Il regolamento per l’attuazione degli
interventi di ingegneria naturalistica
Con deliberazione n. 3417 del 12 luglio 2002
la Giunta regionale della Campania ha
approvato il “Regolamento per l’attuazione
degli interventi di ingegneria naturalistica
nel territorio della Regione Campania”. Con
successivo decreto n. 574 del 22 luglio
2002, il Presidente della Giunta regionale
Campania ha emanato il Regolamento
pubblicato sul Bollettino ufficiale della
Regione Campania del 19 agosto 2002.
Il Regolamento regionale è il prodotto di
una proficua collaborazione tra la Regione
Campania, il Commissariato di governo per
l’emergenza rifiuti e l’Associazione
italiana per l’ingegneria naturalistica
(Aipin) - Sezione Campania. La
collaborazione, iniziata alla fine del 2001,
aveva la finalità di fornire documenti
tecnico-scientifici sull’ingegneria
naturalistica validi per la programmazione,
progettazione ed esecuzione di opere nel
campo della difesa del suolo, dei recuperi
ambientali e della salvaguardia e
valorizzazione delle risorse naturali. Ad un
primo documento “Le linee guida per la
progettazione di opere di ingegneria
naturalistiche”, predisposte e divulgate nel
gennaio 2002, è seguita un’intensa attività
di studio e confronto con la finalità di
pervenire ad uno strumento normativo che
avesse una valenza intersettoriale e che
costituisse un atto di indirizzo generale
per tutti gli enti impegnati nella
progettazione ed esecuzione di opere che
interagiscono a vario livello col paesaggio,
nella convinzione che, laddove applicabili,
le tecniche di ingegneria naturalistica
costituiscono un valido strumento di
integrazione tra l’attività antropica e
l’ambiente e forniscono un metodo
progettuale più rispettoso anche delle
esigenze di salvaguardia del territorio.
La regolamentazione, in capo all’ente
regione, delle materie oggetto dell’atto
emanato dal Presidente Bassolino, si è resa
possibile a seguito delle recenti modifiche
costituzionali sui poteri regionali.
La scelta di un regolamento che investisse
tutti i settori regionali doveva essere
coniugata con l’esigenza di redigere un
documento snello, flessibile, che
confermasse la piena autonomia
progettuale, ma che nello stesso tempo
facesse chiarezza sulla definizione di
ingegneria naturalistica e proponesse un
corretto metodo di lavoro di base per
l’attività progettuale.
Il regolamento si sviluppa in soli 10
articoli ed è completato da un allegato
tecnico di 107 pagine.
L’articolo 1 chiarisce che
all’applicazione del regolamento sono tenuti
tutti gli uffici regionali operanti in
materia di difesa del suolo, bonifiche e
recuperi ambientali, infrastrutture e opere
idrauliche, tutela dell’ambiente. Lo stesso
articolo 1 chiarisce che sono tenuti
all’applicazione del regolamento anche altri
enti, diversi dalla regione, purché
concessionari di opere negli stessi campi di
intervento e i soggetti pubblici e privati
tenuti all’acquisizione di autorizzazioni e
nulla-osta di competenza regionale.
All’articolo 3 viene introdotto un
nuovo elaborato progettuale, la Relazione
sull’applicabilità dell’ingegneria
naturalistica che, nell’ambito
dell’attività di pianificazione e
progettazione, ha lo scopo di fornire i
risultati della valutazione
sull’applicabilità delle tecniche di
ingegneria naturalistica, nell’opera, in
programmazione e/o progettazione, in
relazione alle condizioni specifiche del
sito di intervento e dei limiti intrinseci
alle tecniche stesse. La relazione prende le
mosse dalle conclusioni degli studi di base
alla progettazione, ricostruendo pertanto le
condizioni al contorno del sito di
intervento, sul piano geologico, idrologico,
idraulico, geotecnico,
floristico-vegetazionale, faunistico e
paesaggistico. La relazione prosegue con il
valutare l’effettiva esigenza di intervenire
esaminando l’ipotesi dell’opzione zero,
il non intervento. È sicuramente un punto di
forza ed una novità sul piano legislativo
l’introduzione del concetto di non
intervento, necessario qualora i valori
ambientali, che si perderebbero realizzando
una qualsiasi opera, siano di ordine
maggiore rispetto ai vantaggi che si
otterrebbero sul piano della sicurezza e/o
dei servizi che si intendessero attuare.
