Un progetto valido per lo
sviluppo sostenibile deve puntare, oggi,
alla costruzione di sistemi di relazioni
virtuose fra le tre componenti costitutive
del territorio: l’ambiente naturale,
l’ambiente costruito, l’ambiente antropico.
La necessità di gestire la
complessità del neoecosistema
uomo-natura-cultura rilancia l’attualità del
pensiero strategico e di area vasta. Se la
pianificazione razional-comprensiva
presumeva di leggere il territorio per
stanze chiuse e di elaborarne un progetto
onnicomprensivo, l’approccio strategico
esalta le relazioni del territorio come
sistema complesso, riconoscendo e ricercando
la permeabilità ed il dinamismo delle sue
componenti e procedendo per progetti
strategici.
L’attenzione ai sistemi
relazionali è oggi promossa dalla
convenzione europea del paesaggio (Cep):
se la cultura è un elemento costitutivo ed
unificante dei vari paesi europei, il
paesaggio è la forma primaria in cui essa si
manifesta; in quanto prodotto culturale, il
paesaggio non ha un valore in sé, ma un
valore relazionale, e non astratto, perché
identitario per le comunità locali; dunque,
il paesaggio è riconosciuto come ambiente di
vita delle popolazioni, da coinvolgere
necessariamente nelle iniziative di tutela e
valorizzazione.
Stante la visione comprensiva
della Cep, tutto il territorio è
identificabile come paesaggio: se l’istanza
di tutela si estende a tutto il territorio,
i confini tra aree protette ed aree
assecondate allo sviluppo diventano sempre
più sfocati. È necessaria, dunque, una
sistematica integrazione tra politiche di
sviluppo e politiche di tutela, richiesta
dalla stessa Cep quando sancisce il
paesaggio come prima risorsa territoriale.
Nelle politiche di protezione
della natura la tutela passiva si è
rivelata, a lungo andare, di scarsa
efficacia e soprattutto motivo di conflitto
con le comunità locali, che ritenevano di
guadagnarne solamente vincoli e divieti. Il
mero approccio vincolistico non è risultato
neanche sostenibile economicamente, mentre
nelle politiche di tutela e valorizzazione
potrà essere, per esempio, la fruizione del
patrimonio naturalistico e culturale a
sostenere la conservazione. Integrare tutela
e sviluppo, come sottolineato a Rio nel
1992, è più che mai necessario.
Inoltre, se l’obiettivo
principale dell’istituzione delle aree
protette è la conservazione delle specie e
degli habitat, la frammentazione del sistema
dei parchi, risolvendosi in una vera e
propria insularizzazione, non garantisce
oggi il risultato: è necessario coinvolgere
l’intero territorio, recuperando tutti gli
ambiti di naturalità, anche residuali, per
favorire la continuità territoriale della
tutela dell’ambiente.
Un contributo in tal senso
può costituirlo le reti di connessione
ecologica. La rete ecologica apre una nuova
dimensione conoscitiva del territorio, che
tiene conto dei sistemi naturali che lo
compongono e delle connessioni tra essi,
facilitandone le interazioni e gli scambi di
flussi di energia e materia e tutelandone i
cicli vitali.
Con le direttive Birds
(79/409/Ce) e Habitat (92/43/Ce), la
Commissione europea prevede di realizzare il
progetto Rete Natura 2000,
un’infrastruttura ambientale di connessione
tra tutte le aree protette europee (parchi,
riserve, aree Sicp e Zps).
Figura 1 - Aree protette e
idrografia superficiale a scala
interregionale: il bacino della
Capitanata come riferimento
strategico |
|
|
L’obiettivo della direttiva
Habitat è anche quello di favorire
l’integrazione della tutela di habitat e
specie animali e vegetali con le attività
economiche e con le aspettative di sviluppo
delle popolazioni locali e, inoltre, di
conservare non solo gli habitat naturali
(quelli meno modificati) ma anche
seminaturali (come le aree ad agricoltura
tradizionale, i boschi produttivi, i
pascoli, ecc.), per coinvolgere tutte quelle
aree nelle quali la secolare presenza
dell’uomo e delle sue attività tradizionali
hanno permesso il mantenimento di un
equilibrio tra uomo e natura.
