Sebbene i processi ecologici possano in
generale essere visti come processi di
natura neg-entropica, ovvero come processi
che tendono a incrementare l’ordine,
l’organizzazione e la complessità, anche
degrado, deperimento ed entropia ne fanno
parte integrante1. Si può anzi
dire che non può esistere afflato vitale
senza una precedente – e collegata –
degradazione o dissipazione. Come sostiene
K. Lynch nel suo ultimo e postumo lavoro2
“la vita si ciba di questi passaggi …”.
Si tratta di una verità elementare quanto
normalmente trascurata, o meglio
rifiutata, forse a causa dell’evidenza
della necessità della morte – compresa la
nostra morte – che essa porta con sé.
Anche in campo territoriale e urbano il
rifiuto del rifiuto si manifesta in
molti modi, riscontrabili, a ben vedere, sia
nei sistemi di organizzazione e di gestione
delle attività produttive in generale e di
smaltimento dei rifiuti in particolare, sia
nelle reazioni popolari che seguono gli
annunci relativi alla localizzazione dei
relativi impianti, per lo più troppo
sbrigativamente attribuite alla cosiddetta
sindrome nimby (not in my backyard).
Un caso significativo, quanto particolare,
di rapporto tra un’entità diciamo così
facilmente rifiutabile e territorio è
quello della centrale nucleare dismessa di
Latina, attorno a cui si sono svolte
attività di ricerca e didattiche della sede
pontina della Facoltà di Ingegneria
dell’Università di Roma “La Sapienza”, corso
di laurea in Ambiente e Territorio3.
La particolarità sta nel fatto che, a causa
del suo attuale stato di non operatività, la
centrale sembra essere stata rimossa
dalla coscienza dagli abitanti del luogo4,
come se il problema delle scorie
radioattive, normalmente percepito come il
più grave dai residenti delle aree limitrofe
alle centrali nucleari, si fosse eliminato
da sé con lo spegnimento dell’impianto.
Nel frattempo vanno avanti le ipotesi di (ri)uso
dell’area della centrale, a cominciare da
quella ufficiale della società che gestisce
l’impianto, che prevede la restituzione del
terreno in condizioni di cosiddetto
greenfield, cioè libero da qualsiasi
residuo della passata attività. Naturalmente
tale ipotesi si fonda sulla pre-condizione
di aver reperito il sito nazionale unico (o
i siti unici) di smaltimento delle
scorie radioattive, senza cui non è
evidentemente possibile liberare del tutto
l’area della centrale dai depositi
temporanei di scorie prodotte durante gli
anni di funzionamento a regime. Ma a parte
le notevoli implicazioni legate al suddetto
reperimento, assurte agli onori della
cronaca non molto tempo fa col caso
Scanzano Jonico, l’ipotesi del
greenfield si intreccia sia con altre
ipotesi d’uso produttivo formulate dalla
stessa società di gestione o da altri
soggetti, sia con le previsioni e le
prescrizioni degli strumenti di
pianificazione urbanistica, territoriale e
paesistica, che si incentrano sui valori
naturalistici e sulle potenzialità
turistico-ricreative dell’area e dei suoi
immediati dintorni.
Di fronte a questa situazione sembra lecito
chiedersi come evitare che la dissipazione
dell’insediamento energetico si traduca in
un semplice spreco, dove la differenza tra
l’una e l’altro consiste, sempre secondo
Lynch5, proprio nella capacità
della prima di sostenere l’evoluzione
vitale, che viceversa lo spreco non riesce
ad alimentare.
In termini più disciplinari la domanda
riguarda le possibilità, per la
progettazione territoriale, di affrontare un
tale caso – e una tale questione, con tutte
le sue vaste implicazioni – contribuendo
alla dissipazione vitale anziché allo spreco
mortifero.
Possibilità, credo, legate anzitutto al
riconoscimento della citata indissolubilità
fra dissipazione e vita, che comporta anche
il riconoscimento che l’unico modo per il
vivente di trarre un vantaggio co-evolutivo
dall’inevitabile tendenza all’aumento
generale di entropia, ovvero
dall’inevitabile processo di dissipazione, è
costituito dalla capacità di costruirsi
immagini o mappe di orientamento
del proprio ambiente6.
