Numero 8/9 - 2004

 

le politiche per il turismo 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le direttive e gli orientamenti dell'Unione europea in materia di turismo


Consuelo De Pascale


 

Ancora oggi, nonostante il cospicuo numero di atti comunitari a valenza turistica e l’importante ruolo che il turismo riveste in quanto strumento per la realizzazione della nuova Europa, non si può parlare di politica comunitaria del turismo. Consuelo De Pascale descrive le direttive e gli orientamenti dell’Unione europea in tale campo dal 1984, anno in cui il Consiglio ha riconosciuto l’importanza del turismo ai fini dell’integrazione europea

 

 

 

Il trattato istitutivo della comunità economica europea (Cee), firmato a Roma il 27 marzo 1957, non consentiva alla comunità di condurre una politica propria in materia di turismo in quanto non prevedeva alcun riferimento esplicito al settore.

Successivamente, il processo di integrazione europea e il raggiungimento di traguardi che non erano immaginabili all’epoca della sottoscrizione del trattato istitutivo, hanno creato degli scenari del tutto nuovi – realizzazione dello spazio senza frontiere entro cui è assicurata la libera circolazione di persone, <servizi, capitali e merci – all’interno dei quali il turismo, per l’importante ruolo che riveste in campo economico, culturale e ai fini dell’integrazione europea, si pone come strumento per la realizzazione della nuova Europa.

Il Trattato di Maastricht, del 7 febbraio 1992, stabilendo che l’azione della Cee si estende anche all’adozione di misure in materia di energia, protezione civile e turismo, ha arricchito le competenze della Cee includendo anche il turismo o meglio ha autorizzato la comunità ad adottare, nel quadro di altre politiche, misure di orientamento e di sviluppo in questo settore (vedi articolo 3, lettera u Trattato Ce). Ancora oggi, infatti, nonostante sia cospicuo il numero di atti comunitari a valenza turistica, nell’ordinamento comunitario non si può parlare di una vera e propria politica comunitaria del turismo, si applicano quindi al turismo le disposizioni relative ai campi più disparati, dalla cultura alla ricerca, ai trasporti, alle politiche regionali, alla libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi, alle piccole e medie imprese e alla politica. Tutti i provvedimenti assunti dalle istituzioni comunitarie fanno riferimento alla disciplina turistica solo per riflesso.

Come si evince già dal trattato istitutivo, la Cee non è abilitata a emanare atti normativi in materia di turismo e ancora oggi gli Stati membri non si mostrano disposti a trasferire le proprie competenze alla comunità. Solo nel 1984, il Consiglio ha riconosciuto l’importanza del turismo ai fini dell’integrazione europea e ha invitato la Commissione a formulare proposte in merito. Successivamente, la decisione del 22 dicembre 1986 ha istituito un comitato consultivo sul turismo e ne ha reso obbligatoria la consultazione da parte degli Stati membri. Nello stesso anno, la prima revisione del Trattato Cee non ha fatto alcun cenno al turismo; successivamente la seconda, avvenuta a Maastricht nel 1992, pur menzionando per la prima volta il turismo, ha stabilito che l’azione comunitaria comporta l’adozione di misure in materia di turismo e non una piena autonomia normativa riguardo al settore. Anche in occasione della terza revisione, che ha portato alla firma del trattato di Amsterdam nel 1996, gli Stati membri hanno mostrato una certa indifferenza in merito, nonostante una dichiarazione allegata al trattato di Maastricht avesse previsto che nel programma della conferenza convocata per il 1996 fosse opportuno inserire nel trattato Cee competenza autonoma in materia di turismo; il medesimo comportamento si è poi ripetuto a Nizza nel 2000.