Nel Parco nazionale del
Cilento e Vallo di Diano, per esempio, data
la particolare condizione idrogeologica del
suolo che comporta continue frane e
dissesti, la presenza dell’uomo ed in
generale il mantenimento delle attività
antropiche sono alla base della tutela
paesaggistica, oggi a rischio visto lo
spopolamento delle aree interne. Assicurare
le connessioni ecologiche e la biodiversità
diventa fondamentale per un parco che ha
scelto il paesaggio come valore strategico
primario, nodo dello sviluppo locale
duraturo.
Nel Cilento la tutela del
paesaggio passa, quindi, per il rilancio del
settore primario nel nome dell’impresa
agricola multifunzionale che, accanto
all’economia tradizionale legata alla
produzione agricola (biologica e di
qualità), offre servizi complementari
(ricettività turistica, didattica, servizi
di fruizione naturalistica) e
complessivamente svolge il compito di
presidio del territorio. Non più solo
guardie ambientali, ma produttori
consapevoli di paesaggio (gli
abitanti-produttori di Magnaghi).
Proprio nel Cilento l’ente
parco si è fatto promotore dell’istituzione
di un osservatorio sull’attuazione della
Convenzione europea sul paesaggio e, al
tempo stesso, si è dotato del progetto
integrato territoriale (Pit) denominato
La rete ecologica per lo sviluppo
sostenibile locale; la rete ecologica,
dunque, può costituire un contributo a
declinare il valore progettuale del
paesaggio stesso.
Si tratta di due concetti
quanto mai attuali e differenti:
1. il paesaggio è una
categoria complessa, olistica, comprensiva,
che richiede oggi una intensa attività di
sperimentazione di nuove politiche e che
pone in gioco differenti sistemi relazionali
(percettivi, storico-culturali, economici,
ecologici);
2. la rete ecologica alimenta
una dimensione strategica, progettuale,
operativa che può contribuire a rendere la
categoria stessa del paesaggio obiettivo
condiviso tra gli attori del territorio.
Il progetto di connessione
ecologica è, in fondo, uno strumento per
ottenere il vero obiettivo e cioè la
continuità ecologica del territorio, intesa
come permeabilità continua tra le sue parti,
in termini di politiche di tutela e di
sviluppo. Proprio a partire da una
approssimazione strategica, la rete
ecologica, e da una categoria comprensiva,
il paesaggio, si riconosce oggi che il
territorio non è divisibile in costa ed
entroterra, parchi e non parchi, tutela e
sviluppo. Se l’innovazione culturale include
nel paesaggio l’intero territorio (e tutte
le relazioni sociali, culturali ed
economiche presenti), l’istanza progettuale
della rete coinvolge sistematicamente attori
e progetti, a qualunque scala essi
appartengano.
Nella programmazione dei
fondi strutturali 2000-2006, il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio
ha riconosciuto il ruolo strategico della
rete ecologica, con il progetto della
rete ecologica nazionale (Ren), in grado
di orientare il governo del territorio verso
processi di sviluppo integrati con le
specificità ambientali delle varie aree.
Nella Ren i nodi della rete saranno
costituiti dai parchi, spesso istituiti
secondo criteri non meramente scientifici,
ma comunque, oggi, una realtà significativa
del nostro paese (approccio gestionale alla
rete ecologica). Confermano quest’ultima
tesi i sistemi territoriali ambientali,
introdotti dalla legge 426/1998 e
valorizzati dai progetti di connessione Ape,
Itaca, Convenzione delle Alpi, Cip, frutto
della collaborazione tra le associazioni
ambientaliste, le regioni, il ministero.
