Numero 8/9 - 2004

 

le politiche per il turismo 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le nuove domande insediative. Il territorio del turismo


Giuseppe Imbesi


 

Negli ultimi decenni la domanda di territorio per usi turistici e per il tempo libero ha assunto importanza crescente, modificando i modi di fruire gli ambienti storici e fornendo nuovi modelli urbani. In questa nuova ottica, secondo cui il turismo svolge un proprio ruolo nelle trasformazioni urbane, Giuseppe Imbesi evidenzia la necessità di determinare una strategia complessiva per il turismo non antitetica ma correlata a quella territoriale e auspica un’adeguata integrazione fra gestione del territorio e politiche turistiche, fino ad ora considerate inutili interferenze nella redazione dei piani urbanistici

 

 

 

 

 

 

 

Tra le nuove domande di territorio, quella che si riferisce agli usi turistici e per il tempo libero, ha assunto negli ultimi decenni importanza crescente.

Tale domanda, è sostenuta a vari livelli istituzionali (basti pensare alle ipotesi di funzionalizzazione turistica del territorio meridionale, alle pratiche conservative per l’ambiente naturale e per i centri storici, ecc.) ed è vivificata (si fa per dire) da una consistente tendenza degli operatori immobiliari e degli stessi utenti alla realizzazione della seconda e terza residenza al mare o ai monti.

 

 

Ambiguità sistemiche del turismo

 

Il turismo è divenuto ormai una sorta di pianeta, stanti l’estensione quantitativa e la forma organizzativa raggiunte, con consistenti ricadute sulle trasformazioni urbane e ambientali e sui comportamenti sociali ed economici.

Più di quanto avviene per altri cicli produttivi, il rapporto tra turismo e territorio vive e si evolve su una contraddizione che lo rende necessariamente creativo e in continua evoluzione.

Si è di fronte ad un sistema a un tempo chiuso e aperto1:

- chiuso (o da considerarsi tale nella speranza di molti operatori turistici; non si parla forse di pacchetti vacanze, in cui si predeterminano scelte di itinerari, partenze, arrivi, usi delle città, addii, ecc.?), perché tende a fornire un prodotto compiuto con una forma organizzativa complessa e articolata attraverso un marketing martellante che utilizza una quota crescente di consumi sia monetari sia di tempo delle popolazioni e funzionalizza risorse storiche, culturali e ambientali con effetti consistenti sul piano dell’immaginario ancor prima che su quello reale;

- aperto, perché è espressione di molteplici soggettività dell’utenza ed è divenuto un’esigenza della nostra vita, rappresentando una quota non certo marginale del tempo libero (o del tempo liberato secondo le valutazioni); ne siamo tutti coinvolti anche se una larghissima quota della popolazione non è in grado di fruirne (il che tende a rappresentare una privazione non da poco ed è ormai anche un saggio dello stadio di sviluppo di un paese)2.

Il turismo può apparire, nella concezione che via via ha saputo determinare di sé, come un tarlo che rode anche le coscienze più salde3 ma, nel suo esplicitarsi, è contemporaneamente un mostro onnivoro che ha bisogno continuamente degli altri settori produttivi e delle risorse ambientali e territoriali per manifestarsi, crescere e trasformarsi4.

Esso si alimenta dell’ambiente: lo distrugge per usarlo, ma ha bisogno di ritrovarne continuamente la sua verginità per proporsi, quale valore inedito, come contributo insostituibile della propria ricchezza produttiva.

La sua dimensione fisica ricopre quella insediativa, anzi molte volte va oltre. Lo stesso avviene per quella funzionale che si sviluppa secondo più direzioni: attraverso l’uso delle utilities urbane e territoriali (vedi i trasporti o le attrezzature commerciali e sociali), attraverso specifiche attrezzature, come quelle per l’ospitalità (in cui a volte prevale l’integrazione con i centri abitati, a volte una vera e propria contrapposizione).

C’è perciò un territorio del turismo da prendere in considerazione.

Le chiavi del turismo moderno possono essere rilette nel passaggio da esperienza elitaria a fruizione di massa che chiede nuove forme di spettacolarizzazione del quotidiano. È una semplificazione eccessiva, ma utile ai nostri fini: rimane compresso il giudizio su quella quota di tempo libero che sfugge, per ora e speriamo per molto tempo, alla logica produttiva (il passeggiare, il divertimento banale del guardare, la lettura del giornale sulla panchina dei giardinetti, ecc. e soprattutto a quanto scaturisce dall’invenzione ludica continua che l’uomo riesce per fortuna ancora a determinare).

La crescente domanda turistica sta modificando a scala mondiale i modi di fruire gli ambienti storici, ma sta altresì fornendo nuovi modelli urbani (sia per le trasformazioni che induce nelle strutture fisiche delle città sia per il fatto che un numero sempre maggiore di nuovi insediamenti si struttura in funzione del godimento del tempo libero) anche con una certa non dissimulata imperiosità e con il piacere onirico di far prevalere l’artificiosità sul reale.

Nella definizione di nuove politiche territoriali sarebbe il caso di considerare anche tali coordinate, traguardando nel contempo orizzonti lontani e contesti prossimi.

Per quanto riguarda i primi5 sono da sottolineare due aspetti:

- la funzione sociale che svolge il turismo, ma anche i rischi che scaturiscono da un suo consumo indiscriminato;

- la proiezione espansiva della funzione produttiva turistica, ma anche i condizionamenti che riceve dall’esterno e dal contesto entro cui si muove.

Per quanto riguarda i secondi, è lo stesso stato dell’ambiente antropizzato e naturale a fornire indicazioni. È importante anche l’integrazione fra le diverse funzioni dell’ospitalità e le funzioni urbane di supporto; in genere la crescita del turismo è avvenuta nell’ignoranza dei fattori attrattivi, o di repulsione, propri di tale integrazione.

Oggi è compito delle istituzioni ai vari livelli di valutare, nel processo di recupero e adeguamento ambientale, che con qualche difficoltà si sta avviando un po’ dovunque, i modi per incorporare nelle forme più opportune di intervento e gestione i rispettivi contesti prossimi.

