Il Comune di Belluno comprende tipologie
ambientali di grande interesse naturalistico
e di notevole valore
paesaggistico-ambientale. L’assetto del
territorio, nel suo complesso, è ben
conservato; l’espansione urbana ha
interessato per lo più il capoluogo e i
paesi limitrofi, consentendo la
conservazione nel fondovalle di vasti spazi,
soprattutto a uso agricolo.
Bruno Dolcetta, coordinatore e progettista
della variante al piano regolatore
generale (Prg) del Comune di Belluno
approvata con delibera di Giunta regionale
dell’1.6.1999, n. 1866, ha svolto
un’operazione di attenta lettura delle
profonde strutture che conformano il
territorio bellunese e dei segni del
paesaggio1, ponendo al centro
dell’attenzione della comunità lo spazio
rurale quale testimone delle forti
contraddizioni dell’attuale fase di sviluppo
urbano e territoriale in corso nell’area.
Le unità tematiche di progettazione che sono
state individuate riguardano: lo spazio
rurale e il paesaggio, i centri minori, il
centro storico di Belluno, lo spazio
pubblico, edifici e spazio privato, i borghi
Prà e Piave e il progetto Ardo, la città
contemporanea, le aree e gli edifici
dismessi, le aree produttive. Sono stati,
inoltre, curati anche gli aspetti relativi
alla mobilità di livello territoriale
(strade e ferrovia), il dimensionamento e il
raccordo con le politiche degli altri enti
territoriali e la valutazione degli
equilibri di distribuzione territoriale dei
servizi.
Le risorse naturali
Il vasto patrimonio di risorse naturali del
territorio bellunese, quali la struttura del
paesaggio agrario, la presenza di una natura
integra, le testimonianze delle civiltà
antiche, gli aggregati rurali di valore
storico e architettonico e le ville e i
parchi di epoca veneziana, sono state
indagate attraverso contributi specialistici
allo scopo di compiere un’operazione di
individuazione, classificazione e
valutazione e comprendere il processo
evolutivo e la necessità di restauro o
recupero funzionale (Figura 1).
In relazione al paesaggio agrario e silvo
pastorale, l’orografia del territorio
comunale presenta una notevole articolazione
che determina numerosi e diversi ambienti, i
quali hanno dato vita ad altrettanti
sottoinsiemi di paesaggio. La categoria
delle superfici boscate costituisce la
categoria alla quale è stata data maggiore
attenzione, sia per motivi di natura
paesaggistica, sia ai fini della protezione
ambientale e sia, non ultimo, per il suo
valore economico.
Gli elaborati del piano mostrano la
distinzione in 4 tipologie di boschi con
estensioni significative: il bosco ad alto
fusto di conifere non coerenti con il
territorio della Val Belluna; il busto ad
alto fusto di latifoglie, specifico del
climax verso il quale dovrebbe tendere ogni
azione di crescita e maturazione delle
superfici boscate di quest’area; il bosco
ceduo, importante per la sopravvivenza della
popolazione anche in epoche recenti; il
bosco misto, che sta evolvendo verso il
bosco di latifoglie.
Riguardo al territorio agricolo di alta
quota, costituito per lo più dal sistema
delle malghe e dal corredo di pascoli,
prati-pascoli, manufatti edilizi è,
abbandonato dagli utenti abituali,
utilizzato da altri e rappresenta, quindi,
una delle tipologie di paesaggio rurale più
soggetta a rottura irreversibile degli
equilibri.
Per quello che concerne il territorio
agricolo, nelle aree di fondovalle sono
utilizzate due tipologie di paesaggio
associate ad aziende, denominate: a campi
aperti, quando è stata operata una modifica
dell’assetto fondiario attraverso la
semplificazione degli elementi costitutivi
del paesaggio e l’impostazione di colture
intensive; a campi chiusi, quando sono
riconoscibili i caratteri dell’assetto e
degli ordinamenti colturali più
tradizionali.
Nel comprensorio sciabile del Nevegàl, per
le zone rurali non è stato innovato niente
in sede di variante, che ha invece
provveduto al riconoscimento delle risorse
naturalistiche ed ambientali, da tutelare e
valorizzare come per tutto il resto del
territorio comunale.
Nello studio del patrimonio archeologico,
sono state sistematizzate le informazioni
relative ai ritrovamenti archeologici con la
duplice finalità di offrire il quadro dei
ritrovamenti, quale testimonianza del valore
e della continuità degli antichi
insediamenti, e di consentire l’assunzione
di atteggiamenti prudenti nelle decisioni
pianificatorie e nell’esercizio delle
attività quotidiane2.