Attraverso i sistemi territoriali dei
parchi, riferimento strategico per l’intera
penisola, l’Italia partecipa alle reti
europee di connessione ecologica che si
integrano con le grandi dorsali europee di
connessione economica, la Banana Blu
e l’Arco Latino.
Anche il livello locale di
pianificazione ha già sperimentato la rete
di connessioni ecologiche, ma come tema
progettuale per il ridisegno e la
valorizzazione dell’ambiente urbano,
migliorandone la vivibilità.
Le esperienze progettuali
condotte, dunque, evidenziano due scale
preferenziali: il sistema territoriale
ambientale (es. progetto Ape) e le
connessioni ecologiche di dettaglio (per
esempio i progetti di fasce tampone
boscate - Ftb - in ambiente agricolo del
Consorzio di bonifica Dese Sile - Mestre).
Ambito inesplorato per le
potenzialità della rete, resta quello
intermedio di area vasta, definibile da
interregionale a sovracomunale, in cui sono
ancora protagonisti gli attori forti
istituzionali (ministero, autorità di
bacino, regioni, province), ma già appaiono
i nuovi attori (quelli della programmazione
negoziata), in grado di coinvolgere il
partenariato sociale a realizzare proposte e
gestire progetti fino alla scala locale.
La ricerca condotta dal
gruppo studi Heliopolis, in occasione della
redazione del piano di sviluppo locale
(Psl) 2003 del gruppo di azione locale
(Gal) Daunofantino, per i Comuni di
Manfredonia, Trinitapoli, Zapponeta, San
Ferdinando (Fg), si sofferma sugli ambiti
vallivi, ritenuti territori incerti dai
paesaggi fragili, ma anche strategici sia
per le connessioni economiche
entroterra-costa, sia per il nuovo
protagonismo offerto dalle esperienze di
programmazione negoziata.
Nell’ambito vallivo si
confrontano sistemi, interessi e attori
differenti e spesso conflittuali, rendendolo
strategico per l’attuazione di politiche di
sviluppo sostenibile, attraverso l’attenta
gestione del rapporto tra tutela,
valorizzazione ambientale e sviluppo
socio-economico. In tale ambito sono più
problematici e critici sia il rapporto tra
le esigenze della natura e quelle
dell’economia sia il rapporto tra gli
attori, enti pubblici e privati, e gli
strumenti di pianificazione e programmazione
territoriale.
Inoltre, l’importanza
dell’apertura, della permeabilità e
dell’interazione tra sistemi, sottolineata
dalla rete ecologica in ambito
naturalistico, si accompagna all’acquisita
consapevolezza che un’efficace tutela
ambientale si può attuare solo integrandola
con l’azione di organizzazione e
pianificazione del territorio e delle sue
dinamiche di sviluppo, essendo fallito il
modello difensivo di conservazione di ambiti
naturali circoscritti, i quali non hanno
influenzato le dinamiche di sviluppo, ma
sono rimasti emarginati e sottoposti alle
forti pressioni esterne. D’altronde, anche
la chiusura del sistema socio-economico e
finanziario si sta dimostrando tendenza di
corto respiro, soffocante per la stessa rete
di rapporti produttivi, sociali e economici
che esso ha instaurato sul territorio.
Si è fatta spazio, dunque,
l’esigenza di un modello di gestione
integrata del territorio, che apra e metta
in relazione in maniera coordinata e
sinergica il sistema di misure di tutela del
patrimonio ambientale con quello economico e
di rapporti sociali, insieme alle sue
istanze di crescita.
Proprio per l’attivazione di
un modello di sviluppo integrato in tale
ambito territoriale, strategico ma incerto,
diviene interessante il supporto che la rete
ecologica può dare alla pianificazione, nel
contribuire all’apertura degli
ecosistemi (anche quelli chiusi) come
reazione provocatoria alle pressioni
antropiche su di essi esercitate.
