Tra le nuove domande di territorio,
quella che si riferisce agli usi turistici e
per il tempo libero, ha assunto negli ultimi
decenni importanza crescente.
Tale domanda, è sostenuta a vari livelli
istituzionali (basti pensare alle ipotesi di
funzionalizzazione turistica del
territorio meridionale, alle pratiche
conservative per l’ambiente naturale e
per i centri storici, ecc.) ed è vivificata
(si fa per dire) da una consistente tendenza
degli operatori immobiliari e degli stessi
utenti alla realizzazione della seconda e
terza residenza al mare o ai monti.
Ambiguità sistemiche del turismo
Il turismo è divenuto ormai una sorta di
pianeta, stanti l’estensione
quantitativa e la forma organizzativa
raggiunte, con consistenti ricadute sulle
trasformazioni urbane e ambientali e sui
comportamenti sociali ed economici.
Più di quanto avviene per altri cicli
produttivi, il rapporto tra turismo e
territorio vive e si evolve su una
contraddizione che lo rende necessariamente
creativo e in continua evoluzione.
Si è di fronte ad un sistema a un tempo
chiuso e aperto1:
- chiuso (o da considerarsi tale
nella speranza di molti operatori turistici;
non si parla forse di pacchetti vacanze,
in cui si predeterminano scelte di
itinerari, partenze, arrivi, usi delle
città, addii, ecc.?), perché tende a fornire
un prodotto compiuto con una forma
organizzativa complessa e articolata
attraverso un marketing martellante
che utilizza una quota crescente di
consumi sia monetari sia di tempo delle
popolazioni e funzionalizza risorse
storiche, culturali e ambientali con effetti
consistenti sul piano dell’immaginario
ancor prima che su quello reale;
- aperto, perché è espressione di
molteplici soggettività dell’utenza ed è
divenuto un’esigenza della nostra vita,
rappresentando una quota non certo marginale
del tempo libero (o del tempo liberato
secondo le valutazioni); ne siamo tutti
coinvolti anche se una larghissima quota
della popolazione non è in grado di fruirne
(il che tende a rappresentare una privazione
non da poco ed è ormai anche un saggio
dello stadio di sviluppo di un paese)2.
Il turismo può apparire, nella concezione
che via via ha saputo determinare di sé,
come un tarlo che rode anche le
coscienze più salde3 ma, nel suo
esplicitarsi, è contemporaneamente un
mostro onnivoro che ha bisogno
continuamente degli altri settori produttivi
e delle risorse ambientali e territoriali
per manifestarsi, crescere e trasformarsi4.
Esso si alimenta dell’ambiente: lo distrugge
per usarlo, ma ha bisogno di ritrovarne
continuamente la sua verginità per
proporsi, quale valore inedito, come
contributo insostituibile della propria
ricchezza produttiva.
La sua dimensione fisica ricopre quella
insediativa, anzi molte volte va oltre. Lo
stesso avviene per quella funzionale che si
sviluppa secondo più direzioni: attraverso
l’uso delle utilities urbane e
territoriali (vedi i trasporti o le
attrezzature commerciali e sociali),
attraverso specifiche attrezzature, come
quelle per l’ospitalità (in cui a volte
prevale l’integrazione con i centri abitati,
a volte una vera e propria
contrapposizione).
C’è perciò un territorio del turismo
da prendere in considerazione.
Le chiavi del turismo moderno possono essere
rilette nel passaggio da esperienza elitaria
a fruizione di massa che chiede nuove forme
di spettacolarizzazione del
quotidiano. È una semplificazione eccessiva,
ma utile ai nostri fini: rimane compresso il
giudizio su quella quota di tempo libero che
sfugge, per ora e speriamo per molto tempo,
alla logica produttiva (il passeggiare, il
divertimento banale del guardare, la
lettura del giornale sulla panchina dei
giardinetti, ecc. e soprattutto a quanto
scaturisce dall’invenzione ludica continua
che l’uomo riesce per fortuna ancora a
determinare).
La crescente domanda turistica sta
modificando a scala mondiale i modi di
fruire gli ambienti storici, ma sta altresì
fornendo nuovi modelli urbani (sia per le
trasformazioni che induce nelle strutture
fisiche delle città sia per il fatto che un
numero sempre maggiore di nuovi insediamenti
si struttura in funzione del godimento
del tempo libero) anche con una certa
non dissimulata imperiosità e con il piacere
onirico di far prevalere l’artificiosità
sul reale.
Nella definizione di nuove politiche
territoriali sarebbe il caso di considerare
anche tali coordinate, traguardando nel
contempo orizzonti lontani e
contesti prossimi.
Per quanto riguarda i primi5 sono
da sottolineare due aspetti:
- la funzione sociale che svolge il turismo,
ma anche i rischi che scaturiscono da un suo
consumo indiscriminato;
- la proiezione espansiva della funzione
produttiva turistica, ma anche i
condizionamenti che riceve dall’esterno e
dal contesto entro cui si muove.
Per quanto riguarda i secondi, è lo stesso
stato dell’ambiente antropizzato e naturale
a fornire indicazioni. È importante anche
l’integrazione fra le diverse funzioni
dell’ospitalità e le funzioni urbane di
supporto; in genere la crescita del turismo
è avvenuta nell’ignoranza dei fattori
attrattivi, o di repulsione, propri di tale
integrazione.
Oggi è compito delle istituzioni ai vari
livelli di valutare, nel processo di
recupero e adeguamento ambientale, che con
qualche difficoltà si sta avviando un po’
dovunque, i modi per incorporare nelle forme
più opportune di intervento e gestione i
rispettivi contesti prossimi.
Ambiente sociale e fruizione turistica
Turismo e tempo libero6
rappresentano, come accennato, uno degli
aspetti peculiari del consumo sociale (una
quota di ciò che fino a qualche anno fa si
affermava essere, forse schematicamente ma
con efficacia, il tempo della
riproduzione della forza lavoro). Sono
anche uno dei modi del radicarsi di ognuno
di noi, come individuo e società, nello
spazio che ci circonda e nella storia.
In uno, turismo e tempo libero sono un
importante strumento di liberazione dal
quotidiano che può favorire la
conoscenza e l’accumulazione
culturale.
Se ciò può valere in linea di principio, di
fatto tempo libero e turismo, in alcune
parti del paese, rappresentano una conquista
sociale ancora da consolidare, da
incrementare e sulla quale occorre vigilare
per evitare che la stessa, incanalata entro
forme predeterminate, possa conseguire
(invece che una liberazione) una condizione
negativa da subire7.
