Architettura e agricoltura
L’integrazione di aree agricole in ambito
urbano, costituisce una tematica di grande
attualità nell’ottica di trasformazione
delle nostre città in luoghi più
sostenibili. All’interno del dibattito sullo
sviluppo sostenibile, uno dei temi centrali
è la questione dei territori di margine, ed
in particolare, la ridefinizione delle
relazioni di reciprocità tra territorio
agricolo e città, tra sistemi ambientali e
sistemi urbani.
La città contemporanea si è espansa a
dismisura, lasciando quasi sempre le zone
protette e agricole limitrofe come riserva
per la crescita urbana; tutto il XX secolo è
stato caratterizzato da una netta
separazione tra agricoltura e città. Alcune
recenti esperienze, invece, dimostrano come
un possibile riequilibrio dell’ecosistema
urbano può avvenire proprio attraverso
l’ibridazione dei due sistemi, e la
progettazione di tale ibridazione è una
delle sfide del progetto contemporaneo.
Aspetti tecnologici, paesaggistici,
ambientali coesistono insieme in questa
ibridazione.
Una cultura architettonica, dunque, che
rinnova del tutto i suoi modelli di
riferimento, affrontando la sfida di una
modernità liquida1 e stabilendo
nuove relazioni con una cultura come quella
agricola, che non è una cultura costruttiva
in termini tradizionali, ma produttiva in
termini enzimatici, e che segue logiche
bio-compatibili e usa tecnologie di supporto
altamente evolute. Un’architettura dunque,
che ritorna alla natura, ed in particolar
modo all’agricoltura e alle sue
tecnologie.
L’agricoltura, interpretata in termini
sostenibili, riveste sicuramente un ruolo
centrale di tutela del territorio,
costituendo insieme un’attività produttiva
ma anche ecocompatibile, fondata, quindi, su
regole biologiche e naturali.
Un’agricoltura, dunque, concepita per
restituire identità ad un luogo, per
tutelare la bellezza dei nostri paesaggi
agrari, per salvaguardare le risorse
naturali, per rispettare una vocazione
secolare delle nostre zone, per offrire
numerosi benefici al sistema urbano
(variazioni microclimatiche, depurazione
dell’aria, produttività, attenuazione del
rumore, difesa del suolo, conservazione
della biodiversità). Un’agricoltura in grado
di fornire un modello autoregolato di
produzione industriale basato su risorse
naturali e rinnovabili, un’agricoltura che
non rappresenta più il mondo delle
tecnologie preindustriali ma, al contrario,
occupa uno spazio nuovo, di estrema
sofisticazione gestionale e produttiva,
un’agricoltura che si serve di tecnologie
appropriate per riacquistare il ruolo di
motore dello sviluppo sostenibile di un
territorio.
La tecnologia naturale sta diventando,
dunque, il modello costruttivo più
sofisticato, a cui la tecnologia industriale
guarda cercando di imitarne i cicli e le
prestazioni. Il mondo dell’artificiale, nato
per sostituire una natura inadeguata, sta
riscoprendo la natura come regno di una
tecnologia inarrivabile, come capacità
straordinaria di produrre materiali,
prodotti, prestazioni eco-compatibili,
alimentandosi delle tecnologie deboli e
diffuse della natura su intere regioni2.
Fino ad oggi l’architettura si è sempre
concentrata sulla costruzione della città,
senza considerare che anche il paesaggio
agricolo necessita di una progettazione.
Tale progettazione dovrebbe tendere proprio
alla valorizzazione dei segni del paesaggio
agricolo come elementi di identità di un
luogo, alla promozione di tecniche di
coltivazione tradizionali, all’utilizzo di
energie alternative, all’insediamento di
modelli e funzioni reversibili come la
rotazione delle colture. Insomma, il
paesaggio agricolo come fonte inesauribile
da cui attingere per la progettazione di un
paesaggio artificiale che usa le
tecnologie naturali come sistemi
costruttivi. Ne è un esempio l’opera
Power Lines della paesaggista Martha
Schwartz nella regione dell’Emscher Park in
Germania (Figura 1). In questa
installazione gli elementi tipici del
paesaggio agricolo, le siepi di grano,
alternate a pile di balle di fieno rivestite
in tela rossa e nera, individuano gli assi
direttori dell’intervento e determinano una
tessitura geometrica che scandisce il
paesaggio.
