Numero 6/7 - 2003

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'autorizzazione paesaggistica postuma


a cura di

Enrico Soprano

Alessandro De Angelis


 

Nella complessa problematica della vincolistica ambientale si inquadra la riflessione di Enrico Soprano e Alessandro De Angelis, i quali, nell'analizzare il caso del rilascio ex post dell'autorizzazione paesaggistica, in presenza di opere edilizie realizzate abusivamente, sottolineano come lo stato della materia sia affetto da lacune legislative e dia parimente spunto per veri e propri contorsionismi interpretativi

 

 

 

 

La questione è una delle più dibattute: in caso di realizzazione, in area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale, di opere edilizie abusive, è necessaria o meno l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica cosiddetta. in sanatoria? Disponeva l’art. 7 della legge 1497/1939 che “i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dell’immobile, il quale sia stato oggetto nei pubblicati elenchi delle località” soggette a vincolo, “non possono distruggerlo né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che è protetto dalla presente legge. Essi, pertanto, debbono presentare i progetti dei lavori che vogliano intraprendere alla competente regia Soprintendenza e astenersi dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione”.

A sua volta, l’art. 36 del DLgs 380/2001 - che corrisponde al previgente art. 13 della legge 47/1985 - prevede che “in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso ovvero in assenza di denuncia di inizio attività …, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.

Ebbene, secondo parte della giurisprudenza il combinato disposto delle norme sopra riportate imporrebbe di condizionare il rilascio del titolo edilizio in sanatoria al preventivo conseguimento dell’autorizzazione paesaggistico-ambientale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sentenze nn. 421/2000, 5386/2000, 5392/2000).

La ratio di tale orientamento, condiviso, peraltro, dalla Direzione generale per i beni architettonici ed il paesaggio del Ministero per i beni culturali e ambientali (cfr. circolare prot. n. SG/106/9996/2001 del 2.8.2001), è evidente, e corrisponde sia all’esigenza di evitare che la sola sussistenza delle condizioni preordinate alla sanatoria urbanistico-edilizia di un immobile possa compromettere i circostanti valori ambientali tutelati, sia alla necessità di consentire al privato, qualora l’opera da quest’ultimo eseguita si inserisca armonicamente nel contesto paesaggistico in cui è situata, di ottenere ex post i titoli (sia edilizi che ambientali) che sarebbero stati necessari prima dell’inizio dell’attività edificatoria.

Senonché, come già rilevato sopra, nessuna disposizione di legge accenna all’autorizzazione paesaggistico-ambientale postuma; al contrario l’art. 151 del DLgs 490/1999 - in cui è confluito, con modificazioni, il testo dell’art. 7 della legge 1497/1939 - dispone che “i proprietari, possessori o detentori dei beni” situati in aree vincolate “hanno l’obbligo di sottoporre alla Regione i progetti delle opere di qualunque genere che intendano eseguire, al fine di ottenerne la preventiva autorizzazione …. Il Ministero può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l’autorizzazione regionale entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa comunicazione”, con ciò lasciando intendere chiaramente che lo schema procedimentale ivi disciplinato possa essere seguito soltanto prima della realizzazione di opere edilizie in aree vincolate, e non anche nel corso della sanatoria urbanistico-edilizia di opere già eseguite.

Diversamente argomentando, non si comprenderebbe davvero il motivo per il quale il legislatore abbia volontariamente omesso, a ben 60 anni dall’approvazione del testo della legge 1497/1939, di regolamentare una creazione giurisprudenziale (l’autorizzazione postuma, per l’appunto) tuttora priva di qualunque riscontro normativo. Con la conseguenza che al quesito in esame occorre dare risposta facendo riferimento alle sole disposizioni di legge vigenti in materia, al di là di qualunque dibattito de iure condendo.

Ed a tale proposito appare necessario far riferimento all’art. 164 del DLgs 490/1999 (che ha sostituito l’art. 15 della legge 1497/1939), in base al quale “in caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti da questo Titolo”, ivi incluso l’obbligo di conseguire l’autorizzazione paesaggistico-ambientale preventiva di cui si è detto innanzi, “il trasgressore è tenuto, secondo che la Regione lo ritenga più opportuno, nell’interesse della protezione dei beni indicati nell’articolo 138, alla rimessione in pristino a proprie spese o al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione”.

Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze

 

In altri termini, anche dopo l’accertamento dell’abuso, all’amministrazione incaricata della tutela del paesaggio resta saldamente devoluto, per espressa previsione legislativa, il potere di valutare la compatibilità ambientale dell’opera e, conseguentemente, la possibilità di evitare la rimessione in pristino mediante l’applicazione della sanzione pecuniaria di cui si è detto; sanzione che, qualora comminata, non può non avere efficacia sanante dell’abuso medesimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 5373/2000; sez. VI, sentenza n. 6469/2000; sez. VI, sentenza n. 5851/2000; sez. VI, sentenza n. 421 del 16.1.2000): “verificata … la compatibilità ambientale dell’opera abusiva, l’amministrazione sarà tenuta ad applicare la misura risarcitoria, rimanendo preclusa ovviamente la possibilità di applicare la misura ripristinatoria, a motivo della già effettuata valutazione sull’assenza di pregiudizio all’ambiente”; (cfr. anche Mengoli G. C. (2003), Manuale di Diritto urbanistico, pag. 1121, Edizioni Giuffrè, Milano).

Ed infatti secondo l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato “la decisione, discrezionalmente assunta” ex artt. 15 della legge 1497/1939 e 164 del DLgs 490/1999, “di non procedere alla demolizione per effetto della compatibilità dell’opera con il contesto paesaggistico oggetto di tutela contiene in sé un’implicita autorizzazione al mantenimento in vita dell’opera. Tale scelta discrezionale replica, nella sostanza, sia pure ai fini della scelta della sanzione da applicare e con un’inversione della sequenza procedimentale, lo stesso apprezzamento previsto in via preventiva dall’articolo 7” della legge 1497/1939 (cfr. Adunanza Generale, parere dell’11.4.2002).

Se, dunque, l’applicazione della sanzione di cui all’art.164 del DLgs 490/1999 presuppone già l’accertamento circa la compatibilità paesaggistico-ambientale dell’opera abusiva, è evidente che il modulo procedimentale in commento soddisfi di per sé le stesse esigenze che l’autorizzazione postuma è chiamata, nella prassi attuale, ad esaudire; e laddove si consideri che il nulla osta di cui all’art.151 del medesimo DLgs 490/1999 ha, ex lege, una valenza esclusivamente preventiva, può concludersi che il ricorso allo schema di cui all’art. 64, oltre a rendere del tutto superfluo il rilascio ex post del nulla osta stesso, rappresenta l’unica via ammessa dall’ordinamento ai fini della sanatoria di un illecito ambientale.

 

 

Presentazione | Referenze Autori | Scrivi alla redazione | AV News | HOME

 

 Il sito web di Area Vasta è curato da Michele Sol