Dagli spazi della paura all’urbanistica per
la sicurezza
Antonio Acierno
Alinea, Firenze, 2003
Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad
una progressiva urbanizzazione del
territorio con una crescita esponenziale
delle città che si sono trasformate in
metropoli provocando il diffuso degrado di
molte delle sue parti. La città
contemporanea presenta nuovi mali che solo
in parte si possono mettere in relazione con
altri momenti storici. La maggioranza della
popolazione, pur se inclusa nei nuovi
processi economici, vive momenti di
disoccupazione e sottoccupazione, tra
l’altro in uno stato di isolamento dovuto
all’individualizzazione avanzata che
amplifica oltre misura le proprie paure. La
territorializzazione di questa nuova
condizione vede una geografia costituita da
recinti di sicurezza e di degrado con
la progressiva distruzione dello spazio
pubblico. Le aree periferiche della città
moderna diventano i ghetti degli
esclusi. La distribuzione geografica della
paura avviene in ragione di dinamiche
sociali e fisiche, di usi e forme, chiamando
in causa la pianificazione spaziale e la
progettazione urbana accanto alle altre
discipline che s’interessano della città nei
campi economico, amministrativo e sociale.
Il tema della sicurezza ripropone, quindi,
un nodo centrale della disciplina
urbanistica, che ha sempre dovuto gestire il
conflittuale rapporto tra pianificazione
fisica e pianificazione sociale. La
pianificazione urbanistica ha costantemente
cercato di rispondere a problematiche
sociali, come la domanda di case, di
occupazione, di igiene, di difesa, offrendo
soluzioni di organizzazione dello spazio.
Presentazione – Introduzione – Crisi urbana
e insicurezza – Parte prima: La ricerca
sociale sul rischio – Il calcolo analitico e
la costruzione sociale del rischio – Il
rischio come carattere della tarda modernità
– Parte seconda: Nuove paure e urbanistica
per la sicurezza – Nuove paure e urbanistica
difensiva – L’approccio ambientale alla
sicurezza: la ricerca teorica – L’approccio
ambientale alla sicurezza: alcune pratiche –
Conclusioni: città, sicurezza, urbanistica –
Appendice: Linee guida per la redazione di
un piano di sicurezza secondo l’approccio
ambientale finalizzato al recupero di un
quartiere urbano.
Perché proprio qui?
Grandi opere e opposizioni locali
Luigi Bobbio, Alberico Zeppetella (a cura)
FrancoAngeli, Milano, 2003
La questione delle localizzazioni delle
attività indesiderate è assai complesso,
poiché aumentano continuamente e per motivi
più diversi gli oggetti sgraditi ai
residenti. La cronaca ci propone, di
frequente, casi di progetti che finiscono
per arenarsi di fronte alle divergenze tra
amministrazioni pubbliche competenti le
comunità locali. Uno degli ostacoli
fondamentali alla riuscita dei progetti
consiste nel fatto che le localizzazioni
degli impianti indesiderati vengono
solitamente scelte in modo poco trasparente
e senza alcun coinvolgimento delle comunità
destinati a riceverli. Queste ultime possono
quindi legittimamente rivolgere ai
proponenti la domanda: “Perché proprio
qui?”. Così come hanno fatto proprio nei
tre casi di studio raccontati. Si tratta di
grandi opere d’interesse collettivo che
tendono però a penalizzare le aree in cui
vengono insediate. Sono state promosse da
tre fra le più importanti imprese italiane (Snam,
Fiat, Enel), sono state sottoposte alla
procedura di valutazione di impatto
ambientale (Via) ed hanno incontrato
forti opposizioni sul piano locale. Ma se la
Via, come in genere tutte le valutazioni
ex ante dei progetti, rappresenta un
aiuto alla decisione per la
localizzazione/non localizzazione o
mitigazione di opere e impianti, allora si
può pensare di utilizzarla per verificare
non solo la qualità tecnica dei progetti dal
punto di vista ambientale, ma anche la
possibilità di costruire consenso
attraverso il confronto e la negoziazione
tra i soggetti coinvolti. La motivazione
principale delle sindromi da rifiuto
è, infatti, da ricercare nella progressiva
crescita della sfiducia nei confronti della
scienza e della tecnica. Strumenti come la
Via che nascono invece dalla convinzione che
sia possibile una forma razionale e
consensuale di superamento dei conflitti,
basata su comuni acquisizioni tecniche, si
sono rivelati del tutto insufficienti a
ridurre, sia pure di poco, i livelli di
conflitto. Insistere nel loro uso equivale,
per certi versi, a mettere ancora più a
rischio la credibilità del mondo
scientifico, senza per questo ottenere
risultati significativi. Potrebbe invece
essere più utile introdurre un approccio
alla Via basato sulle tecniche di gestione
dei conflitti che tenda a educare
progressivamente cittadini e amministratori
all’uso attivo degli strumenti di aiuto alla
decisione.
I progetti di grandi interventi suscitano di
solito vivaci controversie e forti
contrapposizioni. I loro effetti prevedibili
non sono sempre positivi; anzi, sul piano
locale gli aspetti negativi sono spesso
prevalenti. La loro realizzazione, inoltre,
rimette quasi automaticamente in discussione
gli equilibri esistenti per quanto riguarda
gli usi del suolo e delle risorse
ambientali, e questo inevitabilmente produce
conflitti nuovi o risveglia quelli sopiti.
Di là dalle controversie insolubili, in
quanto spesso riconducibili a grandi
interessi economici contrapposti, vi sono
anche molti conflitti che si radicalizzano
per altre ragioni, quali quella del
reciproco sospetto tra i soggetti coinvolti
o quella dell’ostilità dettata
esclusivamente dalla circostanza di dover
impersonare una rappresentanza che obbliga
al ruolo di nemici giurati. La
sindrome nimby (not in my backyard
– non nel mio giardino) è contagiosa e gli
insuccessi accumulati dai proponenti
alimentano nuove opposizioni altrove per
situazioni analoghe. È anche vero che spesso
essa tende a produrre l’effetto perverso di
addossare i rischi ambientali sulle comunità
che sono meno in grado di difendersi. I
governi e le imprese tendono a seguire la
linea di minore resistenza e a concentrare
le installazioni più pericolose sulle
comunità più degradate.
I punti di vista dell’efficacia e
dell’equità, legati a qualsiasi
localizzazione di grande opera o impianto,
sono entrambi relativi e soggetti a
interpretazione. Essi, pur conducendo
entrambi ad auspicare strategie di decisione
consensuale, hanno in sé una differenza
fondamentale: mentre per una localizzazione
efficace è sufficiente che il
consenso della comunità ospitante sia
raggiunto, non importa in che modo (a
limite, potrebbe essere anche estorto), il
criterio dell’equità è più esigente:
implica, infatti, che il consenso debba
essere libero e informato e richiede
pertanto un processo di informazione, di
discussione e di negoziazione più complesso
e accurato. In particolare dal punto di
vista dell’efficacia potrebbe essere
ammissibile un metodo di mercato che affidi
la scelta del sito alla libera
contrattazione tra i proponenti e le singole
comunità, e in cui le compensazioni
funzionassero da prezzo della transazione.
Sarebbe questa una soluzione invece
difficilmente giustificabile, viceversa,
sotto il profilo dell’equità.
È possibile, allora, immaginare
un’organizzazione del processo decisionale
che consenta di raggiungere un’adeguata base
di consenso? Senza la pretesa di proporre
ricette universali, il volume pone l’accento
sulla necessità di sviluppare approcci di
tipo dialogico che prevedano la
partecipazione di soggetti effettivamente
coinvolti dagli impatti dell’opera per
ricercare soluzioni negoziate eque e
democratiche. Ma l’apertura di un processo
dialogico, e dei relativi momenti negoziali,
non può nascere che dalla comprensione delle
diverse razionalità in gioco e dal loro
riconoscimento reciproco.