Riguardo, infine, al patrimonio edilizio, il
piano ha mirato alla conoscenza di quello
esistente in zona rurale, rilevando gli
edifici di maggiore volume e rilevanza
storico-artistica e quelli minori,
valutandoli ed inserendoli in una scheda
organizzata per raccogliere dati relativi
alla destinazione d’uso, consistenza
volumetrica, stato di manutenzione e
rilevanza sotto il profilo dei beni
culturali. La valutazione della consistenza
sul territorio rurale è stata volta, invece,
ad individuare il patrimonio edilizio
utilizzato dalle aziende agricole, quello
destinato ad altri usi compatibili, ma
estranei al mondo rurale, e quello
abbandonato; a valutare le aree di maggiore
degrado da perdita di funzione originaria;
ad individuare le nuove costruzioni in atto
sul territorio rurale, anche nel caso di
indifferenza alla tradizione rurale e in
grado di compromettere la qualità del
paesaggio.
Figura 1 - Ricostruzione del
paesaggio rurale dalle informazioni
del catasto napoleonico (Tisoi-Giazzoi,
1823) |
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Le tipologie ambientali
La variante al Prg di Belluno individua,
sotto il profilo naturalistico, sei
tipologie ambientali omogenee che per le
loro caratteristiche possono essere
analizzate separatamente: l’ambiente urbano,
l’ambiente agrario e l’ambiente fluviale,
concentrate nel fondovalle; l’ambiente
forestale, localizzato in particolare sui
versanti montuosi e nelle zone più
accidentate dal punto di vista morfologico;
l’ambiente dei prati montani, che interessa
le zone cacuminali dei monti Talvena, Terne,
Schiara e la dorsale monte Faverghera, monte
Visentin; l’ambiente produttivo di alta
quota, concentrato attorno al gruppo dello
Schiara (Figura 2).
Alcune zone di rilevato interesse
naturalistico sono state, inoltre,
classificate come biotopi anche se non
ancora formalmente tutelati3.
Nell’ambiente urbano, le aree, a causa della
forte urbanizzazione, hanno perduto le
caratteristiche di naturalità. Si osservano,
quindi, la città, la periferia e i paesi
circostanti, dove la presenza maggiore, dal
punto di vista naturalistico, si manifesta
nella fauna in relazione ai vasti spazi
verdi che esistono e ai vari episodi di
naturalità che si infiltrano nella città.
Per l’ambiente agrario, la presenza di una
grande varietà di colture assicura una
notevole ricchezza paesaggistico-ambientale.
Le tecniche agricole utilizzate sono di tipo
tradizionale e le zone che conservano le
originarie caratteristiche di tale ambiente
riguardano soprattutto: le ex torbiere di
Bios; Mier-Giamosa; Tisoi-Bosco delle
Castagne; Castionese; Cirvoi-Faverga.
L’ambiente fluviale rappresenta una delle
zone di maggior interesse naturalistico
all’interno del territorio comunale: è un
ambiente omogeneo, esteso, che comprende il
biotopo delle fontane di Nogarè. Il fiume
Piave, per la continua minaccia di piene, è
rimasto estraneo ai fenomeni di
antropizzazione: al suo interno, si
osservano ricche ed eterogenee comunità
vegetali e animali, le quali contribuiscono
ad incrementare la variabilità e complessità
ambientale di questo ecosistema.
Dal punto di vista floristico-vegetazionale
sono individuabili in particolare: ambienti
umidi delle risorgive; ambienti
limicoli-rami secondari del Piave; alluvioni
sabbioso-ghiaiose; boschi ripariali.
L’ambiente forestale è caratterizzato dalle
tipologie più differenziate di boschi che
coprono gran parte del territorio comunale.
La variante opera una suddivisione in grandi
tipologie: boschi ripariali, boschi cedui,
boschi artificiali di conifere, formazioni
naturali montane, formazioni pioniere su
terreni agricoli abbandonati. I boschi sono
stati utilizzati da sempre in maniera
intensa, il che ha comportato una
alterazione delle biocenosi, che in questo
modo non possono esprimere la loro bellezza
e complessità biotica.
L’ambiente dei prati montani è costituito da
aree sulla sommità dei monti Talvena, Terme
e Serva e lungo la dorsale dei monti
Faverghera-Visentin. Si tratta di aree
strettamente legate all’ambiente agrario,
dove i prati, prima sfalciati e pascolati
regolarmente, sono stati abbandonati a
libera crescita o pascolati da ovini.
Riguardo, infine, all’ambiente improduttivo
di alta quota, dove sono compresi i versanti
meridionali del gruppo dello Schiara, esso è
costituito da zone rocciose che si uniscono
a boschi sottostanti attraverso ghiaioni,
prati e arbusteti. Dal punto di vista
floristico-vegetazionale, tale ambiente non
presenta aree di grande interesse tranne
eccezioni quali l’arbusteto pioniero a pino
mugo e il bosco rado d’alta quota. Dal punto
di vista faunistico, la presenza di una
numerosa popolazione di camosci desta un
interesse maggiore.
Figura 2 - Variante generale al Prg:
carta delle emergenze naturalistiche
e ambientali (1996) |
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La variante per le zone E
Nella scelta degli obiettivi la variante ha
cercato di integrare le azioni rivolte alla
difesa del paesaggio e quelle orientate a
garantire alle genti che vivono di attività
agricola un reddito sufficiente e adeguato
alle proprie aspettative.