Ciò costituisce evidentemente un fatto di
grande rilevanza per la pianificazione e la
progettazione territoriale, da sempre
attività costruttrici di immagini. Ma la
questione centrale è che l’immagine
costruita con il progetto di territorio non
può essere interpretata come fosse quasi un
elemento accessorio del piano/progetto. In
un’ottica ambientale, al contrario,
il piano/progetto territoriale non può far
altro che tendere a coincidere con
l’immagine stessa, cioè con quella struttura
orientativa di relazioni che si
genera e rigenera continuamente nel corso
dell’interazione tra uomo e ambiente.
Le immagini-piano (e le
immagini-progetto) dovrebbero quindi
tendere a costituire, piuttosto che un
testo prescrittivo, un con-testo
entro cui diversi soggetti sociali possano
assumere autonomamente decisioni
riguardanti il territorio con cui
interagiscono.
In altre parole, il riconosciuto valore
implicitamente progettuale di qualsiasi
immagine di territorio7 non
può non accompagnarsi con il riconoscimento
della valenza fondamentalmente
immaginativa, e non è certo poco, di
qualunque progetto di territorio.
Solo se il progetto si dà come un’immagine
contestuale può infatti contribuire ai
processi di co-evoluzione – basati proprio
sulla continua generazione e rigenerazione
di immagini volte a favorire l’interazione
tra organismi e tra organismi e ambiente – e
può pertanto collaborare a trarre vantaggio
dalla inevitabile dissipazione. Altrimenti
diviene puro spreco …
Ma quali elementi di immagine si possono
tratteggiare, nel caso specifico, per non
sprecare la centrale …? E come
tratteggiarli?
Intanto, è bene tener presente che un sito
ha sempre una lunga storia e un lungo
futuro, ed una trasformazione è solo un
episodio dell’interazione continua tra uomo
e spazio che presto o tardi sarà sostituita
da un altro ciclo di adattamento8.
Per tratteggiare un’immagine
evolutivamente dissipativa del sito
della centrale, quindi, non dovremmo
trascurare il fatto che esso ha ospitato per
anni un impianto di produzione di energia
elettrica. Considerare il passato energetico
del sito, d’altra parte, non significa certo
perorare necessariamente la causa del
mantenimento di una sua destinazione
omogeneamente e imperituramente produttiva –
essendo magari mossi da una qualche
nostalgia filonuclearista – né corrisponde
all’attaccamento ad un passato che non può
essere più. Non una volta, infatti,
ma ora permangono, in quello stesso
sito, oltre alle strutture dimesse della
centrale, le infrastrutture di una stazione
elettrica in pieno esercizio che costituisce
uno dei nodi principali del sistema di
trasmissione dell’energia elettrica lungo la
dorsale tirrenica.
Se partissimo da questo passato-presente
energetico del sito dovremmo tener conto che
ogni eventuale ipotesi di sua prosecuzione,
in qualsiasi forma, andrebbe inquadrata nei
principali elementi di politica energetica
comunitaria, nazionale e regionale.
A scala sovranazionale si dovrebbero
considerare i seguenti obiettivi:
- inserire la politica energetica nelle
finalità generali della politica economica
comunitaria, basata sull’integrazione del
mercato, la deregolamentazione, la
limitazione dell’intervento pubblico allo
stretto necessario per tutelare l’interesse
e il benessere dei cittadini, lo sviluppo
sostenibile, la tutela dei consumatori e la
coesione economica e sociale (Libro bianco
sulla politica energetica dell’Unione
europea);
- gestire le imprese elettriche nella
prospettiva di conseguire un mercato
dell’energia elettrica concorrenziale
(Direttiva 96/92/Ce in materia di mercato
interno dell’energia elettrica);
- aumentare la quota di gas naturale e di
fonti di energia rinnovabile nel bilancio
energetico (Programma quadro pluriennale di
azioni nel settore dell’energia e misure
connesse).