 

 

Ambiente sociale e fruizione turistica

 

Turismo e tempo libero6 rappresentano, come accennato, uno degli aspetti peculiari del consumo sociale (una quota di ciò che fino a qualche anno fa si affermava essere, forse schematicamente ma con efficacia, il tempo della riproduzione della forza lavoro). Sono anche uno dei modi del radicarsi di ognuno di noi, come individuo e società, nello spazio che ci circonda e nella storia. In uno, turismo e tempo libero sono un importante strumento di liberazione dal quotidiano che può favorire la conoscenza e l’accumulazione culturale.

Se ciò può valere in linea di principio, di fatto tempo libero e turismo, in alcune parti del paese, rappresentano una conquista sociale ancora da consolidare, da incrementare e sulla quale occorre vigilare per evitare che la stessa, incanalata entro forme predeterminate, possa conseguire (invece che una liberazione) una condizione negativa da subire7.

Si sta creando oggi una nuova contraddizione fra tempo di lavoro e tempo libero (o tempi diversi di vita quotidiana) fatta di esperienze, di saperi su cui occorre preliminarmente riflettere.

C’è il problema di dare contenuto e senso al tempo liberato su cui s’impernia il turismo8; è un tempo che sta superando quello di lavoro, una volta che la ragione economica ha cessato di regolare i tempi di vita quotidiana, con un sistema che non riesce a gestire il tempo liberato, ne teme la crescita anche se, paradossalmente, fa di tutto per incrementarla.

Nel nostro paese le attività turistiche e per il tempo libero tendono ad assumere un ruolo determinante; è il caso di introdurre tali valenze problematiche se s’intende definire un diverso progetto di vita/società.

Dall’interno dei singoli settori e attraverso le categorie tradizionali di analisi (da una parte, l’efficienza dell’impresa, la quantità dei flussi di turisti che entrano nel mercato, dall’altra, il consumo di suolo, il livello dei servizi urbani, ecc.), non ci si rende ben conto che, il territorio del turismo nel senso prima detto, deve essere riesaminato anche secondo categorie proprie del sociale.

I grandi numeri, l’omologazione degli itinerari, come auspicato dai tour operators, cozzano con tali categorie; lo stesso avviene per quanto riguarda la volontaria ignoranza dell’uso del suolo per le seconde residenze.

Risultano interessati dall’azione turistica sia gli ospiti (i turisti) che gli ospitanti (le popolazioni residenti)9.

Per entrambi, mettere al centro i valori dell’ambiente non deve essere un fatto consumistico, ma l’occasione per verificare in quali modi l’individuo nella sua necessaria autonomia può rimanere al centro dello sviluppo sociale. È infatti da escludere l’espropriazione dei gruppi sociali residenti, come è spesso avvenuto (ad esempio in talune aree meridionali) per massicci interventi esterni. È da limitare l’artificio, che non serve in aree ricche di suscettività ambientali, storiche e culturali oltre che dei tradizionali fattori sole-mare (su cui s’impernia spesso la promozione regionale). Bisogna essere in grado di guidare anche dal basso le scelte sui tipi di offerta ambientale (e di conseguenza sulle tipologie d’uso dello spazio), sui valori culturali (di cui favorire la conoscenza), sui modi con cui determinare una più confacente mentalità e formazione professionale nel settore e, non ultimo, sulla partecipazione ampia e cosciente delle popolazioni ai processi produttivi10.

 

 

Una genesi lontana, ma ancora immanente, del turismo nel Bel Paese

 

L’offerta di spazio naturale, storico, culturale del nostro paese trova oggi la propria definizione in un contesto ampio e secondo direzioni e modi diversi da quelli su cui si è costruita la storia del nostro turismo. È perciò fondamentale capire in quale contesto ed entro quali condizionamenti potrà muoversi il turismo, quali modifiche di valore potranno subire i luoghi turistici consolidati, quali margini potranno sussistere per allargare ulteriormente la base produttiva.

Qualche anno fa, in occasione del Convegno “I turismi nell’Europa del Mercato unico”11, si propose una riflessione sulla nuova geografia turistica del nostro paese. Si riprendono alcuni spunti che sembrano ancora attuali.

Lo storico appeal dell’Italia, nei confronti del viaggiatore europeo, si fondava su due linee di forza che sono rimaste fino ai tempi più recenti caratterizzanti del modello di fruizione in riferimento alle diverse peculiarità ambientali.

La prima si legava all’ambiente naturale, al sole, al mare: l’offerta di un ambiente litoraneo caldo e incontaminato, lambito dalle acque del Mediterraneo, meta ambita di villeggiature, in cui delizie naturali e cultura degli uomini sapevano ancora felicemente coniugarsi. San Remo, Portofino, Capri, Taormina, la costiera amalfitana erano divenuti luoghi di eccellenza che avrebbero riverberato i propri effetti nelle riviere adriatica e tirrenica, future sedi di elezione della villeggiatura borghese.

La seconda si legava alla dimensione storica e culturale accreditata dal Grand Tour12. Questo ruolo d’eccellenza presupponeva alcune condizioni: la visione dominante di una cultura eurocentrica, un approccio letterario da parte dei grandi viaggiatori, una sorta di edonismo intellettuale, un significato dello spazio e del tempo caratterizzato da un’intensa fruizione di ciò che era possibile possedere13.

Provocatoriamente si potrebbe invitare alla rivisitazione del ruolo di eccellenza che aveva il nostro paese nel Grand Tour ottocentesco e nella villeggiatura per riprenderne le fila. Ma le chiavi di questo modello non stavano solo nelle bellezze naturali o nelle suscettività culturali del nostro paese: il viaggio era l’occasione per un’esperienza formativa, in quanto esso stesso era un percorso nella storia, una ricerca dei suoi segni immutabili. Ma era anche un’esperienza umana di contatto con il quotidiano (con costumi di vita diversi, con la gente comune, ecc.).

Tali condizioni sono venute meno da tempo con la fine dell’eurocentrismo, con la nascita del turismo di massa, con la capacità di muoversi nel quotidiano a scala planetaria e l’emergenza di un linguaggio audiovisivo e interattivo come mezzo di comunicazione dominante.