Si sta creando oggi una nuova contraddizione
fra tempo di lavoro e tempo libero (o tempi
diversi di vita quotidiana) fatta di
esperienze, di saperi su cui occorre
preliminarmente riflettere.
C’è il problema di dare contenuto e senso al
tempo liberato su cui s’impernia il
turismo8; è un tempo che sta
superando quello di lavoro, una volta che la
ragione economica ha cessato di regolare i
tempi di vita quotidiana, con un sistema che
non riesce a gestire il tempo liberato, ne
teme la crescita anche se, paradossalmente,
fa di tutto per incrementarla.
Nel nostro paese le attività turistiche e
per il tempo libero tendono ad assumere un
ruolo determinante; è il caso di introdurre
tali valenze problematiche se s’intende
definire un diverso progetto di
vita/società.
Dall’interno dei singoli settori e
attraverso le categorie tradizionali di
analisi (da una parte, l’efficienza
dell’impresa, la quantità dei flussi di
turisti che entrano nel mercato, dall’altra,
il consumo di suolo, il livello dei servizi
urbani, ecc.), non ci si rende ben conto
che, il territorio del turismo nel
senso prima detto, deve essere riesaminato
anche secondo categorie proprie del sociale.
I grandi numeri, l’omologazione degli
itinerari, come auspicato dai tour
operators, cozzano con tali categorie;
lo stesso avviene per quanto riguarda la
volontaria ignoranza dell’uso del suolo per
le seconde residenze.
Risultano interessati dall’azione turistica
sia gli ospiti (i turisti) che gli ospitanti
(le popolazioni residenti)9.
Per entrambi, mettere al centro i valori
dell’ambiente non deve essere un fatto
consumistico, ma l’occasione per verificare
in quali modi l’individuo nella sua
necessaria autonomia può rimanere al centro
dello sviluppo sociale. È infatti da
escludere l’espropriazione dei gruppi
sociali residenti, come è spesso avvenuto
(ad esempio in talune aree meridionali) per
massicci interventi esterni. È da limitare
l’artificio, che non serve in aree
ricche di suscettività ambientali, storiche
e culturali oltre che dei tradizionali
fattori sole-mare (su cui s’impernia spesso
la promozione regionale). Bisogna essere in
grado di guidare anche dal basso le
scelte sui tipi di offerta ambientale (e di
conseguenza sulle tipologie d’uso dello
spazio), sui valori culturali (di cui
favorire la conoscenza), sui modi con cui
determinare una più confacente mentalità e
formazione professionale nel settore e, non
ultimo, sulla partecipazione ampia e
cosciente delle popolazioni ai processi
produttivi10.
Una genesi lontana, ma ancora immanente, del
turismo nel Bel Paese
L’offerta di spazio naturale, storico,
culturale del nostro paese trova oggi la
propria definizione in un contesto ampio e
secondo direzioni e modi diversi da quelli
su cui si è costruita la storia del nostro
turismo. È perciò fondamentale capire in
quale contesto ed entro quali
condizionamenti potrà muoversi il turismo,
quali modifiche di valore potranno
subire i luoghi turistici consolidati, quali
margini potranno sussistere per allargare
ulteriormente la base produttiva.
Qualche anno fa, in occasione del Convegno
“I turismi nell’Europa del Mercato unico”11,
si propose una riflessione sulla nuova
geografia turistica del nostro paese. Si
riprendono alcuni spunti che sembrano ancora
attuali.
Lo storico appeal dell’Italia, nei
confronti del viaggiatore europeo, si
fondava su due linee di forza che sono
rimaste fino ai tempi più recenti
caratterizzanti del modello di fruizione in
riferimento alle diverse peculiarità
ambientali.
La prima si legava all’ambiente naturale, al
sole, al mare: l’offerta di un ambiente
litoraneo caldo e incontaminato, lambito
dalle acque del Mediterraneo, meta ambita di
villeggiature, in cui delizie naturali e
cultura degli uomini sapevano ancora
felicemente coniugarsi. San Remo, Portofino,
Capri, Taormina, la costiera amalfitana
erano divenuti luoghi di eccellenza che
avrebbero riverberato i propri effetti nelle
riviere adriatica e tirrenica, future sedi
di elezione della villeggiatura borghese.
La seconda si legava alla dimensione storica
e culturale accreditata dal Grand Tour12.
Questo ruolo d’eccellenza presupponeva
alcune condizioni: la visione dominante di
una cultura eurocentrica, un approccio
letterario da parte dei grandi viaggiatori,
una sorta di edonismo intellettuale, un
significato dello spazio e del tempo
caratterizzato da un’intensa fruizione di
ciò che era possibile possedere13.
Provocatoriamente si potrebbe invitare alla
rivisitazione del ruolo di eccellenza che
aveva il nostro paese nel Grand Tour
ottocentesco e nella villeggiatura per
riprenderne le fila. Ma le chiavi di questo
modello non stavano solo nelle bellezze
naturali o nelle suscettività culturali del
nostro paese: il viaggio era l’occasione per
un’esperienza formativa, in quanto esso
stesso era un percorso nella storia, una
ricerca dei suoi segni immutabili. Ma era
anche un’esperienza umana di contatto con il
quotidiano (con costumi di vita diversi, con
la gente comune, ecc.).
Tali condizioni sono venute meno da tempo
con la fine dell’eurocentrismo, con la
nascita del turismo di massa, con la
capacità di muoversi nel quotidiano a scala
planetaria e l’emergenza di un linguaggio
audiovisivo e interattivo come mezzo di
comunicazione dominante.
Si sono modificate le forme cicliche di vita
di un centro turistico14 così
come diverse sono divenute le condizioni
insediative e i tempi entro i quali abbiamo
imparato a fruire del nostro tempo libero.
Giuoca un suo ruolo anche la cultura della
costruzione artificiale dell’ambiente
indifferente alle peculiarità dei luoghi15.
Rispetto a tali nuove chiavi, il nostro
paese si pone in una posizione
contraddittoria. Ha esteso a gran parte del
proprio territorio la dimensione turistica,
con una capacità di diversificazione
dell’offerta ambientale che è propria della
sua natura. Ha teso nel periodo recente a
omologare forme di fruizione e servizi che
poco si confanno alle diversità ambientali
anche per una carente capacità progettuale.
