia urbana, dai caratteri dei materiali che costituiscono la città, dal calore rilasciato dagli usi energetici e che si manifesta con temperature medie di 3-5°C più elevate di quelle delle limitrofe aree verdi, comportando la diminuzione del comfort termico, la crescita dei consumi energetici per il condizionamento estivo degli edifici ed una maggiore presenza di inquinanti. Le accresciute richieste energetiche contribuiscono, inoltre, all’incremento dell’effetto serra per le emissioni di anidride carbonica conseguenti all’uso delle fonti fossili. L’uso agricolo degli spazi periurbani garantisce l’impermeabilizzazione del suolo, ostacola i fenomeni erosivi e assicura la ricarica delle falde acquifere. Si oppone, quindi, a gravi fenomeni di degrado e di pericolosità ambientale, si presta a interventi che salvaguardano da un lato, le funzioni tradizionali dell’attività agricola periurbana e, dall’altro, sviluppano le nuove funzioni in risposta alle nuove richieste della città contemporanea. Il mantenimento della funzione produttiva è in tal senso un passaggio obbligato, da essa infatti discendono tutte le altre.

Figura 5 - Fruitful City di Kuiper Compagnos e Oosterhuis Associates (1992-1997)

La metodologia utilizzata per la progettazione ambientale di un parco agricolo comprende le seguenti fasi:

1. concertazione: fase sempre più rilevante nel processo progettuale, consiste nella discussione preliminare dell’idea con gli esponenti politici, l’utenza, i promotori dell’iniziativa, i tecnici, ecc., al fine di definire la fattibilità dell’intervento, tempi, fasi e modalità di realizzazione e di individuare gli obiettivi prioritari (breifing). Complesso ed articolato, quindi, il ruolo dell’architetto, che dovrà rilevare in questa fase le esigenze delle parti intervenute e coordinare il team di progettazione che sarà formato da competenze specifiche multidisciplinari;

2. scelta del sito: consiste nell’individuazione dell’area oggetto dell’intervento di trasformazione in base a criteri che tengano conto della compatibilità con la vocazione naturale (presente o passata) della zona in esame, della disponibilità di risorse rinnovabili, delle connessioni ed interazioni con le aree limitrofe, delle principali esigenze dell’utenza da soddisfare, delle scelte politiche;

3. analisi: riveste un ruolo estremamente rilevante in quanto da questa derivano successivamente le scelte progettuali e la definizione degli interventi. Richiede un approccio multidisciplinare governato dall’architetto progettista ambientale che indirizzerà le analisi in funzione degli obiettivi prescelti. Il quadro conoscitivo si compone di aspetti storici, territoriali, geografici, socio-economici, geo-morfologici, tecnici. Individuare i sistemi e subsistemi ambientali, insediativi e infrastrutturali, nonché definire la suddivisione del territorio in unità territoriali elementari, può aiutare a gestire la complessità di relazioni e dati di un territorio. Tali suddivisioni consentono di specificare, con gli opportuni studi, le diverse e specifiche azioni di tutela, di valorizzazione, di sviluppo;

4. progettazione eco-orientata: si tratta della definizione delle strategie e degli interventi che dovranno essere finalizzati alla realizzazione o al mantenimento dell’equilibrio dell’ecosistema oggetto della trasformazione. Tale fase comprende pertanto la definizione degli obiettivi specifici della trasformazione, la messa a punto delle strategie e la individuazione delle attività compatibili, la predisposizione di un sistema di requisiti di ecosostenibilità che il parco agricolo dovrà possedere e la scelta degli interventi compatibili;

5. gestione e manutenzione: prerogativa fondamentale per una corretta progettazione è stabilire il mantenimento nel tempo delle prestazioni definite nella precedente fase. Tale mantenimento è garantito mediante una gestione attenta, che opera un controllo costante del territorio in oggetto ed inoltre dipende dalla durabilità e dalla facilità di manutenzione delle scelte progettuali predefinite. La gestione del parco potrebbe essere affidata a cooperative agricole singole o associate mediante specifiche convenzioni, che ne definiscano le attività compatibili e ne prescrivano le modalità di realizzazione, i tempi e gli interventi possibili. Tale ipotesi potrebbe consentire all’agricoltore di usufruire di suoli produttivi di proprietà pubblica a costi convenienti, mentre alle amministrazioni pubbliche garantirebbe una rivitalizzazione di aree che altrimenti verserebbero, come spesso accade, in stato di abbandono. Inoltre, i proventi realizzati dalla vendita di prodotti agricoli, potrebbero essere utilizzati, in parte, per interventi di manutenzione del parco e per strategie di promozione e marketing del prodotto agricolo.