Si sono modificate le forme cicliche di vita di un centro turistico14 così come diverse sono divenute le condizioni insediative e i tempi entro i quali abbiamo imparato a fruire del nostro tempo libero. Giuoca un suo ruolo anche la cultura della costruzione artificiale dell’ambiente indifferente alle peculiarità dei luoghi15.

Rispetto a tali nuove chiavi, il nostro paese si pone in una posizione contraddittoria. Ha esteso a gran parte del proprio territorio la dimensione turistica, con una capacità di diversificazione dell’offerta ambientale che è propria della sua natura. Ha teso nel periodo recente a omologare forme di fruizione e servizi che poco si confanno alle diversità ambientali anche per una carente capacità progettuale.

All’allargamento della domanda turistica si è risposto molto spesso con tipologie che garantivano gli aspetti funzionali ed economici, attraverso la ripetitività dei modelli insediativi, l’azzeramento delle peculiarità locali16 e la proposizione anodina dei punti di svago (i lidi, le discoteche, ecc.). L’immagine dei luoghi di eccellenza è semmai rimasta nelle nuove mete del turismo di élite (la Sardegna è significativa della rigenerazione di luoghi per un consumo più raffinato: basti pensare alla Costa Smeralda, da una parte, e all’intorno di Cagliari, dall’altra).

C’è il rischio che l’ambiente, del Mezzogiorno in particolare, di fronte all’agguerrita concorrenza di altre aree del Mediterraneo, sia destinato a svolgere un ruolo regionale e a non esser in grado di fornire fulcri innovatori alle direttrici e alle frequenze d’uso che si stanno configurando a livello europeo.

La sfida, di fronte a questo rischio, sta nell’introdurre una progettualità in grado di:

- cogliere con maggiore capacità gli elementi strutturali dell’identità dell’ambiente naturale (come è noto l’arco della cultura europea fino all’età moderna, trova segmenti significativi ancora inesplorati nel Sud) e antropico (le capitali del periodo preunitario), ma anche dei nodi singolari (come gli approdi);

- individuare un’adeguata correlazione con il sistema dei trasporti per garantire accessibilità e intermodalità (attraverso un nuovo piano nazionale delle infrastrutture che individui le connessioni possibili per le azioni di settore);

- introdurre nuove tecnologie funzionali sia per ridare impulso alle attrezzature esistenti che per inventarne di nuove;

- rendere più compatibili due produttività: delle imprese turistiche e degli enti locali che rappresentano i due interlocutori principali delle politiche di intervento.

È evidente l’esigenza di limitare i rischi di artificiosità e di manipolazione urbana; nel conformare nuovi modi per la fruizione dei diversi ambienti si pone il problema di migliorare le attrezzature ricettive e di supporto, di offrire strumenti per la lettura e l’interpretazione personalizzate dell’ambiente che siano di stimolo per ulteriore creatività. Più che aggiungere nuove categorie di attrezzature si tratta dunque di ridefinire quelle esistenti ma soprattutto di reinterpretare i sistemi urbani e territoriali in chiave anche di fruizione turistica.

Nella dimensione europea si deve poter contribuire alla costruzione di un nuovo sistema di relazioni spaziali sopranazionali, che altri paesi hanno già avviato, dove ritrovare, in particolare, un ruolo preminente del proprio ambiente naturale e antropico nelle rotte del Mediterraneo; un compito non facile ma determinante per dialogare in posizione preminente con le altre culture17.

 

 

Luci e ombre nel territorio del turismo

 

Il confronto fra la condizione ambientale, le forme d’uso turistico e le azioni programmate (o anche solo ipotizzate) evidenzia una situazione molto eterogenea, fatta di luci e ombre; il che invita a non generalizzare il giudizio, ma ad approfondirlo e specificarlo rispetto alle varie condizioni.

Il quadro delle analisi non è certo positivo stante il diffuso degrado del territorio antropizzato e dell’ambiente naturale, l’inadeguatezza del patrimonio ricettivo e pararicettivo, i lunghi tempi di percorrenza per lo scarso raccordo tra reti di grande comunicazione (spesso obsolete e da adeguare) e località turistiche, le carenze nei servizi urbani e di assistenza all’impresa; sono, queste, condizioni che determinano disagi e comportano maggiori oneri di trasporto e costi aggiuntivi e contribuiscono a mantenere scarsa la competitività del nostro turismo sia a livello nazionale che estero.

L’ambiente (in particolare quello meridionale dove si appuntano molte attenzioni) presenta tuttavia ancora ampi spazi preservati: vi sono zone in cui il turismo sembra aver trovato adeguato consolidamento ed equilibrio ambientale.

Delle iniziative in corso, al di là dell’enfasi occorre cercare di valutare l’incidenza effettiva. Alcune esperienze, come quelle di Napoli e di Palermo per la riqualificazione urbana, forniscono indicazioni utili sia per i contenuti che per il metodo seguito. L’interesse delle amministrazioni locali verso strumenti innovativi come i patti territoriali, le leggi per l’occupazione giovanile, i prestiti d’onore, i lavori socialmente utili, ecc. è certamente positivo. Ma non basta.

Se si vuole determinare un corretto rapporto tra territorio e turismo occorre uno sforzo continuo per la riconversione e la valorizzazione del tessuto connettivo di gran parte delle città (dalle maggiori a quelle minori in cui l’espansione recente ha fatto perdere il valore dei connotati originari), dei paesaggi agrari e dei grandi parchi.

Il cattivo uso che è stato fatto delle risorse territoriali negli ultimi decenni ha lasciato un segno spesso irreversibile nelle aree più direttamente toccate dalle trasformazioni insediate. L’originario margine agricolo-naturale delle città e dei paesi è scomparso per fare posto a espansioni urbane indifferenziate (spesso ma non solo abusive). A ciò si aggiungono infrastrutture viarie poco consone all’ambiente, abbandono delle colture agricole locali, i paesaggi del mare deturpati laddove sono proliferate le lottizzazioni turistiche (quasi sempre di seconde case); in molte spiagge l’inquinamento limita la balneazione. Lo stesso può dirsi per numerose aree montane e collinari.