All’allargamento della domanda turistica si
è risposto molto spesso con tipologie che
garantivano gli aspetti funzionali ed
economici, attraverso la ripetitività dei
modelli insediativi, l’azzeramento delle
peculiarità locali16 e la
proposizione anodina dei punti di svago (i
lidi, le discoteche, ecc.). L’immagine dei
luoghi di eccellenza è semmai rimasta nelle
nuove mete del turismo di élite (la Sardegna
è significativa della rigenerazione di
luoghi per un consumo più raffinato: basti
pensare alla Costa Smeralda, da una parte, e
all’intorno di Cagliari, dall’altra).
C’è il rischio che l’ambiente, del
Mezzogiorno in particolare, di fronte
all’agguerrita concorrenza di altre aree del
Mediterraneo, sia destinato a svolgere un
ruolo regionale e a non esser in
grado di fornire fulcri innovatori alle
direttrici e alle frequenze d’uso che si
stanno configurando a livello europeo.
La sfida, di fronte a questo rischio, sta
nell’introdurre una progettualità in grado
di:
- cogliere con maggiore capacità gli
elementi strutturali dell’identità
dell’ambiente naturale (come è noto l’arco
della cultura europea fino all’età moderna,
trova segmenti significativi ancora
inesplorati nel Sud) e antropico (le
capitali del periodo preunitario), ma
anche dei nodi singolari (come gli approdi);
- individuare un’adeguata correlazione con
il sistema dei trasporti per garantire
accessibilità e intermodalità (attraverso un
nuovo piano nazionale delle infrastrutture
che individui le connessioni possibili per
le azioni di settore);
- introdurre nuove tecnologie funzionali sia
per ridare impulso alle attrezzature
esistenti che per inventarne di nuove;
- rendere più compatibili due produttività:
delle imprese turistiche e degli enti locali
che rappresentano i due interlocutori
principali delle politiche di intervento.
È evidente l’esigenza di limitare i rischi
di artificiosità e di manipolazione urbana;
nel conformare nuovi modi per la fruizione
dei diversi ambienti si pone il problema di
migliorare le attrezzature ricettive e di
supporto, di offrire strumenti per la
lettura e l’interpretazione personalizzate
dell’ambiente che siano di stimolo per
ulteriore creatività. Più che aggiungere
nuove categorie di attrezzature si tratta
dunque di ridefinire quelle esistenti ma
soprattutto di reinterpretare i sistemi
urbani e territoriali in chiave anche di
fruizione turistica.
Nella dimensione europea si deve poter
contribuire alla costruzione di un nuovo
sistema di relazioni spaziali
sopranazionali, che altri paesi hanno già
avviato, dove ritrovare, in particolare, un
ruolo preminente del proprio ambiente
naturale e antropico nelle rotte del
Mediterraneo; un compito non facile ma
determinante per dialogare in posizione
preminente con le altre culture17.
Luci e ombre nel territorio del turismo
Il confronto fra la condizione ambientale,
le forme d’uso turistico e le azioni
programmate (o anche solo ipotizzate)
evidenzia una situazione molto eterogenea,
fatta di luci e ombre; il che invita
a non generalizzare il giudizio, ma ad
approfondirlo e specificarlo rispetto alle
varie condizioni.
Il quadro delle analisi non è certo positivo
stante il diffuso degrado del territorio
antropizzato e dell’ambiente naturale,
l’inadeguatezza del patrimonio ricettivo e
pararicettivo, i lunghi tempi di percorrenza
per lo scarso raccordo tra reti di grande
comunicazione (spesso obsolete e da
adeguare) e località turistiche, le carenze
nei servizi urbani e di assistenza
all’impresa; sono, queste, condizioni che
determinano disagi e comportano maggiori
oneri di trasporto e costi aggiuntivi e
contribuiscono a mantenere scarsa la
competitività del nostro turismo sia a
livello nazionale che estero.
L’ambiente (in particolare quello
meridionale dove si appuntano molte
attenzioni) presenta tuttavia ancora ampi
spazi preservati: vi sono zone in cui il
turismo sembra aver trovato adeguato
consolidamento ed equilibrio ambientale.
Delle iniziative in corso, al di là
dell’enfasi occorre cercare di valutare
l’incidenza effettiva. Alcune esperienze,
come quelle di Napoli e di Palermo per la
riqualificazione urbana, forniscono
indicazioni utili sia per i contenuti che
per il metodo seguito. L’interesse delle
amministrazioni locali verso strumenti
innovativi come i patti territoriali,
le leggi per l’occupazione giovanile, i
prestiti d’onore, i lavori
socialmente utili, ecc. è certamente
positivo. Ma non basta.
Se si vuole determinare un corretto rapporto
tra territorio e turismo occorre uno sforzo
continuo per la riconversione e la
valorizzazione del tessuto connettivo di
gran parte delle città (dalle maggiori a
quelle minori in cui l’espansione recente ha
fatto perdere il valore dei connotati
originari), dei paesaggi agrari e dei grandi
parchi.
Il cattivo uso che è stato fatto
delle risorse territoriali negli ultimi
decenni ha lasciato un segno spesso
irreversibile nelle aree più direttamente
toccate dalle trasformazioni insediate.
L’originario margine agricolo-naturale delle
città e dei paesi è scomparso per fare posto
a espansioni urbane indifferenziate (spesso
ma non solo abusive). A ciò si aggiungono
infrastrutture viarie poco consone
all’ambiente, abbandono delle colture
agricole locali, i paesaggi del mare
deturpati laddove sono proliferate le
lottizzazioni turistiche (quasi sempre di
seconde case); in molte spiagge
l’inquinamento limita la balneazione. Lo
stesso può dirsi per numerose aree montane e
collinari.
Le situazioni di degrado e di congestione
non possono non preoccupare soprattutto in
quelle aree che presentano una certa
competitività in quanto sostenute da una
consistente domanda interna e da una
tradizione, sia pure di turismo elitario,
che ne aveva garantito il richiamo. Basti
pensare alla costiera amalfitana e alle
isole minori, all’intorno di Taormina, alle
stesse coste del Gargano che rischiano una
compromissione per effetto di politiche
urbanistiche che facilitano il
sovradimensionamento degli insediamenti.