Qualora venga esclusa la scelta del non
intervento, la relazione, richiamando i
limiti delle tecniche di ingegneria
naturalistica che pure esistono e vanno a
fondo valutati in sede progettuale,
verificherà la compatibilità delle tecniche
di ingegneria naturalistica con gli
interventi che si intendono attuare, siano
consolidamenti di sponde, siano recuperi di
frane o siano realizzazioni di opere a rete
o recuperi ambientali. La relazione, infine,
dà conto dei motivi delle scelte delle
singole tecniche richiamandosi al
principio del livello minimo di energia,
in base al quale l’uso di una tecnica
sovradimensionata costituisce un errore
deontologico, mentre il ricorso ad una
tecnica che si dimostri insufficiente
consiste un errore tecnico con conseguenza
la vanificazione dell’intervento.
L’articolo 4 richiama ed elenca gli
ambiti di intervento duali rispetto agli
uffici regionali tenuti all’applicazione del
Regolamento.
L’articolo 5 richiama e rinvia
all’allegato tecnico per la individuazione
delle tecniche adottabili, pur precisando
che è in facoltà del progettista proporre
nuove e diverse tecniche, anche quale
combinazione delle tecniche elementari,
definibili quali tecniche di ingegneria
naturalistica qualora la parte viva vegetale
assolva al ruolo esclusivo o preminente di
consolidamento, protezione od altro per cui
l’intervento stesso viene realizzato.
L’articolo 7 richiama all’obbligo di
prevedere, in sede progettuale, gli
interventi di recupero delle aree di
cantiere.
L’articolo 8 prevede l’applicazione
del regolamento anche per opere di
manutenzione, proponendo “per quanto
possibile” la sostituzione ed integrazione
delle opere esistenti con tecniche di
ingegneria naturalistica.
L’articolo 10, infine, contempla le
fasi transitorie nell’applicazione del
Regolamento. Si schematizzano tre
condizioni:
1. opere con progetti approvati, ma lavori
ancora non consegnati;
2. opere in corso di realizzazione;
3. opere già concluse a partire da 180
giorni prima dell’entrata in vigore del
regolamento.
In relazione a tali condizioni, il
regolamento suggerisce di verificare:
- la possibilità di recepimento nel progetto
delle norme dettate dal regolamento con
modifiche progettuali compatibili con le
vigenti norme sui lavori pubblici;
- la possibilità di apportare migliorie in
corso d’opera finalizzate ad attutire gli
impatti delle opere durante il corso dei
lavori;
- la possibilità di intervenire con
progettazioni successive per il recupero di
valori ambientali compromessi con l’uso di
tecniche non in linea col regolamento in
argomento. Tale eventualità dovrà essere
certificata dal responsabile del
procedimento con apposita relazione che
potrà costituire la base di programmazione
di interventi futuri.
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Figura 1 - Palificata a parete
semplice a Padula (Sa) |
L’allegato tecnico al regolamento
Premessa
L’allegato tecnico al Regolamento, redatto
in particolare con la consulenza
tecnico-scientifica dell’Aipin Campania,
propone l’esame di un processo progettuale
che tenga conto delle specificità
dell’ingegneria naturalistica.
Esso rappresenta uno strumento di avvio e
supporto per coloro i quali, nella pubblica
amministrazione e in ambito di privati
tecnici professionisti, si confrontano con i
temi progettuali inerenti il recupero
ambientale, la rinaturazione (creazione di
nuova natura) e la difesa idrogeologica del
territorio; il repertorio di soluzioni
tecniche indicate nell’allegato tecnico
rappresentano, infatti, una base di partenza
per lo sviluppo ed il perfezionamento di
altre tecniche utilizzate nel recupero
ambientale e/o difesa del suolo e non
inserite, a condizione che le stesse abbiano
una precipua corrispondenza con la
definizione di ingegneria naturalistica e
con i materiali utilizzati chiaramente
descritti nell’allegato tecnico (ai
paragrafi 2.2 e 2.3).