Introduzione (L. Bobbio, A. Zeppetella)
– Parte prima: I casi – Davide contro Golia.
L’inceneritore Fenice a Marrone (G.
Borelli) – La concertazione dimezzata.
Il terminale di rigassificazione del metano
liquido di Monfalcone (R. Gallimbeni, L.
Piani, A. Zeppetella) – Sbagliando
s’impara? L’elettrodotto della Valle di Susa
(M. Bonjean) – Parte seconda: Oltre
l’impasse – La valutazione ambientale tra
routine amministrativa e dialogo negoziale (A.
Zeppetella) – Un processo equo per una
localizzazione equa (L. Bobbio).
Economia Regionale
Roberta Capello
Il Mulino, Bologna, 2004
L’economia regionale è quella branca
dell’economia che include la dimensione
spaziale nello studio del funzionamento del
mercato, inserendola in schemi logici,
leggi, modelli che spiegano, regolano e
interpretano la formazione dei prezzi, della
capacità produttiva, i livelli di produzione
e di sviluppo, la distribuzione del reddito
in condizioni di ineguale dotazione
regionale delle risorse. L’economia
regionale diviene inoltre economia del
territorio quando nell’interpretare i
percorsi di crescita delle economie locali
guarda allo spazio come risorsa economica e
fattore produttivo autonomo. Il volume
illustra, in modo puntuale ed esaustivo,
l’ormai ricco bagaglio di teorie e modelli
appartenenti a questa disciplina,
evidenziandone l’evoluzione concettuale e
analizzando le mutazioni del concetto di
spazio avvenute al loro interno.
Presentazione (R. Camagni) –
Prefazione – Simbologia – Introduzione –
Parte prima: Teoria della localizzazione: lo
spazio fisico-metrico – Agglomerazione e
localizzazione – Accessibilità e
localizzazione – Gerarchia e localizzazione
– Parte seconda: Teorie della crescita
regionale: lo spazio uniforme-astratto –
Struttura produttiva e sviluppo – La domanda
– La dotazione fattoriale – Parte terza:
Teorie dello sviluppo locale: lo spazio
diversificato-relazionale – Competitività
territoriale e sviluppo esogeno –
Competitività territoriale e sviluppo
endogeno – Parte quarta: Teorie della
crescita regionale: lo spazio
diversificato-stilizzato – Competitività
territoriale e sviluppo cumulativo
domanda/offerta – Competitività territoriale
e crescita endogena – Verso una sintesi –
Postfazione (P. Nijkamp).
Anime di luoghi
Lidia Decandia
FrancoAngeli, Milano, 2004
Raccontando storie di territori, quali la
Sardegna, l’India e la Calabria, incontrati
nel corso della sua esperienza, Lidia
Decandia invita alla ricerca di un modo di
avvicinarsi ad essi diverso, altro,
rispetto a quello proprio di un sapere
disciplinare da sempre teso a maneggiare e
padroneggiare luoghi e identità.
Luoghi e identità che le tecniche sono
incapaci di costruire. Luoghi e identità che
è, infatti, possibile realizzare solo
mediante una costruzione di territorio
intesa come un’opera collettiva,
consapevole e creativa di chi abita e vive
quello stesso territorio ed è capace di
ripensarsi da cima a fondo e ri-fabbricarsi.
È fondamentale, allora, l’incontro con le
persone per ridare loro dignità e
risvegliare in loro il desiderio di
partecipazione al mutamento possibile. Ma è
fondamentale soprattutto “lavorare per far
emergere, dare visibilità alle pratiche
differenti, ai segnali deboli, alle qualità
positive che già il territorio esprime:
contribuire a valorizzare, amplificare,
offrire opportunità a questi nuovi
comportamenti, alle virtualità latenti, ai
filoni fini di energia, lavorare dunque per
passaggi e consolidamenti, costruire
bacini di raccolta, mettere in
comunicazione i pensieri isolati per dargli
forza, preparare reti che consentano alla
progettualità microbica di coagularsi e
prendere forma”. Il linguaggio narrativo di
Lidia Decandia, teso a “restituire voce a
quei territori pulsanti e vitali resi
inanimati e silenti dai linguaggi della
pianificazione”, si snoda tra corrispondenze
e assonanze che invitano a riflettere sul
rapporto tra uomo e territorio,
sull’importanza della memoria quale fattore
imprescindibile affinché il primo impari ad
avere rispetto del secondo. Lidia Decandia
invita a ripensare l’idea stessa di progetto
inteso non più come forma compiuta, ma come
lavoro di preparazione di contesti in cui
rimettere in moto la passione e
l’intelligenza collettiva.
Introduzione: Prima di mettersi in cammino –
Appunti di viaggio – Prima parte: Anime di
luoghi – Centri sacri e territorio: feste
lunghe in Sardegna – Acque sacre e città:
Varanasi – Uomo e natura in Calabria: la
dimensione simbolica – Seconda parte:
Continuità, salti, ferite e lacerazioni –
Biografia di un territorio: la Calabria –
Terza parte: Tra memoria e progetto: uno
sguardo verso il possibile – Sguardi,
immagini, stereotipi nelle retoriche della
calabresità – La tarantella: una
metafora per ripensare il progetto.
Mutamenti del paesaggio. Idee, proposte e
progetti per la penisola sorrentina
Eleonora Giovene di Girasole,
Giuseppe Guida
Edizioni Graffiti, Napoli, 2003
Dopo decenni caratterizzati da una sua lenta
evoluzione, la penisola sorrentina,
negli ultimi trent’anni, è stata investita
da una frenetica crescita edilizia. Ma si
tratta di una crescita caotica, non
giustificata: né dal sistema
infrastrutturale, nel frattempo rimasto
sostanzialmente immutato; né dalla ripresa
del turismo, sempre più di massa e del tipo
mordi e fuggi; né da una combinazione
di eventi, a carattere più o meno culturale,
che la riportassero su una scena diversa da
quella provinciale; né, tanto meno, da una
particolare qualità architettonica o urbana
di tutto quello che si è prodotto. Più che
di mutamento, si è trattato di una
mutazione che ne ha modificato, se non
sostituito, alcuni caratteri interni
peculiari, lasciando all’esterno un
involucro inadeguato. Le responsabilità di
questa decadenza sono, probabilmente, solo
parzialmente della politica. Si
avverte, cioè, la carenza di una riflessione
culturale, e della ricerca di idonei
strumenti di intervento, che si preoccupi di
porsi a monte di processi decisionali che
troppo spesso sembrano avvenire quasi
casualmente, al di fuori di ogni disegno
organico e condiviso.
Presentazione (P. Belfiore) –
Introduzione: Penisola sorrentina, una
lettura per immagini (G. Guida) –
Contributi – Tutela ambientale e
pianificazione urbanistica: le vicende del
Put (B. Discepolo) – Quale trasporto
per una mobilità sostenibile in Penisola
Sorrentina (M. de Luca) – Il sistema
dei trasporti tra sviluppo economico e
conservazione dell’ambiente (L. Fusco
Girard) – Tra conservazione e fruizione,
verso un turismo sostenibile (E. Giovene
di Girasole) – La costa: natura,
artificio e pirati (F. Bruno) –
Esperienze di progettazione nei territori
della costa (M. Pica Ciamarra) – La
ricerca progettuale come esercizio di
conoscenza: riflessioni per un futuro
possibile (M. Russo) – Le occasioni
del progetto (P. Pisciotta) –
Rassegna di tesi di laurea.