Ma il rischio maggiore è in quelle aree in
cui è essenziale la conservazione e la
tutela mentre una cattiva interpretazione
della valorizzazione turistica e il ritardo
nell’attuare politiche protettive (si veda
la complessa serie di leggi sui parchi, sui
piani di bacino, ecc.) rischiano di
rilanciare processi di urbanizzazione
edilizia senza sviluppo (come per
alcune zone della costiera calabrese).
Le iniziative di recupero urbano e
ambientale, di individuazione di aree
protette e di formazione di parchi naturali,
su cui dalla fine degli anni ’80 si stanno
cimentando le amministrazioni più attente e
sensibili, sono da riguardare positivamente.
Il giudizio deve però rimanere sospeso. È,
soprattutto, la congiuntura economica che ha
limitato i processi di nuova urbanizzazione
e il consumo ulteriore del territorio.
Al di là del quadro normativo di indirizzo
urbanistico-ambientale (sull’istituzione dei
parchi, sulla formazione dei piani
paesistici, sui piani di bacino, ecc.) non
sembrano ancora esser messi a punto
strumenti operativi adeguati per determinare
inversioni di tendenza nel settore; ci sono
forti ritardi e inadempienze sul processo di
pianificazione territoriale;
nell’atteggiamento di molte amministrazioni
pubbliche e operatori non sembra emergere
una cultura progettuale che sappia coniugare
correttamente conservazione con
trasformazione e uso, necessaria per
rilanciare uno sviluppo turistico
compatibile e per entrare in dialogo
con le direttive europee18 e
avvalersi dei relativi finanziamenti.
Ci sarebbe, invece, la possibilità di
operare processi progettuali adeguati per
aree da recuperare e riqualificare.
Non si tratta, infatti, nel breve periodo di
sviluppare politiche diffusive, né di
ulteriore insediamento di poli, ma di
costruire quelle prossimità dei
contesti che possono legare (e
incrementare) l’offerta turistica esistente
all’ambiente circostante, alle città,
all’intorno naturale.
Le città maggiori e minori, gli ambienti
naturali a parco (interni o costieri)19,
quei comprensori che hanno raggiunto una
loro identificazione per valori
storico-culturali, per omogeneità
dell’offerta o altro, costituiscono una rete
articolata e complessa su cui possono
trovare una logica azione a scala minuta e
locale.
Si tratta talvolta di porzioni regionali
unificate da leggi (come i parchi o le
comunità montane) ma più spesso si tratta di
territori aggregati culturalmente o
socialmente cui lo stesso turismo negli anni
recenti ha contribuito a fornire un’identità20.
Le ricadute sulla riorganizzazione della
ricettività sono immediate. I limiti
strutturali non facilmente superabili, che
si evidenziano anche per quanto riguarda le
diverse componenti dell’offerta turistica
(dalla ricettività ai trasporti), non
possono non preoccupare.
La situazione meridionale
Nel Mezzogiorno d’Italia le indicazioni
precedenti assumono maggiore enfasi.
In presenza del mutamento della domanda
turistica, divenuta più esigente e matura,
si avverte il divario tra l’offerta di
servizi urbani e quella esistente nelle aree
di provenienza degli utenti. Nella fase
iniziale, pionieristica questo
divario non ha costituito un freno al flusso
turistico verso il Mezzogiorno in quanto la
natura intatta e selvaggia, la ricerca
dell’inconsueto in contrapposizione ai
luoghi tradizionali di vacanza dove tutto è
già prevedibile e organizzato, pur
nell’assenza di alcuni servizi, hanno
rappresentato elemento di attrazione per
determinati gruppi sociali.
Incideva molto anche il rientro stagionale
degli immigrati. L’investimento dei loro
risparmi favoriva la diffusione dei processi
di urbanizzazione aprendo la strada alle
realizzazioni di seconde case che, oltre a
determinare un consistente spreco di suolo,
oggi comincia a evidenziare la sua
inefficacia anche sotto il profilo
economico.
A questo proposito, già da diversi anni, in
occasione della terza Conferenza nazionale
del turismo21, si affermò che “le
strutture ricettive meridionali esprimono
minori capacità reali di offerta”
rispetto al resto del paese. Questa
affermazione sembra ancora valida: di fronte
a indicatori qualitativi (come ad esempio il
rapporto bagni/stanze) che evidenziano nel
Sud standards spesso superiori rispetto a
zone del paese a sviluppo turistico maturo
(dovuti anche al fatto che gli alberghi sono
di più recente realizzazione), si riscontra
una carente gestione degli impianti, una
scarsa attenzione alle esigenze della
domanda, una inadeguatezza delle
attrezzature di contorno esterne
all’ambiente.
Oggi, la situazione sembra essere aggravata:
c’è ritardo nel rinnovo degli impianti,
nell’adeguamento tecnologico, nel rapportare
le strutture ricettive ai contesti urbani,
permane il prevalente carattere
micro-imprenditoriale delle imprese e la
difficoltà ad una riorganizzazione
consortile.
Sussiste la debolezza, allora riscontrata,
del parco ricettivo meridionale rispetto a
quello nazionale soprattutto per le
tipologie a più larga diffusione (alberghi a
due e tre stelle, e a costi più
accessibili).
Le regioni che esprimono una più forte
concentrazione ricettiva (in termini di
posti letto) sono Abruzzo, Campania e
Calabria. Quelle a crescita più lenta sono
Sicilia, Basilicata e Molise, anche a causa
della minore accessibilità territoriale. Per
Basilicata e Molise ciò dipende anche dalla
carenza di fattori tradizionali di
attrazione (mare, monte).
Sarebbe tuttavia errato non considerare
l’apporto derivante dall’apparato
extralberghiero. Quest’ultimo prevale oggi
nella composizione dell’offerta meridionale
con un peso che è del 65% sulla
disponibilità totale di posti letto. Tale
componente ha registrato negli ultimi venti
anni una crescita intensa dovuta solo in
parte a campeggi e villaggi turistici, ma
essenzialmente al fenomeno delle seconde
case. Come richiamato, per queste ultime si
pone oggi il problema della loro
commercializzazione; spesso le
abitazioni rimangono non utilizzate anche
nei mesi tradizionali dell’afflusso
maggiore, per il richiamo che ricevono i
proprietari da nuove località turistiche
estere o per il fatto che le famiglie ormai
modificate nella composizione originaria non
trovano interesse per una più lunga
villeggiatura nel Sud.