L’allegato tecnico si articola in tre
sezioni distinte: nella prima sono
elencati ed illustrati gli aspetti salienti
la progettazione delle opere e la
valutazione dei progetti che utilizzano le
tecniche di ingegneria naturalistica; nella
seconda parte sono elencate ed esaminate nel
dettaglio le singole tecniche di ingegneria
naturalistica maggiormente utilizzate negli
interventi di rinaturazione e di difesa
idrogeologica; nella terza parte, infine,
viene proposto un prezzario di riferimento
per le singole tecniche indicate nella
sezione precedente.
Parte I - Progettazione delle opere e
valutazione dei progetti
In questa sezione dell’allegato tecnico
viene ad esplicitarsi, sul piano scientifico
e tecnico, quanto descritto e prescritto
nell’articolato del Regolamento, partendo da
concetti base per la comprensione della
bioingegneria o ingegneria naturalistica,
quali quelli di definizione di ingegneria
naturalistica, di rinaturazione, nonché la
descrizione della vasta casistica inerente i
campi di applicazione della disciplina; si
mettono, quindi, in risalto alcuni aspetti
fondamentali che interessano l’applicazione
delle tecniche di ingegneria naturalistica:
- i materiali utilizzati: gli
interventi di ingegneria naturalistica si
distinguono da quelli in grigio
dell’edilizia in quanto utilizzano, come
materiale da costruzione, specie vegetali
vive, anche in abbinamento con altri
materiali, quali: materiali organici
inerti (legno, georeti e geostuoie),
materiali di sintesi (georeti e griglie) o
di altro tipo (ferro e materiale litoide);
- attitudini biotecniche delle piante:
con questo termine sono comprese, in
sintesi, tutte le azioni che, direttamente o
indirettamente, l’entità biologica pianta,
soprattutto mediante il suo straordinario
apparato radicale, svolge nella difesa e nel
miglioramento chimico e fisico della risorsa
suolo;
- ambiti di intervento e finalità:
vengono descritte le diverse funzioni e i
campi di applicazione delle tecniche di
ingegneria naturalistica: difesa
idrogeologica, tramite il consolidamento
di versanti o in generale del terreno;
funzione ecologico-naturalistica, con il
recupero di aree naturali degradate, cave e
discariche; funzione
estetico-paesaggistica, che riguarda la
sistemazione o rinaturazione di
infrastrutture quali, ad esempio, i rilevati
stradali o ferroviari; funzione
socio-economica, allorquando tali
tipologie sono alternative a quelle
tradizionali ed a costi molto competitivi,
recupero produttivo di aree incolte o
abbandonate.
Le tecniche di ingegneria naturalistica sono
elencate e descritte (paragrafo 2.6) per
gruppi di tipologie simili, quali:
semina, messa a dimora di piante o parti di
esse come talee, viminate, fascinate,
gradinate, palificate, muri di sostegno in
pietrame a secco rinverdito, le terre
rinforzate, copertura diffusa con astoni,
briglie e soglie, pennelli, rampe di
risalita per i pesci.
Le linee guida per l’applicabilità delle
tecniche di ingegneria naturalistica,
delineate nel paragrafo 3.0, derivano da
quanto in precedenza descritto in merito
all’art. 3 del Regolamento; a ciò si
aggiungono due considerazioni di carattere
tecnico-professionale: la Relazione
sull’applicabilità dell’ingegneria
naturalistica, lungi dall’essere una
sorta di sbarramento all’ingresso di nuovi
professionisti e nuove professionalità nel
campo dell’ ingegneria naturalistica,
rappresenta, invece, un importante momento
di crescita culturale, tecnico-scientifico e
di confronto tra professionalità di diversa
formazione tecnica e culturale, quali
geologi, agronomi, forestali, ingegneri ed
architetti; inoltre, le opere che utilizzino
tecniche di ingegneria naturalistica devono
ottemperare a quanto richiesto dalla legge
109/1994 e successive modifiche e dal
Regolamento Dpr del 21 dicembre 1999 n. 554,
in modo da assicurare:
a) la qualità dell’opera e la rispondenza
alle finalità relative;
b) la conformità alle norme ambientali ed
urbanistiche;
c) il soddisfacimento dei requisiti
essenziali, definiti dal quadro normativo
nazionale e comunitario.