Criticità ambientale e rischio tecnologico.
Dal risanamento alla riqualificazione dei
sistemi territoriali industriali
Isabella Di Patti
Alinea, Firenze, 2004
I gravi eventi incidentali avvenuti negli
anni ’70 hanno determinato nell’opinione
pubblica la consapevolezza della necessità
di dover prevenire i danni provocati dai
processi produttivi dell’industria. La
comunità nazionale e quella europea,
sull’onda dell’emergenza, ha preso posizione
sul problema, avviando il processo di
formazione sulla prevenzione dei grandi
rischi industriali e inducendo una risposta
normativa incentrata sulla tutela
dell’incolumità umana. Il panorama operativo
è attualmente in trasformazione, con le
province e le città metropolitane, ove
costituite, tenute a individuare,
nell’ambito dei propri strumenti di
pianificazione territoriale, con il concorso
dei comuni interessati, le aree sulle quali
ricadono gli effetti prodotti dagli
stabilimenti soggetti alla disciplina di cui
al DLgs 334/1999 e la loro relazione con gli
elementi territoriali e ambientali
vulnerabili, con le reti e i nodi
infrastrutturali, di trasporto, tecnologici
ed energetici, esistenti e previsti, tenendo
conto delle aree di criticità con
riferimento alle diverse ipotesi di rischio
naturale individuate nel piano di
protezione civile. La nuova impostazione
normativa prevede l’adeguamento di tutti gli
strumenti urbanistici, i quali individuano e
disciplinano le aree da sottoporre a
specifica regolamentazione, anche in
relazione ai contenuti del piano
territoriale di coordinamento, tenendo
conto di tutte le problematiche territoriali
e infrastrutturali relative all’area vasta.
A tal fine, gli strumenti urbanistici devono
comprendere un elaborato tecnico Rir (rischio
di incidenti rilevanti) relativo al
controllo dell’urbanizzazione. Si avvia, di
fatto, anche il processo di valutazione
integrata che prevede un esame più
complessivo dell’opportunità di compiere
determinate scelte urbanistiche di
insediamento residenziale, produttivo e
infrastrutturale, riconnettendo alla
valutazione del rischio i temi del
monitoraggio dell’inquinamento, del
controllo delle situazioni di crisi
ambientali per le componenti ambientali
(atmosfera, acqua, territorio, natura e
paesaggio, ecc.).
Introduzione – Le aree industriali a rischio
d’incidente rilevante – Obiettivi e tecniche
di progetto – Strumenti – Conclusioni –
Appendici.
Paesaggio, comunicazione, rappresentazione,
perequazione urbanistica: criteri fondativi
del piano
Francesco Forte, Francesco S. Forte (a cura)
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004
I progetti che il testo commenta
suggeriscono che la ricerca di unità di
senso nel governo delle trasformazioni
urbane e territoriali rende sempre attuali
gli strumenti di pianificazione generale a
contenuto sistemico, quale il piano
urbanistico generale comunale, da praticare
con innovazione nei contenuti, nella forma,
nei criteri di valutazione, nella idea di
assetto spaziale, nella efficacia della
perequazione, nello snellimento
procedimentale. L’impegno progettuale
diretto ha riguardato due significative
città della Campania: Benevento e S. Maria
Capua Vetere. Nel primo caso, il progetto ha
rafforzato la razionalità del Prusst, con
riferimento al programma aeroportuale della
regione, al rafforzamento infrastrutturale e
alle sue implicazioni urbanistiche. Nel
secondo, il progetto ha reso tra l’altro
possibile l’avvio del concorso della nuova
cittadella giudiziaria ed ha indirizzato il
progetto integrato territoriale di
valorizzazione archeologica e storica. La
cultura del fare propria al progetto urbano
non può fare a meno della complessità
regolamentativa e tematica del piano
urbanistico generale e alla relativa
classificazione sistemica delle azioni da
implementare attraverso il concorso di una
pluralità di attori, privati e pubblici,
preventivamente valutate per coerenza e
compatibilità. La forma del piano
urbanistico comunale appare, dunque, come il
principale tema di esplorazione, in grado di
conferire significato ai criteri di
pianificazione, programmazione, bilancio ed
equità.
Introduzione (F. Forte) – Sui criteri
di pianificazione: i valori della forma
sensibile nel piano paesistico e nel piano
urbanistico comunale (F. Forte) –
Forma e struttura del piano urbanistico
generale comunale (F. Forte) – Un
caso sperimentale: il piano urbanistico
generale del Comune di Santa Maria Capua
Vetere (Ce) (S. Cioce, F. S. Forte) –
La valutazione nell’attuazione del piano
urbanistico comunale (F. Forte) – Sui
piani urbanistici comunali di Benevento e
Santa Maria Capua Vetere (F. S. Forte)
– Criteri di controllo della forma urbana (C.
Trillo) – Il Prg di Marigliano su
fondamenti perequativi (A. Marzoni, R.
Sorrentino) – Pratiche perequative e
analisi finanziaria nel piano: il caso
toscano (C. Borocci) – Il piano
spiagge del Comune di Ascea (Sa) (B. Di
Bartolomeo) – Il parco delle energie
alternative a Benevento (F. Forte) –
Urban planning, politics, and the public
interest: a contribution to understand
Naples (F. Forte) – Lineamenti del
Centro interdipartimentale di ricerca in
urbanistica Alberto Calza Bini.
Dire, fare, partecipare. Laboratori di
partecipazione: dal piano regolatore ai
progetti sostenibili di Villasanta
Davide Fortino (a cura)
Inu Edizioni, Roma, 2004
La quantità crescente di informazioni
disponibili, la non controllabilità dei
fenomeni e dei processi che viviamo nei
nostri territori, oltre alle difficoltà
delle istituzioni nel fronteggiare emergenze
e rispondere a bisogni molto diversificati e
complessi con le sole proprie risorse, non
fanno sembrare realistiche soluzioni fondate
sull’azione di poche intelligenze.
L’esperienza avvalora la convinzione che,
viceversa, la conoscenza è per buona
parte socialmente distribuita e costruibile
attraverso sforzi di collaborazione e di
ricomposizione di quanto elaborato
individualmente e attraverso relazioni
significative tra persone, per raggiungere
obiettivi condivisi. Del resto, molti
dei problemi del territorio non sono
effettivamente conoscibili in prima battuta,
né tanto meno possono essere trattati
secondo paradigmi monodisciplinari,
soprattutto se ci si pone in un’ottica di
trasformazione. Le pratiche partecipative
e laboratoriali dovrebbero permettere
di rendere praticabile l’integrazione dei
saperi, quindi il fatto di trattare le
questioni collettive attraverso lo sforzo di
far interagire competenze, conoscenze e
saperi, tra esperti, tecnici, amministratori
e la cittadinanza singola e associata. Dal
confronto che si è generato dall’esperienza
di Villasanta chi ha da apprendere in primo
luogo sono probabilmente le istituzioni.
Introduzione: Essere amministratori locali
oggi: la costruzione delle scelte (F.
Ornaghi) – Parte prima: Valorizzare le
risorse del territorio: spazi, forme e
strumenti della partecipazione della
comunità (D. Fortini) – Parte
seconda: Una visione possibile: l’idea del
laboratorio partecipativo (D. Fortini, A.
Raus) – Postfazione (A. Balducci).
