Come conseguenza del progresso tecnologico,
negli ultimi anni si è assistito al
progressivo innalzamento del fondo
elettromagnetico naturale a causa dei campi
elettromagnetici prodotti dalle sorgenti
legate ad attività antropiche.
La crescita esponenziale delle reti per la
telefonia cellulare e il potenziamento del
sistema elettrico nazionale, del resto
ancora da completare, hanno portato alla
ribalta in maniera preponderante il problema
delle esposizioni alle radiazioni non
ionizzanti, comprese nel campo di frequenza
0-300 GHz, dovute a tali sorgenti.
Termini come inquinamento
elettromagnetico o elettrosmog
sono entrati, pertanto, nell’uso comune per
indicare la presenza nell’ambiente di
sorgenti artificiali di radiazioni non
ionizzanti.
In effetti, si tratta di una terminologia
impropria, che potrebbe dar luogo ad
interpretazioni erronee. Al termine
inquinamento sono, infatti, normalmente
associati almeno tre elementi distintivi del
tutto assenti nel caso dei campi
elettromagnetici: la dispersione
nell’ambiente di sostanze inquinanti
indipendente dalla sorgente,
l’imprevedibilità delle modalità di
diffusione degli inquinanti stessi ed infine
l’esistenza di meccanismi di accumulo degli
agenti indesiderati all’interno di organismi
biologici di qualunque livello nella scala
evolutiva. Il campo elettromagnetico intorno
ad una sorgente sussiste, invece, fino a
quando la sorgente stessa è accesa e
scompare pressoché immediatamente non appena
essa viene spenta; la sua distribuzione
nello spazio è, con ragionevole accuratezza,
prevedibile; non esiste, infine, alcun
meccanismo, a oggi noto, di accumulo di
campi elettromagnetici negli organismi
biologici.
Ciò nonostante, la presenza di campi
elettromagnetici nell’ambiente è un fenomeno
percepito sempre più dall’opinione pubblica
come un grave pericolo per la salute,
trasformando le possibili conseguenze
sanitarie dovute all’esposizione ai campi
elettromagnetici in un vero e proprio
allarme sociale e in un diffuso contenzioso
sul territorio.
Nella spiegazione del fenomeno, se da un
lato è possibile ritenere che le componenti
personali, psicologiche e cognitive
contribuiscano ai meccanismi di
amplificazione della percezione del rischio
elettromagnetico, dall’altro bisogna tenere
conto che all’interno del paesaggio italiano
sono collocate oltre cinquantamila antenne
in cinquemila siti diversi, senza contare le
cinquantacinquemila antenne in fase di
installazione per il sistema di telefoni
cellulari Umts, unitamente all’oltre un
milione di chilometri di linee elettriche
aeree esterne.
Proprio lo sviluppo, in alcuni casi abnorme,
di tali sistemi e l’adozione da parte delle
istituzioni di un comportamento comunicativo
poco chiaro hanno alimentato la
preoccupazione generale nei confronti di un
fenomeno che, oltre ad essere stato incluso
dall’organizzazione mondiale della sanità
tra le quattro principali emergenze
mondiali, desta preoccupazione in tutti i
paesi industrializzati.
Pur non esistendo, al momento, prove
universalmente accettate in merito al danno
nei confronti dell’uomo, episodi recenti e
meno recenti hanno evidenziato una labile
connessione tra l’introduzione di tali
radiazioni nell’ambiente e l’insorgere di
patologie mediche. Occorre, pertanto, non
sottovalutare il fenomeno.
Purtroppo, in assenza di ricerche coordinate
in ambito europeo, si è demandato ad ogni
singolo paese membro la possibilità di
attivare una propria individuale ricerca,
pervenendo a risultati contrastanti e,
talvolta, poco attendibili. Ciò ha
determinato l’insorgenza di una situazione
di caos a livello legislativo,
giurisprudenziale, scientifico e sociale.