L’ibridazione tra paesaggio urbano e
paesaggio agricolo è il tema su cui si fonda
il Park André Citroen a Parigi (Figura 2
e 3), dove l’agricoltura è utilizzata
con funzioni ricreative e didattiche. Due
serre di metallo e vetro costituiscono il
perno attorno a cui ruota l’intervento.
L’intervento, ideato da G. Clement e A.
Provost nel 1992, consiste, infatti, nel
recupero di una ex area industriale e nella
trasformazione in parco urbano.
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Figura 1 - Power Lines di Martha
Schwartz (Emscher Park, Germania) |
Strategie di ibridazione
Nella strategia per la ricostruzione di un
rapporto di continuità tra città e campagna,
giocano un ruolo fondamentale le aree
periurbane, che non sono più agricole e non
sono ancora urbanizzate. Sono assai più
importanti e decisive di qualsiasi altra
zona. La riconquista dell’urbano nasce,
dunque, dal riutilizzo di queste zone3.
E non solo. Tutti quegli spazi residuali,
marginali o interstiziali all’interno della
città, possono svolgere un ruolo attivo di
riequilibrio ambientale, se recuperati ed
adibiti ad una funzione produttiva agricola
eco-compatibile. Penso, ad esempio, a tutti
quegli spazi attualmente abbandonati o in
attesa di una destinazione, veri e propri
vuoti urbani, lungo le autostrade o i binari
di una linea ferroviaria, tra due edifici
come all’interno di un insediamento urbano,
contenitori solo di rifiuti o discariche
abusive o parcheggio selvaggio di
automobili. Non è un caso che il fenomeno
degli orti urbani sta nascendo in forma
spontanea proprio in queste aree in stato di
abbandono, tant’è che alcune amministrazioni
comunali hanno redatto appositi regolamenti
che definiscono criteri di affidamento di
terreni demaniali a categorie protette
(pensionati ed anziani) per attività
agricole non lucrative.
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Figura 2 - Parc André Citroen di G.
Clement e A. Provost (Parigi,1992) |
La velocità delle trasformazioni
tecnologiche e sociali a cui stiamo
assistendo è impressionante e la cultura del
progetto contemporaneo molto spesso risulta
inadeguata ed in ritardo. Inoltre, l’ormai
acquisita presa di coscienza della
limitatezza delle risorse porta ad una nuova
stagione progettuale, legata alla ricerca di
modelli di sviluppo reversibili, di
equilibri provvisori più che di soluzioni
definitive, di sistemi produttivi
alternativi, alimentati da energie
genetiche deboli, stagionali,
eco-compatibili. La città contemporanea si è
completamente disassata rispetto alle
funzioni su cui è stata progettata (zooning)
e si è spontaneamente fluidificata
adattandosi a nuove esigenze. Cambiano così
i fondamenti del progetto contemporaneo e
portano in luce nuove categorie di
riferimento, come la reversibilità dei
processi e delle destinazioni d’uso, la
smontabilità dei sistemi architettonici,
l’integrazione tra ambiente progettato e
ambiente naturale4. Questi,
infatti, i leit motiv delle proposte
utopiche di Andrea Branzi per Agronica
(1994) ed Eindhoven (2000), che prevedono
l’ibridazione tra agricoltura e città (Figura
4). Il modello urbano-agricolo proposto
nei progetti di Agronica ed Eindhoven5,
rappresenta uno strumento per trasformare la
realtà urbana senza stravolgerla, un sistema
industrialmente evoluto, capace di adeguarsi
a cicli produttivi che cambiano nel tempo,
seguendo modalità organizzative reversibili,
a basso impatto ambientale. Tutto questo
grazie ad una flessibilità e disponibilità
tecnologica fondata su energie deboli,
pulite, reversibili. La civiltà agricola
industriale realizza un paesaggio
orizzontale, privo di cattedrali,
attraversabile e reversibile: il turn
over delle coltivazioni permette di
gestire il paesaggio agricolo secondo una
logica transitoria, che si adegua
all’equilibrio produttivo del terreno,
all’andamento delle stagioni e del mercato.