A scala nazionale si tratterebbe di:
- perseguire degli obiettivi del vecchio
piano energetico nazionale (1991), ancora
considerabili d’attualità alla luce del
programma nazionale per il contenimento
delle emissioni di anidride carbonica,
relativi a risparmio d’energia, protezione
dell’ambiente, diversificazione delle fonti
e delle provenienze geopolitiche,
competitività del sistema produttivo, da
conseguire tramite le strategie operative
relative a copertura della domanda futura,
riduzione delle emissioni e limitazione del
numero delle nuove centrali attraverso
interventi di ammodernamento e di
ripotenziamento del parco esistente.
A scala regionale si dovrebbe tener conto
della necessità di:
- perseguire gli obiettivi formulati dal
piano energetico regionale (Per) del
Lazio, riconducibili agli indirizzi
principali relativi a competitività,
flessibilità e sicurezza del sistema
energetico e produttivo e all’uso razionale
e sostenibile delle risorse, nell’ambito dei
quali si inquadrano gli obiettivi relativi a
tutela dell’ambiente, sviluppo delle fonti
energetiche rinnovabili e risparmio
energetico;
- attuare gli interventi settoriali per lo
sfruttamento delle fonti energetiche
rinnovabili previsti dallo stesso Per, tra
cui è contemplato l’utilizzo dell’energia da
biomasse vegetali nelle aree territoriali –
come la Provincia di Latina – a elevata
concentrazione di residui utilizzabili per
fini energetici.
Alla considerazione delle politiche
energetiche andrebbe inoltre affiancata la
più generale considerazione delle politiche
produttive e di servizio locali, così
riassumibili:
- perseguimento della finalità generale
dello schema di piano territoriale
generale regionale (Ptgr) volta alla
ridistribuzione territoriale e
all’interconnessione delle funzioni
centrali (grandi servizi) nel
territorio, così da realizzare, in luogo di
un insieme di poli isolati, una rete
regionale, diffusa e interdipendente di
aree di centralità urbana che innervi e
unifichi funzionalmente la struttura
insediativa regionale;
- attuazione, in relazione alla suddetta
finalità, di un modello di assetto generale
di Ptgr articolato in tre sistemi funzionali
– ambientale, insediativo e relazionale – e
in sei sottosistemi localizzativi, unificati
dal reticolo continuo delle riserve e dei
parchi, coincidenti con le cinque province
(Latina inclusa) più la Città metropolitana;
- localizzazione, per realizzare il modello
di assetto proposto, di medie e grandi
strutture di servizio e attività strategiche
di livello sovracomunale interconnesse da
efficienti collegamenti viari e di trasporto
per determinare un sistema con margini di
autonomia sempre più consistenti rispetto a
Roma;
- perseguimento, per l’attuazione dello
stesso modello di assetto, dell’obiettivo
generale di indirizzare e sostenere sul
territorio regionale i processi in corso di
rilocalizzazione, ristrutturazione e
modernizzazione delle sedi industriali e
delle relative reti di trasporto;
- perseguimento del suddetto obiettivo
generale tramite il perseguimento
dell’obiettivo specifico di riorganizzare,
aggregare e qualificare i comprensori
produttivi regionali con interventi
differenziati in rapporto alle esigenze; nel
caso specifico si tratta precisamente del
Parco nord pontino (Aprilia, Anzio, Latina)
che, per quanto riguarda Latina, si
incardina sull’asse della Ss 148 Pontina ed
è attualmente rappresentato, nell’area più
prossima alla centrale, dagli insediamenti
produttivi attestati lungo la Pontina
intorno allo svincolo con la strada Ninfina
II, tra il Canale della Acque Alte a est e
la zona di Castelverde a ovest;
- perseguimento di un complementare
obiettivo generale, volto a indirizzare e
sostenere i processi di decentramento e
sviluppo locale delle funzioni superiori in
tutto il territorio regionale, perseguendo
anche, tra l’altro, l’obiettivo specifico di
dilatare spazialmente il nucleo delle
funzioni di eccellenza, anche tramite la
riorganizzazione dell’offerta ad esse
relativa, in dieci sistemi integrati di
centralità urbane strategiche, tra cui
quella dell’area pontina (Latina), nonché
l’obiettivo specifico di integrare in una
rete regionale unitaria di centralità urbane
le funzioni rare (di livello regionale),
oltreché superiori (di livello provinciale)
e intermedie (di livello sub-provinciale).