Proprio la situazione caotica venutasi a
determinare ha portato i governi dei vari
Stati membri ad adottare politiche
nettamente distinte e, in taluni casi,
divergenti, la qual cosa comporta,
inevitabilmente, difficoltà sia di fissare
limiti di esposizione, valori di attenzione
e obiettivi di qualità per la protezione
della popolazione dalle esposizioni ai campi
elettromagnetici che risultino coerenti dal
punto di vista sanitario e credibili dal
punto di vista dei cittadini, sia di
stabilire politiche ambientali compatibili
con lo sviluppo delle infrastrutture
elettriche e di telecomunicazione, sia di
definire procedure di misura adeguate per il
monitoraggio del territorio.
Pertanto, al fine di portare un contributo
costruttivo alla discussione del problema
nel seguito, dopo un breve accenno allo
scenario legislativo italiano, vengono
suggeriti alcuni indicatori ambientali per
la valutazione delle cause primarie, della
pressione elettromagnetica, di stato e di
risposta, suggerendo, infine, le azioni da
intraprendere per un idoneo controllo del
territorio.
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1 |
Il panorama legislativo italiano
Il vero punto di svolta nell’orientamento
del legislatore verso la normazione e la
protezione dalle esposizioni a campi
elettromagnetici si è attuato con il decreto
10 settembre 1998, n. 381 - adottato dal
Ministero dell’ambiente d’intesa con il
Ministero della sanità e con il Ministero
delle comunicazioni. Tale provvedimento ha
il merito di introdurre nello scenario
legislativo e nel dibattito giuridico il
cosiddetto principio di precauzione,
avendo adottato i concetti di limiti di
esposizione, misure di cautela e obiettivi
di qualità. In particolare, all’art. 4,
comma 1, il decreto prescrive che: “… la
progettazione e la realizzazione dei sistemi
fissi delle telecomunicazioni e
radiotelevisivi operanti nell’intervallo di
frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz e
l’adeguamento di quelle preesistenti, deve
avvenire in modo da produrre i valori di
campo elettromagnetico più bassi possibili,
compatibilmente con la qualità del servizio
svolto dal sistema stesso al fine di
minimizzare l’esposizione della
popolazione”.
In armonia con quanto delineatosi a livello
di Unione europea, il principio di
precauzione trova applicazione in tutti i
casi in cui una preliminare valutazione
scientifica obiettiva indichi che vi sono
ragionevoli motivi di temere che i possibili
effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute
degli esseri umani possano essere
incompatibili con il livello di protezione
prescelto dalla comunità.
Tale processo di cambiamento si è sviluppato
e rafforzato con l’emanazione della legge
quadro 22 febbraio 2001, n. 36, “sulla
protezione dalle esposizioni a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici”,
entrata in vigore per dare una risposta
all’incalzante e sempre più diffusa
preoccupazione da parte del tessuto sociale
e dell’opinione pubblica.
Tra gli obiettivi fondamentali della legge
che, nella sua essenza, vuole tutelare la
salute dei lavoratori e di tutta la
popolazione dagli effetti dell’esposizione a
determinati livelli di campi elettrici,
nell’osservanza di quanto disposto dall’art.
32 della Costituzione italiana, vi sono sia
la promozione di ricerche scientifiche per
la valutazione degli effetti a lungo
termine, sia l’attivazione di misure di
cautela da applicare in conformità al
principio di precauzione espresso dall’art.
174, paragrafo 2, del Trattato istitutivo
dell’Unione europea.
Oltre a quanto prima evidenziato, la legge
in esame ha l’innegabile merito di
concentrare l’attenzione sul settore
dell’ambiente che, dopo anni di disinteresse
legislativo, ritorna prepotentemente di
moda grazie anche ad una visione sociale
che, sempre più, propende per un
ricongiungimento ed una alleanza tra
progresso economico e tutela delle risorse
offerte dal pianeta che, se attinte in
maniera inconsapevole ed irresponsabile,
porterebbero sicuramente al collasso
globale.