L’obiettivo è di riqualificare e migliorare
funzionalmente una struttura alberghiera che
presenta ancora un carattere artigianale, di
avviare un’integrazione anche con le
strutture con caratteri di impresa
industriale (anche con i villaggi turistici)
che per ora si risolvono in una molteplicità
di impianti isolati fra loro e privi delle
necessarie strutture comuni di supporto
(campi da tennis, piscine, parcheggi).
In una prima fase la realizzazione del
sistema autostradale, il potenziamento di
alcuni nodi di scambio (come gli aeroporti),
il raddoppio della ferrovia Salerno-Reggio
Calabria hanno garantito in una prima fase
un minimo di concorrenzialità al sistema
turistico meridionale: hanno, d’altra parte,
favorito un processo di concentrazione nelle
località più facilmente accessibili. Anche
se debole, la rete viaria secondaria (che
connette tra loro i centri urbani principali
ai centri antichi e alle città
contadine) ha costituito la trama su cui
è stato strutturato il territorio
meridionale.
Oggi tale sistema appare inadeguato. Arterie
come l’asse autostradale risultano
insufficienti (basti pensare all’autostrada
Salerno-Reggio Calabria, al ritardo con cui
si sta realizzando la Messina-Palermo)22.
I tempi di percorrenza ferroviaria tra
Napoli e Palermo sono divenuti non
competitivi rispetto a quelli del resto
della rete; il sistema aeroportuale risulta
condizionato da una scarsa attenzione al
comfort e alla diffusione dell’accessibilità
locale; lo stesso avviene per quanto
riguarda il sistema di approdi, ormai
numerosi, ma poco attrezzati.
Non si tratta di modificare sostanzialmente
la rete, ma di operare per renderla
funzionale ad un’utenza che non chiede
necessariamente velocità maggiore, ma
comfort23.
I centri urbani meridionali, infine, non
forniscono adeguato supporto alla struttura
ricettiva, né riescono a rappresentare, come
impongono le chiavi del turismo
moderno, fattori di attrazione per le loro
peculiarità: non offrono, cioè, adeguate
occasioni come capacità di elaborazione
del nuovo e qualità integrata di scambio sia
culturale che commerciale. Le stesse risorse
storico-culturali risultano distaccate se
non contrapposte ai contesti urbani (se ne
accorge chi sosta in città ove sono presenti
musei e reperti importanti ma che per il
resto sembrano voltare le spalle al
viaggiatore)24.
Rispetto alla crescita della domanda le
occasioni urbane rappresentano una
necessaria integrazione della ricettività di
base (si pensi alle attrezzature culturali,
ricreative, sportive e non ultimo
commerciali). Dal punto di vista della
riorganizzazione dell’offerta i centri
urbani dovrebbero svolgere un ruolo
importante; l’introduzione di nuove
tecnologie informatiche e telematiche nella
gestione turistica (basti pensare alle
agenzie, ai servizi di informazione, ma
anche ai servizi comuni per l’hotellerie)
comporta l’integrazione con quel terziario
urbano avanzato sul quale si sta giocando
larga parte del rinnovamento della struttura
produttiva meridionale.
Un contributo per la strumentazione
urbanistica e ambientale
Il quadro che si è teso a delineare
evidenzia l’esigenza, da una parte, di
determinare una strategia complessiva per il
turismo non antitetica ma correlata a quella
territoriale del paese, dall’altra, di
operare attraverso iniziative locali per la
messa a punto di azioni che integrino di più
l’industria dell’ospitalità e ne
contestualizzino culturalmente i caratteri
oggi spesso assenti.
Per sviluppare una adeguata integrazione fra
politiche turistiche e gestione del
territorio non esistono regole prestabilite,
occorre ricercare un metodo che faciliti
l’integrazione fra interessi fino ad ora
considerati l’uno indipendentemente
dall’altro: occorre infatti far sì che le
diverse convenienze possano essere
esplicitate e le singole strategie di
impresa (o sociali) possano manifestarsi e
trovare adeguato raccordo su un tavolo di
lavoro comune.
Due livelli decisionali sono a confronto:
l’uno deve consentire di collaborare e
dialogare su scelte comuni a scala nazionale
(o di ampie circoscrizioni) soprattutto per
quegli aspetti che chiedono valutazioni più
ampie per l’intero ciclo produttivo (come i
trasporti), l’altro di specificare e
realizzare le azioni in relazione ai singoli
contesti.
A entrambi i livelli, gli operatori pubblici
e privati devono uscire dalle loro
tradizionali competenze e affrontare in
forma più aperta i problemi della
programmazione e gestione del territorio.
Non è un compito facile, vi sono però le
condizioni per farlo. Le modifiche di
rapporti fra livelli e settori della
gestione pubblica proposte dalla cosiddetta
Bassanini due possono aiutare.
Questi ultimi anni hanno evidenziato il
ruolo delle molte soggettività che incidono
direttamente e indirettamente sul comparto
turistico.
Si è esaltata la vitalità di molti enti
locali nell’affrontare con le più diverse
iniziative (progetti integrati, patti
territoriali, beautification di parti
centrali delle città25 attraverso
progetti di recupero o anche solo arredi,
istituzione di parchi e aree verdi, musei
locali, via via, fino alle celebrazioni
locali e alle feste).
A livello locale e per loro tramite, possono
trovare definizione e adeguata gestione
progetti integrati di riqualificazione26
dei diversi contesti. Dovrebbero
essere stimolate le potenzialità di
sviluppare la progettualità di singole aree,
offerte dalle politiche europee attraverso
relazioni dirette fra Ue ed enti locali.
Tuttavia non possono mancare le valutazioni
comuni sugli orizzonti lontani, sulle
strategie più complessive a scala nazionale
o anche di semplice circoscrizione.
Il problema rimane aperto. L’idea di
rinviarlo, il pensare di risolverlo con
soluzioni interlocutorie, parziali e quindi
all’apparenza poco dolorose non appare
sufficiente.
Tra le parole chiave che ricorrono
nei più recenti dibattiti vi è quella della
sussidiarietà fra i diversi livelli
di governo; per suo tramite si consentirebbe
la crescita graduale ma libera di relazioni
fra centro e periferia che coinvolgano
soggetti diversi27.
È un modo per favorire dal basso la
riconnessione Stato-regioni-enti locali per
gli aspetti di cui necessita il
coordinamento che stenta a svilupparsi.
