Il trattato istitutivo della comunità economica europea (Cee),
firmato a Roma il 27 marzo 1957, non
consentiva alla comunità di condurre una
politica propria in materia di turismo in
quanto non prevedeva alcun riferimento
esplicito al settore.
Successivamente, il processo di integrazione europea e il raggiungimento di
traguardi che non erano immaginabili
all’epoca della sottoscrizione del trattato
istitutivo, hanno creato degli scenari del
tutto nuovi – realizzazione dello spazio
senza frontiere entro cui è assicurata
la libera circolazione di persone, <servizi,
capitali e merci – all’interno dei quali il
turismo, per l’importante ruolo che riveste
in campo economico, culturale e ai fini
dell’integrazione europea, si pone come
strumento per la realizzazione della nuova
Europa.
Il Trattato di Maastricht, del 7 febbraio 1992, stabilendo che l’azione
della Cee si estende anche all’adozione di
misure in materia di energia,
protezione civile e turismo, ha arricchito
le competenze della Cee includendo anche il
turismo o meglio ha autorizzato la comunità
ad adottare, nel quadro di altre politiche,
misure di orientamento e di sviluppo in
questo settore (vedi articolo 3, lettera u
Trattato Ce). Ancora oggi, infatti,
nonostante sia cospicuo il numero di atti
comunitari a valenza turistica,
nell’ordinamento comunitario non si può
parlare di una vera e propria politica
comunitaria del turismo, si applicano
quindi al turismo le disposizioni relative
ai campi più disparati, dalla cultura alla
ricerca, ai trasporti, alle politiche
regionali, alla libera circolazione delle
persone, delle merci e dei servizi, alle
piccole e medie imprese e alla politica.
Tutti i provvedimenti assunti dalle
istituzioni comunitarie fanno riferimento
alla disciplina turistica solo per riflesso.
Come si evince già dal trattato istitutivo, la Cee non è abilitata a
emanare atti normativi in materia di turismo
e ancora oggi gli Stati membri non si
mostrano disposti a trasferire le proprie
competenze alla comunità. Solo nel 1984, il
Consiglio ha riconosciuto l’importanza del
turismo ai fini dell’integrazione europea e
ha invitato la Commissione a formulare
proposte in merito. Successivamente, la
decisione del 22 dicembre 1986 ha istituito
un comitato consultivo sul turismo e ne ha
reso obbligatoria la consultazione da parte
degli Stati membri. Nello stesso anno, la
prima revisione del Trattato Cee non ha
fatto alcun cenno al turismo;
successivamente la seconda, avvenuta a
Maastricht nel 1992, pur menzionando per la
prima volta il turismo, ha stabilito che
l’azione comunitaria comporta l’adozione di
misure in materia di turismo e non una piena
autonomia normativa riguardo al settore.
Anche in occasione della terza revisione,
che ha portato alla firma del trattato di
Amsterdam nel 1996, gli Stati membri hanno
mostrato una certa indifferenza in merito,
nonostante una dichiarazione allegata al
trattato di Maastricht avesse previsto che
nel programma della conferenza convocata per
il 1996 fosse opportuno inserire nel
trattato Cee competenza autonoma in materia
di turismo; il medesimo comportamento si è
poi ripetuto a Nizza nel 2000.
Malgrado si sia verificata nel corso dei primi anni di vita della Cee una
vera e propria lacuna normativa, tuttavia ci
si è sempre di più resi conto di quanto il
turismo fosse determinante, o quanto meno
concorrente, al pari di altri settori, al
bilancio comunitario. Ciò ha comportato una
serie di interventi prima di tutto a
carattere programmatico e poi a carattere
operativo in tale materia:
- l’istituzione di un Comitato consultivo sul turismo, sopra citato, il cui
ruolo è di facilitare lo scambio di
informazioni, consultazioni e attività di
cooperazione tra Stati membri in particolare
in materia di servizi turistici;
- la decisione del Consiglio con la quale si dichiara il 1990 anno
europeo del turismo, la cui funzione è
stata quella di enfatizzare il contributo
del turismo al processo di integrazione
europea, nonché la sua importanza economica
e sociale soprattutto in termini di
occupazione; ad essa fa seguito il primo
piano d’azione triennale del 1992 di
assistenza al settore;
- l’adozione, nel 1995, del libro verde Il ruolo dell’Unione nel turismo
con il quale la Commissione europea invita
ad avviare un dibattito sul ruolo
dell’Unione nel settore;
- la creazione di una vera e propria linea di bilancio destinata a fornire
un contributo comunitario agli sforzi
promozionali compiuti congiuntamente dagli
Stati membri sui mercati esterni alla
comunità.
