Il fabbisogno
di inerti riferito all’attività edilizia può
essere determinato secondo diversi approcci.
Prima di individuarne i principali, occorre
realizzare una breve premessa. Prima di
tutto è necessario precisare che l’industria
delle costruzioni continua a essere un
settore alquanto complesso, anche perché
strettamente interrelato con numerosi
comparti del sistema economico. Si stima che
le branche fornitrici del settore delle
costruzioni risultino 73 rispetto alle 92
branche produttive nelle quali è suddivisa
l’economia nazionale.
A tal
proposito una recente stima eseguita
dall’Ance1 sostiene a titolo
esemplificativo che un aumento della domanda
finale di costruzioni pari a 5,16 mld di
euro sia in grado di attivare una produzione
nazionale di 9,28 mld, corrispondente a
circa l’80% della produzione edilizia.
Inoltre, nello stesso rapporto si evidenzia
come detto potenziale aumento di produzione
pari a 5,16 mld di euro possa comportare
122.000 nuovi posti lavoro, di cui 78.000
nell’industria delle costruzioni e 44.000
nell’indotto (Tabella 1).
Anche se ciò
per alcuni può sembrare banale l’industria
delle costruzioni rappresenta senza dubbio
uno dei principali sbocchi finali dei
materiali di cava. Pertanto la domanda di
detti materiali sarà strettamente
influenzata dall’andamento del settore delle
costruzioni. Di conseguenza, la presente
ricerca prenderà come punto di partenza per
la determinazione dei fabbisogni l’attività
edilizia, il suo andamento nel tempo e la
domanda di inerti che è in grado di
attivare.
In particolar
modo il fabbisogno espresso di inerti può
essere raggruppato nelle seguenti tipologie:
- edilizia
residenziale;
- edilizia
produttiva (terziario e industria);
- edilizia
pubblica (residenziale e non);
- opere del
Genio civile.
Tuttavia nel
presente lavoro si analizzerà
prevalentemente il settore dell’edilizia
privata, tralasciando le opere pubbliche per
le quali non risulta agevole realizzare
un’attenta analisi e quanto meno
un’attendibile previsione. D’altra parte,
gli interventi del Genio civile dipendono
prevalentemente da decisioni politiche,
assolutamente non prevedibili, mentre la
domanda di edilizia produttiva è legata in
primo luogo agli andamenti dei singoli
settori e alla presenza di specifici
incentivi.
Poiché
l’analisi in oggetto mira alla
determinazione del fabbisogno di inerti nel
settore dell’edilizia privata, si prospetta
la necessità di distinguere il mercato
dell’edilizia nuova da quello dell’usato.
Infatti, mentre il mercato delle abitazioni
esistenti è di tipo concorrenziale, non a
caso i beni vengono percepiti come
standardizzati e dove i prezzi vengono
definiti dall’incontro tra domanda e
offerta. Il più ampio mercato dell’edilizia
invece a causa della sua particolarità e del
basso livello di standardizzazione del
prodotto risulta non perfettamente
concorrenziale, di conseguenza non
facilmente prevedibile in base alle consuete
leggi di mercato.
A conferma di
ciò si pensi agli incentivi fiscali, alle
sovvenzioni all’edilizia abitativa, ma anche
alle leggi che favoriscono il rinnovo urbano
e la riqualificazione, oppure che facilitano
il cambio di destinazione d’uso degli
immobili. Tutto ciò tende a influenzare
l’andamento della domanda e a correggerne
gli andamenti in periodi di particolari
recessione.
|
1 |
Inoltre, nel
mercato edilizio si intrecciano due
componenti fondamentali della domanda: una
oggettiva ed una soggettiva, quest’ultima
fortemente determinante. Il fattore
soggettivo dipende infatti dall’esigenza o
dal desiderio di abitazione, tuttavia meno
prevedibile rispetto al fattore oggettivo.