Le competenze spettanti allo Stato, alle
regioni, alle province ed ai comuni sono
contenute negli artt. 4 (competenze dello
Stato) ed 8 (competenze delle regioni, delle
province e dei comuni).
|
2 |
Nello specifico, lo Stato ha il compito di:
- promuovere l’attività di ricerca e di
sperimentazione in merito al fenomeno,
unitamente al
coordinamento/raccolta/diffusione dei dati
ottenuti;
- fissare limiti di esposizione, valori di
attenzione ed obiettivi di qualità, in
considerazione del preminente interesse
nazionale alla definizione di criteri
unitari e di normative omogenee in relazione
alla tutela della salute;
- istituire il catasto nazionale delle
sorgenti fisse e delle aree interessate
dall’emissione delle stesse;
- stabilire i criteri per l’elaborazione dei
piani di risanamento indicando tempi,
priorità di intervento, modalità di
coordinamento delle attività coinvolgenti
più regioni, nonché le migliori tecnologie
disponibili;
- stabilire le tecniche di misurazione;
- attivare accordi di programma con i
gestori o proprietari di elettrodotti o di
reti di trasmissione, nonché con gli
esercenti di impianti radiodiffusione audio
e video e di telefonia mobile al fine di
sviluppare le migliori tecnologie possibili
per minimizzare le emissioni e tutelare il
paesaggio;
- istituire un comitato interministeriale
per la prevenzione e la riduzione
dell’intensità dei campi elettromagnetici,
presieduto dal Ministro dell’ambiente;
- definire i tracciati degli elettrodotti
con tensione superiore a 150kV e determinare
i parametri per la previsione delle fasce di
rispetto per gli elettrodotti all’interno
delle quali non è consentita alcuna
destinazione di edifici ad uso residenziale,
scolastico, sanitario ovvero ad uso che
comporti una permanenza non inferiore a
quattro ore;
- stabilire una nuova disciplina per le
autorizzazioni e l’esercizio di elettrodotti
con tensione superiore a 150kV.
Per quanto riguarda le regioni, le province
ed i comuni, i compiti sono:
- esercitare le funzioni relative
all’individuazione dei siti di trasmissione
e all’autorizzazione all’installazione degli
impianti fissi per la telefonia mobile,
impianti radioelettrici e impianti fissi per
radiodiffusione;
- definire i tracciati degli elettrodotti
con tensione non superiore a 150kV e le
relative fasce di rispetto;
- definire le modalità per il rilascio delle
autorizzazioni alla installazione degli
impianti di competenza regionale;
- realizzare il catasto regionale in stretto
coordinamento con quello nazionale;
- concorrere alla individuazione degli
strumenti e delle azioni per il
raggiungimento degli obiettivi di qualità;
- concorrere all’approfondimento delle
conoscenze scientifiche relative agli
effetti sulla salute derivanti
dall’esposizione ai campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici.
Un ruolo, quello delle regioni, giustamente
importante, se è vero che proprio i
provvedimenti legislativi a livello
regionale hanno per primi cercato di
affrontare il problema dell’esposizione alle
radiazioni non ionizzanti.
|
3 |
Decreti di attuazione della legge quadro 22
febbraio 2001, n. 36
Sebbene arrivino con grave ritardo, i due
decreti del Presidente del Consiglio dei
ministri che contengono le tanto attese
regole a tutela della salute umana approdano
sulla Gazzetta ufficiale n. 199 del
28.8.2003 e n. 200 del 29.8.2003.
Con i decreti attuativi della legge quadro
36/2001 si conferisce al testo legislativo
la piena operatività e si dà finalmente
avvio alla fase di adeguamento di
elettrodotti e apparecchi di
radiotrasmissione ai nuovi valori limite.
In particolare, per la frequenza industriale
(50 Hz) il Dpcm riallinea, in qualche
misura, la situazione nazionale alla
raccomandazione europea del luglio 1999
relativa alla popolazione in generale,
stabilendo 100 microtesla quale limite di
esposizione e fissando il valore di
attenzione a 10 microtesla, limite dieci
volte inferiore a quello adottato dai paesi
dell’Ue. Questo limite deve essere osservato
negli ambienti abitativi, nelle aree gioco
per l’infanzia, nelle scuole e in tutti quei
luoghi dove si soggiorna per più di 4 ore al
giorno. Il decreto individua, inoltre,
l’obiettivo di qualità in 3 microtesla.
Questo obiettivo deve essere rispettato
nella progettazione di nuovi elettrodotti.