Per questo insieme di motivi l’architettura
contemporanea dovrebbe cominciare a guardare
all’agricoltura moderna come ad una realtà
con cui stabilire nuove relazioni
strategiche, secondo un approccio non
deterministico per l’evoluzione
dell’ambiente urbano.
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Figura 3 - Parc André Citroen di G.
Clement e A. Provost (Parigi,1992) |
Carica parzialmente utopica anche per la
proposta olandese Fruitful City (Figura
5) per un quartiere residenziale che
sperimenta la tipologia della serra sia in
funzione abitativa che in funzione
produttiva, realizzando quell’integrazione
di funzioni indispensabile per ridare
identità urbana ad un luogo e garantire
insieme auto-approvvigionamento alimentare e
nuove forme dell’abitare. Il progetto è
stato elaborato tra il 1992 e il 1997 da un
gruppo di architetti olandesi, i Kuiper
Compagnos e Oosterhuis Associates su
commissione dell’amministrazione di
Dordrecht e con il supporto della Dutch
National Planning Agency nell’ambito del
progetto di espansione urbana Vinex6:
56 ettari in totale, 1700 abitazioni (80% a
basso costo), 24 ettari destinati a serre
produttive e oltre 5 ettari di campi aperti.
L’obiettivo del progetto è di combinare i
principi di energia, ecologia ed economia
all’interno di un quartiere residenziale.
L’impianto di aree di verde agricolo
costituisce una tendenza innovativa nella
progettazione di nuove residenze soprattutto
nel nord Europa. Non più, dunque, ghetti
dormitorio, ma parchi residenziali, dove il
verde agricolo produttivo garantisce un
miglior comfort ambientale ed insieme offre
opportunità di lavoro agli abitanti stessi
in un’ottica di sostenibilità delle
trasformazioni urbane.
L’esigenza di integrazione di pezzi di
campagna in città è stata recepita e
proposta da un team di progettazione,
Patrick Nadeau, Vincent Dupont-Rougier e
Joelle Alexandre, che comprende un
architetto, un designer e un consulente
industriale per il Festival des Jardins
1999 a Chaumont-sur-Loire7 (Figura
6). L’opera, denominata l’orto nomade
consiste in un giardino trasportabile,
ideale per residenze temporanee, dove spesso
l’inquilino non vuole investire tempo in un
giardino che poi non potrà godere a lungo.
L’idea è senz’altro innovativa. Inoltre,
fornisce cibo economico, è facile da
manutenere ed è anche decorativo. Rotoli di
lana minerale, utilizzati come supporto per
la crescita delle piante, atomizzatori,
circuiti idraulici e schermi di protezione
dal cattivo tempo sono stati tutti
progettati specificatamente per questo
giardino, che dispone di un sistema di
irrigazione premontato. L’acqua viene
recuperata attraverso un’incerata posta
sotto il pavimento centrale e arricchita di
elementi nutritivi. Poi è nuovamente pompata
nel circuito d’irrigazione. La struttura è
costituita da un cubo d’acciaio inossidabile
sistemato su un semplice carrello. I quattro
lati del cubo si aprono rivelando quattro
mobili piattaforme di legno, che possono
assumere posizione orizzontale o verticale,
ed in tal caso realizzare una piccola serra,
rivestita da fogli di plastica trasparente.