Questo si riferisce invece alla concezione
diffusasi nel dopo guerra, che considera il
mattone come bene rifugio contro il processo
inflazionistico.
Tuttavia,
alla fine degli anni ’80 e primi anni ’90,
il clamoroso calo delle spinte
inflazionistiche, unito all’introduzione sul
mercato di prodotti finanziari facilmente
accessibili, ha spinto il mercato edilizio e
immobiliare più in generale verso una
profonda crisi. Fortunatamente la ripresa
nella metà degli anni ’90, principalmente
dovuta dalla sfiducia degli investitori di
fronte ai deludenti risultati dei mercati
finanziari. Così verso la fine degli anni
’90 vi è stato un ritorno verso il mercato
edilizio, non solo come rinnovato desiderio
di private abitazioni, ma sopratutto come
investimento (componente soggettiva e
oggettiva).
In
particolare, detto ritorno si è manifestato
anche a seguito della riscoperta di rivivere
in città, dopo un lungo periodo iniziato
negli anni ’70 di esodo verso la campagna,
favorito anche dalle buone condizioni
macroeconomiche: inflazione contenuta, tassi
di interesse accettabili sul credito
medio/lungo periodo2.
Ciò risulta
essere in linea con gli studi di settore e
l’esperienza degli operatori che concordano
nel definire il mercato residenziale con
andamento sinusoidale, a cadenza solitamente
quinquennale.
A ciò si deve
poi aggiungere che il fabbisogno di
abitazioni non viene e non può essere
dedotto solamente dal numero degli abitanti
residenti, ma anche delle forme migratorie e
delle mutate necessità della popolazione
indotte da cambiamenti strutturali, quali,
ad esempio, dell’aumento della vita media e
la diminuzione di abitanti con basse fasce
di età che si traducono in nuovi e
differenti modi di vivere. Questo si traduce
in una variazione della domanda di
abitazioni: famiglie con meno componenti,
giovani single, famiglie che si spostano
facilmente, anziani che vivono soli,
studenti ed emigrati sono portatori di
necessità abitative che non vengono colte
dal numero dall’andamento demografico di un
comune.
Posto che
l’argomento in questione risulta essere
ampio e complesso, tuttavia non ci esime dal
cercare di individuare possibili relazioni
tra l’attività edilizia privata e il suo
conseguente fabbisogno di inerti.
L’obiettivo è
quello di mostrare che ogni iniziativa sul
territorio, sia essa di nuova edificazione o
di ristrutturazione/riqualificazione,
necessita di materiali minerari. In altri
termini è come se gli interventi sul
suolo avessero bisogno del sottosuolo
in una relazione univoca. Vista in
questi termini, la questione ambientale
diventa sempre più complessa, ma sicuramente
senza trascurare la sua ragion d’essere,
quella della vera tutela.
Fra le
regioni italiane che hanno cercato di
affrontare la questione, nonché prodotto una
specifica normativa a riguardo, vi è la
Lombardia, che specificatamente con
l’attuazione dell’art. 5 della Lr 8 agosto
1998, n. 14 – Nuove norme per disciplina
della coltivazione di sostanze minerali di
cava – ha introdotto le variabili da
tenere in considerazione per la stima dei
fabbisogni provinciali di inerti, stabilendo
che il fabbisogno medio annuo regionale di
sabbie ghiaie sia pari a 4 mc per abitante.
Già
anticipatamente segnaliamo che tale dato
risulta essere decisamente
sovradimensionato. Le motivazioni
principali, come meglio si vedrà in seguito,
sono legate principalmente alla forma di
città. In altri termini si verifica una
contrazione del dato quanto più la città è
compatta, invece si avvicina a 4 mc/abitante
quanto più si è di fronte ad una
configurazione di tipo diffuso.