L’ambito vallivo,
caratterizzato ancora dall’assenza di una
definizione precisa del rapporto fra le
tre sorelle, leggi 183/1989, 142/1990 e
394/1991, è quello più vitale dal punto di
vista tecnico-operativo, con una
proliferazione eccezionale di strumenti
programmatici e attuativi che porta alla
luce tutta l’instabilità delle relazioni
esistenti sia tra i livelli di governo sia
tra la dimensione del progetto e quella del
piano.
In quest’ambito, la
complessificazione dei rapporti fra
istituzioni, unita alla velocità di
trasformazione delle relazioni sociali ed
economiche, ha reso improrogabile la messa a
punto di uno strumento semplice e
codificato, capace di accogliere e
organizzare, in un processo metodologico
unitario, le esigenze della pianificazione,
della programmazione degli interventi sul
territorio e dei cicli vitali del territorio
stesso su cui essi poggiano. Dall’analisi
dello stato d’attuazione degli strumenti di
programmazione negoziata presenti nell’area
del Gal Daunofantino, infatti, emerge come
la necessità d’integrazione, unita al nuovo
rilievo dato a enti e associazioni locali,
ha favorito la dispersione sul territorio
degli interventi di trasformazione, la cui
azione non è globalmente coordinata nel fine
comune di sviluppo sostenibile, ma spesso è
condizionata da un’idea di sviluppo
caratteristica di un particolare settore
socio-economico.
Figura 2 - Preliminare di rete
ecologica a scala interregionale per
il Psl 2003 del Gal Daunofantino |
|
|
Senza strategie e orizzonti
d’obiettivi comuni, senza indirizzi
metodologici flessibili ad essere utilizzati
da tutti i livelli di
pianificazione/programmazione in maniera
combinata e sinergica, si sta formando una
nuova impasse difficilmente superabile.
L’assenza di una rete che
riconoscesse punti di forza e
d’organizzazione interni al territorio,
ambiti preferenziali, in quanto strategici,
in cui inquadrare i diversi interventi, ha
portato anche alla proliferazione dei
partenariati d’area e alla loro conseguente
cattiva gestione.
Le intese e le alleanze sul
territorio, quindi, dovranno avere un comune
riferimento progettuale, e la rete ecologica
si configura come possibile
strumento/linguaggio unificatore e valido
supporto metodologico per la gestione degli
strumenti della programmazione negoziata,
nuovo attrattore-attuatore dei mutamenti per
lo sviluppo sostenibile del territorio.
La rete aspira a divenire
luogo di interrelazione e interscambio, uno
strumento concettuale che, attraverso
procedure, logiche, requisiti e parametri
per giudizi di valore unificati e
codificati, può consentire la realizzazione
di legami, contatti, relazioni e scenari
progettuali condivisi tra i diversi attori,
permettendo la trasmissibilità e il
confronto di percorsi e criteri di scelta.
Le aree nucleo e i segmenti
che la compongono sono localizzati negli
ambiti più preziosi per i cicli naturali,
secondo le direttive comunitarie, e dove il
rapporto col territorio è più fragile,
vitale, critico e ricco di opportunità
specifiche; tuttavia, essa non nasce in
un’ottica limitata di sezionamento del
territorio e di emarginazione dei vuoti tra
le maglie, propria della logica del
réseau dell’economia globalizzata
moderna, opposta a quella del térritoire
(M. Revelli), ma costruisce una gerarchia di
priorità (dunque un sistema ordinatore
necessario), fondata su criteri di scelta
altamente condivisibili poiché improntati
alla tutela dei cicli vitali dell’ambiente,
variabile imprescindibile per ogni
trasformazione, con cui si dovrà, anche in
futuro, operare e rapportarsi. Sono così
tenute presenti anche le esigenze delle
generazioni future, tentando di superare un
modello fatto di scelte politiche parziali e
di democrazia limitata alle generazioni del
presente.