Per gli elettrodotti esistenti questo limite
deve essere raggiunto nei tempi e nei modi
stabiliti nei piani di risanamento,
prevedendo tra le priorità le aree gioco per
l’infanzia e cominciando ad intervenire
nelle situazioni caratterizzate dai maggiori
livelli di esposizione.
Per gli impianti ad alta frequenza, il nuovo
Dpcm lascia inalterati i limiti di
esposizione, i valori di attenzione e gli
obiettivi di qualità già a suo tempo
stabiliti dal decreto 381/1998.
Indicatori ambientali per l’emissione di
campi elettromagnetici
Come prima evidenziato, le emissioni di
campi elettromagnetici riguardano fonti
ambientali tra loro molto diverse,
principalmente linee elettriche (altissima,
alta e media tensione), impianti per l’emittenza
radio televisiva e stazioni radio base per
la telefonia cellulare.
Nella regione delle frequenze molto basse
(tra i 50 e 60 Hz) si trovano le emissioni
degli elettrodotti indicate comunemente con
l’acronimo Elf (extremely low frequency);
nel campo delle radiofrequenze (Rf) si
trovano le emissioni radiotelevisive (tra
0,4 e 870 MHz) e le microonde utilizzate per
la telefonia cellulare (900-1800 MHz).
Già da una prima parziale analisi è evidente
come negli ultimi anni tutte queste sorgenti
si siano diffuse capillarmente sul
territorio, conquistandone larghe fasce e
determinando il progressivo incremento della
loro pressione sul territorio.
Proprio l’attuale consistenza e diffusione
delle sorgenti di campi elettromagnetici
rende necessaria la definizione e
caratterizzazione di indici e indicatori
ambientali idonei alla corretta valutazione
delle cause primarie e della pressione
elettromagnetica esercitata dalle sorgenti
nelle rispettive bande di frequenza. Tali
indicatori, scelti anche in base allo scopo
che si vuole raggiungere e al messaggio che
si vuole comunicare, devono avere almeno le
funzioni di:
- ridurre il numero di misurazioni e di
parametri che normalmente sono richiesti per
fornire un quadro esatto della
situazione indagata;
- semplificare il processo di comunicazione
attraverso il quale i risultati delle
indagini vengono forniti all’utilizzatore.
D’altro canto, poiché relativamente alle
radiazioni non ionizzanti si registra la
quasi totale assenza di indicatori
accreditati in ambito internazionale, per la
loro individuazione occorre far riferimento
agli indici e ai parametri più significativi
riportati in letteratura scientifica. In
particolare, per individuare gli indicatori
ambientali idonei alla rappresentazione
sintetica dell’ambiente, relativamente alla
tematica delle emissioni di campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici, è possibile
far riferimento a una serie di indicatori
basati sul modello Dpsir (determinante -
pressione - stato - impatto - risposta).
Adottando il Dpsir per le radiazioni non
ionizzanti, gli indicatori ambientali di
cause primarie, di pressione, di stato e di
risposta possono essere quelli indicati in
Tabella 1.
Valutazione degli indicatori ambientali per
l’emissione di campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici relativamente alla Regione
Campania
In base agli indicatori prima definiti è
possibile effettuare la valutazione delle
cause primarie e della pressione
elettromagnetica esercitata dalle sorgenti
sul territorio campano, con particolare
rilievo alla Provincia di Salerno.
Nelle Tabelle 2, 3 e 4
viene delineato per la Regione Campania un
primo quadro del numero, assoluto,
normalizzato agli abitanti e normalizzato
alla superficie territoriale, delle
stazioni radio-base (Srb) e degli
impianti radiotelevisivi (Rtv). I
principali risultati sono riportati anche
graficamente nelle Figure 1...4.
|
Figura 1 - Densità impianti Rtv per
10000 abitanti |
|
Figura 2 - Densità impianti Srb per
10000 abitanti |
|
Figura 3 - Densità impianti Rtv per
km2 |
|
Figura 4 - Densità impianti Srb per
km2 |
L’analisi dei dati raccolti sul territorio
evidenzia come la Regione Campania, in linea
con quanto accade in altre regioni ad
elevata densità abitativa, risulti
particolarmente esposta. In Campania sono
installati, ad oggi, circa 2625 impianti per
le teleradiocomunicazioni.