Città e terremoti. Metodi e tecniche per la
mitigazione del rischio sismico
Adriana Galderisi
Gangemi, Roma, 2004
Il volume rappresenta un ulteriore tassello
verso un approccio all’analisi di rischio
che si prefigga di prevenire i danni che un
contesto urbano può subire a seguito di un
evento sismico (da quelli fisici a quelli
funzionali, economici, sociali, ecc.), che
consideri gli impatti immediati, ma anche
quelli differiti e di lungo periodo che un
sisma può provocare. A fronte di analisi di
rischio tradizionalmente incentrate sullo
studio della sorgente di pericolo,
sull’individuazione degli elementi esposti
al pericolo, sulla propensione al danno
degli elementi esposti (manufatti edilizi e
infrastrutture), il percorso di lavoro
proposto si fonda, essenzialmente, sul
riconoscimento della città come sistema,
il cui comportamento e la cui capacità di
risposta ad un evento sismico implica non
solo una vulnerabilità non riconducibile
alla sommatoria della vulnerabilità dei
singoli elementi ma che può avere anche
ripercussioni, più o meno rilevanti, su
altri elementi del sistema. La sostenibilità
degli insediamenti implica una specifica
attenzione al concetto di capacità di carico
dei sistemi urbani e territoriali, intesa
come capacità di un sistema di sopportare
carichi, pressioni senza subire
modificazioni irreversibili. Il sisma
costituisce un carico eccezionale, rilevante
e repentino per il sistema di cui occorre
accrescere la resilienza intesa come
capacità di fronteggiare e riprendersi
dall’evento, agendo sui livelli di
organizzazione del sistema stesso,
evitandone il collasso e il passaggio ad un
diverso (e generalmente di livello
inferiore) stato di equilibrio e
facilitando, di contro, il ripristino dello
stato precedente all’evento.
Prefazione (G. Bertolaso) –
Presentazione (U. de Flaviis) –
Introduzione (R. Papa) – Parte I: La
mitigazione dei rischi naturali nei processi
di governo delle trasformazioni urbane e
territoriali – La mitigazione dei rischi
naturali per la sostenibilità dello sviluppo
(A. Galderisi) – Governo delle
trasformazioni territoriali e mitigazione
dei rischi naturali (M. Stanganelli)
– Governo delle trasformazioni urbane e
mitigazione del rischio sismico (A.
Ceudech) – Parte II: La conoscenza dei
sistemi urbani per la mitigazione del
rischio sismico. Metodi e tecniche –
Esposizione, vulnerabilità e gestione
dell’emergenza nei grandi sistemi urbani:
una proposta di metodo (A. Galderisi)
– L’esposizione dei sistemi urbani al
rischio sismico (M. Stanganelli) – La
vulnerabilità dei sistemi urbani al rischio
sismico (A. Ceudech) – Parte III:
Esposizione, vulnerabilità e gestione
dell’emergenza a Napoli: l’applicazione del
metodo – Napoli, città a rischio (A.
Galderisi) – La misura del patrimonio
esposto (M. Stanganelli) – La misura
della vulnerabilità funzionale (A.
Ceudech) – La rete urbana dell’emergenza
(A. Ceudech) – La rete viaria per
l’emergenza (M. Stanganelli) – La
rete degli spazi aperti per l’emergenza (M.
Pistucci) – Conclusioni (A. Galderisi).
Strategie di immagine urbana per l’area
metropolitana
Claudio Germak (a cura)
Edizioni Lybra Immagine, Milano, 2003
Il libro si propone due finalità principali:
la lettura dei valori consolidati e
potenziali nella trama degli spazi pubblici
torinesi e la definizione di linee guida di
progetto per migliorarne funzionalità e
immagine. Torino offre, in uno spazio
relativamente ristretto, una
caratterizzazione di straordinaria ricchezza
della scena urbana dovuta alla complessa
morfologia del suo territorio. La proposta
si fonda su basi di carattere
storico-urbanistico e configura quell’immagine
urbana di riferimento per una città che,
come la sua storia, è soltanto sua, la sola
pertanto che possa garantire una autentica
specificità. Le schede raccolgono, come in
una guida illustrata, le informazioni
riguardanti ogni singolo sistema spaziale:
una documentata lettura storica, i rilievi
funzionali e ambientali, i punti di forza e
di debolezza, le proposte di intervento alle
diverse scale, dall’ambito urbano al
dettaglio di design, le modalità di
approccio operative e, infine, l’avvio di
una raccolta sistematica, abaco ampliabile
nel tempo, delle attrezzature di arredo.
Introduzione – Analisi urbana – Categorie
dello spazio pubblico – Attrezzature di
arredo urbano.
Il territorio derivato
Francesco Indovina (a cura)
FrancoAngeli, Milano, 2004
Il territorio costituisce un derivato della
sua organizzazione, della sua logica di
funzionamento, della rete di relazioni che
si realizzano tra le attività, i legami
sociali, i processi economici, le
istituzioni e le politiche. È in questa rete
di relazioni, che determinano le condizioni
concrete di ogni società, in un luogo e in
un tempo ben definiti, che è possibile
rintracciare la logica di funzionamento e di
organizzazione comune di città e territori
di una stessa area, senza tuttavia
disconoscerne le differenze che li
caratterizzano e che li rendono unici.
Ciascuno dei saggi proposti esplora le
problematiche connesse allo specifico
aspetto di questa rete di relazioni, come
vanno modificandosi negli ultimi anni. È
cambiata l’organizzazione e gli strumenti
della politica e la sua stessa
capacità di definire un interesse
generale. Le istituzioni, sedi
delle scelte, sono sottoposte a tensioni
derivanti dalla diversa ridistribuzione dei
poteri tra centro e periferia. Cambiano gli
strumenti attraverso i quali la
società si organizza e si rappresenta. Le
regole, prima ritenute condizioni dello
sviluppo, sono oggi considerate un ostacolo,
soprattutto all’emergere dell’interesse
individuale, ed è messo in discussione lo
stesso ruolo della pianificazione di
medio-lungo periodo. Le argomentazioni
affrontate nel volume possono aiutare “a
comprendere la realtà nella quale siamo
immersi e sulla quale spesso il nostro
sguardo risulta attratto da un particolare
mentre ci sfugge il cambiamento di fondo”.
Presentazione: il territorio derivato (F.
Indovina) – L’avvenire della democrazia
(A. Mastropaolo) – La crisi della
democrazia e i cattivi rimedi della politica
(L. Fregolent) – Il mercato mondiale
e l’economia italiana (A. Becchi) –
Una nuova società italiana (C.
Donolo) – Una mattinata veneziana
riflettendo sull’Italia e la sua società nel
nuovo millennio (F. Trombetta) –
Istituzioni e trasformazioni territoriali:
quale tipo di governo (L. Bobbio) –
Delle mutate istituzioni, ovvero benefici,
insidie e lusinghe della moltiplicazione dei
poteri (F. Schiavo) – Territorio:
mutamenti di contesto e governo (F.
Indovina) – Regioni per una nuova
cultura del governo del territorio (M.
Savino).
Sociologia dei sistemi urbani
Annick Magnier, Pippo Russo
Il Mulino, Bologna, 2002
L’ultimo scorcio del secolo scorso e
l’inizio del nuovo hanno coinciso con una
fase di profondi mutamenti nel rapporto fra
territori e strutture istituzionali. La fine
dell’equilibrio bipolare, i processi di
globalizzazione e la compressione del
rapporto spazio/tempo nella circolazione di
persone, merci e informazioni hanno
determinato una radicale trasformazione che
non sempre gli attori istituzionali
tradizionali, e in primo luogo i governi
nazionali, sono stati in grado di governare.