Malgrado si sia verificata nel corso dei primi anni di vita della Cee una vera e propria lacuna normativa, tuttavia ci si è sempre di più resi conto di quanto il turismo fosse determinante, o quanto meno concorrente, al pari di altri settori, al bilancio comunitario. Ciò ha comportato una serie di interventi prima di tutto a carattere programmatico e poi a carattere operativo in tale materia:

- l’istituzione di un Comitato consultivo sul turismo, sopra citato, il cui ruolo è di facilitare lo scambio di informazioni, consultazioni e attività di cooperazione tra Stati membri in particolare in materia di servizi turistici;

- la decisione del Consiglio con la quale si dichiara il 1990 anno europeo del turismo, la cui funzione è stata quella di enfatizzare il contributo del turismo al processo di integrazione europea, nonché la sua importanza economica e sociale soprattutto in termini di occupazione; ad essa fa seguito il primo piano d’azione triennale del 1992 di assistenza al settore;

- l’adozione, nel 1995, del libro verde Il ruolo dell’Unione nel turismo con il quale la Commissione europea invita ad avviare un dibattito sul ruolo dell’Unione nel settore;

- la creazione di una vera e propria linea di bilancio destinata a fornire un contributo comunitario agli sforzi promozionali compiuti congiuntamente dagli Stati membri sui mercati esterni alla comunità.

Tutti questi interventi programmatici hanno trovato la loro fonte normativa nella risoluzione del Consiglio del 10 aprile 1994 che, riconoscendo l’importanza del turismo ai fini dell’integrazione europea, invitava esplicitamente l’autorità competente a programmare una serie di interventi rivolti a colmare il vuoto normativo per favorire un maggiore sfruttamento delle poderose risorse derivanti da tale settore (con una quota del 53% sul totale, l’Unione rappresenta la prima regione turistica del mercato mondiale e il settore rappresenta il 5,5% del suo prodotto interno lordo (Pil) e il 6% dell’occupazione).

Per lo sviluppo dell’azione comunitaria in materia di turismo, il Parlamento europeo ha giocato un ruolo fondamentale sin dal 1983. Infatti, è stato proprio il Parlamento europeo che, in occasione della revisione del trattato avvenuta nel 1996, ha insistito affinché venisse previsto un titolo specifico sul turismo per rafforzare le competenze normative della comunità in materia, sempre nel rispetto del principio di sussidiarietà (risoluzione del 15 dicembre 1994 sulla relazione della Commissione concernente le azioni comunitarie a favore del turismo e del 13 febbraio 1996 sul libro verde della Commissione sul ruolo dell’Unione in materia di turismo). Con la risoluzione dell’11 giugno 1991, su una politica comunitaria in materia di turismo, la Commissione parlamentare ha richiesto la formulazione di una carta dei diritti e dei doveri del turista; e con la stessa risoluzione del 15 dicembre 1994 e quella del 25 ottobre 1996, sulla proposta di decisione del Consiglio concernente un primo programma pluriennale a favore del turismo europeo, ha proposto la creazione di una Agenzia europea del turismo; ancora, il Parlamento ha reclamato, con la risoluzione del 13 luglio 1990 sulle misure da adottare nel quadro dell’anno europeo del turismo e con quella del 18 gennaio 1994 sul turismo all’orizzonte del 2000, una protezione dell’ambiente dagli effetti del turismo di massa.

La Commissione europea, con la comunicazione del 13 novembre del 2001 dal titolo “Un approccio di cooperazione per il futuro del turismo europeo”, ha analizzato il quadro generale dell’attività turistica in Europa e le sue prospettive di sviluppo, e ha illustrato la nuova impostazione politica nel settore nonché le principali linee di un piano d’azione mirato a favorire la crescita economica del settore. Nella comunicazione la Commissione europea ha indicato, tra le priorità da raggiungere, la necessità di approfondire il livello di cooperazione tra i soggetti portatori di interesse verso il turismo (Ue, Stati membri, associazioni, autorità locali).

La Commissione parlamentare, relativamente al documento della Commissione europea, si è pronunciata a favore dell’obiettivo di conferire una dimensione comunitaria alla materia turistica, primo passo di un’eventuale politica futura nel settore.

Nell’ambito di questo programma di lavoro, tra le misure proposte, è stata presentata l’organizzazione di un Forum annuale del turismo che potesse fungere da interfaccia per gli operatori del settore, al fine di fornire all’industria turistica una piattaforma politica e migliorare cooperazione e coordinamento.