In effetti, se una sorta di
condivisione sosteneva la logica dei
distretti industriali in un’economia
fordista, oggi una nuova condivisione è
suscitata da scenari di sistemi integrati di
sviluppo di tutte le componenti territoriali
presenti.
Interessante risulta, dunque,
anche il ruolo della rete come strumento
economico, efficace per la creazione e
incentivazione di nuova economia, capace di
garantire la valorizzazione delle risorse
ambientali attraverso un loro utilizzo
consapevole e integrato, nel rispetto dei
cicli naturali. Infatti, se la tutela
ambientale per essere garantita nel tempo ha
bisogno del supporto di componenti
economiche e culturali, il sistema economico
risulta stimolato e rafforzato dall’utilizzo
di risorse rinnovabili (si pensi alle Ftb) e
dalla diversificazione del mercato,
possibile solo se vengono sfruttate e
rispettate la biodiversità, le peculiarità
locali e l’identità territoriale. Tale nuovo
sistema risulta, così, posto al sicuro nel
tempo da un precoce esaurimento delle
risorse e soprattutto dalle cicliche crisi
di settore, che innescano reazioni a catena
su tutto il territorio.
Sul piano operativo, la rete
si presenta come nuovo strumento,
catalizzatore di connessioni e scambi
proficui tra ecosistemi differenti e,
quindi, collegamento sinergico tra le
economie specifiche che ogni ecosistema
favorisce e sostiene, relazionate
coerentemente tra loro e compatibilmente
alla vocazione territoriale.
Le valenze feconde di un tale
collegamento si leggono specialmente
nell’area alla scala di bacini idrografici,
ove compaiono transetti di paesaggi
diversificati, dall’entroterra montuoso fino
alla costa.
Le connessioni principali
avvengono attraverso lo strumento
particolare del corridoio-condotto,
ruolo assunto specialmente dagli ambiti
fluviali, sistemi aperti per eccellenza.
Elemento fortemente transcalare della rete,
alla grande scala, funge da collegamento di
diversi ecosistemi e condotto di flussi
d’energia e materia, mentre alla scala
locale viene utilizzato come corridoio,
accessibile dai vari ambiti specifici che
attraversa, per connetterli tutti alla rete
globale, implementandone le maglie e
radicandola più fortemente al territorio,
arricchendola di opportunità e vigore.
Il territorio di competenza
del Gal Daunofantino mostra una diversità
funzionale e di paesaggio, caratterizzata da
transetti naturali ed antropici differenti,
più o meno sovrapposti: i sistemi naturali a
ridosso della costa (foce dell’Ofanto, aree
Sicp, Parco nazionale del Gargano), gli
insediamenti costieri pressoché lineari, le
aree interne segnate da intense pressioni
antropiche, il sistema infrastrutturale, ora
parallelo ora trasversale alla costa.
Proprio lungo le frontiere fra naturalità e
attività antropiche sorgono i conflitti più
significativi.
Per misurarsi con un
territorio così complesso, ricco di risorse
e di interessi provenienti da diversi
attori, si è scelta la scala strategica del
bacino idrografico, approfondendo
l’esperienza dell’ingegnere borbonico Carlo
Afan de Rivera, che per primo parlò di un
bacino della Capitanata, dall’Ofanto al
Tavoliere.
Cosicché nel Psl lo schema
della rete ecologica ha costituito un
riferimento territoriale cardine, poiché
capace di orientare ed incentivare azioni e
misure promosse dal Gal e compatibili con
gli obiettivi della rete stessa.
L’esperienza di piano
condotta ha evidenziato la capacità
progettuale dei nuovi attori locali ed il
significato innovativo di un piano
ecologicamente orientato.
Il Psl del Gal Daunofantino
si fa portatore di un aspetto innovativo
consistente nel diverso rapporto tra le
strategie messe a punto dal progetto di rete
ecologica e gli interventi di tipo economico
previsti dal Psl: in tale esperienza,
infatti, la rete ecologica è stata concepita
quale strumento di ausilio e di supporto
alle azioni economiche.