Una trasformazione che a livello
territoriale ha investito in pieno la
struttura preesistente, mettendo in
discussione la tradizionale filiera che va
dalle istituzioni sopranazionali alla
singola unità urbana, ormai frammentata in
una serie di istanze territoriali che
agiscono secondo gradi diversi di autonomia
e secondo una logica di aggregazione che
infrange le appartenenze consolidate e ne
sperimenta di nuove. Il termine città
è ormai inefficace per designare una vasta
gamma di processi, funzioni, significati e
attori a livelli territoriali diversi, e la
nozione di sistema urbano appare più
adeguata a descrivere i mutamenti avvenuti a
quel livello territoriale che un tempo si
sarebbe definito periferico, e che
oggi assume un suo protagonismo, e a
rispondere a questa esigenza di confronto
con una nuova realtà fatta di nuovi attori.
Introduzione – Tra città e sistema urbano –
La descrizione sociologica dei sistemi
urbani – Comunità e società urbana –
Globalizzazione e glocal – Sistemi urbani
come sistemi politici – Le nuove politiche
urbane – L’agire architettonico.
Valutazione di impatto ambientale
Andrea Martelli
Esselibri, Napoli, 2003
La valutazione di impatto ambientale
(Via) si propone di prevedere i possibili
effetti perturbativi sull’ambiente di un
determinato progetto tecnico. Le
problematiche, connesse principalmente con
il procedimento di Via, vengono sviluppate
sia nell’ambito delle soluzioni comunitarie
sia della legislazione nazionale e
regionale, evidenziando le modalità che le
singole autonomie hanno sperimentato per
definire i criteri in base ai quali
concedere o meno, e in che modo, il permesso
di costruzione di grandi opere. È allegato
un cd-rom con la legislazione di settore
integrale.
Introduzione: Aspetti generali della
valutazione di impatto ambientale - La
normativa comunitaria sulla valutazione di
impatto ambientale - La valutazione di
impatto ambientale di competenza statale -
La valutazione di impatto ambientale di
competenza regionale - La valutazione
ambientale strategica - Stato dell’arte e
prospettive di riforma dell’istituto della
valutazione di impatto ambientale - Rassegna
giurisprudenziale.
L’approccio integrato alla qualificazione
urbana.
Modelli e strategie di urbanistica
commerciale
Gianfranco Moras, Giovanna Codato, Elena
Franco
Celid, Torino, 2004
Il testo costituisce la sistematizzazione
dell’esperienza condotta dalla Regione
Piemonte in materia di urbanistica
commerciale applicata alle strutture
distributive diffuse sul territorio,
individuando le principali casistiche di
problemi affrontati nei progetti di
qualificazione urbana e nei progetti
integrati di rivitalizzazione
realizzati, da confrontare con esperienze
analoghe realizzate in Italia e all’estero,
al fine di delineare delle linee guida per
la pianificazione del commercio nei tessuti
urbani consolidati e della qualificazione o
rivitalizzazione urbana. Il lavoro di
ricerca è articolato in sezioni che hanno
avuto per oggetto l’individuazione di un
campione di progetti significativi
presentati all’ente nel primo triennio di
applicazione dei finanziamenti regionali;
l’analisi del quadro normativo significativo
per alcune regioni italiane, tra cui
Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana,
Campania; l’analisi di alcuni casi studio di
paesi stranieri: Francia, Portogallo,
Inghilterra, Stati Uniti. Sono presentati,
infine, alcuni elementi per l’individuazione
di una metodologia di pianificazione e
qualificazione del commercio in ambito
urbano e in aree a rischio di
desertificazione commerciale.
Presentazione – Premessa - Politiche del
commercio e politiche per la città e il
territorio - La qualificazione dei luoghi
del commercio in Piemonte - Modelli di
riferimento in Europa - Il modello americano
- Un’esperienza didattica: il Laboratorio di
progettazione urbanistica della Facoltà di
Architettura 1, Politecnico di Torino.
L’urbanistica di Milano.
Quel che resta dei piani urbanistici nella
crescita e nella trasformazione della città
Federico Oliva
Hoepli, Milano, 2002
Per l’autore, Milano si trova a dover
superare la crisi di ruolo e di identità
iniziata con l’avvio del processo di
trasformazione produttiva e ingigantita
successivamente da Tangentopoli. La
città non è più la capitale morale
d’Italia e ha perso anche la capacità di
risolvere da sé i suoi problemi aiutando, al
contempo, il resto del paese nel suo
sviluppo. La sua tradizionale efficienza,
basata sulla cultura del lavoro, come su un
sistema infrastrutturale, certamente carente
ma anche assai più esteso e completo di
quello delle altre grandi città italiane, è
solo un ricordo e la città funziona (o non
funziona) come le altre. Eppure Milano e la
sua area metropolitana, cuore di una
regione trainante per l’intero sviluppo
nazionale come la Lombardia, hanno al loro
interno le potenzialità necessarie per un
rilancio: non solo per presentarsi sulla
scena della competizione internazionale alla
ricerca di investimenti da attrarre, ma,
prima ancora, per ritornare a essere un
punto di riferimento come centro direzionale
e finanziario, almeno per lo sviluppo delle
regioni italiane più forti dal punto di
vista industriale. Per restituire a Milano
un ruolo direzionale per lo sviluppo e per
la competitività internazionale la città,
nell’affrontare anche i problemi di
riorganizzazione e di riqualificazione, deve
identificarsi sempre di più con la sua area
metropolitana. A tal fine, dovrà essere
anche rilanciato il policentrismo lombardo
di cui la città è il fulcro centrale,
mettendo a sistema tutte le potenzialità
positive, con la valorizzazione delle
risorse specifiche delle città dell’area
milanese-lombarda e del sistema ambientale e
integrata in un’efficiente rete di mobilità
capace di garantirne una elevata
accessibilità dall’esterno. La descrizione
della vicenda urbanistica milanese, ricca di
immagini e luoghi significativi della città
moderna, rappresenta l’occasione per una
riflessione complessiva sull’urbanistica
italiana del XX secolo.
Quel che resta del piano – Piani regolatori
– Un piano cauto e modesto – Forma e
struttura della città contemporanea – Il
progettone radiocentrico – Bombardamenti e
ricostruzione – La città del boom economico
– Quartieri popolari – Un passo avanti e due
indietro – Milano senza piano – Una
prospettiva.
Le problematiche ambientali.
Monitoraggio e gestione
Domenico Passatelli (a cura)
Gangemi, Roma, 2004
Le problematiche ambientali hanno assunto
negli ultimi anni un ruolo fondamentale nei
processi di pianificazione a tutti i
livelli. Termini come sviluppo
sostenibile, qualità,
riqualificazione, partecipazione,
sono diventati concetti chiave nella
pianificazione, progettazione e gestione
della città e del territorio. Questo agile
lavoro, maturato nell’ambito delle attività
del settore post-laurea del Dipartimento di
scienze ambientali e territoriali (Dsat)
dell’Università Mediterranea di
Reggio Calabria, testimonia la necessaria e
possibile integrazione tra il mondo
accademico e le amministrazioni pubbliche,
che sono e rimangono i veri promotori dello
sviluppo qualitativo del territorio. I temi
trattati riflettono su come le problematiche
ambientali richiedano un ripensamento
generale, per l’intero processo
pianificatorio, dal monitoraggio per le
scelte alla gestione, legittimando il lavoro
interdisciplinare tra diversi saperi
che definiscono il campo di osservazione e
di intervento sull’ambiente.
Presentazione (G. Pizzica) – Parte
prima: Verso una diversa gestione del
territorio. È ancora utile parlare di piano
urbanistico? (D. Passatelli) –
Pianificazione e valutazione. Strumenti
operativi e condizioni di contesto (G. C.
Mauro) – L’evoluzione del concetto di
sviluppo sostenibile (F. Critelli) –
Pianificazione urbanistica e ambientale: la
legislazione per il governo del territorio (M.