Un’attività di progettazione immaginativa
del sito della centrale non potrebbe,
infine, tralasciare la considerazione delle
altre politiche territoriali, quelle meno
strettamente legate al suo passato-presente
produttivo, ma fortemente riferibili alle
valenze ambientali di un’area adiacente ad
uno dei canali principali di bonifica
(Canale delle Acque Alte) e appena dietro il
tratto di litorale compreso tra il Canale
stesso e la foce del fiume Astura.
Sotto il profilo paesistico tali politiche
prevedono, in sintesi:
- la protezione e valorizzazione
dell’insieme dei valori paesistici, naturali
e archeologici vincolati e come tali
disciplinati dal piano territoriale
paesistico (Ptp) n. 10 Latina, tra cui
ricadono ope legis, per ciò che
interessa più da vicino la centrale, il
Canale delle Acque Alte e una fascia di
profondità di 150 m per lato a partire dalle
sponde o dal piede degli argini – nonché
l’intera area della centrale, individuata
dal Ptp come zona boscata (benché in realtà
l’area boscata occupi solo una parte
marginale del sito) e una zona di interesse
archeologico nella parte nord-est dell’area;
- la tutela integrale del tratto di litorale
a ovest della foce del Canale delle Acque
Alte in cui la conservazione dello stato dei
luoghi e delle risorse naturali va
perseguita come fine primario e prioritario
rispetto a qualsiasi altro intervento;
- la conservazione dello stato dei luoghi di
un’area più interna – in cui si ritiene
opportuno un alto livello di tutela
ambientale contestuale ad una fruizione
maggiore rispetto alle aree di tutela
integrale – che in prossimità della foce
dell’Astura si fonde con la suddetta area di
tutela integrale, andando così a comprendere
tutta la zona di Torre Astura e il suo
retroterra fino a Nettuno;
- il controllo, tramite diverse categorie di
tutela, dell’immagine complessiva nella zona
di vincolo paesaggistico del Lido di Latina,
cioè tra la sponda est della zona di foce
del Canale delle Acque Alte (Fosso del
Moscatello) – in asse con il retrostante
Borgo Sabotino – e il limite del Parco
nazionale del Circeo che dista di lì circa 5
km e coincide con la sponda ovest del Lago
di Fogliano e con l’antistante litorale di
Capo Portiere.
Le politiche territoriali riguardano:
- l’identificazione del Canale delle Acque
Alte, del fiume Astura e del litorale con
altrettanti elementi naturali
(sistemi idro-morfologico-vegetazionali) del
reticolo ambientale individuato dallo schema
di Ptgr (Sistema ambientale) per perseguire
l’obiettivo specifico di proteggere i
reticoli ambientali e al fine di perseguire
l’obiettivo generale di proteggere il
patrimonio ambientale, naturale, culturale;
- l’utilizzo del reticolo ambientale di Ptgr
per la definizione della rete e dei circuiti
turistici, con l’obiettivo specifico di
incentivare la fruizione turistica delle
aree e dei beni di interesse ambientale,
funzionale all’obiettivo generale volto a
valorizzare il turismo, sostenere lo
sviluppo economico e incentivare la
fruizione sociale;
- il completamento dell’iter dei piani
paesistici e del piano dei parchi e delle
riserve – principale azione finalizzata al
riordino e coordinamento della
pianificazione di settore nel sistema
ambiente di Ptgr – teso a realizzare
l’integrazione tra tutela e valorizzazione
ambientale, promozione sociale e sviluppo
ambientale;
- la protezione del patrimonio ambientale,
naturale, culturale dell’insieme
territoriale di interesse ambientale n. 6 –
litorale pontino e gaetano – comprendente,
oltre alla fascia litoranea e al retroterra
di Torre Astura, il promontorio del Circeo,
la Piana di Fondi e i primi rilievi costieri
alle spalle di Gaeta;
- la trattazione omogenea del comprensorio
di Torre Astura e del Parco del Circeo anche
da parte dello schema di Ptgr, che inserisce
il parco nell’insieme territoriale di
interesse ambientale n. 6 di cui si è detto
sopra (litorale pontino e gaetano compreso
tra Nettuno e lo sbocco del Liri
Garigliano);
- l’identificazione, all’interno del Parco
nazionale del Circeo, dell’ambito
naturalistico di specifico e rilevante
interesse ambientale costituito dai laghi di
Fogliano, Monaci, Caprolace, Paola e Dune
costiere, e comprendente quindi i siti di
importanza comunitaria (Sic) dei laghi
di Fogliano, Monaci, Caprolace e Pantani
dell’Interno, del lago di Sabaudia, dei
laghi costieri del Parco nazionale del
Circeo (costituenti anche una zona di
protezione speciale – Zps) e delle Dune
del Circeo, come una delle componenti più
preziose del patrimonio ambientale;
- l’inserimento nel reticolo ambientale
principale degli ulteriori Sic dei fondali
tra Torre Astura e Capo Portiere e tra Capo
Portiere e Lago di Caprolace.