Le situazioni di degrado e di congestione non possono non preoccupare soprattutto in quelle aree che presentano una certa competitività in quanto sostenute da una consistente domanda interna e da una tradizione, sia pure di turismo elitario, che ne aveva garantito il richiamo. Basti pensare alla costiera amalfitana e alle isole minori, all’intorno di Taormina, alle stesse coste del Gargano che rischiano una compromissione per effetto di politiche urbanistiche che facilitano il sovradimensionamento degli insediamenti.

Ma il rischio maggiore è in quelle aree in cui è essenziale la conservazione e la tutela mentre una cattiva interpretazione della valorizzazione turistica e il ritardo nell’attuare politiche protettive (si veda la complessa serie di leggi sui parchi, sui piani di bacino, ecc.) rischiano di rilanciare processi di urbanizzazione edilizia senza sviluppo (come per alcune zone della costiera calabrese).

Le iniziative di recupero urbano e ambientale, di individuazione di aree protette e di formazione di parchi naturali, su cui dalla fine degli anni ’80 si stanno cimentando le amministrazioni più attente e sensibili, sono da riguardare positivamente. Il giudizio deve però rimanere sospeso. È, soprattutto, la congiuntura economica che ha limitato i processi di nuova urbanizzazione e il consumo ulteriore del territorio.

Al di là del quadro normativo di indirizzo urbanistico-ambientale (sull’istituzione dei parchi, sulla formazione dei piani paesistici, sui piani di bacino, ecc.) non sembrano ancora esser messi a punto strumenti operativi adeguati per determinare inversioni di tendenza nel settore; ci sono forti ritardi e inadempienze sul processo di pianificazione territoriale; nell’atteggiamento di molte amministrazioni pubbliche e operatori non sembra emergere una cultura progettuale che sappia coniugare correttamente conservazione con trasformazione e uso, necessaria per rilanciare uno sviluppo turistico compatibile e per entrare in dialogo con le direttive europee18 e avvalersi dei relativi finanziamenti.

Ci sarebbe, invece, la possibilità di operare processi progettuali adeguati per aree da recuperare e riqualificare.

Non si tratta, infatti, nel breve periodo di sviluppare politiche diffusive, né di ulteriore insediamento di poli, ma di costruire quelle prossimità dei contesti che possono legare (e incrementare) l’offerta turistica esistente all’ambiente circostante, alle città, all’intorno naturale.

Le città maggiori e minori, gli ambienti naturali a parco (interni o costieri)19, quei comprensori che hanno raggiunto una loro identificazione per valori storico-culturali, per omogeneità dell’offerta o altro, costituiscono una rete articolata e complessa su cui possono trovare una logica azione a scala minuta e locale.

Si tratta talvolta di porzioni regionali unificate da leggi (come i parchi o le comunità montane) ma più spesso si tratta di territori aggregati culturalmente o socialmente cui lo stesso turismo negli anni recenti ha contribuito a fornire un’identità20.

Le ricadute sulla riorganizzazione della ricettività sono immediate. I limiti strutturali non facilmente superabili, che si evidenziano anche per quanto riguarda le diverse componenti dell’offerta turistica (dalla ricettività ai trasporti), non possono non preoccupare.

 

 

La situazione meridionale

 

Nel Mezzogiorno d’Italia le indicazioni precedenti assumono maggiore enfasi.

In presenza del mutamento della domanda turistica, divenuta più esigente e matura, si avverte il divario tra l’offerta di servizi urbani e quella esistente nelle aree di provenienza degli utenti. Nella fase iniziale, pionieristica questo divario non ha costituito un freno al flusso turistico verso il Mezzogiorno in quanto la natura intatta e selvaggia, la ricerca dell’inconsueto in contrapposizione ai luoghi tradizionali di vacanza dove tutto è già prevedibile e organizzato, pur nell’assenza di alcuni servizi, hanno rappresentato elemento di attrazione per determinati gruppi sociali.

Incideva molto anche il rientro stagionale degli immigrati. L’investimento dei loro risparmi favoriva la diffusione dei processi di urbanizzazione aprendo la strada alle realizzazioni di seconde case che, oltre a determinare un consistente spreco di suolo, oggi comincia a evidenziare la sua inefficacia anche sotto il profilo economico.

A questo proposito, già da diversi anni, in occasione della terza Conferenza nazionale del turismo21, si affermò che “le strutture ricettive meridionali esprimono minori capacità reali di offerta” rispetto al resto del paese. Questa affermazione sembra ancora valida: di fronte a indicatori qualitativi (come ad esempio il rapporto bagni/stanze) che evidenziano nel Sud standards spesso superiori rispetto a zone del paese a sviluppo turistico maturo (dovuti anche al fatto che gli alberghi sono di più recente realizzazione), si riscontra una carente gestione degli impianti, una scarsa attenzione alle esigenze della domanda, una inadeguatezza delle attrezzature di contorno esterne all’ambiente.

Oggi, la situazione sembra essere aggravata: c’è ritardo nel rinnovo degli impianti, nell’adeguamento tecnologico, nel rapportare le strutture ricettive ai contesti urbani, permane il prevalente carattere micro-imprenditoriale delle imprese e la difficoltà ad una riorganizzazione consortile.

Sussiste la debolezza, allora riscontrata, del parco ricettivo meridionale rispetto a quello nazionale soprattutto per le tipologie a più larga diffusione (alberghi a due e tre stelle, e a costi più accessibili).

Le regioni che esprimono una più forte concentrazione ricettiva (in termini di posti letto) sono Abruzzo, Campania e Calabria. Quelle a crescita più lenta sono Sicilia, Basilicata e Molise, anche a causa della minore accessibilità territoriale. Per Basilicata e Molise ciò dipende anche dalla carenza di fattori tradizionali di attrazione (mare, monte).

Sarebbe tuttavia errato non considerare l’apporto derivante dall’apparato extralberghiero. Quest’ultimo prevale oggi nella composizione dell’offerta meridionale con un peso che è del 65% sulla disponibilità totale di posti letto. Tale componente ha registrato negli ultimi venti anni una crescita intensa dovuta solo in parte a campeggi e villaggi turistici, ma essenzialmente al fenomeno delle seconde case. Come richiamato, per queste ultime si pone oggi il problema della loro commercializzazione; spesso le abitazioni rimangono non utilizzate anche nei mesi tradizionali dell’afflusso maggiore, per il richiamo che ricevono i proprietari da nuove località turistiche estere o per il fatto che le famiglie ormai modificate nella composizione originaria non trovano interesse per una più lunga villeggiatura nel Sud.