Un’ultima notazione riguarda l’importanza
che deriva al turismo dalla strumentazione
urbanistica, che fino ad ora gli operatori e
gli stessi amministratori hanno considerato
esterna e quasi un limite alla loro capacità
di operare e gestire gli interventi.
Sono rimaste infatti quasi sempre indirette
le relazioni tra pianificazione urbanistica
e programmazione delle attività turistiche.
Anzi, spesso, fra tali attività è sembrata
determinarsi una conventio ad excludendum.
Nella pianificazione urbana sono state
privilegiate le esigenze dei residenti
(cittadini attuali e/o potenziali),
soprattutto in relazione alla domanda di
casa; nella programmazione del settore
turismo ci si è limitati a regolare i
bilanci tra domanda e offerta
di ricettività, spesso in relazione a
situazioni contingenti ed eccezionali.
Nei piani urbanistici, peraltro, non sono
stati presi in considerazione, anzi sono
stati giudicati quasi delle inutili
interferenze, i rapporti più complessivi con
l’economia turistica, la crescita del
reddito e il diverso consumo del tempo
libero e, nella programmazione turistica,
quelli con gli spazi urbani necessari per lo
sviluppo dell’ospitalità, la fruizione degli
ambienti naturali e antropizzati (le risorse
turistiche) e la mobilità.
In tal modo, sia nel momento delle
valutazioni strategiche sullo sviluppo
urbano che in quello delle scelte
localizzative è stato difficile affrontare
in forma congiunta i possibili ruoli che il
turismo potrebbe svolgere nelle
trasformazioni urbane.
Alla posizione residuale attribuita al
turismo, per la sua anomalia come settore
produttivo e per la frammentazione delle
esigenze tra beni urbani e servizi molto
differenti, si è aggiunta la scarsa
contrattualità (e perché no il limitato
interesse) degli operatori del settore nel
partecipare alle scelte urbanistiche, troppo
orientate a regolare i valori della rendita
urbana28.
Il porre al centro l’ambiente nella
pianificazione richiede, invece, che tale
strumentazione divenga anche punto
integrante delle politiche turistiche29.
In particolare, nel momento in cui la
riforma urbanistica è all’esame del
Parlamento, sarebbe il caso di valutare in
forma congiunta le esigenze di regolazione
dell’offerta territoriale per il turismo, ma
nel contempo renderle più semplici e
trasparenti.
Il dibattito su questi temi, vivace al
limite di un’autocritica forse eccessiva
sulle ragioni stesse dell’esistenza
dell’urbanistica, si è svolto in questi anni
accentuando una visione culturale manichea;
bene e male si sono così contrapposti a
partire dall’accettazione o meno delle
regole del piano per estendersi al rapporto
tra piano e progetto (tra urbanistica
e architettura, ma anche tra tentativo di
cogliere le interrelazioni e settorializzare
l’intervento), tra trasformare e conservare.
L’idea di un approccio alla pianificazione
della città e del territorio anche in chiave
turistica, in particolare, può trovare una
propria immediata ragione se favorisce il
contestualizzarsi del dibattito e aiuta le
amministrazioni locali a proporre soluzioni
adeguate ai rispettivi ambienti; se, cioè,
consente di valutare le condizioni entro le
quali si possono delineare linee di azione
innovative che diano un senso al processo di
intervento. Roma, di cui si riporta un’ampia
notazione30, in tal senso è
emblematica.
Il nocciolo duro della riforma,
centrato com’è su alcuni principi chiave: lo
sdoppiamento del Prg in un piano delle
invarianti e in un piano operativo, in
un piano strategico e in uno basato su
azioni (allorquando vi sono le condizioni
per attuarle) è un buon punto di partenza.
Nelle diverse situazioni territoriali è
opportuno identificare prima che gli
strumenti operativi (nuovi piani) gli
oggetti, ridare valore alle idee,
rielaborare le azioni.
In tal senso il processo di trasferimento
delle competenze pianificatorie agli enti
locali tende a introdurre nei progetti di
legge in discussione:
- maggiore attenzione alla componente
ambientale;
- l’introduzione del concetto di
sussidiarietà in grado di garantire una
ripartizione di poteri tra i vari livelli
istituzionali più favorevole agli enti
locali ed evitare sovrapposizioni fra poteri
regionali e poteri locali;
- una maggiore flessibilità degli strumenti
di piano;
- l’affermazione della perequazione
urbanistica per evitare che interessi legati
ai valori e alle rendite siano fattori di
pressione e di paralisi;
- l’introduzione di procedure e regole di
concertazione fra le amministrazioni
centrali e locali per evitare le
catastrofi di piani iniziati e mai
completati;
- la semplificazione delle procedure di
intervento.
Sono criteri utili per migliorare i rapporti
di programmazione e gestione del
territorio del turismo, ma ad alcune
condizioni.
Se, da una parte, si richiede
all’urbanistica di ampliare il suo campo di
osservazione, dall’altra, ad essa si
continuano a porre pressanti richieste di
sintesi sotto il profilo operativo che sono
invece mancate. Sono richieste che non si
possono, né è opportuno eludere.
In particolare, rimane inalterato (sia pure
sotto diverse, nuove ipotesi e con nuovi
atteggiamenti) il problema delle convenienze
insediative. Dagli operatori del settore
turistico ci si aspetta di esplicitare, se
ve ne sono, nuove condizioni per la
localizzazione di manufatti turistici in uno
spazio differenziato, in relazione
alla diversa capacità di rispondere a
esigenze di sviluppo sociale ed economico;
ci si aspetta di saper conciliare, se è
possibile, la contrapposizione e
contraddizione tra accumulazione connessa
alle leggi di mercato ed esigenze di
perequazione distributiva delle opportunità
e delle risorse tra i diversi (e spesso
conflittuali) attori sociali; ci si aspetta
però anche di considerare con maggiore
attenzione gli effetti derivanti dall’uso e
dal consumo di risorse limitate e
irriproducibili.
Tutto ciò dovrebbe sottendere all’obiettivo
di far riconsiderare, anche se non a negare,
il paradigma stesso del mercato come
regolatore degli interessi degli operatori;
obiettivo che se assunto come codice del
rapporto fra pubblico e privato, nel medio e
lungo periodo, potrà comportare benefici
anche al sistema turistico.
Note
1 Bresso M.,
Zeppetella A. (1985), Il turismo come
risorse e mercato, FrancoAngeli, Milano.
Becheri E., Imbesi G., Martelli A.(1987),
Politiche di sviluppo del turismo,
relazione di base alla 3° Conferenza
nazionale del turismo, Roma.