A scala urbana le politiche pertinenti si
identificano essenzialmente con:
- la destinazione ad arenile pubblico
(piano regolatore generale di Latina) della
suddetta fascia di tutela integrale di Ptp
compresa tra le foci del Canale delle Acque
Alte e del fiume Astura, e a verde
attrezzato (sportivo) della zona
immediatamente retrostante – già interessata
da insediamenti residenziali spontanei – che
separa l’area della centrale esistente, con
le sue pertinenze e le sue immediate
adiacenze rurali, dalla fascia
litoranea;
- la stessa tutela integrale prevista dal
Ptp nell’area del Parco nazionale del Circeo
per il comprensorio di Torre Astura, con
bordature verso l’entroterra classificate
come aree a verde per uso collettivo e a
verde attrezzato.
In un’ottica progettuale volta a rendere
proficua l’innegabile tendenza alla
dissoluzione di quello che Lynch definirebbe
un episodio (l’uso energetico nucleare)
dell’interazione continua tra uomo e uno
specifico sito, le politiche riguardanti
l’area della centrale desumibili dagli
strumenti di programmazione e pianificazione
settoriale, paesistico-territoriale e
urbanistica, sopra sommariamente riassunte,
non possono essere interpretate alla stregua
di ordini da eseguire, anche quando si danno
come tali. Una progettazione immaginativa
richiede l’interpretazione immaginativa
di ogni altra forma di pianificazione e
progettazione concorrente. E del resto una
tale interpretazione è resa oramai possibile
dalle forme concertative e negoziali che
oggi affiancano, sebbene in modo spesso
ancora spurio e contraddittorio, il sistema
di pianificazione tradizionale. Se la
progettazione territoriale immaginativa
si dà come contesto di altre azioni
progettuali e realizzative, anche le azioni
di piano e progetto che l’hanno preceduta
non possono che essere interpretate come
contesti di riferimento. O come spunti
immaginativi. Che, nel caso specifico,
possono contribuire a tratteggiare una prima
immagine evolutivamente dissipativa
del sito, basata sui seguenti, fondamentali
elementi di integrazione tra aspetti
ambientali, produttivi, infrastrutturali e
di servizio:
- considerato il grado di
infrastrutturazione specifica e la politica
ancora perseguibile di limitazione del
numero delle nuove centrali attraverso
interventi di ammodernamento e di
ripotenziamento del parco esistente, l’area
dell’attuale centrale potrebbe tuttora
essere destinata, almeno in parte, ad un
eventuale nuovo insediamento energetico
volto a corrispondere all’esigenza di
concorrere a coprire il crescente fabbisogno
nazionale di energia elettrica e, a livello
regionale, sia a sopperire ai crescenti
fabbisogni di energia stimati nel Per Lazio,
sia ad attenuare la pressoché totale
dipendenza energetica regionale
dall’esterno, nonché a diversificare le
fonti di energia primaria ridimensionando la
forte dipendenza regionale dai prodotti
petroliferi, proprio nel settore – quello
della produzione di energia elettrica – che
maggiormente la determina;
- è chiara la preferibilità, per un sito
come quello in questione, di modalità
alternative di produzione energetica,
che non è detto coincidano con l’utilizzo
della biomassa vegetale indicato dal Per
Lazio per la Provincia di Latina, ma che
potrebbero invece consistere nell’adozione
di tecnologie ancora più dolci;
- in ogni caso, l’eventuale adozione di una
tecnologia tradizionale di produzione
energetica si giustificherebbe solo a
condizione che il suo carattere fosse
programmaticamente transitorio, cioè a
condizione di prevedere, già in sede di
proposta, un ciclo di vita più possibile
breve e volto alla sostituzione con un