L’obiettivo è di riqualificare e migliorare funzionalmente una struttura alberghiera che presenta ancora un carattere artigianale, di avviare un’integrazione anche con le strutture con caratteri di impresa industriale (anche con i villaggi turistici) che per ora si risolvono in una molteplicità di impianti isolati fra loro e privi delle necessarie strutture comuni di supporto (campi da tennis, piscine, parcheggi).

In una prima fase la realizzazione del sistema autostradale, il potenziamento di alcuni nodi di scambio (come gli aeroporti), il raddoppio della ferrovia Salerno-Reggio Calabria hanno garantito in una prima fase un minimo di concorrenzialità al sistema turistico meridionale: hanno, d’altra parte, favorito un processo di concentrazione nelle località più facilmente accessibili. Anche se debole, la rete viaria secondaria (che connette tra loro i centri urbani principali ai centri antichi e alle città contadine) ha costituito la trama su cui è stato strutturato il territorio meridionale.

Oggi tale sistema appare inadeguato. Arterie come l’asse autostradale risultano insufficienti (basti pensare all’autostrada Salerno-Reggio Calabria, al ritardo con cui si sta realizzando la Messina-Palermo)22. I tempi di percorrenza ferroviaria tra Napoli e Palermo sono divenuti non competitivi rispetto a quelli del resto della rete; il sistema aeroportuale risulta condizionato da una scarsa attenzione al comfort e alla diffusione dell’accessibilità locale; lo stesso avviene per quanto riguarda il sistema di approdi, ormai numerosi, ma poco attrezzati.

Non si tratta di modificare sostanzialmente la rete, ma di operare per renderla funzionale ad un’utenza che non chiede necessariamente velocità maggiore, ma comfort23.

I centri urbani meridionali, infine, non forniscono adeguato supporto alla struttura ricettiva, né riescono a rappresentare, come impongono le chiavi del turismo moderno, fattori di attrazione per le loro peculiarità: non offrono, cioè, adeguate occasioni come capacità di elaborazione del nuovo e qualità integrata di scambio sia culturale che commerciale. Le stesse risorse storico-culturali risultano distaccate se non contrapposte ai contesti urbani (se ne accorge chi sosta in città ove sono presenti musei e reperti importanti ma che per il resto sembrano voltare le spalle al viaggiatore)24.

Rispetto alla crescita della domanda le occasioni urbane rappresentano una necessaria integrazione della ricettività di base (si pensi alle attrezzature culturali, ricreative, sportive e non ultimo commerciali). Dal punto di vista della riorganizzazione dell’offerta i centri urbani dovrebbero svolgere un ruolo importante; l’introduzione di nuove tecnologie informatiche e telematiche nella gestione turistica (basti pensare alle agenzie, ai servizi di informazione, ma anche ai servizi comuni per l’hotellerie) comporta l’integrazione con quel terziario urbano avanzato sul quale si sta giocando larga parte del rinnovamento della struttura produttiva meridionale.

 

 

Un contributo per la strumentazione urbanistica e ambientale

 

Il quadro che si è teso a delineare evidenzia l’esigenza, da una parte, di determinare una strategia complessiva per il turismo non antitetica ma correlata a quella territoriale del paese, dall’altra, di operare attraverso iniziative locali per la messa a punto di azioni che integrino di più l’industria dell’ospitalità e ne contestualizzino culturalmente i caratteri oggi spesso assenti.

Per sviluppare una adeguata integrazione fra politiche turistiche e gestione del territorio non esistono regole prestabilite, occorre ricercare un metodo che faciliti l’integrazione fra interessi fino ad ora considerati l’uno indipendentemente dall’altro: occorre infatti far sì che le diverse convenienze possano essere esplicitate e le singole strategie di impresa (o sociali) possano manifestarsi e trovare adeguato raccordo su un tavolo di lavoro comune.

Due livelli decisionali sono a confronto: l’uno deve consentire di collaborare e dialogare su scelte comuni a scala nazionale (o di ampie circoscrizioni) soprattutto per quegli aspetti che chiedono valutazioni più ampie per l’intero ciclo produttivo (come i trasporti), l’altro di specificare e realizzare le azioni in relazione ai singoli contesti.

A entrambi i livelli, gli operatori pubblici e privati devono uscire dalle loro tradizionali competenze e affrontare in forma più aperta i problemi della programmazione e gestione del territorio.

Non è un compito facile, vi sono però le condizioni per farlo. Le modifiche di rapporti fra livelli e settori della gestione pubblica proposte dalla cosiddetta Bassanini due possono aiutare.

Questi ultimi anni hanno evidenziato il ruolo delle molte soggettività che incidono direttamente e indirettamente sul comparto turistico.

Si è esaltata la vitalità di molti enti locali nell’affrontare con le più diverse iniziative (progetti integrati, patti territoriali, beautification di parti centrali delle città25 attraverso progetti di recupero o anche solo arredi, istituzione di parchi e aree verdi, musei locali, via via, fino alle celebrazioni locali e alle feste).

A livello locale e per loro tramite, possono trovare definizione e adeguata gestione progetti integrati di riqualificazione26 dei diversi contesti. Dovrebbero essere stimolate le potenzialità di sviluppare la progettualità di singole aree, offerte dalle politiche europee attraverso relazioni dirette fra Ue ed enti locali.

Tuttavia non possono mancare le valutazioni comuni sugli orizzonti lontani, sulle strategie più complessive a scala nazionale o anche di semplice circoscrizione.

Il problema rimane aperto. L’idea di rinviarlo, il pensare di risolverlo con soluzioni interlocutorie, parziali e quindi all’apparenza poco dolorose non appare sufficiente.

Tra le parole chiave che ricorrono nei più recenti dibattiti vi è quella della sussidiarietà fra i diversi livelli di governo; per suo tramite si consentirebbe la crescita graduale ma libera di relazioni fra centro e periferia che coinvolgano soggetti diversi27.