L’istituzione del forum annuale rientra tra gli interventi comunitari a carattere programmatico e consente alle parti interessate dal settore di determinare le proprie priorità in concertazione con i poteri pubblici e i rappresentanti della società civile.

La prima edizione di tale evento si è svolta a Bruxelles il 10 dicembre 2002. Nell’ambito di tale incontro si è aperto un dibattito sulle modalità da adottare per perseguire il rafforzamento della cooperazione tra i suddetti soggetti coinvolti; sull’attività di Agenda 21 e sulla promozione di competitività e sostenibilità del turismo mirata a conciliare le esigenze del turista con l’impiego di risorse naturali, culturali e infrastrutturali; sulla strategia del turismo sostenibile dell’Ue che rappresenta la risposta comunitaria all’Agenda 21 a livello globale.

La seconda edizione del Forum europeo del turismo si è tenuta il 28 e 29 novembre 2003 in Italia e precisamente nel Veneto, ad Albano-Montegrotto Terme e Venezia nell’ambito del semestre italiano di presidenza dell’Unione.

Il dibattito svoltosi in due giornate si è concluso con la formalizzazione di un documento dal titolo Dichiarazione di Venezia che ha sostenuto l’importanza di inserire la materia turistica nella futura Costituzione europea. Il documento sottolinea cinque necessità:

1. dar luogo ad un’azione coordinata dell’Unione e di ciascuno dei paesi membri mirata al miglioramento della competitività del settore turistico europeo e delle potenzialità occupazionali;

2. provvedere allo sviluppo armonico e integrato delle imprese e delle attività turistiche, anche attraverso provvedimenti atti a favorire l’accessibilità e la mobilità dei turisti;

3. favorire la crescita delle potenzialità turistiche nel rispetto dei parametri di sostenibilità ambientale e sociale;

4. porre in essere politiche comuni atte a migliorare le condizioni di lavoro degli operatori del settore e a predisporre favorevoli procedure formative;

5. favorire un’azione comune per la promozione dell’immagine turistica europea nei confronti dei mercati extraeuropei, in particolare con l’uso delle nuove tecnologie e la creazione di un portale delle destinazioni turistiche europee.

Con l’occasione si è presentata un progetto per la creazione di una Agenzia nazionale per il turismo in Italia (è in corso di approvazione presso il Consiglio dei ministri un disegno di legge volto a trasformare l’Ente nazionale per il turismo in un’agenzia che nelle intenzioni del legislatore italiano sarà dotata di piena autonomia anche a livello occupazionale).

I recenti orientamenti comunitari in materia di turismo sono riassunti in un atto politico del 21 maggio 2002 con il quale il Consiglio dei ministri ha adottato la prima risoluzione specifica sul turismo delineando le prospettive per un futuro del turismo europeo.

Il consiglio, nel confermare che il turismo è uno dei principali settori dell’economia europea in quanto contribuisce allo sviluppo degli investimenti da parte delle piccole e medie imprese, raccomanda di dare a questo settore un facile accesso agli strumenti che permettano di migliorare i suoi risultati economici, sviluppare la sua competitività, contribuire allo sviluppo sostenibile e creare nuovi posti di lavoro e benessere diffuso.

Il consiglio poi invita la Commissione a diffondere le informazioni relative alle reti di cooperazione a livello europeo per promuovere un turismo accessibile, sostenibile e di qualità, e invita gli Stati membri a incoraggiare al buon uso degli strumenti comunitari, finanziari e non, a favore del turismo.

Rivolgendosi, poi all’industria europea del turismo e agli altri protagonisti del settore, il Consiglio chiede di rafforzare la loro presenza nelle strutture europee per promuovere a livello politico la sensibilizzazione alle questioni relative al turismo e di sostenere gli sforzi intrapresi dalla Comunità europea e dagli Stati membri.

Nella nuova bozza di Costituzione europea è stata inserita esplicitamente, nella parte III riguardante le politiche e le azioni interne, una sezione 3bis del Capo V che stabilisce che il turismo è un settore nel quale l’Unione può decidere di esplicare un’azione di coordinamento di integrazione e di sostegno. In particolare si affida all’unione un’azione di completamento delle iniziative locali promuovendo, tra l’altro, la competitività delle imprese europee nel settore e la loro integrazione nei diversi mercati globali.