impianto destinato all’utilizzo di una fonte
rinnovabile;
- il carattere dolce della tecnologia di
produzione energetica da adottare si
sposerebbe bene non solo con le valenze
ambientali del sito e dei suoi dintorni (Figura
1),
|
Figura 1 - La centrale e il tratto
di costa antistante dalla spiaggia
di Torre Astura |
ma soprattutto con l’opportunità di fornire
l’energia necessaria ad un utilizzo delle
potenzialità turistico-ricreative del
comprensorio (Figura 2), con i
connessi forti picchi stagionali di
fabbisogno;
|
Figura 2 - La centrale e la costa
dalla pineta di Torre Astura |
- la zona in questione, infatti, potrebbe
costituire – anche in relazione a quanto
previsto dal piano regolatore generale di
Latina – il segmento di litorale
relativamente più antropizzato e di servizio
rispetto ai tratti di eccezionale valore
paesistico-ambientale di Torre Astura (Figura
3) e del Parco del Circeo, senza per
questo giungere al grado di intenso
sfruttamento raggiunto dal limitrofo Lido di
Latina, la cui attenta valorizzazione e
riqualificazione, peraltro, potrebbe
comunque contribuire a configurare un
sub-insieme di ambiti litoranei distinti ma
collaboranti, sia in senso funzionale che
ambientale, di quell’insieme di interesse
ambientale regionale individuato dal Ptgr
nel litorale pontino e gaetano;
|
Figura 3 - La pineta di Torre Astura |
- tale sub-insieme coordinato di ambiti
litoranei, inoltre, potrebbe a sua volta
collaborare, anche tramite l’assetto del
sito stesso della centrale, con l’attuazione
delle politiche di Ptgr relative alla tutela
e all’utilizzo del reticolo ambientale per
l’incentivazione della fruizione turistica
delle aree interne;
- in altre parole, il sito e i suoi dintorni
potrebbero essere utilizzati per realizzare,
in armonia col Ptgr, forme di riconnessione
fisica e funzionale dell’area costiera con
la zona di monte, ovverosia di connessione
tra una porzione dell’insieme di interesse
ambientale litorale pontino e gaetano
– coincidente con il tratto di costa
prossimo alla centrale compreso tra Foce
Verde e Torre Astura – e l’insieme di
interesse ambientale Montagna costiera,
costituito dalla dorsale
Lepini-Ausoni-Aurunci;
- contemporaneamente, la capacità di
produzione energetica del nuovo impianto non
solo si porrebbe a servizio anche delle
utenze industriali del distretto di Latina –
che secondo il Ptgr vanno riorganizzate,
aggregate e qualificate nel parco di
attività produttive Nord Pontino
localizzato poco distante dalla centrale –
ma lo stesso insediamento potrebbe essere
visto come una propaggine del parco o meglio
come un nodo di quella rete di funzioni
superiori di cui “sostenere i processi di
decentramento e sviluppo locale in tutto il
territorio regionale”, anche al fine di
“integrare in una rete regionale unitaria di
centralità urbane le funzioni rare” (Ptgr);
- tale carattere nodale e urbano
risulterebbe ulteriormente rafforzato se
concepito in modo integrato con il
riutilizzo per funzioni di ricerca della
centrale nucleare Cirene, adiacente a quella
dimessa e mai attivata in seguito al
referendum del 1987.
Naturalmente l’embrione di immagine appena
tratteggiato è fortemente condizionato – non
necessariamente solo in senso
negativo – dalla questione scorie, o meglio
dalla permanenza o meno in sito di tutte o
parte delle scorie prodotte durante il ciclo
di funzionamento della centrale. Ho già
detto che tale condizionamento risente della
mancata quanto problematica individuazione,
almeno finora, del sito nazionale unico di
smaltimento, senza la quale non sarebbe
possibile attuare l’ipotesi di greenfield
attualmente perseguita dalla società che
gestisce l’impianto.