Figura 6 - L'orto nomade di P. Nadeau, V. Dupont-Rougier e J. Alexandre (Festival des Jardins a Chaumont-sur-Loire, 1999)

Gli obiettivi principali sono:

- riequilibrio ecologico-ambientale del rapporto città-campagna;

- valorizzazione delle risorse naturali;

- restauro e riqualificazione paesaggistico ambientale dell’habitat agricolo;

- rivitalizzazione di una funzione produttiva compatibile con l’ambiente;

- tutela, valorizzazione e sviluppo sostenibile delle risorse di un territorio;

- mantenimento della biodiversità, ossia conservare sufficiente variabilità entro ogni specie, al fine di assicurarsi che il suo potenziale genetico possa essere utilizzato per il futuro;

- partecipazione e coinvolgimento del cittadino che si riappropria di una porzione di territorio prima inaccessibile, prerogative indispensabili per la sostenibilità di un intervento;

- manutenibilità attraverso soluzioni progettuali che consentano una facile conservazione nel tempo delle qualità tecnologiche, funzionali ed ambientali.

Le attività e le funzioni compatibili sono:

- funzione agricolo-produttiva, con particolare riferimento al recupero di tecniche di coltivazione tradizionali e all’impianto di coltivazioni di tipo biologico, ovvero che rispettino il ciclo naturale delle piante senza il supporto di sostanze chimiche, fertilizzanti o quant’altro possa inquinare il suolo o le falde acquifere;

- funzione turistico-ricreativa, attraverso il recupero di strutture rurali già presenti sul territorio da riconvertire per l’allestimento di piccoli punti per il ristoro e la degustazione dei prodotti coltivati e la creazione di spazi attrezzati per la sosta. Attività collaterali di supporto all’attività agricola, come ad esempio l’organizzazione di una piccola fiera dei prodotti coltivati, di giornate a tema dedicate alla degustazione dei prodotti tipici, di eventi culturali legati al cibo (ad esempio la presentazione di libri di cucina), possono avvicinare il cittadino alla campagna, nonché ammortizzare i costi di gestione del parco. I proventi ricavati da tali attività potrebbero così essere reinvestiti all’interno del parco per opere di manutenzione dell’habitat agricolo o di miglioramento della qualità del prodotto agricolo;

- funzione sociale, tramite il coinvolgimento e la partecipazione di categorie deboli (terza età, portatori di handicap, bambini) e mediante l’inserimento di lavoratori socialmente utili, per la coltivazione dei campi e per la sorveglianza notturna;

- funzione ecologico-ambientale, in quanto l’agricoltura ecocompatibile svolge un ruolo di tutela e conservazione delle risorse. In particolare, l’attività agricola difende il terreno dall’impermeabilizzazione dei suoli. Inoltre, sono ormai noti a tutti i benefici in termini bioclimatici che il verde offre per compensare gli squilibri dell’ecosistema urbano;

- funzione didattico-scientifica, in quanto possono attuarsi convenzioni con università per la realizzazione di laboratori sperimentali per l’inserimento di nuove specie vegetali compatibili con il clima mediterraneo. Inoltre, possono anche realizzarsi programmi di educazione ambientale con il coinvolgimento delle scuole, per avvicinare l’adolescente alla natura, prerogativa questa fondamentale per il rispetto dell’ambiente.

Il nuovo piano regolatore di Palermo, coordinato da Pier Luigi Cervellati, si pone tra i principali obiettivi quello di “ripristinare il perduto rapporto dell’urbano con la campagna” e a questo proposito colloca al centro dell’attenzione l’insieme delle aree periurbane in cui sono ancora reperibili patrimoni di natura e tracce di identità storica sopravvissuti alle recenti espansioni della città10. Il Progetto Life per il parco agricolo di Palermo rappresenta senza dubbio un’esperienza significativa in questa direzione (Figura 8). L’intervento rappresenta un modello di gestione per la tutela e la valorizzazione dell’area agricola periurbana di Ciaculli a Palermo, realizzato nell’ambito del Progetto Life della Comunità europea e vincitore del premio per le città sostenibili.

Il territorio interessato dal progetto costituisce l’ultima estesa area agricola del Comune di Palermo; misura circa 700 ha e si inserisce, sia per le caratteristiche agricole che per quelle socioeconomiche, in quella fascia periurbana residua sopravvissuta all’espansione urbana. In considerazione della prevalente utilizzazione agricola dei suoi suoli, Ciaculli rappresenta, per livello di intensificazione ed omogeneità colturale, il maggiore comprensorio agricolo e mandarinicolo della Conca d’Oro.

Figura 7 - Parco urbano di Desvigne & Dalnoky (Issoundun, Francia,1994)

La fase di analisi del territorio ha evidenziato gli elementi dell’impianto agricolo storicamente formato, mettendo in evidenza il loro ruolo nella definizione degli specifici rapporti d’insieme ed il loro grado di persistenza, con l’obiettivo di valutare in sede di progetto l’opportunità di programmare interventi di conservazione, recupero, ripristino o sostituzione, in base al loro valore intrinseco, di beni architettonici e ambientali. L’intera area è stata interessata da interventi di salvaguardia delle funzioni tradizionali dell’attività agricola periurbana, in particolare della funzione produttiva in quanto la miglior tutela di un territorio si attua attraverso l’attribuzione o il mantenimento di destinazioni d’uso compatibili11. L’intero progetto di recupero è durato due anni ed ha curato, in particolare, la riqualificazione ambientale operata lungo la fascia pedemontana, attraverso la sistemazione ed il recupero delle aree abbandonate e degradate, il restauro di alcuni elementi ordinatori del paesaggio agricolo terrazzato e la realizzazione di un percorso lungo circa 5 km, che ne consente l’accessibilità e la fruizione ai visitatori.