Cercheremo
pertanto di dimostrare ciò detto, tuttavia
sarà necessaria una breve disamina sulla
Provincia di Milano. Questa presenta una
elevata densità abitativa sia rispetto alla
media italiana e sia rispetto alla Regione
Lombardia. In particolare a metà degli anni
’90 a fronte di una densità media nazionale
di circa 190 ab/kmq, si potevano riscontrare
mediamente 370 ab/kmq nella Regione
Lombardia e ben 1890 ab/kmq nella Provincia
di Milano, ben al di sopra alla media delle
aree metropolitane sia del nord che del
centro-sud (Tabella 2).
La città di
Milano è forse quella che cresce in termini
demografici con più velocità rispetto
all’aumento dell’edilizia privata, tanto che
nell’ultimo censimento del 2001 si è potuto
riscontrare la densità record appena
superiore a 1900 ab/kmq. Inutile dire che
sia la città più grande d’Italia, piuttosto
precisare che tale densità risulta essere
supportata da significative strategie
urbanistiche e dal sistema infrastrutturale,
in particolare dal disegno e localizzazione
di strade, autostrade e ferrovie.
Per quanto
concerne l’organizzazione dello spazio
pubblico e privato, la città mostra una
contrazione degli spazi privati anche se si
può riscontrare un aumento degli spazi
pubblici. Ciò equivale a minori strutture
murarie e portanti ad abitante e di
conseguenza minor fabbisogno di inerti
pro-capite.
Analogamente
anche per la dotazione di infrastrutture di
trasporto presente in un territorio
densamente popolato mostra una maggiore
condivisione di utenti e, quindi, un minore
fabbisogno di inerti pro-capite rispetto ad
un territorio meno popolato, che invece
necessità di maggiori dotazioni
infrastrutturali per collegare funzioni
sparse.
A tal
proposito si dimostra come esista una
relazione inversa tra densità abitativa e
consumo pro-capite di benzina, e quindi
minori consumi del manto stradale e minori
fabbisogni di inerti (Figura 1).
|
Figura 1 - Consumo di benzina
pro-capite in relazione alla densità
demografica |
In
particolare la dotazione infrastrutturale
milanese mostra che a livello provinciale
per ogni chilometro di infrastruttura esiste
una equivalenza di 900 abitanti mentre nelle
Province di Sondrio e Mantova si riscontra
una equivalenza di circa 100 abitanti per
chilometro.
Detto ciò,
possiamo già renderci conto che esistono
numerosi elementi che concorrono a definire
la forma di città, che a sua volta definisce
diversi livelli quantitativi di materiali
inerti sia per la nuova edificazione che per
la ristrutturazione. In particolar modo per
la provincia milanese il materiale inerte
pro-capite annuale, utilizzato per la sola
edilizia, raggiunge circa 1 mc per abitante.
Una sostanziale differenza con l’ipotesi del
piano cave che prevede 4 mc per
abitante. Ciò risulta anche in linea con il
metodo di calcolo impiegato dalla Provincia
di Mantova e dalla Regione Sardegna per
l’elaborazione dei rispettivi piani cave. Il
piano cave di Mantova (1991) attraverso
l’analisi dei fabbisogni ha inteso operare
un drastico ridimensionamento del flusso di
esportazione diretta, confermando la
produzione orientata all’attività edilizia
locale e ai semilavorati, pertanto doveva
individuare una metodologia che fosse la più
obiettiva possibile. Infatti, sbagliare
significava poter consentire l’estrazione
per quantitativi superiori alla domanda di
mercato, con il rischio di creare riduzioni
del prezzo, accantonamenti invenduti, nonché
stimolare l’esportazione3.
Dal confronto
del volume annuale di inerti per l’edilizia
pro-capite calcolati per la Provincia di
Milano e Mantova, emerge quanto descritto
nella Tabella 3.
Riscontrando
una piccola differenza a favore della
Provincia di Mantova, anche a fronte di una
maggiore esplicitazione dei consumi di
inerti, ripartiti per: nuova attività
edilizia, attività edilizia in
ristrutturazione; nuova attività edilizia
per la produzione, edilizia per la
produzione in ristrutturazione; nuova
costruzione di strade, strade in
manutenzione; ma soprattutto in relazione
alla forma di città. Infatti, la forma più
compatta della città di Milano, e in
particolar modo la contrazione degli spazi
residenziali, comportano di conseguenza un
minore consumo di inerti pro-capite.