In particolare, analizzando il dato a
livello provinciale si osserva come il
numero di impianti normalizzato agli
abitanti tenda ad essere più elevato nelle
province a bassa densità di popolazione a
fronte di un numero assoluto relativamente
alto di impianti. In controtendenza risulta,
invece, il dato della Provincia di Salerno,
dove a causa di un numero estremamente
elevato di impianti installati, la pressione
elettromagnetica sale a valori tra i più
elevati in Campania.
Dall’analisi dei dati raccolti, riferiti
alla potenza complessiva degli impianti,
circa 2000 kW complessivi, emerge
chiaramente che la pressione
elettromagnetica è esercitata
maggiormente dagli impianti radiotelevisivi
piuttosto che dalle Srb.
Relativamente, poi, alle infrastrutture
elettriche sul territorio nazionale, un
fattore di pressione particolarmente
indicativo è costituito dalla presenza sul
territorio di linee elettriche aeree
esterne. In particolare sulla Campania
insistono circa 1251 km di linee ad
altissima tensione (380 kV, 220 kV) e circa
1800 km di linee ad alta tensione (150 kV,
132 kV, 120 kV), alle quali vanno aggiunte
alcune centinaia di chilometri di linee
elettriche ad alta tensione di proprietà
della Rete ferroviaria italiana spa. Ciò
porta la Campania ad essere una delle prime
regioni del paese per densità di km di linee
elettriche per km2 di superficie regionale.
In definitiva, in relazione alle diverse
tipologie di sorgenti individuate per la
Regione Campania si evidenzia quanto segue:
- le sorgenti Elf sono largamente
rappresentate dalla maglia della rete a
media tensione (20 kV) che interessa tutto
il territorio regionale; i restanti impianti
(altissima e alta tensione), vocati in parte
alla trasmissione e in parte alla
distribuzione, hanno una estensione più
limitata e concentrata in prossimità dei
centri o utenze più importanti, interessando
comunque porzioni urbanizzate del
territorio. Inoltre, si evidenzia che la
rete di distribuzione dei capoluoghi di
provincia è sviluppata mediante linee
interrate che collegano le diverse cabine
primarie dislocate nei centri urbani.
Particolare rilievo, sia per occupazione
territoriale sia per l’impatto
paesaggistico, assumono le stazioni primarie
ubicate in adiacenza ai grandi centri e
lungo i tracciati della rete di trasmissione
nazionale, che consentono la trasformazione
dell’energia dalla tensione di trasporto
(380 kV) a quella delle reti di
distribuzione ad alta tensione (Figura 5);
|
Figura 5 - Corografia riportante i
tracciati delle linee da 30 a 150 kV |
- gli impianti per l’emittenza
radio-televisiva evidenziano una
distribuzione disomogenea sui singoli
territori provinciali, in quanto sono
concentrati soprattutto in corrispondenza
dei rilievi e nei principali centri;
- le stazioni radio-base si concentrano
soprattutto nei centri urbani o nel loro
intorno, ove si ha una maggiore
concentrazione della popolazione e pertanto
degli utenti che usufruiscono del servizio
di telefonia.
La valutazione degli indicatori di cause
primarie e di pressione, prima riportata,
mostra con chiarezza che la pressione
elettromagnetica in Campania non può e non
deve essere sottostimata. Vanno, pertanto,
ricercate le azioni adeguate da attuare per
governare, controllare e monitorare il
territorio in ottemperanza alla legislazione
vigente.
Piani di localizzazione, controllo e
risanamento
Le principali azioni da intraprendere si
possono articolare seguendo tre fondamentali
attività: la localizzazione, il controllo e
il risanamento per i nuovi impianti e per
quelli già esistenti.
Per quanto attiene al piano di
localizzazione, redatto su base provinciale,
esso dovrà orientarsi al conseguimento di
obiettivi specifici riferiti a problematiche
temporalmente distinte; si pongono esigenze
diverse di localizzazione di siti,
diversamente affrontabili in relazione a
diversi orizzonti temporali. Le esigenze
possono essere:
- immediate, per rispondere con
soluzioni localizzative idonee e rapidamente
praticabili per attuare la fase del
risanamento dei siti che già oggi risultano
inevitabilmente da rilocalizzare;
- a medio termine, per definire i
criteri di rilocalizzazione delle sorgenti
provenienti dai siti con proroga temporanea
della permanenza;
- a medio e lungo termine, per la
gestione routinaria delle nuove
autorizzazioni, quali ad esempio quelle
relative ai piani nazionali di assegnazione
delle frequenze delle emittenti radio Tv
digitali e per la rete Umts.