È un modo per favorire dal basso la riconnessione Stato-regioni-enti locali per gli aspetti di cui necessita il coordinamento che stenta a svilupparsi.

Un’ultima notazione riguarda l’importanza che deriva al turismo dalla strumentazione urbanistica, che fino ad ora gli operatori e gli stessi amministratori hanno considerato esterna e quasi un limite alla loro capacità di operare e gestire gli interventi.

Sono rimaste infatti quasi sempre indirette le relazioni tra pianificazione urbanistica e programmazione delle attività turistiche. Anzi, spesso, fra tali attività è sembrata determinarsi una conventio ad excludendum.

Nella pianificazione urbana sono state privilegiate le esigenze dei residenti (cittadini attuali e/o potenziali), soprattutto in relazione alla domanda di casa; nella programmazione del settore turismo ci si è limitati a regolare i bilanci tra domanda e offerta di ricettività, spesso in relazione a situazioni contingenti ed eccezionali.

Nei piani urbanistici, peraltro, non sono stati presi in considerazione, anzi sono stati giudicati quasi delle inutili interferenze, i rapporti più complessivi con l’economia turistica, la crescita del reddito e il diverso consumo del tempo libero e, nella programmazione turistica, quelli con gli spazi urbani necessari per lo sviluppo dell’ospitalità, la fruizione degli ambienti naturali e antropizzati (le risorse turistiche) e la mobilità.

In tal modo, sia nel momento delle valutazioni strategiche sullo sviluppo urbano che in quello delle scelte localizzative è stato difficile affrontare in forma congiunta i possibili ruoli che il turismo potrebbe svolgere nelle trasformazioni urbane.

Alla posizione residuale attribuita al turismo, per la sua anomalia come settore produttivo e per la frammentazione delle esigenze tra beni urbani e servizi molto differenti, si è aggiunta la scarsa contrattualità (e perché no il limitato interesse) degli operatori del settore nel partecipare alle scelte urbanistiche, troppo orientate a regolare i valori della rendita urbana28.

Il porre al centro l’ambiente nella pianificazione richiede, invece, che tale strumentazione divenga anche punto integrante delle politiche turistiche29.

In particolare, nel momento in cui la riforma urbanistica è all’esame del Parlamento, sarebbe il caso di valutare in forma congiunta le esigenze di regolazione dell’offerta territoriale per il turismo, ma nel contempo renderle più semplici e trasparenti.

Il dibattito su questi temi, vivace al limite di un’autocritica forse eccessiva sulle ragioni stesse dell’esistenza dell’urbanistica, si è svolto in questi anni accentuando una visione culturale manichea; bene e male si sono così contrapposti a partire dall’accettazione o meno delle regole del piano per estendersi al rapporto tra piano e progetto (tra urbanistica e architettura, ma anche tra tentativo di cogliere le interrelazioni e settorializzare l’intervento), tra trasformare e conservare.

L’idea di un approccio alla pianificazione della città e del territorio anche in chiave turistica, in particolare, può trovare una propria immediata ragione se favorisce il contestualizzarsi del dibattito e aiuta le amministrazioni locali a proporre soluzioni adeguate ai rispettivi ambienti; se, cioè, consente di valutare le condizioni entro le quali si possono delineare linee di azione innovative che diano un senso al processo di intervento. Roma, di cui si riporta un’ampia notazione30, in tal senso è emblematica.

Il nocciolo duro della riforma, centrato com’è su alcuni principi chiave: lo sdoppiamento del Prg in un piano delle invarianti e in un piano operativo, in un piano strategico e in uno basato su azioni (allorquando vi sono le condizioni per attuarle) è un buon punto di partenza.

Nelle diverse situazioni territoriali è opportuno identificare prima che gli strumenti operativi (nuovi piani) gli oggetti, ridare valore alle idee, rielaborare le azioni.

In tal senso il processo di trasferimento delle competenze pianificatorie agli enti locali tende a introdurre nei progetti di legge in discussione:

- maggiore attenzione alla componente ambientale;

- l’introduzione del concetto di sussidiarietà in grado di garantire una ripartizione di poteri tra i vari livelli istituzionali più favorevole agli enti locali ed evitare sovrapposizioni fra poteri regionali e poteri locali;

- una maggiore flessibilità degli strumenti di piano;

- l’affermazione della perequazione urbanistica per evitare che interessi legati ai valori e alle rendite siano fattori di pressione e di paralisi;

- l’introduzione di procedure e regole di concertazione fra le amministrazioni centrali e locali per evitare le catastrofi di piani iniziati e mai completati;

- la semplificazione delle procedure di intervento.

Sono criteri utili per migliorare i rapporti di programmazione e gestione del territorio del turismo, ma ad alcune condizioni.

Se, da una parte, si richiede all’urbanistica di ampliare il suo campo di osservazione, dall’altra, ad essa si continuano a porre pressanti richieste di sintesi sotto il profilo operativo che sono invece mancate. Sono richieste che non si possono, né è opportuno eludere.

In particolare, rimane inalterato (sia pure sotto diverse, nuove ipotesi e con nuovi atteggiamenti) il problema delle convenienze insediative. Dagli operatori del settore turistico ci si aspetta di esplicitare, se ve ne sono, nuove condizioni per la localizzazione di manufatti turistici in uno spazio differenziato, in relazione alla diversa capacità di rispondere a esigenze di sviluppo sociale ed economico; ci si aspetta di saper conciliare, se è possibile, la contrapposizione e contraddizione tra accumulazione connessa alle leggi di mercato ed esigenze di perequazione distributiva delle opportunità e delle risorse tra i diversi (e spesso conflittuali) attori sociali; ci si aspetta però anche di considerare con maggiore attenzione gli effetti derivanti dall’uso e dal consumo di risorse limitate e irriproducibili.

Tutto ciò dovrebbe sottendere all’obiettivo di far riconsiderare, anche se non a negare, il paradigma stesso del mercato come regolatore degli interessi degli operatori; obiettivo che se assunto come codice del rapporto fra pubblico e privato, nel medio e lungo periodo, potrà comportare benefici anche al sistema turistico.