Nei principi generali di intervento nella
sistemazione dei corsi d’acqua (paragrafo
3.1) si pone l’accento essenzialmente sulla
valorizzazione dell’ecosistema fluviale
e, nello specifico, sulla salvaguardia delle
unità di paesaggio, sul massimo rispetto
possibile della geomorfologia fluviale
indisturbata e sulla necessità di consentire
il divagamento d’alveo, laddove possibile,
in modo da assicurare la continuità degli
scambi ecologici e biologici tra le varie
aste fluviali; infine, il rispetto della
vegetazione ripariale, compatibilmente con
il regime idrologico del corso d’acqua ed i
livelli di sicurezza, rappresenta un
parametro fondamentale, ai fini della difesa
idrogeologica delle sponde fluviali e degli
specchi d’acqua in generale.
Nella sistemazione di un versante (paragrafo
3.2) viene posta l’attenzione sullo studio
della circolazione idrica
(superficiale, subsuperficiale, profonda) e
sulla conseguente scelta tecnica dei sistemi
di drenaggio più opportuni, tra i quali
privilegiare quelli che utilizzano le piante
vive. Nel caso di fenomeni franosi complessi
e più profondi le tecniche di ingegneria
naturalistica possono combinarsi con quelle
a maggior impatto, in modo da favorire
l’inserimento ambientale dell’intervento.
La Relazione sull’applicabilità delle
tecniche di ingegneria naturalistica,
così come disposto nel Regolamento,
rappresenta uno tra gli elementi di maggior
importanza nella progettazione di opere che
prevedano l’utilizzo di tecniche di
ingegneria naturalistica; in tale ottica gli
studi e le indagini preliminari (paragrafo
3.3) sono, dunque, non soltanto
propedeutici, ma necessari alla
progettazione corretta, perché forniscono
indicazioni fondamentali per definire la
natura e le caratteristiche dell’opera.
Risulta, peraltro, altrettanto essenziale e
di alta valenza tecnico-scientifica, uno
studio degli stessi parametri ambientali
dopo la realizzazione dell’opera, al
fine di monitorare e valutare l’inserimento
nell’ambiente degli interventi realizzati,
poiché quest’ultimo è l’aspetto di
maggior rilevanza negli interventi di
ingegneria naturalistica. Nel dettaglio,
tali studi risultano afferenti le varie
discipline coinvolte nella fase di
progettazione di un’opera di ingegneria
naturalistica e quindi:
- studio idrologico e calcoli idraulici;
- studio geologico–geotecnico;
- studio della flora e della vegetazione;
- studio faunistico.
Lo studio di ogni aspetto ambientale
elencato risulta articolato in una serie
di analisi principali, e minime, che devono
essere effettuate a supporto della
progettazione di interventi di ingegneria
naturalistica:
- obiettivi dell’indagine
preliminare;
- area di studio: bacino idrografico,
unità di paesaggio, habitat, ecc.;
- riferimenti normativi e vincoli
territoriali: leggi nazionali e
regionali, regolamenti, direttive o
convenzioni, ecc.;
- informazioni e dati: bibliografia
tematica, studi, indagini, cartografie,
parametri di calcolo, ecc.;
- metodologie: rilievi, misurazioni,
metodologie specifiche di rilevamento,
criteri di calcolo, ecc.;
- elaborati: relazioni tecniche,
scientifiche, grafici, cartografie, ecc.
Nella progettazione di un’opera con
interventi di ingegneria naturalistica è
necessaria una stretta relazione alle
norme vigenti in materia di lavori pubblici
ed in particolare alla legge 109/1994 e
successive modifiche ed al Regolamento
generale dei lavori pubblici Dpr 554/1999.
In tale ottica, nel paragrafo 3.8, sono
dettagliatamente elencati e descritti i vari
livelli progettuali (preliminare,
definitivo, esecutivo) con particolare
riferimento alle problematiche ed ai
risvolti tecnici inerenti gli interventi di
ingegneria naturalistica.