Il piano di localizzazione deve individuare
un numero sufficiente di aree per le
esigenze immediate, nelle quali possano
essere realizzati impianti che rispondano
contestualmente a requisiti di minima
compromissione dell’ambiente, di tutela
della salute e di idoneità per la regolare
attività dei gestori delle infrastrutture.
Per le esigenze immediate sarà fondamentale
pervenire ad una individuazione
sufficientemente precisa di aree idonee dove
rilocalizzare le installazioni delle
emittenti non compatibili con le norme
vigenti, in modo tale da consentire ai
comuni una rapida messa in campo delle
procedure previste dalla legge: adeguamento
degli strumenti urbanistici, acquisizione
delle aree, anche attraverso esproprio,
assegnazione ai gestori in diritto di
superficie.
Sia per la definizione del piano di
localizzazione sia per la sua successiva
attuazione, occorre potenziare le funzioni
di controllo e risanamento. Occorre,
principalmente, dare impulso alla formazione
di personale qualificato ad effettuare le
misure ambientali ed i controlli locali.
Occorre diffondere presso i soggetti
preposti ai controlli i moderni protocolli
di misura al fine di poter disporre di
misure attendibili e ripetibili.
I protocolli prevedono, infatti, due fasi di
misura distinte che si differenziano
essenzialmente per la strumentazione usata e
per il diverso tipo di indagine che si vuole
effettuare. La prima fase consiste
nell’individuare la presenza di eventuali
hot spots, cioè di punti in cui si ha
una significativa intensità del campo
elettromagnetico in riferimento ai limiti
stabiliti dalla legge, ottenendo una
valutazione d’insieme pur mantenendo una
totale ignoranza sull’entità dei singoli
contributi che determinano il valore del
campo rivelato (Figura 6).
Una volta individuata la presenza e la
localizzazione degli hot spots è
necessario determinare con più accuratezza
l’intensità del campo elettromagnetico e
discriminare tutte le sue componenti,
permettendo di verificare l’eventuale
superamento e la sua origine. Si passa cioè
alla misura in banda stretta,
effettuata mediante set di antenne selettive
collegate ad un analizzatore di spettro che
è in grado di scomporre il segnale captato
nelle sue componenti spettrali. Quest’ultima
è una fase molto delicata che richiede un
alto livello di preparazione da parte
dell’operatore. Molti sono infatti i
parametri in gioco che causano
inevitabilmente lunghi tempi di misura
associati spesso ad errate valutazioni
finali.
Sicuramente, una situazione reale che
presenta tutte le possibili problematiche
della moderna misura di campi
elettromagnetici in campo aperto, è data dai
siti complessi. In essi coesistono,
in un’area abitata, numerose antenne
distribuite in ordine sparso e che emettono
segnali radio, Tv e per telefonia mobile. Le
difficoltà che l’operatore affronta, in
questa particolare situazione, sono da
iscriversi essenzialmente alla presenza di:
- numerose sorgenti che irradiano entro
gamme di frequenza diversificate;
- zone in cui coesistono contributi, con
diverse proprietà fisiche, più emettitori
(campo vicino per qualcuno, campo lontano
per altri);
- riflessioni dovute alle diverse componenti
urbane (suolo, edifici ecc.);
- accoppiamenti dei campi con gli strumenti
di misura;
- segnali con codifiche differenti
(modulazioni analogiche e digitali).
Sono, quindi, siti in cui ci si trova
immersi in campi elettromagnetici ad alta
frequenza estremamente complicati, la cui
misura richiede particolare cura e tempo e
per questo motivo costituiscono ancora oggi
un vero e proprio problema di difficile
risoluzione. È proprio in questo particolare
tipo di situazione, infatti, che emergono
tutti i limiti derivanti dall’utilizzo della
tradizionale catena strumentale a banda
stretta.