Tutti questi interventi programmatici hanno trovato la loro fonte normativa
nella risoluzione del Consiglio del 10
aprile 1994 che, riconoscendo l’importanza
del turismo ai fini dell’integrazione
europea, invitava esplicitamente l’autorità
competente a programmare una serie di
interventi rivolti a colmare il vuoto
normativo per favorire un maggiore
sfruttamento delle poderose risorse
derivanti da tale settore (con una quota del
53% sul totale, l’Unione rappresenta la
prima regione turistica del mercato mondiale
e il settore rappresenta il 5,5% del suo
prodotto interno lordo (Pil) e il 6%
dell’occupazione).
Per lo sviluppo dell’azione comunitaria in materia di turismo, il
Parlamento europeo ha giocato un ruolo
fondamentale sin dal 1983. Infatti, è stato
proprio il Parlamento europeo che, in
occasione della revisione del trattato
avvenuta nel 1996, ha insistito affinché
venisse previsto un titolo specifico sul
turismo per rafforzare le competenze
normative della comunità in materia, sempre
nel rispetto del principio di sussidiarietà
(risoluzione del 15 dicembre 1994 sulla
relazione della Commissione concernente le
azioni comunitarie a favore del turismo e
del 13 febbraio 1996 sul libro verde della
Commissione sul ruolo dell’Unione in materia
di turismo). Con la risoluzione dell’11
giugno 1991, su una politica comunitaria in
materia di turismo, la Commissione
parlamentare ha richiesto la formulazione di
una carta dei diritti e dei doveri del
turista; e con la stessa risoluzione del 15
dicembre 1994 e quella del 25 ottobre 1996,
sulla proposta di decisione del Consiglio
concernente un primo programma pluriennale a
favore del turismo europeo, ha proposto la
creazione di una Agenzia europea del
turismo; ancora, il Parlamento ha reclamato,
con la risoluzione del 13 luglio 1990 sulle
misure da adottare nel quadro dell’anno
europeo del turismo e con quella del 18
gennaio 1994 sul turismo all’orizzonte del
2000, una protezione dell’ambiente dagli
effetti del turismo di massa.
La Commissione europea, con la comunicazione del 13 novembre del 2001 dal
titolo “Un approccio di cooperazione per il
futuro del turismo europeo”, ha analizzato
il quadro generale dell’attività turistica
in Europa e le sue prospettive di sviluppo,
e ha illustrato la nuova impostazione
politica nel settore nonché le principali
linee di un piano d’azione mirato a favorire
la crescita economica del settore. Nella
comunicazione la Commissione europea ha
indicato, tra le priorità da raggiungere, la
necessità di approfondire il livello di
cooperazione tra i soggetti portatori di
interesse verso il turismo (Ue, Stati
membri, associazioni, autorità locali).
La Commissione parlamentare, relativamente al documento della Commissione
europea, si è pronunciata a favore
dell’obiettivo di conferire una dimensione
comunitaria alla materia turistica, primo
passo di un’eventuale politica futura nel
settore.
Nell’ambito di questo programma di lavoro, tra le misure proposte, è stata
presentata l’organizzazione di un Forum
annuale del turismo che potesse fungere da
interfaccia per gli operatori del settore,
al fine di fornire all’industria turistica
una piattaforma politica e migliorare
cooperazione e coordinamento.
L’istituzione del forum annuale rientra tra gli interventi comunitari a
carattere programmatico e consente alle
parti interessate dal settore di determinare
le proprie priorità in concertazione con i
poteri pubblici e i rappresentanti della
società civile.