Se da un punto di vista esclusivamente programmatico la nuova azione comunitaria ha determinato la nascita dei sopra richiamati istituti, da un punto di vista concreto la Comunità ha diretto il suo impegno normativo in primo luogo a facilitare l’attraversamento delle frontiere, a proteggere la salute, la sicurezza e gli interessi dei turisti (ad esempio raccomandazione del consiglio del 22 dicembre 1986 sulle norme di sicurezza antincendio negli alberghi e da ultimo la direttiva n. 47 del 1994 in materia di multiproprietà immobiliare) e in secondo luogo ha favorito l’accesso ai mercati, la concorrenza e la specializzazione delle piccole e medie imprese nella materia del turismo (ad esempio la professione di guida turistica).

Infine, e soprattutto per garantire certezza al principio di sussidiarietà, che regola i rapporti tra Comunità e autonomie locali, si sono previsti dei programmi comunitari che si identificano con le azioni, i fondi e gli strumenti gestiti dai servizi della Commissione e l’assistenza comunitaria gestita da enti e autorità regionali e nazionali come ad esempio i fondi strutturali che costituiscono la fonte maggiore di cofinanziamento dell’Ue per il turismo.

Considerando che l’art. 158 del trattato prevede che, per rafforzare la coesione economica e sociale, la Comunità debba mirare a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le zone rurali, e che l’art. 159 prevede che tale azione venga sostenuta attraverso i fondi a finalità strutturale (fondi strutturali), la Banca europea per gli investimenti (Bei) e gli altri strumenti finanziari esistenti, (Regolamento Ce 1260/1999), il Consiglio dell’Ue il 21 giugno 1999 ha adottato il regolamento recante disposizioni generali sui fondi strutturali per il periodo 2000-2006. Con questa nuova programmazione è stata riformata la disciplina dei fondi strutturali riducendo il numero degli strumenti e concentrandone l’efficacia.

Per il periodo 2000-2006 i fondi strutturali sono quattro:

1. fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr).

Nel rispetto del trattato, il Fesr ha il compito di promuovere la coesione economica e sociale attraverso l’eliminazione delle differenze tra i livelli di sviluppo delle regioni europee; di promuovere la partecipazione allo sviluppo delle regioni, concorrere alla creazione di nuovi posti di lavoro.

L’erogazione del fondo si rivolge in particolare al sostegno di alcuni settori: l’ambiente produttivo delle piccole e medie imprese, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, lo sviluppo della società dell’informazione, la protezione e il miglioramento dell’ambiente, la parità tra uomini e donne nel campo dell’occupazione.

Il Fesr partecipa inoltre al finanziamento di progetti pilota e azioni innovatrici;

2. fondo sociale europeo (Fse)

Il Fse è il fondo comunitario creato nel 1957 dal Trattato istitutivo della Comunità per prevenire e combattere la disoccupazione e sviluppare le risorse umane e l’integrazione sociale nel mercato del lavoro. Il fondo sostiene la formazione professionale, i programmi di collocamento, la formazione degli insegnanti, i servizi di consulenza in materia di occupazione, le strutture di assistenza all’infanzia. Gli interventi finanziati dal Fse sono destinati soprattutto ai giovani disoccupati, ai gruppi socialmente svantaggiati e alle donne;

3. fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (Feoga)

Il Feoga sostiene l’adeguamento delle strutture agrarie e le azioni di sviluppo rurale. Il sostegno allo sviluppo rurale può riguardare:

- miglioramento delle strutture delle aziende agricole e di quelle di trasformazione commercializzazione dei prodotti;

- sviluppo forestale sostenibile;

- sviluppo di attività economiche, creazione e mantenimento di posti di lavoro;

- tutela e promozione di un alto valore naturale e di un’agricoltura sostenibile che rispetti le esigenze ambientali.