Ma il greenfield non è evidentemente
l’unica ipotesi di assetto dell’area della
centrale, così come il reperimento del sito
unico di smaltimento non è l’unica politica
ipotizzabile per lo smaltimento delle scorie
già prodotte dai quattro impianti di energia
nucleare che sono stati eserciti in Italia
(Latina, Garigliano, Trino e Caorso) e, non
dimentichiamolo, ancora prodotte per altri
scopi non energetici (ad esempio scorie a
bassa e media radioattività derivanti
dell’uso dei radioisotopi in campo
industriale, ospedaliero e nella ricerca).
Si tratta certo di questioni sulle quali non
può incidere direttamente una progettazione
territoriale di sito. Essa, tuttavia, in una
situazione così incerta, dovrebbe essere
tanto flessibile da incorporare diverse
possibili evoluzioni, compresa quella della
sistemazione in posto delle scorie già
prodotte, o per lo meno della loro
permanenza in sito per lungo tempo.
Riepilogando, un’immagine evolutivamente
dissipativa dell’area della centrale
nucleare dismessa dovrebbe coinvolgere, a
partire dall’ambito di stretta pertinenza
dell’impianto, gli ambiti plurimi a cui
inevitabilmente si estenderebbe
l’interazione tra attività ipotizzabili e
intorno ambientale e territoriale.
In un’ottica ecologica non-dualistica,
inoltre, una tale immagine dovrebbe
perseguire l’integrazione tra aspetti
ambientali e aspetti tecnologici tramite due
ulteriori forme di integrazione: tra scale
di intervento e tra ipotesi progettuali e
previsioni di piano. Quest’ultima forma di
integrazione comporta necessariamente
l’interpretazione della pianificazione
sovraordinata come semplice cornice di
riferimento per il processo di piano, cosa
del resto consentita dalle attuali forme
concertative e negoziali di piano e
programma. D’altra parte tale funzione di
cornice all’azione di autonomi soggetti
decisionali non dovrebbe essere riservata
alle altre forme di piano, ma
dovrebbe essere assunta come carattere
precipuo della stessa immagine co-evolutiva,
necessitando comunque sempre le ipotesi
progettuali di ulteriori evoluzioni e
del concorso di differenti attori per la
loro eventuale realizzazione.
Note
1
Per una trattazione più estesa di questo
argomento mi permetto di rimandare a De
Bonis L. (2001), Mappe coevolutive,
in Scandurra E., Cellamare C., Bottaro P.,
“Labirinti della città contemporanea”,
Meltemi, Roma.
2
Lynch K. (1990), Wasting away, Sierra
Club Books, San Francisco, trad. it.
Deperire. Rifiuti e spreco nella vita di
uomini e città,
a cura di M. Southworth e V. Andriello, Cuen,
Napoli, 1992, p. 213.
3
Analisi territoriali e ambientali per i
quadri di riferimento programmatico e
ambientale dello studio di impatto
ambientale del progetto di decommissioning
della centrale nucleare di Borgo Sabotino –
Latina, Convenzione tra Sogin spa e
Dipartimento di Architettura e Urbanistica
per l’ingegneria dell’Università di Roma “La
Sapienza”, responsabile scientifico Prof.
Alberto Budoni, gruppo di lavoro: Prof.
Alberto Budoni, Arch. Luciano De Bonis, Ing.
Patrick Maurelli (coordinamento), Arch.
Carlo Buccheri, Dott. Alessandro Cinnirella,
Dott.ssa Roberta D’Achille, Dott. Marco
Lestini, Ing. Federica Pala, Ing. Gualtiero
Poso, Prof. Maurizio Quoiani, Prof. Franco
Squicciarini, Dott. Luca Squicciarini.
4
Ibidem, Rapporto finale, in part.
cap. 3a “Definizione del quadro di
riferimento degli attori del contesto
socio-decisionale”, a cura di D’Achille R. e
Squicciarini L., 2003.
5
Lynch K., cit., pp. 213-215.
6
De Bonis L., cit.
7
Dematteis G., Progetto implicito. Il
contributo della geografia umana alle
scienze del territorio, Franco Angeli,
Milano, 1995.
8
Lynch K. and Hack G., Site planning,
MIT Press, Cambridge, Mass., 1984. |