F. Errigo) – Il ruolo dei Sit nella
strumentazione urbanistica innovativa (A.
M. Leone) – Parte seconda:
L’inquinamento atmosferico urbano. Un
problema da pianificare (G. Nicoletti, D.
Passatelli) – La geologia e le frontiere
della Pubblica Amministrazione (D. De
Siena) – Acqua, interventi per un uso
sostenibile (C. Alimenti) – L’impatto
ambientale per una centrale termoelettrica (G.
Nicoletti) – Le nuove forme di
inquinamento (M. Santopolo) – La
gestione e il trattamento dei rifiuti (M.
Miliardi) – Dalla partecipazione alla
condivisione. Il controllo etico della
sostenibilità (C. Oddi) –
L’interazione sociale nei modelli di
trasformazione del territorio. Dal
Community building alla costruzione
sociale del piano (L. Latora) – Nota
del curatore (D. Passatelli) –
Postfazione (E. Costa).
Pianificazione territoriale.
Principi e fondamenti
Elvira Petroncelli
Liguori Editore, Napoli, 2002
Si tratta di un testo didattico strutturato
in modo da consentire la trattazione di
alcune tematiche di fondo nella maniera più
essenziale e aggiornata possibile, con
rinvio a schede di riflessione per
approfondimenti ritenuti opportuni e
stimolanti. La pianificazione
territoriale, quale attività per il
governo delle trasformazioni urbane e
territoriali improntata alla logica
dell’integrazione, pone in essere istanze
particolari per ciò che concerne la
formazione dei tecnici e degli esperti. Essa
è una disciplina che si è tradizionalmente
occupata di oggetti fisici, ma oggi presta
sempre maggiore attenzione anche ai
contenuti dell’informazione, ai valori e ai
comportamenti della collettività, quali
fattori da cui dipendono il successo
attuativo dei progetti e la stessa utilità
delle previsioni dei piani.
La pianificazione – La pianificazione
territoriale – Pubblica amministrazione e
pianificazione – La pianificazione
strategica – Metodi e tecniche per la
pianificazione – Risorse territoriali –
Politiche del territorio in Europa.
La riqualificazione come strumento per la
promozione della sicurezza urbana
A cura di Daniela Pini
Alinea, Firenze, 2003
A partire dalla Lr 19/1998, Norme per la
riqualificazione urbana, la Regione
Emilia-Romagna ha realizzato iniziative,
ricerche, seminari e pubblicazioni volti a
promuovere la riqualificazione urbana nelle
strutture tecniche e politiche degli enti
locali emiliano-romagnoli. Si è attuata così
un’esperienza quinquennale unica in Italia.
Con il lancio del bando regionale diretto
alla formazione di nuovi programmi di
riqualificazione urbana, avvenuto dal
1999, da parte dei comuni dell’Emilia-Romagna,
ha preso avvio la prima fase di attuazione
della legge, affiancata da un gruppo di
esperti nelle problematiche più innovative
della programmazione complessa e
accompagnata dalla realizzazione della
newsletter Inforum. Il convegno
internazionale “La città di domani.
Strategie, programmi e progetti di
riqualificazione urbana” (Bologna, 24 e
25 gennaio 2000) ha concluso questa prima
fase che ha selezionato i programmi ammessi
al finanziamento regionale. All’inizio del
2001 la regione ha istituito l’Osservatorio
permanente sulla riqualificazione della
città, con l’obiettivo di sviluppare un
programma di ricerca e approfondimento di
tematiche strategiche per la progettazione
dei programmi di riqualificazione. La
ricerca dell’Osservatorio permanente sulla
riqualificazione della città, affidata al
Dipartimento di Architettura e
pianificazione territoriale dell’Università
di Bologna (sedi di Bologna e di Cesena) e
al Dipartimento di Architettura
dell’Università di Ferrara, si è
concretizzata nella considerazione critica
delle esperienze svolte e nella formulazione
di linee guida per una futura azione
regionale orientata ad un approccio
intersettoriale e dinamico delle politiche
urbane. La collana di cui fa parte il volume
ne raccoglie e diffonde i risultati.
Introduzione – La sicurezza degli spazi
pubblici: un tema emergente della
riqualificazione urbana (D. Pini) –
Capitolo I. Gli approcci teorici e
metodologici alla questioned ella sicurezza
nella pianificazione e nella progettazione
urbana (L. Stefani, R. Farinella, L.
Lanzoni) – Capitolo II. Politiche di
riqualificazione urbana e interventi per la
sicurezza nella città di Ferrara (L.
Stefani, S. Teston, R. Farinella) –
Capitolo III. Le applicazioni Gis per la
definizione dei criteri di intervento (S.
Teston, L. Lanzoni) – Appendice 1.
Riferimenti bibliografici sulla sicurezza
urbana (L. Stefani) – Appendice 2. Il
confronto con il caso bolognese. La
ricostruzione della normalità, la
riqualificazione del complesso Garibaldi due
(G. Virgilio, G. Angelelli) –
Appendice 3. Il confronto con il caso
bolognese. Sicurezza e riqualificazione
urbana: la Montagnola e la stazione di
Bologna (A. Vitali).
I volumi della collana:
I. Riqualificazione urbana in Emilia-Romagna.
Esperienze e linee di azione futura (a cura
di P. Ceccarelli, C. Monti) –
II. La ricostruzione critica della città
storica. Piano e progetto nella
riqualificazione dei centri urbani (a cura
di M. Savini) – III. La
riqualificazione delle periferie
residenziali. Scenari ed elementi per una
futura politica di intervento in
Emilia-Romagna (a cura di G. Franz,
F. Leder, G. Di Donato) – IV.
La costruzione della fattibilità strategica.
Programmi, attori, processi della
riqualificazione urbana (a cura di G.
Virgilio) – V. Sostenibilità ambientale
e rigenerazione urbana. I programmi di
riqualificazione urbana in Emilia-Romagna (a
cura G. Ave) – VI. La
riqualificazione come strumento per la
promozione della sicurezza urbana (a cura di
D. Pini) – VII. Logistica e programmi
di riqualificazione urbana (a cura di P.
Secondini).
Quater.
L’Italia dei piani
Gian Ludovico Rolli (a cura)
Alinea, Firenze, 2003
L’atlante Quater (quadro della
pianificazione territoriale in
Italia) raccoglie, in un certo senso, le
impronte dei piani sul territorio. Lo
studio fornisce una rappresentazione
sintetica e unificata delle indicazioni di
assetto spaziale e di tutela ambientale
risultati dalla sommatoria di tutti
gli strumenti vigenti di pianificazione di
livello territoriale, previsti
dall’ordinamento nazionale e regionale,
posti in esse, fino a tutto il 2000, dai
soggetti istituzionali competenti. La
rappresentazione dei piani è posta a
confronto con la visualizzazione dei grandi
progetti infrastrutturali e dei nuovi
programmi sostenuti dai finanziamenti
europei, attraverso la localizzazione
territoriale degli interventi previsti dai
Por relativi alle regioni dell’Italia
meridionale e insulare. Tutte le
elaborazioni sono informatizzate. La
documentazione presentata è costituita da 38
tavole, riproducenti le cartografie dei
piani organizzate per tematismi, da un testo
di commento, da grafici e tabelle e da un
cd-rom contenente centinaia di schede
informative relative ai piani rappresentati.
Presentazione (P. Lunardi) –
Introduzione (G. Fontana) – L’Italia
dei piani (G. L. Rolli) – Quater:
struttura e metodologia – Guida
all’interpretazione delle politiche
territoriali e ambientali – Il disegno dei
piani – La rete delle infrastrutture di
trasporto – I sistemi di intervento: Por e
infrastrutture – La pianificazione
territoriale delle Linee fondamentali di
assetto ai Quadri di sviluppo locale: la
ricerca di un ruolo (P. Properzi) –
Considerazioni sul rapporto tra
pianificazione di coordinamento, di area
vasta, di settore e i processi di
programmazione e pianificazione complessa (R.