Possono essere impiantate verdure, erbe
aromatiche e frutta, la cui crescita dipende
da un sistema idroponica, cioè non richiede
la presenza del suolo. Le piante sono poste
nella lana minerale, attraverso cui viene
pompata l’acqua arricchita da soluzioni
nutritive specifiche. A fine stagione l’orto
può essere semplicemente ripiegato nel cubo
e trasportato altrove. I requisiti
principali di quest’elemento innovativo di
design ed insieme produttivo sono la
trasportabilità, la manutenibilità, l’ecocompatibilità
dei materiali.
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Figura 4 - Agronica di Andrea Branzi
(1994) |
Parchi agricoli: l’esperienza di Palermo
Il parco agricolo rappresenta una
particolare tipologia di parco, la cui
struttura è costituita dallo stesso
territorio agricolo, da quegli elementi
depositati nel tempo dall’attività agricola
(trame di percorsi, sistema di irrigazione,
elementi vegetazionali, strutture
architettoniche, ecc.)8. La
configurazione del parco agricolo è formata
principalmente dall’orditura dei campi, da
coltivazioni in pien’aria e coltivazioni
protette, dai terrazzamenti, dalle
recinzioni, dalla trama di percorsi
interpoderali già esistenti e da nuovi
percorsi, pedonali e ciclabili, che
consentono l’accessibilità anche ai non
addetti ai lavori, dal sistema delle acque,
dai pozzi e dai canali di irrigazione, da
strutture temporanee e da esempi di
architettura rurale (casolari e rustici) da
riconvertire per attività
turistico-ricreative di supporto
all’attività agricola.
Un parco agricolo fondato sulla
rivitalizzazione di un’attività economica
condotta in termini ambientalmente
consapevoli costituisce, di fatto,
un’innovazione nell’idea di parco, non più
struttura apposita per il tempo libero, ma
condizione di sostenibilità delle attività
insediate e della qualità ambientale
dell’intero territorio. Un’evoluzione,
dunque, nella visione degli spazi aperti che
da spazi residuali e di riserva, sottoposti
a tutela con la sola funzione di porre dei
limiti alla superficie dell’edificato,
diventano elementi attivi e strutturanti lo
sviluppo urbano. Costituisce un’innovazione
dell’idea di parco, in quanto unisce alle
caratteristiche di fruibilità, accessibilità
e godibilità estetica del parco urbano, la
funzione agricola produttiva che, sviluppata
in termini ambientalmente compatibili,
rappresenta prerogativa di sostenibilità.
Non più parchi solamente per il tempo
libero, ma aree dove l’agricoltura
sostenibile funge da motore trainante per
l’intera struttura. La campagna come
giardino della città, luogo produttivo e
di piacere insieme, dove coincidono “in un
giardino assoluto, l’idea del giardino,
natura contemplabile, con quella del
frutteto, natura utile alla vita”9,
elemento attivo e strutturante dello
sviluppo urbano.
Dal punto di vista ambientale le aree verdi
urbane e periurbane, comprese anche le aree
agricole, rivestono un ruolo fondamentale
per la depurazione dell’aria. Sono, infatti,
attive nella immobilizzazione di alcuni
inquinanti particolari (polveri, metalli
pesanti) e nella metabolizzazione di
sostanze gassose (CO, NOx, H2S) emesse da
alcune attività antropiche che hanno sede
privilegiata in città o nelle sue vicinanze
(industrie, traffico veicolare, sistemi di
riscaldamento, ecc.). Grande interesse
rivestono, inoltre, le aree verdi urbane
anche nel contrastare l’incremento
dell’isola di calore. Fenomeno, questo,
provocato dalla geografia urbana, dai
caratteri dei materiali che costituiscono la
città, dal calore rilasciato dagli usi
energetici e che si manifesta con
temperature medie di 3-5°C più elevate di
quelle delle limitrofe aree verdi,
comportando la diminuzione del comfort
termico, la crescita dei consumi energetici
per il condizionamento estivo degli edifici
ed una maggiore presenza di inquinanti. Le
accresciute richieste energetiche
contribuiscono, inoltre, all’incremento
dell’effetto serra per le emissioni di
anidride carbonica conseguenti all’uso delle
fonti fossili. L’uso agricolo degli spazi
periurbani garantisce l’impermeabilizzazione
del suolo, ostacola i fenomeni erosivi e
assicura la ricarica delle falde acquifere.