Viceversa nella città di Mantova con
configurazione meno compatta in termini di
spazio pro-capite rispetto a quella
milanese, comporta un maggiore impiego di
inerti ad abitante. Tutto ciò può essere
affermato se vengono tralasciate le porzioni
di territorio al di fuori delle rispettive
città, per le quali non si riscontra una
significativa differenza e si può invece
confermare un consumo medio di 1,4-1,5 mc ad
abitante. Siamo riusciti a trovare delle
prime relazioni tra forma di città e consumo
di inerti. La corrispondenza, anche seppur
sommaria, mostra come la ricerca possa e
debba andare avanti. Non solo per contenere
i consumi, ma anche per meglio orientare le
nuove progettazioni civili e produttive. In
tutto ciò non deve essere sottovalutato il
calcolo di previsione di consumo dei
materiali di cava. Infatti, posto che le
città stanno subendo un ritorno verso il
centro riconducibile alla gentrification,
riteniamo che possa essere un grave danno
ambientale quello di trascurare il
fabbisogno di materiali finalizzato alla
riqualificazione. Infatti, quasi tutte le
città caratterizzate dal centro storico
hanno subito iniziative di riqualificazione
urbana consistenti nel rifacimento delle
pavimentazioni stradali, con l’impiego di
numerosi quantitativi di minerali di seconda
categoria. Siamo di fronte ad una maggiore
sensibilità ambientale che non ci deve far
trascurare le relazioni tra il
soddisfacimento di bisogni con l’equilibrio
ambientale (positivo o negativo) che da essi
possono derivare.
Per
concludere, individuare un calcolo di
previsione dei materiali, noti gli obiettivi
ambientali del territorio in discussione,
consente di garantire una maggiore tutela
ambientale. Infatti, la produzione
estrattiva sarebbe effettivamente
dimensionata in relazione al fabbisogno e
nulla in più verrebbe coltivato, riducendo
così gli impatti ambientali diretti e
indiretti.
In altri
termini, non possiamo ridurre a zero gli
effetti sull’ambiente, ma certamente abbiamo
il dovere di contenerli nei limiti del
possibile.
Note
1 Rapporto annuale sull’industria delle costruzioni 2001.
2 Camagni R., Boscacci F. (a cura di), Tra città e campagna,
Carocci.
3 Il metodo di proiezione dei fabbisogni si basa su una retta dei
minimi quadrati, ovvero una retta di
regressione lineare di equazione molto
semplice Y(x)=a+bx, i cui coefficienti sono
ottenuti con il metodo dei minimi quadrati,
e sono quindi tali che la somma dei quadrati
degli scarti fra i valori y(x) e y
corrispondenti ad uno stesso valore di x sia
minima. La valutazione del coefficiente di
regressione y rispetto a x consente di
costruire la retta di trend di proiezione.
In seguito
sono stati calcolati gli indici di attività,
che rappresentano la quantità di attività
edilizia prevista per abitante, per comune
appartenenti ad una stessa classe
dimensionale e per la stessa categoria di
opere. Tali indici sono stati moltiplicati
per il numero di abitanti e quindi giungere
ad un dimensionamento prevedibile.
Bibliografia
Bartaletti F.
(2000), Le Aree Metropolitane Italiane,
Bozzi editore.
Lr Lombardia
8 agosto 1998, n.14 - Norme nuove per la
disciplina della coltivazione di sostanze
minerali di cava.
Dal Ri R.
(1991), La pianificazione delle attività
di cava, Ed. delle Autonomie.
Piani
attività estrattiva – Provincia Lombardia e
Mantova.
La fotografia
1 Veduta del porto di Napoli è tratta
dal repertorio di G. Balletto. |