 

 

Note

 

1 Bresso M., Zeppetella A. (1985), Il turismo come risorse e mercato, FrancoAngeli, Milano.

Becheri E., Imbesi G., Martelli A.(1987), Politiche di sviluppo del turismo, relazione di base alla 3° Conferenza nazionale del turismo, Roma.

2 Il fenomeno, nelle sue dimensioni potenziali, è da legare alla crescente disponibilità di tempo libero quotidiano e periodico, all’aumento generalizzato del livello culturale, ma anche alle pressioni dei media. Un punto di partenza per le valutazioni può essere rappresentato dal bilancio del tempo individuale (dalla ripartizione, cioè, del rapporto tra tempo di lavoro pagato, non pagato, libero, ecc.) da legare, beninteso, alle disponibilità finanziarie.

Gershuny J. (1993), L’innovazione sociale, tempo, produzione e consumi, Rubettino, Soveria Mannelli.

3 Gli unici veri spostamenti, sosteneva Xavier De Maistre, sono quelli intorno alla nostra stanza, ma illusorio o reale il movimento possibile resta una componente essenziale della nostra curiosità.

4 Urbain J. D. (1993), L’idiot du voyage, Histoires des touristes, Editions Payot, Paris.

5 È da osservare che il quadro istituzionale è ormai spinto al decentramento delle competenze turistiche per quanto riguarda la promozione e il marketing; manca, di fatto, di un adeguato collegamento per quanto si riferisce alle scelte infrastrutturali alla grande scala. Queste, come è evidente, rappresentano un elemento importante nella definizione degli assetti, penalizzando molte aree del paese: basti pensare alla Sicilia.

6 C’è una sorta di equivalenza fra i due termini se li si considera come aspetti funzionali del comparto produttivo, altrimenti, come si può facilmente intuire, la gamma dei significati possibili di ognuno di tali termini aumenta al punto da renderli quasi incommensurabili. Qui, sia pure con molti equivoci, si lascia prevalere l’equivalenza, ma si è consci dei limiti di quest’approssimazione.

7 La denuncia sull’homo ludens di Huizinga, riguardata come simbolo della crisi della civiltà moderna, ci appare lontana e ormai assorbita dall’inconscia accettazione di questo consumo che ci coinvolge, condiziona, attanaglia e, perché no, affascina. Non è però il caso di lasciare una simile denuncia nello sfondo e ignorarla.

Huizinga J. (1962), La crisi della società, Einaudi, Torino.

8 Vedi, a questo proposito, l’analisi impietosa che ha sviluppato Aldo Bonomi sul territorio che va da Gardaland a Rimini e a Cattolica, dove si dispiega la “fabbrica libertina” dei luoghi di divertimento.

Bonomi A. (2000), Il distretto del piacere, Bollati Boringhieri, Torino.

9 L’importanza di considerare le conseguenze delle trasformazioni legate al turismo sui residenti dovrebbe esser sempre più sentita dalle amministrazioni locali. Vedi a questo proposito il documento introduttivo al seminario tecnico che si è tenuto al Cnel il 7 febbraio 1997.

10 Si è spesso criticato, e a ragione, lo spontaneismo con cui gli emigrati meridionali hanno realizzato la loro seconda casa nei luoghi di origine; il deterioramento ambientale si avvale anche del loro contributo. Tuttavia, il rientro estivo di migliaia di persone, ha consentito di conservare la vitalità dei centri medio-piccoli e dei paesi. L’importanza di tale fenomeno non dovrebbe sfuggire per gli effetti positivi che può produrre (per tutti si può richiamare la fascia jonico-meridionale della Provincia di Reggio Calabria, incentrata su Siderno e Locri).

11 Caputo R., Imbesi G., La nuova geografia turistica: riflessioni e indicazioni di intervento, Atti del Convegno del Gruppo della sinistra unitaria al Parlamento europeo sul tema: “I turismi nell’Europa del Mercato unico”, Roma, 21 gennaio1992.

12 “L’Italia, il bel paese dove perpetuo fiorisce l’arancio, il paese misterioso della Mignon, il paese prediletto e incantevole dei poeti, il museo d’arte antica, il fantastico teatro dei tempi passati, il paese che fu teatro su cui si svolsero i più importanti fatti della storia e della civiltà antica, ha sempre esercitato una speciale attrattiva sull’animo dei popoli nordici”.

Sombart W. (1891), La campagna romana, Studio economico-sociale, Torino, Loescher.

13 Lozato Giotart J. P. (1990), Geographie du tourisme, Masson, Paris.

14 Il ciclo di vita di una località turistica è riguardato a partire dalla crescita incontrollata dovuta al successo; ad essa segue un declino quasi irreversibile anche per luoghi che hanno valori ritenuti immutabili nel tempo.

Miossec J. H. (1976), Eléments pour une théorie de l’espace touristique, Aix en Provence.

15 Si veda lo studio di Bonomi citato.

16 Un malcelato senso della conservazione ha, ad esempio, impedito l’avvio di esperienze di recupero e riuso a scopi ricettivi di vecchie strutture edilizie come è avvenuto invece in altri paesi europei (la Scozia, la Spagna, il Portogallo con le catene alberghiere delle posadas, ecc.).

17 Un veicolo utile in questo senso è costituito dalle azioni della Cee in favore del turismo culturale, in particolare per lo sviluppo degli itinerari turistico-culturali transnazionali. Il che suggerisce di riprendere in considerazione politiche recenti dell’intervento straordinario (come gli itinerari turistico-culturali) che dopo una fase conoscitiva, ricca di stimoli, hanno determinato interventi quasi sempre non congeniali, né adeguati agli obiettivi che ci si proponeva di raggiungere.

18 La gamma degli interventi, in corso o programmati, è ormai piuttosto articolata e dà il senso dell’eterogeneità dei soggetti pubblici e privati che possono contribuire a modificare i tradizionali contenuti dell’azione imprenditoriale nel settore. È il caso di sottolineare l’importanza delle iniziative che sta conducendo l’Insud, nell’ambito dei programmi per favorire la ricettività turistica dell’Italia meridionale. Gli interventi nel golfo di Squillace in Calabria (con l’ultima realizzazione di Costa di Simeri), fanno parte di un complesso di iniziative ricettive che spaziano dal recupero e la riutilizzazione di edifici storici ad alberghi di affari, a villaggi ecologici e che hanno visto l’integrazione fra sovvenzioni comunitarie e investimenti di piccole e medie imprese italiane.