In un sito complesso, come in una qualsiasi
misura di campi elettromagnetici, è di
fondamentale importanza riuscire ad
effettuare una misura precisa, con errori
contenuti, che dia una reale valutazione
delle intensità delle radiazioni in gioco e
che riduca sensibilmente i tempi di misura,
ancora troppo lunghi.
Solo grazie a misure efficienti e precise è
possibile correlare le sorgenti
elettromagnetiche alle informazioni di tipo
geografico, individuando i ricettori e le
aree sensibili. Grazie a tali indagini
strumentali le aree idonee all’installazione
degli impianti possono essere individuate.
Successivamente, a valle del riconoscimento
urbanistico delle aree medesime, mediante
l’adozione di una appropriata disciplina
normativa, il coordinamento degli impianti
sul territorio potrà essere effettuato nello
spirito della legislazione nazionale e
regionale. La sovrapposizione dei dati di
misura con quelli di tipo geografico
potranno consentire, inoltre, di valutare
eventuali situazioni di criticità che
necessitano di risanamento.
|
Figura 6 - Hot spot individuato a
Salerno (Quartiere Pastena) |
Conclusioni
Da quanto esposto nelle sezioni precedenti
emerge la necessità di disporre di un piano
di tutela concreto per la valutazione,
pianificazione e gestione dell’esposizione
della popolazione ai campi elettromagnetici
da 0 Hz a 300 GHz. Nelle more, bisogna
adottare misure di cautela per la
salvaguardia della salute della popolazione
nel rispetto dei limiti di esposizione, dei
valori di attenzione e degli obiettivi di
qualità fissati dalla legislazione vigente.
D’altro canto, la corretta valutazione del
fenomeno richiede competenze scientifiche,
prima ancora che di tipo tecnico. Solo la
valutazione degli indici ambientali, prima
citati, può consentire di evidenziare la
criticità del fenomeno in relazione al
particolare contesto ambientale,
territoriale e sociale in esame. Proprio in
relazione alle eventuali criticità
evidenziate sarà possibile sviluppare un
complesso di azioni atte a identificare
nuovi siti presso cui localizzare o
rilocalizzare le diverse sorgenti,
contribuendo da un lato alla diminuzione
della pressione elettromagnetica sul
territorio, coinvolgendo nuove settori
territoriali, dall’altro alla
semplificazione e accelerazione della
realizzazione delle infrastrutture di
telecomunicazioni strategiche per la
modernizzazione e lo sviluppo del paese.
Grazie ad una pianificazione territoriale
ambientale, fondata sulle conoscenze
acquisite attraverso l’attività di controllo
che incorpori, nei piani urbanistici, le
indicazioni di salvaguardia, sarà possibile
pervenire alla progressiva riduzione
dell’impatto dei campi elettromagnetici.
Bibliografia
Allegati al DLgs 1 agosto 2003, n. 259
(Gu n. 214 del 15.9.2003 - Supplemento
ordinario n. 150).
Decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 8 luglio 2003,
“Fissazione dei limiti di esposizione, dei
valori di attenzione e degli obiettivi di
qualità per la protezione della popolazione
dalle esposizioni a campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici generati a
frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz” (Gu
n. 199 del 28.8.2003).
Decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 8 luglio 2003,
“Fissazione dei limiti di esposizione, dei
valori di attenzione e degli obiettivi di
qualità per la protezione della popolazione
dalle esposizioni ai campi elettrici e
magnetici alla frequenza di rete (50 Hz)
generati dagli elettrodotti” (Gu n. 200 del
29.8.2003).
DLgs 1 agosto 2003, n. 259,
“Codice delle comunicazioni elettroniche” (Gu
n. 214 del 15.9.2003 - Supplemento ordinario
n. 150).
Legge 22 febbraio 2001, n. 36,
“Legge quadro sulla protezione dalle
esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici” (Gu n. 55 del 7.3.2001).
Raccomandazione 1999/519/Ce 12 luglio 1999,
“Raccomandazione del Consiglio relativa alla
limitazione dell’esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici da 0
Hz a 300” (Guce n. 199 del 30.7.1999). |