2 Il
fenomeno, nelle sue dimensioni potenziali, è
da legare alla crescente disponibilità di
tempo libero quotidiano e periodico,
all’aumento generalizzato del livello
culturale, ma anche alle pressioni dei
media. Un punto di partenza per le
valutazioni può essere rappresentato dal
bilancio del tempo individuale (dalla
ripartizione, cioè, del rapporto tra tempo
di lavoro pagato, non pagato, libero, ecc.)
da legare, beninteso, alle disponibilità
finanziarie.
Gershuny J. (1993), L’innovazione
sociale, tempo, produzione e consumi,
Rubettino, Soveria Mannelli.
3 Gli unici
veri spostamenti, sosteneva Xavier De
Maistre, sono quelli intorno alla nostra
stanza, ma illusorio o reale il movimento
possibile resta una componente essenziale
della nostra curiosità.
4
Urbain J. D. (1993), L’idiot du voyage,
Histoires des touristes, Editions Payot,
Paris.
5 È da
osservare che il quadro istituzionale è
ormai spinto al decentramento delle
competenze turistiche per quanto riguarda la
promozione e il marketing; manca, di fatto,
di un adeguato collegamento per quanto si
riferisce alle scelte infrastrutturali alla
grande scala. Queste, come è evidente,
rappresentano un elemento importante nella
definizione degli assetti, penalizzando
molte aree del paese: basti pensare alla
Sicilia.
6 C’è una
sorta di equivalenza fra i due termini se li
si considera come aspetti funzionali del
comparto produttivo, altrimenti, come si può
facilmente intuire, la gamma dei significati
possibili di ognuno di tali termini aumenta
al punto da renderli quasi incommensurabili.
Qui, sia pure con molti equivoci, si lascia
prevalere l’equivalenza, ma si è consci dei
limiti di quest’approssimazione.
7 La
denuncia sull’homo ludens di Huizinga,
riguardata come simbolo della crisi della
civiltà moderna, ci appare lontana e ormai
assorbita dall’inconscia accettazione di
questo consumo che ci coinvolge, condiziona,
attanaglia e, perché no, affascina. Non è
però il caso di lasciare una simile denuncia
nello sfondo e ignorarla.
Huizinga J. (1962), La crisi della
società, Einaudi, Torino.
8 Vedi, a
questo proposito, l’analisi impietosa che ha
sviluppato Aldo Bonomi sul territorio che va
da Gardaland a Rimini e a Cattolica, dove si
dispiega la “fabbrica libertina” dei luoghi
di divertimento.
Bonomi A. (2000), Il distretto del
piacere, Bollati Boringhieri, Torino.
9
L’importanza di considerare le conseguenze
delle trasformazioni legate al turismo sui
residenti dovrebbe esser sempre più sentita
dalle amministrazioni locali. Vedi a questo
proposito il documento introduttivo al
seminario tecnico che si è tenuto al
Cnel il 7 febbraio 1997.
10 Si è
spesso criticato, e a ragione, lo
spontaneismo con cui gli emigrati
meridionali hanno realizzato la loro seconda
casa nei luoghi di origine; il
deterioramento ambientale si avvale anche
del loro contributo. Tuttavia, il rientro
estivo di migliaia di persone, ha consentito
di conservare la vitalità dei centri
medio-piccoli e dei paesi.
L’importanza di tale fenomeno non dovrebbe
sfuggire per gli effetti positivi che può
produrre (per tutti si può richiamare la
fascia jonico-meridionale della Provincia di
Reggio Calabria, incentrata su Siderno e
Locri).
11 Caputo
R., Imbesi G., La nuova geografia
turistica: riflessioni e indicazioni di
intervento, Atti del Convegno del Gruppo
della sinistra unitaria al Parlamento
europeo sul tema: “I turismi nell’Europa del
Mercato unico”, Roma, 21 gennaio1992.
12
“L’Italia, il bel paese dove perpetuo
fiorisce l’arancio, il paese misterioso
della Mignon, il paese prediletto e
incantevole dei poeti, il museo d’arte
antica, il fantastico teatro dei tempi
passati, il paese che fu teatro su cui si
svolsero i più importanti fatti della storia
e della civiltà antica, ha sempre esercitato
una speciale attrattiva sull’animo dei
popoli nordici”.
Sombart W. (1891), La campagna romana,
Studio economico-sociale, Torino, Loescher.
13
Lozato Giotart J. P. (1990), Geographie
du tourisme, Masson, Paris.
14 Il ciclo
di vita di una località turistica è
riguardato a partire dalla crescita
incontrollata dovuta al successo; ad essa
segue un declino quasi irreversibile anche
per luoghi che hanno valori ritenuti
immutabili nel tempo.
Miossec J. H. (1976), Eléments pour une
théorie de l’espace touristique, Aix en
Provence.
15 Si veda
lo studio di Bonomi citato.
16 Un
malcelato senso della conservazione
ha, ad esempio, impedito l’avvio di
esperienze di recupero e riuso a scopi
ricettivi di vecchie strutture edilizie come
è avvenuto invece in altri paesi europei (la
Scozia, la Spagna, il Portogallo con le
catene alberghiere delle posadas,
ecc.).
17 Un
veicolo utile in questo senso è costituito
dalle azioni della Cee in favore del turismo
culturale, in particolare per lo sviluppo
degli itinerari turistico-culturali
transnazionali. Il che suggerisce di
riprendere in considerazione politiche
recenti dell’intervento straordinario (come
gli itinerari turistico-culturali) che dopo
una fase conoscitiva, ricca di stimoli,
hanno determinato interventi quasi sempre
non congeniali, né adeguati agli obiettivi
che ci si proponeva di raggiungere.
18 La gamma
degli interventi, in corso o programmati, è
ormai piuttosto articolata e dà il senso
dell’eterogeneità dei soggetti pubblici e
privati che possono contribuire a modificare
i tradizionali contenuti dell’azione
imprenditoriale nel settore. È il caso di
sottolineare l’importanza delle iniziative
che sta conducendo l’Insud, nell’ambito dei
programmi per favorire la ricettività
turistica dell’Italia meridionale. Gli
interventi nel golfo di Squillace in
Calabria (con l’ultima realizzazione di
Costa di Simeri), fanno parte di un
complesso di iniziative ricettive che
spaziano dal recupero e la riutilizzazione
di edifici storici ad alberghi di affari, a
villaggi ecologici e che hanno visto
l’integrazione fra sovvenzioni comunitarie e
investimenti di piccole e medie imprese
italiane.