Manzo).
Applicare l’economia al territorio. Le
dinamiche di interazione tra economia e
ambiente ecologico e sociale
Guido Signorino
Carocci editore, Roma, 2003
Territorio ed economia rappresentano due
polarità in perenne interazione. Il
territorio è, per l’economia, un serbatoio
di opportunità e al contempo un sistema di
vincoli; l’economia modella il territorio
determinandone i processi di antropizzazione
e configurazione. Il volume, pensato
in primo luogo per chi studia l’economia,
riprende il dibattito sull’impatto delle
caratteristiche territoriali sulla crescita
e si presentano modelli di localizzazione
delle attività economiche, di configurazione
e interazione spaziale, di aree di influenza
economica. Vengono offerti alcuni modelli e
strumenti per l’analisi di sostenibilità
dello sviluppo ed esplorati alcuni nessi tra
società ed economia, proponendo uno
strumento di valutazione delle politiche
denominato matrice del well-being.
Introduzione – Il territorio e la crescita
economica – Gli aspetti non-territoriali
dell’economia spaziale – Spazio, regioni,
interazione – Scambi interregionali, costi e
modi di trasporto, migrazioni –
Dall’economia al territorio: la produzione e
l’ambiente – Economia e ambiente sociale. Il
well-being e la coesione sociale –
L’analisi multidimensionale della coesione
sociale: la matrice del well-being.
Rischio sismico. Tutela e valorizzazione del
territorio e del centro storico
Pietro Ugolini
FrancoAngeli, Milano, 2004
Nel volume è analizzata la componente
urbanistico-territoriale nella valutazione
della vulnerabilità sismica, con i necessari
apporti di altre discipline e secondo
aspetti diversificati strettamente correlati
in merito agli effetti indotti su
insediamenti e infrastrutture. Sono esposte
considerazioni metodologiche e
terminologiche fondative, sulle quali
è basato il successivo sviluppo delle
esperienze realizzate. Quale presupposto per
efficaci valutazioni sulla vulnerabilità
sistemica sono stati presi poi in
considerazione i sistemi territoriali e le
loro componenti, individuando criteri e
modalità per la determinazione delle
rispettive criticità e interdipendenze
funzionali. Le simulazioni sono state
impostate e parzialmente sviluppate, alle
diverse scale, nella duplice ottica
dell’emergenza (intervento della protezione
civile) e della prevenzione-mitigazione
(strumenti e prassi della pianificazione e
gestione del territorio). Approfondimenti
esemplificativi hanno riguardato temi
specifici (infrastrutture viarie, morfismo
pesato, reti tecnologiche). Il tema della
messa in sicurezza dei centri storici da
eventi calamitosi è stato affrontato in
maniera specifica, coniugandolo con le più
generali esigenze della loro tutela,
riqualificazione, rivitalizzazione sociale
ed economica e valorizzazione. La proposta
di una nuova tipologia di schedatura, del
tipo a cascata, è volta ad alimentare
in modo organico e funzionale i sistemi
informativi territoriali, favorendo
conseguenti interventi e azioni
programmatiche.
Premesse – Considerazioni introduttive –
Impostazione metodologica – Riferimenti per
l’analisi dei sistemi territoriali –
Approccio metodologico – Valutazione della
vulnerabilità funzionale e gestionale:
applicazione al caso della Val di Vara –
Altri contributi metodologici – Tutela del
patrimonio storico-culturale.
Città e stazione ferroviaria
Paolo Ventura
Firenze University Press, Firenze, 2004
La ragione funzionale e simbolica di questo
grande impianto è cambiata rispetto a quella
originaria, peraltro conservatasi fino ad un
passato abbastanza recente. La stazione
dell’esordio ottocentesco sarebbe stata la
nuova porta della città e questa
funzione avrebbe avuto un evidente riscontro
simbolico nella conformazione bifronte
dell’edificio: la parte monumentale,
di competenza degli architetti, affacciata
alla città, quella tecnica, dominio
degli ingegneri, rivolta al territorio. La
stazione, penetrando nel cuore della città,
si sarebbe successivamente trasformata in
una sorta di cerniera destinata a collegare
tra loro diverse modalità di trasporto, e
per questo dotata di transfer per la
metropolitana, di parcheggi scambiatori, di
navette per l’aeroporto. Il mutamento
funzionale e il rinnovamento dell’utenza
avrebbero consentito di interrompere un
processo di crescente degrado in atto nella
stazione a partire dal secondo dopoguerra,
per esservi divenuta quasi stanziale una
popolazione marginale sempre più
consistente e riconoscibile. Da qui anche
l’occasione, resa appetibile dalle
possibilità di valorizzazione del patrimonio
immobiliare delle ferrovie, per instaurare
un nuovo rapporto di integrazione tra la
città e la stazione, dove a quest’ultima si
vorrebbe conferire senz’altro il ruolo di
nuova centralità urbana, cioè luogo di
incontri e soprattutto di consumi, non
necessariamente legati all’uso del treno.
Quale stazione per quale città – Generalità
– L’architettura della stazione – Le
relazioni funzionali con la città –
Interferenze, conflitti e sinergie: opzioni
del piano urbanistico.
Anabasi di Sicilia.
Dalla foce alle sorgenti di fiumi ormai
senz’acqua
Giovanni Campo
Editrice Prova d’autore, Catania,
2004
Il primo volume della collana Le chiavi
della città diretta dal prof. Giovanni
Campo è venuto a proporre nel settembre 2004
un’Anabasi di Sicilia. Dalla foce alle
sorgenti di fiumi ormai senz’acqua, in
cui la vicenda di Senofonte diventa un
pretesto e una metafora per raccontare la
storia urbanistica (e democratica) del
nostro paese.
L’Anabasi appare infatti “storia di scelte
sbagliate (rispetto all’ideologia dei
vincitori)”, sottolinea Campo, che non si
riconosce certo nell’ideologia politica
dell’aristocratico Senofonte, del quale
invece considera apprezzabile “la coerenza
fino in fondo … non tanto come sciocca
incapacità di più comodo adeguamento” alle
scelte dei vincitori, quanto come mancata
accettazione a priori della superiorità di
quella democrazia ateniese.
La riflessione politica, costante delle
questioni urbanistiche proposte da Campo
(già affrontata in Città e territori a
rischio: analisi e piani di prevenzione
civile, e anche in Strutture urbane e
territoriali. Il riordino culturale del
territorio tra Bolgheri e Seattle,
Gangemi, Roma 2000), assume qui il senso
anabatico “del percorso a ritroso, della
faticosa risalita contro corrente di fiumi e
bacini, per riprendere le fila di un
discorso democratico utile a capire non
tanto se la ragione, tra Stato e mercato,
stia ad Atene più che a Sparta”, ma anzi
tutto per capire “se le ragioni di Atene e
Sparta, a partire dai fuochi sacri
dell’identità locale dei piccoli centri
interni, possano trovare aree di convergenza
conciliante in vista di superiori interessi
di sostenibilità ambientale, e propagare
l’incendio globale che le responsabilità
culturali degli uomini (rispetto agli esseri
viventi) imporrebbero per la sopravvivenza
del pianeta”.