La prima edizione di tale evento si è svolta a Bruxelles il 10 dicembre
2002. Nell’ambito di tale incontro si è
aperto un dibattito sulle modalità da
adottare per perseguire il rafforzamento
della cooperazione tra i suddetti soggetti
coinvolti; sull’attività di Agenda 21 e
sulla promozione di competitività e
sostenibilità del turismo mirata a
conciliare le esigenze del turista con
l’impiego di risorse naturali, culturali e
infrastrutturali; sulla strategia del
turismo sostenibile dell’Ue che rappresenta
la risposta comunitaria all’Agenda 21 a
livello globale.
La seconda edizione del Forum europeo del turismo si è tenuta il 28 e 29
novembre 2003 in Italia e precisamente nel
Veneto, ad Albano-Montegrotto Terme e
Venezia nell’ambito del semestre italiano di
presidenza dell’Unione.
Il dibattito svoltosi in due giornate si è concluso con la formalizzazione
di un documento dal titolo Dichiarazione
di Venezia che ha sostenuto l’importanza
di inserire la materia turistica nella
futura Costituzione europea. Il documento
sottolinea cinque necessità:
1. dar luogo ad un’azione coordinata dell’Unione e di ciascuno dei paesi
membri mirata al miglioramento della
competitività del settore turistico europeo
e delle potenzialità occupazionali;
2. provvedere allo sviluppo armonico e integrato delle imprese e delle
attività turistiche, anche attraverso
provvedimenti atti a favorire
l’accessibilità e la mobilità dei turisti;
3. favorire la crescita delle potenzialità turistiche nel rispetto dei
parametri di sostenibilità ambientale e
sociale;
4. porre in essere politiche comuni atte a migliorare le condizioni di
lavoro degli operatori del settore e a
predisporre favorevoli procedure formative;
5. favorire un’azione comune per la promozione dell’immagine turistica
europea nei confronti dei mercati
extraeuropei, in particolare con l’uso delle
nuove tecnologie e la creazione di un
portale delle destinazioni turistiche
europee.
Con l’occasione si è presentata un progetto per la creazione di una Agenzia
nazionale per il turismo in Italia (è in
corso di approvazione presso il Consiglio
dei ministri un disegno di legge volto a
trasformare l’Ente nazionale per il turismo
in un’agenzia che nelle intenzioni del
legislatore italiano sarà dotata di piena
autonomia anche a livello occupazionale).
I recenti orientamenti comunitari in materia di turismo sono riassunti in
un atto politico del 21 maggio 2002 con il
quale il Consiglio dei ministri ha adottato
la prima risoluzione specifica sul turismo
delineando le prospettive per un futuro del
turismo europeo.
Il consiglio, nel confermare che il turismo è uno dei principali settori
dell’economia europea in quanto contribuisce
allo sviluppo degli investimenti da parte
delle piccole e medie imprese, raccomanda di
dare a questo settore un facile accesso agli
strumenti che permettano di migliorare i
suoi risultati economici, sviluppare la sua
competitività, contribuire allo sviluppo
sostenibile e creare nuovi posti di lavoro e
benessere diffuso.
Il consiglio poi invita la Commissione a diffondere le informazioni
relative alle reti di cooperazione a livello
europeo per promuovere un turismo
accessibile, sostenibile e di qualità, e
invita gli Stati membri a incoraggiare al
buon uso degli strumenti comunitari,
finanziari e non, a favore del turismo.
Rivolgendosi, poi all’industria europea del turismo e agli altri
protagonisti del settore, il Consiglio
chiede di rafforzare la loro presenza nelle
strutture europee per promuovere a livello
politico la sensibilizzazione alle questioni
relative al turismo e di sostenere gli
sforzi intrapresi dalla Comunità europea e
dagli Stati membri.
Nella nuova bozza di Costituzione europea è stata inserita esplicitamente,
nella parte III riguardante le politiche e
le azioni interne, una sezione 3bis del Capo
V che stabilisce che il turismo è un settore
nel quale l’Unione può decidere di esplicare
un’azione di coordinamento di integrazione e
di sostegno. In particolare si affida
all’unione un’azione di completamento delle
iniziative locali promuovendo, tra l’altro,
la competitività delle imprese europee nel
settore e la loro integrazione nei diversi
mercati globali.