Si oppone, quindi, a gravi fenomeni di
degrado e di pericolosità ambientale, si
presta a interventi che salvaguardano da un
lato, le funzioni tradizionali dell’attività
agricola periurbana e, dall’altro,
sviluppano le nuove funzioni in risposta
alle nuove richieste della città
contemporanea. Il mantenimento della
funzione produttiva è in tal senso un
passaggio obbligato, da essa infatti
discendono tutte le altre.
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Figura 5 - Fruitful City di Kuiper
Compagnos e Oosterhuis Associates
(1992-1997) |
La metodologia utilizzata per la
progettazione ambientale di un parco
agricolo comprende le seguenti fasi:
1. concertazione: fase sempre più
rilevante nel processo progettuale, consiste
nella discussione preliminare dell’idea con
gli esponenti politici, l’utenza, i
promotori dell’iniziativa, i tecnici, ecc.,
al fine di definire la fattibilità
dell’intervento, tempi, fasi e modalità di
realizzazione e di individuare gli obiettivi
prioritari (breifing). Complesso ed
articolato, quindi, il ruolo
dell’architetto, che dovrà rilevare in
questa fase le esigenze delle parti
intervenute e coordinare il team di
progettazione che sarà formato da competenze
specifiche multidisciplinari;
2. scelta del sito: consiste
nell’individuazione dell’area oggetto
dell’intervento di trasformazione in base a
criteri che tengano conto della
compatibilità con la vocazione naturale
(presente o passata) della zona in esame,
della disponibilità di risorse rinnovabili,
delle connessioni ed interazioni con le aree
limitrofe, delle principali esigenze
dell’utenza da soddisfare, delle scelte
politiche;
3. analisi: riveste un ruolo
estremamente rilevante in quanto da questa
derivano successivamente le scelte
progettuali e la definizione degli
interventi. Richiede un approccio
multidisciplinare governato dall’architetto
progettista ambientale che indirizzerà le
analisi in funzione degli obiettivi
prescelti. Il quadro conoscitivo si compone
di aspetti storici, territoriali,
geografici, socio-economici, geo-morfologici,
tecnici. Individuare i sistemi e subsistemi
ambientali, insediativi e infrastrutturali,
nonché definire la suddivisione del
territorio in unità territoriali elementari,
può aiutare a gestire la complessità di
relazioni e dati di un territorio. Tali
suddivisioni consentono di specificare, con
gli opportuni studi, le diverse e specifiche
azioni di tutela, di valorizzazione, di
sviluppo;
4. progettazione eco-orientata: si
tratta della definizione delle strategie e
degli interventi che dovranno essere
finalizzati alla realizzazione o al
mantenimento dell’equilibrio dell’ecosistema
oggetto della trasformazione. Tale fase
comprende pertanto la definizione degli
obiettivi specifici della trasformazione, la
messa a punto delle strategie e la
individuazione delle attività compatibili,
la predisposizione di un sistema di
requisiti di ecosostenibilità che il parco
agricolo dovrà possedere e la scelta degli
interventi compatibili;
5. gestione e manutenzione:
prerogativa fondamentale per una corretta
progettazione è stabilire il mantenimento
nel tempo delle prestazioni definite nella
precedente fase. Tale mantenimento è
garantito mediante una gestione attenta, che
opera un controllo costante del territorio
in oggetto ed inoltre dipende dalla
durabilità e dalla facilità di manutenzione
delle scelte progettuali predefinite. La
gestione del parco potrebbe essere affidata
a cooperative agricole singole o associate
mediante specifiche convenzioni, che ne
definiscano le attività compatibili e ne
prescrivano le modalità di realizzazione, i
tempi e gli interventi possibili. Tale
ipotesi potrebbe consentire all’agricoltore
di usufruire di suoli produttivi di
proprietà pubblica a costi convenienti,
mentre alle amministrazioni pubbliche
garantirebbe una rivitalizzazione di aree
che altrimenti verserebbero, come spesso
accade, in stato di abbandono. Inoltre, i
proventi realizzati dalla vendita di
prodotti agricoli, potrebbero essere
utilizzati, in parte, per interventi di
manutenzione del parco e per strategie di
promozione e marketing del prodotto
agricolo.