In particolare, si è individuato un sistema di percorsi distinto fondamentalmente in tre tipologie: percorsi di interesse storico-architettonico, percorsi di interesse paesaggistico-ambientale, sentieri montani. Si è proceduto in primo luogo alla scelta di una rete di percorsi strutturati sui tracciati esistenti, al recupero dei bagli ed al loro riuso per fini sociali, abitativi e di servizio al parco e alla riprogettazione degli accessi dei percorsi che conducono ai bagli. Lungo il percorso principale, asse strutturante dell’area d’intervento, si sono localizzati il campo di Confronto Varietale e il Giardino Museo dell’Agricoltura della Conca d’Oro. Sono stati, inoltre, realizzati una serie di interventi di manutenzione, di ripristino e di ricostruzione parziale dei muretti in muratura a secco (circa 5000 ml), secondo le tecniche tradizionali, ed interventi mirati alla sistemazione delle scarpate con la piantumazione di essenze arboree ed arbustive (circa 6000 essenze) tipiche del bosco e della macchia mediterranea (noce, lazzeruolo, sorbo, gelso, ulivo, mandorlo ecc.). Gli interventi di agroforestazione e rinaturalizzazione hanno riguardato, in particolare, le pendici montane (circa 15 ettari) interessate da impoverimento floristico ed abbandono di uliveti e mandorli con conseguenti fenomeni di dissesto idrogeologico. Le azioni effettuate hanno soprattutto riguardato il rimboschimento delle pendici attraverso interventi di ingegneria naturalistica per contrastare l’effetto disgregatore dell’acqua piovana che discende a valle. Sono stati, inoltre, effettuati interventi di recupero degli agrumeti abbandonati individuati nella fase di analisi e di progetto.

Prima dell’avvio dei lavori si è operata un’intensa attività di sensibilizzazione ed informazione dei proprietari-agricoltori poiché era necessario, per la realizzazione del progetto, l’assenso dei proprietari dei fondi interessati. A questo fine si è realizzato il censimento, attraverso un’indagine catastale, di tutti i proprietari e si è elaborata una convenzione per l’autorizzazione ai lavori da parte dei privati. Gli interventi hanno interessato in totale circa 400 particelle catastali. Per facilitare il dialogo con gli interessati è stato prodotto un opuscolo esplicativo degli interventi previsti con l’elenco delle particelle catastali e la descrizione sommaria degli interventi.

Figura 8 - Estensione dell'area del parco agricolo di Palermo e suo rapporto con la città

 

 

1 Cfr. Z. Barman (2002), Modernità liquida, Laterza, Roma.

2 Cfr. Branzi A. (2003), Agricoltura e architettura, in Atti del Convegno “Soluzioni ecocompatibili per la configurazione del paesaggio agricolo”, Napoli.

3 Cervellati P., Un parco agricolo urbano in cui stupirsi e istruirsi, in “Il Progetto Life per il parco agricolo di Palermo: modello di gestione agricola in zona periurbana per un’integrazione città-campagna”.

4 Cfr. Branzi A., Prime note per un master plan, in “Lotus” n. 107/2000.

5 Branzi, A. (1995), Lo spazio liberato, in Manzini, Susani (a cura di), “The Solid Side. Il lato solido in un mondo che cambia: progetti e proposte”, V+K Publishing, Naarden.

6 Cfr. Melet E. (2000), Sustainable Architecture, Nai Publisher.

7 Cooper P. (2001), Il giardino new tech. L’archivolto, Milano.

8 Cobello L., Simonetti C., Le linee guida del progetto, in “Il Progetto Life per il parco agricolo di Palermo: un modello di gestione per la tutela e la valorizzazione dell’area agricola periurbana di Ciaculli, Croceverde Giardina” pubblicato a cura dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia.

9 Assunto R. (1973), Il Paesaggio e l’Estetica, Giannini, Napoli.

10 Cervellati P., Un parco agricolo urbano in cui istruirsi e stupirsi, in “Il Progetto Life per il parco agricolo di Palermo: un modello di gestione per la tutela e la valorizzazione dell’area agricola periurbana di Ciaculli e Croceverde Giardina”.

11 Le borgate di Ciaculli e Croceverde Giardina sono costituite da circa 5000 abitanti, nella maggior parte proprietari di appezzamenti agricoli coltivati a mandarinato. Recentemente, la crisi dell’agrumicoltura ha portato all’abbandono dell’attività agricola e della gestione dei fondi che versavano così in un forte stato di degrado. Il Progetto Life, in collaborazione con il Comune di Palermo, ha voluto far fronte a questa problematica incentivando, con il recupero di quest’area, il mantenimento dell’attività agricola e la partecipazione del cittadino alle bellezze e ai prodotti della sua terra. All’agricoltore, dunque, il ruolo di manutentore di un ambiente, di un paesaggio, di una tradizione di qualità.

 

 

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