Se da un punto di vista esclusivamente programmatico la nuova azione
comunitaria ha determinato la nascita dei
sopra richiamati istituti, da un punto di
vista concreto la Comunità ha diretto il suo
impegno normativo in primo luogo a
facilitare l’attraversamento delle
frontiere, a proteggere la salute, la
sicurezza e gli interessi dei turisti (ad
esempio raccomandazione del consiglio del 22
dicembre 1986 sulle norme di sicurezza
antincendio negli alberghi e da ultimo la
direttiva n. 47 del 1994 in materia di
multiproprietà immobiliare) e in secondo
luogo ha favorito l’accesso ai mercati, la
concorrenza e la specializzazione delle
piccole e medie imprese nella materia del
turismo (ad esempio la professione di guida
turistica).
Infine, e soprattutto per garantire certezza al principio di sussidiarietà,
che regola i rapporti tra Comunità e
autonomie locali, si sono previsti dei
programmi comunitari che si identificano con
le azioni, i fondi e gli strumenti gestiti
dai servizi della Commissione e l’assistenza
comunitaria gestita da enti e autorità
regionali e nazionali come ad esempio i
fondi strutturali che costituiscono la fonte
maggiore di cofinanziamento dell’Ue per il
turismo.
Considerando che l’art. 158 del trattato prevede che, per rafforzare la
coesione economica e sociale, la Comunità
debba mirare a ridurre il divario tra i
livelli di sviluppo delle varie regioni e il
ritardo delle regioni meno favorite o
insulari, comprese le zone rurali, e che
l’art. 159 prevede che tale azione venga
sostenuta attraverso i fondi a finalità
strutturale (fondi strutturali), la Banca
europea per gli investimenti (Bei) e gli
altri strumenti finanziari esistenti,
(Regolamento Ce 1260/1999), il Consiglio
dell’Ue il 21 giugno 1999 ha adottato il
regolamento recante disposizioni generali
sui fondi strutturali per il periodo
2000-2006. Con questa nuova programmazione è
stata riformata la disciplina dei fondi
strutturali riducendo il numero degli
strumenti e concentrandone l’efficacia.
Per il periodo 2000-2006 i fondi strutturali sono quattro:
1. fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr).
Nel rispetto del trattato, il Fesr ha il compito di promuovere la coesione
economica e sociale attraverso
l’eliminazione delle differenze tra i
livelli di sviluppo delle regioni europee;
di promuovere la partecipazione allo
sviluppo delle regioni, concorrere alla
creazione di nuovi posti di lavoro.
L’erogazione del fondo si rivolge in particolare al sostegno di alcuni
settori: l’ambiente produttivo delle piccole
e medie imprese, la ricerca e lo sviluppo
tecnologico, lo sviluppo della società
dell’informazione, la protezione e il
miglioramento dell’ambiente, la parità tra
uomini e donne nel campo dell’occupazione.
Il Fesr partecipa inoltre al finanziamento di progetti pilota e azioni
innovatrici;
2. fondo sociale europeo (Fse)
Il Fse è il fondo comunitario creato nel 1957 dal Trattato istitutivo della
Comunità per prevenire e combattere la
disoccupazione e sviluppare le risorse umane
e l’integrazione sociale nel mercato del
lavoro. Il fondo sostiene la formazione
professionale, i programmi di collocamento,
la formazione degli insegnanti, i servizi di
consulenza in materia di occupazione, le
strutture di assistenza all’infanzia. Gli
interventi finanziati dal Fse sono destinati
soprattutto ai giovani disoccupati, ai
gruppi socialmente svantaggiati e alle
donne;
3. fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (Feoga)
Il Feoga sostiene l’adeguamento delle strutture agrarie e le azioni di
sviluppo rurale. Il sostegno allo sviluppo
rurale può riguardare:
- miglioramento delle strutture delle aziende agricole e di quelle di
trasformazione commercializzazione dei
prodotti;
- sviluppo forestale sostenibile;
- sviluppo di attività economiche, creazione e mantenimento di posti di
lavoro;
- tutela e promozione di un alto valore naturale e di un’agricoltura
sostenibile che rispetti le esigenze
ambientali.