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Figura 6 - L'orto nomade di P.
Nadeau, V. Dupont-Rougier e J.
Alexandre (Festival des Jardins a
Chaumont-sur-Loire, 1999) |
Gli obiettivi principali sono:
- riequilibrio ecologico-ambientale del
rapporto città-campagna;
- valorizzazione delle risorse naturali;
- restauro e riqualificazione paesaggistico
ambientale dell’habitat agricolo;
- rivitalizzazione di una funzione
produttiva compatibile con l’ambiente;
- tutela, valorizzazione e sviluppo
sostenibile delle risorse di un territorio;
- mantenimento della biodiversità, ossia
conservare sufficiente variabilità entro
ogni specie, al fine di assicurarsi che il
suo potenziale genetico possa essere
utilizzato per il futuro;
- partecipazione e coinvolgimento del
cittadino che si riappropria di una porzione
di territorio prima inaccessibile,
prerogative indispensabili per la
sostenibilità di un intervento;
- manutenibilità attraverso soluzioni
progettuali che consentano una facile
conservazione nel tempo delle qualità
tecnologiche, funzionali ed ambientali.
Le attività e le funzioni compatibili sono:
- funzione agricolo-produttiva, con
particolare riferimento al recupero di
tecniche di coltivazione tradizionali e
all’impianto di coltivazioni di tipo
biologico, ovvero che rispettino il ciclo
naturale delle piante senza il supporto di
sostanze chimiche, fertilizzanti o quant’altro
possa inquinare il suolo o le falde
acquifere;
- funzione turistico-ricreativa,
attraverso il recupero di strutture rurali
già presenti sul territorio da riconvertire
per l’allestimento di piccoli punti per il
ristoro e la degustazione dei prodotti
coltivati e la creazione di spazi attrezzati
per la sosta. Attività collaterali di
supporto all’attività agricola, come ad
esempio l’organizzazione di una piccola
fiera dei prodotti coltivati, di giornate a
tema dedicate alla degustazione dei prodotti
tipici, di eventi culturali legati al cibo
(ad esempio la presentazione di libri di
cucina), possono avvicinare il cittadino
alla campagna, nonché ammortizzare i costi
di gestione del parco. I proventi ricavati
da tali attività potrebbero così essere
reinvestiti all’interno del parco per opere
di manutenzione dell’habitat agricolo
o di miglioramento della qualità del
prodotto agricolo;
- funzione sociale, tramite il
coinvolgimento e la partecipazione di
categorie deboli (terza età, portatori di
handicap, bambini) e mediante l’inserimento
di lavoratori socialmente utili, per la
coltivazione dei campi e per la sorveglianza
notturna;
- funzione ecologico-ambientale, in
quanto l’agricoltura ecocompatibile svolge
un ruolo di tutela e conservazione delle
risorse. In particolare, l’attività agricola
difende il terreno dall’impermeabilizzazione
dei suoli. Inoltre, sono ormai noti a tutti
i benefici in termini bioclimatici che il
verde offre per compensare gli squilibri
dell’ecosistema urbano;
- funzione didattico-scientifica, in
quanto possono attuarsi convenzioni con
università per la realizzazione di
laboratori sperimentali per l’inserimento di
nuove specie vegetali compatibili con il
clima mediterraneo. Inoltre, possono anche
realizzarsi programmi di educazione
ambientale con il coinvolgimento delle
scuole, per avvicinare l’adolescente alla
natura, prerogativa questa fondamentale per
il rispetto dell’ambiente.