Uno degli aspetti più qualificanti di
un’opera di rinaturazione e di recupero
ambientale con l’utilizzo di tecniche di
ingegneria naturalistica riguarda la
scelta delle essenze vegetali da
utilizzare nell’intervento (paragrafo 4.0);
tale scelta è il risultato della valutazione
di alcuni parametri fondamentali quali:
le caratteristiche edafiche e stazionarie
del sito d’intervento, le capacità
biotecniche delle piante ed in particolare
quelle inerenti lo sviluppo radicale, le
capacità di propagazione, la velocità di
crescita, la reperibilità, in natura o sul
mercato, del materiale vegetale. A tali
aspetti si aggiungono altri due,
strettamente correlati e che potremmo
definire di carattere strategico, nella
realizzazione di un’opera di ingegneria
naturalistica: la conservazione della
biodiversità e la coerenza con la
tipologia ed il dinamismo della vegetazione
dell’area in cui è previsto l’intervento.
Un elemento di forte innovazione, rispetto
ad altri regolamenti regionali e nazionali
in materia, è rappresentato proprio
dall’identificazione ed elencazione
dettagliata di un gruppo di specie vegetali
considerate, da un punto di vista
corologico, spontanee nella
Regione Campania. Tale elenco è stato
redatto in base alla consulenza tecnico
scientifica dell’Aipin Campania, con
l’apporto di studi e riferimenti scientifici
pubblicati in materia. È, però, opportuno
che l’elenco delle specie sia perfezionato e
dettagliato dai risultati di analisi
floristiche e fitosociologiche, che
andrebbero comunque effettuate
preliminarmente ad un intervento di recupero
ambientale con l’utilizzo di tecniche di
ingegneria naturalistica. L’approccio
floristico e metodologico proposto per
l’elenco specie è quello della
classificazione fitoclimatica proposta
da Pavari (1916) e quella più recente delle
fasce di vegetazione del Pignatti (1979).
L’elenco delle specie vegetali maggiormente
significative nella flora della Campania (Pignatti,
Flora d’Italia, 1997) e da inserire
di preferenza negli interventi di ingegneria
naturalistica, risulta dettagliata per ogni
singola essenza erbacea, arbustiva o
arborea, attraverso la propria nomenclatura
tassonomica, il suo appellativo comune o
volgare, la sua fascia fitoclimatica e
l’aggruppamento vegetale di pertinenza e/o
l’habitat di riferimento; per quanto
riguarda le fasce in cui si distribuiscono
le varie specie vegetali, esse si articolano
in:
- fascia mediterranea (0 - 500 m slm);
- fascia sannitica (500 - 1000 m slm);
- fascia atlantica (1000 - 1800 m slm);
- fascia mediterraneo-altomontana (> 1800
m slm);
- vegetazione dei fiumi, dei laghi e del
litorale marino.
L’introduzione ed uso di specie esotiche,
o comunque estranee al dinamismo naturale
della vegetazione, così come di quelle
ampiamente diffuse perché legate allo
sviluppo antropico o al degrado della zona,
deve esser limitato il più possibile e
devono essere rese esplicite le motivazioni
di scelte che si discostano da questi
criteri nella relazione dell’esperto (Tabella
1).
Al fine di una più facile ed esaustiva
valutazione dei progetti di ingegneria
naturalistica da parte del responsabile di
procedimento o di chi è incaricato a
valutare i progetti, si è ritenuto utile
proporre la compilazione di una lista di
controllo, in forma di questionario, che
fa riferimento alle linee guida per la
progettazione delle opere di ingegneria
naturalistica (paragrafo 5.0). Tale lista,
partendo da aspetti preliminari e generali
dell’opera da valutare, si articola, in un
secondo momento, nei vari aspetti tecnici
multidisciplinari (geologico, geotecnico,
idrologico, ingegneristico, di sicurezza dei
cantieri, vegetazionale, faunistico e
paesaggistico), considerando, in ogni caso,
necessaria un’esperienza di base, maturata
relativamente all’applicazione di queste
tecniche e/o la necessità di essere
affiancati da professionisti esperti nel
capo dell’ingegneria naturalistica.
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Figura 2 - Palificata doppia e
georete sul torrente Telegro. (Eboli,
Sa; 1999) |
Parte II - Le tecniche
Nella seconda parte dell’allegato tecnico
vengono elencate ed esaminate nel dettaglio
le singole tecniche di ingegneria
naturalistica maggiormente utilizzate negli
interventi di rinaturazione e di difesa
idrogeologica.
La codifica utilizzata, a sigla delle varie
tecniche, è quella elaborata a cura del
Ministero dell’ambiente con la
collaborazione dell’Aipin ed ufficializzata
nel testo “Linee guida per capitolati
speciali per interventi di ingegneria
naturalistica e lavori di opere a verde”
edito nel 1997.