19 Non c’è
forse una logica correlazione fra i parchi
del Cilento, del Pollino, del Gargano come
connettivo verde di una regione
naturale che unisce il Tirreno all’Adriatico
fino allo Ionio della Basilicata?
20
Un’iniziativa interessante a questo
proposito è il protocollo d’intesa
firmato dai 42 Comuni della Locride con
Provincia di Reggio Calabria, Regione
Calabria e Stato; si integrano aree interne
e costiere per proporre politiche unitarie
in cui il turismo e il recupero ambientale
hanno un ruolo significativo. Sarebbero da
valutare con attenzione gli esiti
presumibili non sempre convergenti con gli
obiettivi generali.
21 Vedi gli
atti della terza Conferenza nazionale del
turismo.
22 Appare
positivo l’ammodernamento dell’autostrada
Salerno-Reggio Calabria, ma sarebbe il caso
di studiare in parallelo il complesso di
opere da realizzare, la revisione degli
snodi che possono favorire in forma unitaria
l’adeguamento della maglia di servizio per
la fruizione turistica.
23 Nessuno
di noi penserebbe di trovare in Scozia,
autostrade sui laghi, eppure il viaggio è
estremamente gradevole perché ci fa entrare
nella natura e ci rende partecipi della sua
mutevolezza nel tempo e nello spazio.
24 Come ad
esempio nel caso del Museo della Magna
Grecia di Reggio Calabria e di molte aree
archeologiche delle città siciliane.
25 Si
richiama la successione dei provvedimenti
finanziari a sostegno di iniziative come i
Campionati mondiali di Calcio, le Colombiadi,
il Giubileo: a questi si possono aggiungere
quelli legati a conferenze e incontri
politici di livello internazionale: a
Napoli, a Genova, ecc.
26 È il caso
di proporre l’estensione al comparto
turistico dei programmi di riqualificazione
urbana ex lege 179/1992 e di quelli
successivi fino ai Prusst. Si stanno
rivelando strumenti utili per intervenire
anche attraverso il contributo dei privati
nelle parti urbane consolidate, nelle aree
dismesse e garantire una plurifunzionalità
degli interventi.
27 Molti dei
patti territoriali, soprattutto nel Sud,
propongono interventi per nuova ricettività
turistica senza adeguata valutazione per
quanto riguarda la compatibilità ambientale
e urbanistica.
28 È forse
il caso di richiamare, per la sua
emblematicità e quale eccezione che conferma
la regola, la lontana polemica sulla
realizzazione dell’albergo Hilton di Roma a
Monte Mario.
29 Nel nuovo
piano regolatore di Agrigento, in corso di
adozione, tra gli obiettivi prioritari
dell’amministrazione comunale si evidenziano
quelli relativi alle attività turistiche
correlabili alla Valle dei Templi, al centro
storico, al mare.
Nella difficile congiuntura urbanistica e
ambientale in cui versa la città, è sembrato
opportuno operare non soltanto attraverso
uno zoning in cui si evidenziano le
condizioni di conservazioni degli aspetti
ambientali, ma anche attraverso progetti di
intervento in punti strategici in grado di
facilitare, da una parte, l’integrazione
urbana fra Valle dei Templi e città,
dall’altra ambiti di possibile insediamento
per attrezzature turistiche e per il tempo
libero con lo scopo di riqualificare la
fascia costiera in larga parte compromessa
da lottizzazioni.
30 In questo
quadro, il nuovo piano regolatore di Roma,
per esempio, può essere considerato un punto
di sperimentazione singolare e molto
importante per un diverso rapporto tra
urbanistica e turismo.
Il senso di questo piano sta nella ricerca
di nuove qualità urbane per una
capitale in via di sostanziale
trasformazione, ma sta anche nel
carattere processuale che si attribuisce
a tale trasformazione e nell’apertura a
nuove procedure e forme di intervento
che facilitino l’individuazione delle
convenienze di un ampio arco di soggetti.
Il valore, e l’auspicio di Roma, di essere
metropoli, si esprime nella capacità
di divenire permeabile allo scambio a scala
internazionale con una presenza continua e/o
reiterata di ospiti.
Il mantenimento (o meglio l’incremento
consistente) degli attuali livelli di
presenza turistica è solo un obiettivo
parziale per Roma; ciò che conta è che la
città, non perdendo la propria identità,
diventi un luogo diffuso e accattivante per
la fruizione del tempo libero. Ospitalità,
servizi urbani, risorse storiche e
ambientali, le stesse infrastrutture
produttive devono, perciò, essere rilette da
diverse angolazioni; le decisioni in merito
alle scelte devono derivare da una
concertazione ampia di soggetti tra cui gli
operatori turistici.
Gli ambiti di interesse turistico divengono
uno degli spazi nella costruzione dello
scenario di riferimento a breve e lungo
periodo: un insieme di sistemi funzionali,
non definiti rigidamente e univocamente sul
territorio, cui affidare un particolare
ruolo nella riorganizzazione dell’offerta di
risorse turistiche.
Si tratta, in altri termini, per molte
porzioni della città, di descrivere i
caratteri del tessuto urbanistico, di
individuare al loro interno le risorse, i
possibili percorsi di interesse e le
aree di influenza delle diverse
risorse e funzioni. Ciò consentirà di
approfondire le valutazioni sulla
completezza o meno del sistema
d’offerta turistica presente, con
riferimento ai diversi tipi di turismo.
Attraverso tali riferimenti è possibile
simulare percorsi di riqualificazione
funzionale e edilizia (fisica) di porzioni
di città, per consentire all’amministrazione
comunale di sviluppare programmi
d’intervento atti a riqualificare l’offerta
turistica e, al contempo, il tessuto
insediativo, considerando tutti i requisiti
(funzionali, finanziari, valutativi, ecc.)
propri delle iniziative europee.
Si tratta, dunque, di individuare e
definire:
- scenari evolutivi con valutazioni (tipo
swot) utili a costruire un riferimento
strategico;
- linee guida progettuali per la
specializzazione, il potenziamento, la
riqualificazione dell’offerta e la
strutturazione di nuove centralità
turistiche;
- regole di qualità dell’offerta riferite ad
assi o a poli turistici letti ad una
scala locale. |