Il Psl, accogliendo il
progetto di rete quale strumento attraverso
cui promuovere azioni e misure economiche,
ha costituito l’occasione per sperimentare
una diversa attuazione delle previsioni di
piano di scala sovracomunale.
Infatti, in questa esperienza
il piano è stato strutturato proprio sulla
forte interrelazione tra gli obiettivi e le
strategie ecologico-ambientali della rete e
di quelle economiche proposte nel Psl.
Partendo dalla consapevolezza della
diversità sia spaziale che temporale
esistente tra le dinamiche che
caratterizzano i sistemi ecologico ed
economico, l’obiettivo del piano è stato il
superamento delle diversità: la rete,
infatti, si muove in maniera transcalare
passando da macro a micro elementi nel
territorio (il fiume per esempio è
l’elemento transcalare per eccellenza,
considerato alla grande scala come
condotto di naturalità, diviene alla
scala locale un ottimo corridoio di
diffusione di naturalità); mentre le azioni
e le previsioni economiche seguono iter
consequenziali e diretti (ad ogni obiettivo
corrisponde una precisa azione), la rete
promuove la trasversalità attraversando il
territorio a prescindere da limiti e confini
amministrativi o socio-economici.
L’integrazione tra reti
ecologiche e reti economiche trova un
interessante precedente nei progetti di
Carlo Afan de Rivera per la Capitanata: “Per
Afan pianificare significa determinare un
piano generale di successive imprese
distinte secondo la gradazione della
rispettiva importanza e utilità, ma sempre
studiando i rapporti delle circostanze
fisiche e topografiche di ogni contrada co’
diversi rami dell’economia politica (…).
Afan vagheggia le vette e le gronde rupestri
ben selvose, con i pascoli subito a valle e
quindi le pianure irrigate sottoposte.
L’interdipendenza stretta di attività
primarie - quali la silvicoltura,
l’allevamento e l’agricoltura - è
indispensabile ed esse possono provvedere le
fabbriche di diverse materie grezze: dunque
un’attività industriale che valorizzi le
produzioni regionali” (Manzi).
Il progetto di rete per il
Psl, dunque, ha inteso costruire degli
ambiti riconoscibili sia dal punto di vista
economico che ecologico-ambientale, creando
un terreno comune di azione e di
progettazione di strategie adeguate. Ambiti
in cui le azioni e le misure del Psl trovano
soprattutto una concreta possibilità di
attuazione e di cantierizzazione.
Figura 3 - Progetto di rete
ecologica per il Psl 2003 del Gal
Daunofantino |
|
|
Le misure definite si
avvalgono dell’attribuzione di punteggi per
le azioni antropiche, classificate in base
alla compatibilità con le funzioni previste
nelle differenti aree dal progetto di rete
ecologica. L’associazione dei punteggi alle
azioni condiziona la fase concorsuale per
l’attribuzione dei co-finanziamenti,
assegnati a quelle che si ritengono
necessarie e strategiche, mentre vengono
dissuasi gli interventi incompatibili e
dannosi per il territorio.
Per esempio esistono misure
del Psl che assegnano dei co-finanziamenti
aggiuntivi per quegli interventi che meglio
definiscono e rafforzano l’identità e la
caratterizzazione degli ambiti della rete
ecologica.
Il punteggio che definisce le
azioni di ciascuna misura varia a seconda
della localizzazione dell’azione in ognuna
delle zone costituenti gli elementi della
rete ed è indice, quindi, della
compatibilità dell’azione con la funzione
che svolge nel territorio l’ambito cui essa
si riferisce.
In questo modo si rende
immediatamente percepibile il rapporto
diretto e l’azione coordinata tra singolo
intervento puntuale e strategia di sviluppo
generale del territorio del Gal, a sua volta
ordinata nella trama di relazioni della rete
ecologica di livello sovraordinato.