Si ribadisce, ancora, che l’elenco delle
tecniche proposto risulta un semplice
riferimento guida per la stesura di progetti
con opere di ingegneria naturalistica,
stante la possibilità da parte del
progettista di utilizzare altre o nuove
tecniche o, ancora, combinazioni di quelle
elencate, secondo quanto stabilito
chiaramente dall’art. 5 del Regolamento,
qualora, comunque, la parte viva vegetale
assolva al ruolo esclusivo o preminente di
consolidamento, protezione od altro scopo di
recupero ambientale per cui l’intervento
viene realizzato.
Le tecniche sono state raggruppate in base
al loro grado di difesa del suolo, partendo
da quelli più superficiali, a funzione
prevalentemente antierosiva (interventi
di semina e rivestimenti), passando poi
a quelli ad effetto stabilizzante più
profondo (interventi stabilizzanti)
ed infine ad interventi di vero e proprio
consolidamento (interventi combinati di
consolidamento).
Infine, è presente un elenco, separato dal
precedente, di tecniche particolari o di uso
non comune, da utilizzarsi prevalentemente
in ambito fluviale o urbano (opere con
interventi combinati).
Le singole tecniche sono articolate in due
parti fondamentali: una parte descrittiva,
sotto forma di scheda tecnica, ed un
elaborato grafico con prospetti, sezioni
d’assieme della tecnica ed i particolari
tecnici e tecnologici ritenuti rilevanti. In
sintesi, nella scheda tecnica sono elencati
ed esaminati tutti gli aspetti e le
problematiche legate alla progettazione, la
realizzazione e la necessaria manutenzione
dell’intervento che utilizza la specifica
tecnica di ingegneria naturalistica e cioè:
- descrizione della tecnica;
- obiettivi ed ambiti d’intervento;
- materiali impiegati;
- accorgimenti esecutivi;
- periodo di intervento (legato alla
componente vegetazionale);
- limiti applicativi;
- sicurezza sui luoghi di lavoro;
- manutenzione.
Parte III – Prezzario
La parte terza dell’allegato tecnico propone
un prezzario delle opere di ingegneria
naturalistica con riferimento alla realtà
campana.
Gli importi sono dettagliati per ogni
categoria di opera descritta, esplicitati
rispetto all’unità di misura di riferimento,
ed accompagnati da una sintetica descrizione
tecnica dell’intervento. Essi sono il
risultato di apposite analisi prezzi
predisposte dall’Aipin Campania, in
riferimento ad un’attività di ricerca e
confronto risalente a diversi anni da parte
dell’Aipin, sia a livello regionale che
nazionale.
I costi elementari sono stati desunti dalle
apposite tabelle regionali, mentre per le
voci di costo non rinvenute nelle stesse si
è fatto riferimento alle quotazioni di
mercato. Si sottolinea a tal proposito che
il prezzario proposto è il frutto di
un’opera di necessaria mediazione fra le
varie realtà ambientali del
territorio campano che, come è noto,
risultano estremamente diversificate e, per
tale motivo, rappresentano un riferimento di
ausilio al progettista e non un vincolo;
risulta chiaro, pertanto, che i prezzi per
tutte le categorie di opere vanno verificati
di volta in volta e giustificati, in
funzione delle condizioni locali del sito in
cui s’interverrà, con le tecniche di
ingegneria naturalistica.
Risulta, dunque, chiara la necessità di un
aggiornamento periodico del prezzario man
mano che, come è fortemente auspicabile, le
opere di ingegneria naturalistica si
diffondono sul territorio della Regione
Campania e le conoscenze tecniche e
scientifiche si approfondiscono ed ampliano.
A tale importante compito sono chiamati sia
soggetti della pubblica amministrazione sia
singoli soggetti privati, ditte
specializzate e singoli professionisti
progettisti.
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Figura 3 - Palificata doppia sul
Grancano (Sa, 2001) |
*presidente della sezione Campania dell'Aipin
(Associazione italiana per l'ingegneria
naturalistica)
**consulente Ptc della Provincia di Salerno
per l’area agraria ed ecologica, consigliere
regionale della sezione Campania dell'Aipin
(Associazione italiana per l'ingegneria
naturalistica) |