Il nuovo piano regolatore di Palermo,
coordinato da Pier Luigi Cervellati, si pone
tra i principali obiettivi quello di
“ripristinare il perduto rapporto
dell’urbano con la campagna” e a questo
proposito colloca al centro dell’attenzione
l’insieme delle aree periurbane in cui sono
ancora reperibili patrimoni di natura e
tracce di identità storica sopravvissuti
alle recenti espansioni della città10.
Il Progetto Life per il parco
agricolo di Palermo rappresenta senza dubbio
un’esperienza significativa in questa
direzione (Figura 8). L’intervento
rappresenta un modello di gestione per la
tutela e la valorizzazione dell’area
agricola periurbana di Ciaculli a Palermo,
realizzato nell’ambito del Progetto Life
della Comunità europea e vincitore del
premio per le città sostenibili.
Il territorio interessato dal progetto
costituisce l’ultima estesa area agricola
del Comune di Palermo; misura circa 700 ha e
si inserisce, sia per le caratteristiche
agricole che per quelle socioeconomiche, in
quella fascia periurbana residua
sopravvissuta all’espansione urbana. In
considerazione della prevalente
utilizzazione agricola dei suoi suoli,
Ciaculli rappresenta, per livello di
intensificazione ed omogeneità colturale, il
maggiore comprensorio agricolo e
mandarinicolo della Conca d’Oro.
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Figura 7 - Parco urbano di Desvigne
& Dalnoky (Issoundun, Francia,1994) |
La fase di analisi del territorio ha
evidenziato gli elementi dell’impianto
agricolo storicamente formato, mettendo in
evidenza il loro ruolo nella definizione
degli specifici rapporti d’insieme ed il
loro grado di persistenza, con l’obiettivo
di valutare in sede di progetto
l’opportunità di programmare interventi di
conservazione, recupero, ripristino o
sostituzione, in base al loro valore
intrinseco, di beni architettonici e
ambientali. L’intera area è stata
interessata da interventi di salvaguardia
delle funzioni tradizionali dell’attività
agricola periurbana, in particolare della
funzione produttiva in quanto la miglior
tutela di un territorio si attua attraverso
l’attribuzione o il mantenimento di
destinazioni d’uso compatibili11.
L’intero progetto di recupero è durato due
anni ed ha curato, in particolare, la
riqualificazione ambientale operata lungo la
fascia pedemontana, attraverso la
sistemazione ed il recupero delle aree
abbandonate e degradate, il restauro di
alcuni elementi ordinatori del paesaggio
agricolo terrazzato e la realizzazione di un
percorso lungo circa 5 km, che ne consente
l’accessibilità e la fruizione ai
visitatori.
In particolare, si è individuato un sistema
di percorsi distinto fondamentalmente in tre
tipologie: percorsi di interesse
storico-architettonico, percorsi di
interesse paesaggistico-ambientale, sentieri
montani. Si è proceduto in primo luogo alla
scelta di una rete di percorsi strutturati
sui tracciati esistenti, al recupero dei
bagli ed al loro riuso per fini sociali,
abitativi e di servizio al parco e alla
riprogettazione degli accessi dei percorsi
che conducono ai bagli. Lungo il percorso
principale, asse strutturante dell’area
d’intervento, si sono localizzati il campo
di Confronto Varietale e il Giardino Museo
dell’Agricoltura della Conca d’Oro. Sono
stati, inoltre, realizzati una serie di
interventi di manutenzione, di ripristino e
di ricostruzione parziale dei muretti in
muratura a secco (circa 5000 ml), secondo le
tecniche tradizionali, ed interventi mirati
alla sistemazione delle scarpate con la
piantumazione di essenze arboree ed
arbustive (circa 6000 essenze) tipiche del
bosco e della macchia mediterranea (noce,
lazzeruolo, sorbo, gelso, ulivo, mandorlo
ecc.). Gli interventi di agroforestazione e
rinaturalizzazione hanno riguardato, in
particolare, le pendici montane (circa 15
ettari) interessate da impoverimento
floristico ed abbandono di uliveti e
mandorli con conseguenti fenomeni di
dissesto idrogeologico. Le azioni effettuate
hanno soprattutto riguardato il
rimboschimento delle pendici attraverso
interventi di ingegneria naturalistica per
contrastare l’effetto disgregatore
dell’acqua piovana che discende a valle.