Il fondo è articolato in due sezioni: la sezione Orientamento che si applica alle regioni dell’obiettivo 1 e finanzia progetti per migliorare strutture di creazione e trasformazione di prodotti agricoli insieme al Fesr e al Fse, e la sezione Garanzia che finanzia interventi per le politiche di mercato, e si applica nelle regioni fuori dall’obiettivo 1;

4. strumento finanziario di orientamento della pesca (Sfop)

Tale fondo sostiene l’adeguamento e l’accrescimento della competitività delle strutture di questo settore, finanzia azioni finalizzate a conseguire un equilibrio duraturo tra risorse e loro sfruttamento, contribuisce a rafforzare la competitività delle aziende del settore, a migliorare l’approvvigionamento e la valorizzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, al rilancio delle zone dipendenti dalla pesca. Inoltre lo Sfop partecipa al finanziamento di azioni innovatrici e misure di assistenza tecnica.

Il nuovo regolamento ha ridotto il numero degli obiettivi prioritari che sono diventati tre, due dei quali trovano applicazione a livello regionale, mentre uno riguarda l’intero territorio europeo.

Obiettivo 1: promozione dello sviluppo e dell’adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo. È l’obiettivo prioritario della politica regionale europea. Rientrano in tale obiettivo le aree il cui Pil procapite è inferiore al 75% della media comunitaria. I principali strumenti finanziari con cui l’Unione europea persegue l’obiettivo 1 nel periodo 2000-2006 sono i fondi Fesr, Fse, Feoga sezione orientamento e Sfop, il fondo di coesione (fondo speciale in favore degli Stati membri dove il Pil è inferiore al 90% della media comunitaria. Attualmente rientrano in questa categoria Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna) e la Bei.

Obiettivo 2: riconversione economica e sociale delle aree con problemi strutturali. Rientrano in tale obiettivo le zone industriali in declino, le zone rurali a bassa densità di popolazione, le zone urbane densamente popolate con un livello di povertà elevato e una situazione ambientale degradata e le zone in crisi dipendenti dalla pesca. In questo nuovo Obiettivo 2 rientra il 18% della popolazione europea. Per le zone rientranti in tale obiettivo potranno essere utilizzati i fondi Fesr, Fse, e Sfop.

Obiettivo 3: adeguamento e ammodernamento dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione. Questo obiettivo prevede interventi finanziari non interessati dall’obiettivo 1, tale obiettivo è perseguito attraverso il Fse.

L’assistenza finanziaria concessa attraverso i fondi strutturali, con il cofinanziamento da parte degli Stati membri, si concretizza attraverso tre strumenti finanziari: i programmi nazionali di integrazione, le iniziative comunitarie e le misure innovative.

Programmi nazionali di integrazione: l’accesso ai finanziamenti è regolato da una serie di documenti programmatici quali il quadro comunitario di sostegno, i programmi operativi regionali e nazionali e i documenti unici di programmazione.

Iniziative comunitarie: possono essere finanziate dai fondi strutturali su iniziativa della Commissione europea, e sono 4: quella di integrazione delle azioni per lo sviluppo dell’economia rurale (Leader+), quella in materia di cooperazione transeuropea per lo sviluppo equilibrato (Interreg), quella per la rivitalizzazione economica e sociale delle aree urbane (Urban) e l’ultima per lo sviluppo delle risorse umane (Equal).

Queste sono delle iniziative intraprese a livello comunitario e vengono poi proposte dalla Commissione agli Stati membri e vengono realizzate in collaborazione con le autorità locali e regionali interessate.

Azioni innovative: attraverso le misure innovative la Commissione, con iniziativa propria, può finanziare studi, progetti pilota mirati all’individuazione di nuove strategie per promuovere la cooperazione e lo scambio di esperienze tra attori dello sviluppo locale e regionale. Tali azioni hanno a disposizione non oltre lo 0,40% della dotazione annuale dei fondi strutturali.

 

 

Bibliografia

 

Documentazione Unione europea.

Fragola M. (2003), in Manuale di diritto del turismo, Giappichelli G., Torino.

Malo M. (2003), in Manuale di diritto del turismo, Giappichelli G., Torino.

 

 

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