Sono esaltate, in tal modo,
sia la valenza transcalare del piano
proposto sia l’apertura a interventi
successivi nel tempo (flessibilità delle
dinamiche temporali).
Tale rapporto assume un ruolo
di condizionatore delle dinamiche di
sviluppo economico, che non vincola
rigidamente alcun intervento, ma stimola e
dirige l’interesse e la convenienza verso
gli interventi ecocompatibili e produttivi,
evitando che le azioni utili alla
riqualificazione e allo sviluppo previsti
dalle misure risultino disperse sul
territorio e, quindi, indebolite o
vanificate nei risultati finali di sviluppo
e di riassetto.
Lo sviluppo proposto
nell’area del Gal nasce, dunque, dalla
individuazione e dalla valorizzazione delle
risorse locali disponibili e delle loro
relazioni, sia naturali che finanziarie, e
alle quali si offre un utilizzo consapevole
e coordinato, capace di valorizzare
l’ecologia del territorio e di essere
catalizzatore di altre opportunità da
inscrivere in tale sistema, promovendo un
processo continuo di sviluppo sostenibile,
in grado di rafforzare le dinamiche e i
processi di compimento della rete ecologica,
riferimento iniziale per la genesi e la
caratterizzazione del piano stesso.
Bibliografia e webgrafia
Ass. Torino Internazionale
(1998), Verso il Piano, Torino.
Commissione europea (1979),
Direttiva Birds n. 409/1979.
Commissione europea (1992),
Direttiva Habitat n. 43/1992.
Dal Piaz A. (1999),
Ragionando di urbanistica, Edizioni
Graffiti, Napoli.
Deidda D., L’occasione dei
Progetti integrati territoriali (Pit),
www.formapubblica.it
Iacoviello M. (2001),
Pianificazione in bacini imbriferi e reti di
connettività ecologica, in Rigillo
Troncone M. (a cura di), “Quaderni di
ingegneria ambientale”, n. 34.
Iacoviello M., Ruocco F.
(2003), Ritmi transcalari tra condotti e
corridoi, in Urbanistica Informazioni n.
189, pag. 17.
Magnaghi A. (2000), Il
progetto locale, Bollati Boringhieri,
Torino.
Manzi E. (1977), I
problemi del Mezzogiorno nel pensiero di
Carlo Afan de Rivera, Estratto dalla
Rivista Geografica Italiana, annata LXXXIV,
Fasc.1.
Montemurro F. (2002), La
programmazione negoziata in Campania, in
“Guida agli Enti Locali”, n. 40 del
19.10.2002.
Moschini R. (2000), La
legge sulle aree protette dieci anni dopo,
speciale Parchi n. 31, Maggioli Editore,
Rimini.
Nicoletti D. (a cura di)
(2002), Convenzione Europea del
Paesaggio, dall’identità allo sviluppo
sostenibile, atti del convegno “Verso la
II Conferenza sulla applicazione della
Convenzione europea del paesaggio”, Padula
(Sa), settembre 2002, Denaro libri, Napoli.
Parco nazionale del Cilento e
Vallo di Diano (2003), Piano del Parco.
Progetto Nuval - Milano 30-31
ottobre 2002, Programmazione, valutazione
e selezione dei Progetti integrati:
esperienze a confronto, conclusioni del
Workshop.
Sudgest - Cnel, Rapporto
sullo stato d’attuazione dei Pit in Campania.
Veneto Agricoltura, Consorzio
di Bonifica Dese Sile (2002), Fasce
Tampone Boscate in ambiente agricolo,
edito da Veneto Agricoltura, Legnaro (Pd).
www.pa.ilsole24ore.com.
|
Gruppo studi Heliopolis
arch. Mauro Iacoviello
arch. Marcello Naimoli
arch. Monica Guarino
geol. Rocco Lafratta
Maurizio Marrese
Elena Arcopinto
Luisa Califano
Brigitta Ieva
Corrado Lentini
Marco Tatafiore
Francesco Ruocco |
|