19 Non c’è forse una logica correlazione fra i parchi del Cilento, del Pollino, del Gargano come connettivo verde di una regione naturale che unisce il Tirreno all’Adriatico fino allo Ionio della Basilicata?

20 Un’iniziativa interessante a questo proposito è il protocollo d’intesa firmato dai 42 Comuni della Locride con Provincia di Reggio Calabria, Regione Calabria e Stato; si integrano aree interne e costiere per proporre politiche unitarie in cui il turismo e il recupero ambientale hanno un ruolo significativo. Sarebbero da valutare con attenzione gli esiti presumibili non sempre convergenti con gli obiettivi generali.

21 Vedi gli atti della terza Conferenza nazionale del turismo.

22 Appare positivo l’ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, ma sarebbe il caso di studiare in parallelo il complesso di opere da realizzare, la revisione degli snodi che possono favorire in forma unitaria l’adeguamento della maglia di servizio per la fruizione turistica.

23 Nessuno di noi penserebbe di trovare in Scozia, autostrade sui laghi, eppure il viaggio è estremamente gradevole perché ci fa entrare nella natura e ci rende partecipi della sua mutevolezza nel tempo e nello spazio.

24 Come ad esempio nel caso del Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria e di molte aree archeologiche delle città siciliane.

25 Si richiama la successione dei provvedimenti finanziari a sostegno di iniziative come i Campionati mondiali di Calcio, le Colombiadi, il Giubileo: a questi si possono aggiungere quelli legati a conferenze e incontri politici di livello internazionale: a Napoli, a Genova, ecc.

26 È il caso di proporre l’estensione al comparto turistico dei programmi di riqualificazione urbana ex lege 179/1992 e di quelli successivi fino ai Prusst. Si stanno rivelando strumenti utili per intervenire anche attraverso il contributo dei privati nelle parti urbane consolidate, nelle aree dismesse e garantire una plurifunzionalità degli interventi.

27 Molti dei patti territoriali, soprattutto nel Sud, propongono interventi per nuova ricettività turistica senza adeguata valutazione per quanto riguarda la compatibilità ambientale e urbanistica.

28 È forse il caso di richiamare, per la sua emblematicità e quale eccezione che conferma la regola, la lontana polemica sulla realizzazione dell’albergo Hilton di Roma a Monte Mario.

29 Nel nuovo piano regolatore di Agrigento, in corso di adozione, tra gli obiettivi prioritari dell’amministrazione comunale si evidenziano quelli relativi alle attività turistiche correlabili alla Valle dei Templi, al centro storico, al mare.

Nella difficile congiuntura urbanistica e ambientale in cui versa la città, è sembrato opportuno operare non soltanto attraverso uno zoning in cui si evidenziano le condizioni di conservazioni degli aspetti ambientali, ma anche attraverso progetti di intervento in punti strategici in grado di facilitare, da una parte, l’integrazione urbana fra Valle dei Templi e città, dall’altra ambiti di possibile insediamento per attrezzature turistiche e per il tempo libero con lo scopo di riqualificare la fascia costiera in larga parte compromessa da lottizzazioni.

30 In questo quadro, il nuovo piano regolatore di Roma, per esempio, può essere considerato un punto di sperimentazione singolare e molto importante per un diverso rapporto tra urbanistica e turismo.

Il senso di questo piano sta nella ricerca di nuove qualità urbane per una capitale in via di sostanziale trasformazione, ma sta anche nel carattere processuale che si attribuisce a tale trasformazione e nell’apertura a nuove procedure e forme di intervento che facilitino l’individuazione delle convenienze di un ampio arco di soggetti.

Il valore, e l’auspicio di Roma, di essere metropoli, si esprime nella capacità di divenire permeabile allo scambio a scala internazionale con una presenza continua e/o reiterata di ospiti.

Il mantenimento (o meglio l’incremento consistente) degli attuali livelli di presenza turistica è solo un obiettivo parziale per Roma; ciò che conta è che la città, non perdendo la propria identità, diventi un luogo diffuso e accattivante per la fruizione del tempo libero. Ospitalità, servizi urbani, risorse storiche e ambientali, le stesse infrastrutture produttive devono, perciò, essere rilette da diverse angolazioni; le decisioni in merito alle scelte devono derivare da una concertazione ampia di soggetti tra cui gli operatori turistici.

Gli ambiti di interesse turistico divengono uno degli spazi nella costruzione dello scenario di riferimento a breve e lungo periodo: un insieme di sistemi funzionali, non definiti rigidamente e univocamente sul territorio, cui affidare un particolare ruolo nella riorganizzazione dell’offerta di risorse turistiche.

Si tratta, in altri termini, per molte porzioni della città, di descrivere i caratteri del tessuto urbanistico, di individuare al loro interno le risorse, i possibili percorsi di interesse e le aree di influenza delle diverse risorse e funzioni. Ciò consentirà di approfondire le valutazioni sulla completezza o meno del sistema d’offerta turistica presente, con riferimento ai diversi tipi di turismo.

Attraverso tali riferimenti è possibile simulare percorsi di riqualificazione funzionale e edilizia (fisica) di porzioni di città, per consentire all’amministrazione comunale di sviluppare programmi d’intervento atti a riqualificare l’offerta turistica e, al contempo, il tessuto insediativo, considerando tutti i requisiti (funzionali, finanziari, valutativi, ecc.) propri delle iniziative europee.

Si tratta, dunque, di individuare e definire:

- scenari evolutivi con valutazioni (tipo swot) utili a costruire un riferimento strategico;

- linee guida progettuali per la specializzazione, il potenziamento, la riqualificazione dell’offerta e la strutturazione di nuove centralità turistiche;

- regole di qualità dell’offerta riferite ad assi o a poli turistici letti ad una scala locale.

 

 

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