Sono stati, inoltre, effettuati interventi
di recupero degli agrumeti abbandonati
individuati nella fase di analisi e di
progetto.
Prima dell’avvio dei lavori si è operata
un’intensa attività di sensibilizzazione ed
informazione dei proprietari-agricoltori
poiché era necessario, per la realizzazione
del progetto, l’assenso dei proprietari dei
fondi interessati. A questo fine si è
realizzato il censimento, attraverso
un’indagine catastale, di tutti i
proprietari e si è elaborata una convenzione
per l’autorizzazione ai lavori da parte dei
privati. Gli interventi hanno interessato in
totale circa 400 particelle catastali. Per
facilitare il dialogo con gli interessati è
stato prodotto un opuscolo esplicativo degli
interventi previsti con l’elenco delle
particelle catastali e la descrizione
sommaria degli interventi.
|
Figura 8 - Estensione dell'area del
parco agricolo di Palermo e suo
rapporto con la città |
1
Cfr. Z. Barman (2002), Modernità liquida,
Laterza, Roma.
2
Cfr. Branzi A. (2003), Agricoltura e
architettura, in Atti del Convegno
“Soluzioni ecocompatibili per la
configurazione del paesaggio agricolo”,
Napoli.
3
Cervellati P., Un parco agricolo urbano
in cui stupirsi e istruirsi, in “Il
Progetto Life per il parco agricolo di
Palermo: modello di gestione agricola in
zona periurbana per un’integrazione
città-campagna”.
4
Cfr. Branzi A., Prime note per un master
plan, in “Lotus” n. 107/2000.
5
Branzi, A. (1995), Lo spazio liberato,
in Manzini, Susani (a cura di), “The Solid
Side. Il lato solido in un mondo che cambia:
progetti e proposte”, V+K Publishing,
Naarden.
6
Cfr. Melet E. (2000), Sustainable
Architecture, Nai Publisher.
7
Cooper P. (2001), Il giardino new tech.
L’archivolto, Milano.
8
Cobello L., Simonetti C., Le linee guida
del progetto, in “Il Progetto Life per
il parco agricolo di Palermo: un modello di
gestione per la tutela e la valorizzazione
dell’area agricola periurbana di Ciaculli,
Croceverde Giardina” pubblicato a cura
dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia.
9
Assunto R. (1973), Il Paesaggio e
l’Estetica, Giannini, Napoli.
10
Cervellati P., Un parco agricolo urbano
in cui istruirsi e stupirsi, in “Il
Progetto Life per il parco agricolo di
Palermo: un modello di gestione per la
tutela e la valorizzazione dell’area
agricola periurbana di Ciaculli e Croceverde
Giardina”.
11
Le borgate di Ciaculli e Croceverde Giardina
sono costituite da circa 5000 abitanti,
nella maggior parte proprietari di
appezzamenti agricoli coltivati a
mandarinato. Recentemente, la crisi
dell’agrumicoltura ha portato all’abbandono
dell’attività agricola e della gestione dei
fondi che versavano così in un forte stato
di degrado. Il Progetto Life, in
collaborazione con il Comune di Palermo, ha
voluto far fronte a questa problematica
incentivando, con il recupero di quest’area,
il mantenimento dell’attività agricola e la
partecipazione del cittadino alle bellezze e
ai prodotti della sua terra.
All’agricoltore, dunque, il ruolo di
manutentore di un ambiente, di un paesaggio,
di una tradizione di qualità. |