Il fondo è articolato in due sezioni: la sezione Orientamento che si
applica alle regioni dell’obiettivo 1 e
finanzia progetti per migliorare strutture
di creazione e trasformazione di prodotti
agricoli insieme al Fesr e al Fse, e la
sezione Garanzia che finanzia interventi per
le politiche di mercato, e si applica nelle
regioni fuori dall’obiettivo 1;
4. strumento finanziario di orientamento della pesca (Sfop)
Tale fondo sostiene l’adeguamento e l’accrescimento della competitività
delle strutture di questo settore, finanzia
azioni finalizzate a conseguire un
equilibrio duraturo tra risorse e loro
sfruttamento, contribuisce a rafforzare la
competitività delle aziende del settore, a
migliorare l’approvvigionamento e la
valorizzazione dei prodotti della pesca e
dell’acquacoltura, al rilancio delle zone
dipendenti dalla pesca. Inoltre lo Sfop
partecipa al finanziamento di azioni
innovatrici e misure di assistenza tecnica.
Il nuovo regolamento ha ridotto il numero degli obiettivi prioritari che
sono diventati tre, due dei quali trovano
applicazione a livello regionale, mentre uno
riguarda l’intero territorio europeo.
Obiettivo 1: promozione dello sviluppo e dell’adeguamento strutturale delle regioni in
ritardo di sviluppo. È l’obiettivo
prioritario della politica regionale
europea. Rientrano in tale obiettivo le aree
il cui Pil procapite è inferiore al 75%
della media comunitaria. I principali
strumenti finanziari con cui l’Unione
europea persegue l’obiettivo 1 nel periodo
2000-2006 sono i fondi Fesr, Fse, Feoga
sezione orientamento e Sfop, il fondo di
coesione (fondo speciale in favore degli
Stati membri dove il Pil è inferiore al 90%
della media comunitaria. Attualmente
rientrano in questa categoria Grecia,
Portogallo, Irlanda e Spagna) e la Bei.
Obiettivo 2: riconversione economica e sociale delle aree con problemi strutturali.
Rientrano in tale obiettivo le zone
industriali in declino, le zone rurali a
bassa densità di popolazione, le zone urbane
densamente popolate con un livello di
povertà elevato e una situazione ambientale
degradata e le zone in crisi dipendenti
dalla pesca. In questo nuovo Obiettivo 2
rientra il 18% della popolazione europea.
Per le zone rientranti in tale obiettivo
potranno essere utilizzati i fondi Fesr, Fse,
e Sfop.
Obiettivo 3: adeguamento e ammodernamento dei sistemi di istruzione, formazione e
occupazione. Questo obiettivo prevede
interventi finanziari non interessati
dall’obiettivo 1, tale obiettivo è
perseguito attraverso il Fse.
L’assistenza finanziaria concessa attraverso i fondi strutturali, con il
cofinanziamento da parte degli Stati membri,
si concretizza attraverso tre strumenti
finanziari: i programmi nazionali di
integrazione, le iniziative comunitarie e le
misure innovative.
Programmi nazionali di integrazione:
l’accesso ai finanziamenti è regolato da una
serie di documenti programmatici quali il
quadro comunitario di sostegno, i
programmi operativi regionali e nazionali e
i documenti unici di programmazione.
Iniziative comunitarie:
possono essere finanziate dai fondi
strutturali su iniziativa della Commissione
europea, e sono 4: quella di integrazione
delle azioni per lo sviluppo dell’economia
rurale (Leader+), quella in materia di
cooperazione transeuropea per lo sviluppo
equilibrato (Interreg), quella per la
rivitalizzazione economica e sociale delle
aree urbane (Urban) e l’ultima per lo
sviluppo delle risorse umane (Equal).
Queste sono delle iniziative intraprese a livello comunitario e vengono poi
proposte dalla Commissione agli Stati membri
e vengono realizzate in collaborazione con
le autorità locali e regionali interessate.
Azioni
innovative: attraverso le misure innovative la Commissione, con iniziativa propria,
può finanziare studi, progetti pilota mirati
all’individuazione di nuove strategie per
promuovere la cooperazione e lo scambio di
esperienze tra attori dello sviluppo locale
e regionale. Tali azioni hanno a
disposizione non oltre lo 0,40% della
dotazione annuale dei fondi strutturali.
Bibliografia
Documentazione Unione europea.
Fragola M. (2003), in Manuale di diritto del turismo, Giappichelli
G., Torino.
Malo M. (2003), in Manuale di diritto del turismo, Giappichelli G.,
Torino. |