Il riferimento dichiarato è ad Alberto
Magnaghi, alla Carta di Puerto Alegre,
agli statuti e alle reti di municipi,
considerati come possibile stimolo per una
rifondazione della democrazia più attinente
alla Carta costituzionale. “È possibile che
vicino alle sorgenti dei fiumi la dimensione
fisica e sociale conservi la consapevolezza
della costante storica della precarietà
della vita, e il conseguente valore della
solidarietà sociale …? È possibile che da
qui, da queste riserve indiane in via
d’estinzione, possa svilupparsi quel tessuto
connettivo necessario per costruire
consistenti reti ecologico-politiche, sulla
base della cultura della biodiversità che
Magnaghi riscrive nel municipio come Carta
dei diritti di tutti gli esseri viventi (e
non solo di quelli umani)? È possibile
credere che una Carta locale, utile anzi
tutto per filtrare la sostenibilità delle
trasformazioni territoriali, possa
costituire il lievito per la globale presa
di coscienza che Sparta, in tutte le
conferenze mondiali, non riesce ad
esprimere?”.
Anche la Sicilia, assunta a luogo geografico
“metafora del mondo”, è una costante delle
riflessioni poste da Campo partendo dalla
presunzione che “qui ogni forma di
competizione abbia storicamente avuto modo,
spazio e tempo di manifestarsi, e che ogni
novità risulti conseguentemente e comunque
un dejà vu. È del resto qui, come nel
mondo, che il deserto fisico (e sociale)
prodotto dalla competizione globale avanza a
ritmi crescenti. È qui, come nel mondo, che
risultano inevitabili i connotati selettivi,
e persino cruenti, della competizione
economica e politica (i cui meccanismi non
possono infatti selezionare su base
qualitativa, perché i maggiori costi della
qualità costituiscono già una contraddizione
in termini)”.
È dunque “per intraprendere un percorso
maieutico di ritorno a necessari e più
congrui rapporti con la natura, a partire
dai paesi svuotati dell’interno”, che Campo
dichiara di intraprendere queste sue Anabasi
di Sicilia, partendo (nel primo volume) dal
fiume Belice, la cui risalita non poteva non
evocare le vicende del terremoto del 1968
(il primo dopo quello di Messina del 1908) e
dei suoi terremotati.
Il Belice, purtroppo, come metafora di
storie in geografie italiane diverse
(Marche, Friuli, Irpinia, e ancora Sicilia,
ma anche Umbria, ecc.), nelle quali
piuttosto che fondare lo sviluppo su
solidali interventi di prevenzione e su
investimenti ordinari nel miglioramento
antisismico di città e manufatti esistenti
(dalle immense ricadute occupazionali ed
economiche), si perseguono le crescite
ispirate alle competizioni del mercato
globale. E si lasciano così deperire ingenti
patrimoni e risorse locali non rinnovabili
(ottomila centri antichi), per acquistare
risorse materiali ed energetiche, il cui
consumo fa muovere un’economia per pochi,
lasciando invece a tutti gli altri scorie,
fumi, ceneri e inquinamenti.
Dalle vicende del Belice, testimoniate dalle
cronache mirabili di Lorenzo Barbera, prende
spunto il tema del rischio sismico, altra
costante storica delle tematiche di
Campo, che propone gli studi condotti
nell’ambito del Progetto Catania – fase
II del Cnr Gndt, ritenuti contributi
tanto essenziali quanto trascurati
nell’attuale pianificazione.
Anche in questo caso l’autore sembra
proporre una sorta di personale anabasi
disciplinare, risalendo fino alla sorgente
del suo bacino d’interesse civile, che non a
caso sgorga dal Belice: da quel terremoto
egli ha infatti “tratto motivi di
preoccupazione per le sorti delle
popolazioni esposte all’interno di spazi
urbani al rischio di eventi diurni, quando
la città, mai progettata per difendere i
suoi utenti, come e più della casa, diventa
responsabile del maggior numero di vittime”.
È noto del resto come le sue preoccupazioni
siano state costantemente rivolte alle sorti
di “un Paese con talune specificità
storiche (ricchezza eccezionale di
monumenti e testimonianze di civiltà e
culture passate), geografiche (8.000
chilometri di coste distribuiti su varie
latitudini ed esposizioni, ai piedi
dell’impalcato delle Alpi e degli Appennini),
geotettoniche (elevata pericolosità
sismica all’interno del sistema
Mediterraneo), idrogeologiche (franosità,
inondabilità delle zone a valle, ecc.), che
certo ci caratterizzano in modo
determinante”.
Ma ancora un’altra preoccupazione
scientifico-politica traspare nel testo
durante la risalita dei fiumi siciliani:
quella che nasce dal rischio di
vanificazione della tutela costituzionale
del paesaggio, che anche la Convenzione
europea firmata a Firenze il 20 ottobre 2000
ha ribadito come principio ineludibile,
stabilendo addirittura che le aree agricole
debbano essere salvaguardate alla stessa
stregua del patrimonio Unesco. Se da una
parte sembra segnato il destino (per il loro
mancato miglioramento antisismico) dei tanti
centri antichi che fanno la nostra identità
storica, non appare d’altronde diverso il
destino delle aree agricole (che poi
fanno il contesto paesaggistico di quei
centri).
La tutela costituzionale dei beni
paesaggistici e culturali,
sostiene Campo, si gioca proprio sui destini
di centri antichi e delle aree agricole;
entrambi sono messi a rischio dalla mancata
considerazione urbanistica: aree
agricole e centri antichi non vengono
considerati per la reciproca relazione
storica di causa ed effetto. Eppure per
millenni è stata quasi esclusivamente la
ricchezza economica prodotta dalle attività
agricole che ha giustificato l’insediamento
di nuclei urbani, strade, trazzere,
acquedotti e ponti, oltre che la costruzione
di manufatti edilizi.
Risalendo controcorrente l’acqua improbabile
dei fiumi, quest’Anabasi di Sicilia
trova perciò spunto per porre la questione
irrisolta della pianificazione del
paesaggio, a partire da quello agrario. Il
tentativo dichiarato dell’autore,
consapevole di aggiungere complessità alle
questioni piuttosto che semplificazioni e
formule, è quello di evitare ai nostri
territori storici e agricoli, alle nostre
realtà sociali e alle identità locali “di
essere distrutti dallo sviluppo e dal
globale che avanzano e desertificano
inquietanti più che il terremoto …”. Un
allarme già lanciato da Repetto, quando
affermava che “un paese potrebbe esaurire le
risorse minerarie, radere al suolo le
foreste, causare l’erosione del suolo,
inquinare le falde acquifere e cacciare fino
all’estinzione la fauna terrestre e marina
senza che il reddito calcolato subisca
alcuna influenza dalla scomparsa di questi
patrimoni” (Repetto R. et al., 1990).
E distruggere coste, templi, centri antichi
e paesaggi sull’altare della competizione
quantitativa e del cosiddetto sviluppo
globale, significa arrecare irresponsabile
pregiudizio a quelle che sono le nostre
uniche sostanziali opportunità di
competizione qualitativa.
Cinzia Di Paola
Le chiavi della città – Premessa – Sostanza
e forma nelle tavole della legge di un
bacino fluviale – Da puerti e coste
tristi, urbanistica e risorse non
rinnovabili a Puerto Alegre – La
Sicilia-metafora – Catania, tra sviluppi e
degradi insostenibili – Il recupero
dell’identità culturale dei luoghi. Dalle
città parcheggio alle città parco – Il
rischio sismico come strategia di piano –
Sviluppo e sottosviluppo nelle questioni del
rischio sismico – L’adeguamento degli
strumenti urbanistici a fini di prevenzione
– Il miglioramento antisismico della
struttura urbana di Catania – Ma quale piano
per il tecnico delle trasformazioni
territoriali? – Il paesaggio agrario nella
pianificazione italiana e siciliana – Il
Belice. |