Il piano ha individuato un sistema di tre
obiettivi e un insieme di strumenti che ha
investito allo stesso tempo variabili
economiche, sociali ed ambientali.
Il primo obiettivo è stato costruito sulla
convinzione che sia interesse di tutti
conservare in efficienza il sistema
territoriale ereditato dalle generazioni
precedenti per motivi legati alla
conservazione della memoria della sua
popolazione che riconosce, nelle forme
assunte dal paesaggio della Val Belluna, il
risultato del confronto tra natura e
cultura.
Il secondo obiettivo ha riguardato la
necessità di mantenere la presenza dell’uomo
nello spazio rurale per prevenire il degrado
ambientale e favorire lo sviluppo
socio-economico.
Il terzo obiettivo è stato centrato sulla
ricerca di mantenere un quadro ambientale di
riconoscibile qualità dal punto di vista
degli accessi e dei servizi connessi, per
offrire una risposta ai bisogni espressi
dalla popolazione urbana, che chiede spazi
natura attraverso un modello insediativo e
di vita legato ai ritmi della cultura
rurale.
I riferimenti legislativi utilizzati per le
aree rurali sono costituiti dalla Lr 24/1985
riguardante la tutela e l’edificabilità
degli spazi rurali in rapporto alle
caratteristiche delle aziende agricole e
alle loro esigenze, e la normativa sulla
tutela dei beni culturali, naturalistici ed
ambientali e del paesaggio4.
Quest’ultimo tema sviluppa le direttive del
piano territoriale regionale di
coordinamento (Ptrc), di cui ha
approfondito e articolato le indicazioni
attribuendo valenza paesistica alla variante
stessa e fa riferimento alla legge 431/1985.
La variante ha elaborato le carte di sintesi
e quelle di progetto per la suddivisione
delle zone E del territorio comunale,
seguendo le indicazioni della guida tecnica
per la classificazione del territorio rurale
emanata dalla Regione Veneto con l’obiettivo
di uniformare le analisi da compiere sul
territorio e sulle attività delle aziende,
la formazione della cartografia di analisi e
di progetto, i criteri di valutazione
socio-economica5.
La suddivisione in sottozone, come prevista
dalla Lr 24/1985 e dalla relazione
normativa, si è basata sulla valutazione
delle caratteristiche dei terreni, delle
loro attitudini alla produzione agricola,
sui risultati indicativi ottenuti
dall’indagine socio-economica effettuata
nelle aziende agricole e sulle
caratteristiche paesaggistiche del
territorio. Nella sottozona E1 vi
sono tutte le formazioni boschive e le zone
con valenze ambientali; il terreno della
classe agronomica migliore e le aree con
diffusa presenza di aziende soggette a
tutela sono inserite nella sottozona E2;
le aree da classificare nella E3
rappresentano le superfici a elevata
frammentazione localizzate in prossimità
delle zone abitate; la sottozona E4 è
individuata nelle borgate rurali.
Le norme tecniche di attuazione sono state
articolate per categoria di beni. Per quel
che concerne specificamente il paesaggio,
data la sua condizione di costante
evoluzione, la variante intende essere
artefice consapevole di nuovi paesaggi. In
merito all’edificabilità dei suoli, le
decisioni sono state condotte seguendo le
procedure previste dalla legge regionale,
con particolare attenzione alla struttura
delle aziende agricole.
Riguardo, infine, alle aree di pre-parco, la
variante ha invece considerato questa fascia
come un’estensione del Parco nazionale delle
Dolomiti Bellunesi istituito con Dm del
20.4.1990, integrando quelle aree che hanno
caratteristiche ambientali e naturalistiche
di interesse. L’area di pre-parco, offrendo
un’ampia serie di servizi connessi, svolge
l’importante funzione di regolare l’accesso
al parco delle diverse categorie di utenti.
Il pre-parco rappresenta, quindi,
un’ulteriore occasione di integrazione e
arricchimento dell’offerta costituita dal
Parco nazionale e testimonianza fondamentale
del ricco patrimonio storico e culturale nel
quadro socio-culturale-paesistico bellunese
(Figura 3).
Conclusioni
La variante al Prg del Comune di Belluno,
coordinata e progettata da Bruno Dolcetta,
ha individuato un sistema di obiettivi e di
strumenti relativi a variabili di tipo
economico sociale ed ambientale. Per le zone
rurali, la Lr 24/1985 e la normativa sulla
tutela dei beni culturali, naturalistici ed
ambientali e del paesaggio hanno costituito
i riferimenti legislativi. Il tema del
paesaggio ha sviluppato le direttive del
Ptrc e ha fatto riferimento alla legge
431/1985.
Dato di partenza e caratterizzante delle
scelte operate è stata la convinzione che
sia interesse di tutti conservare in
efficienza il sistema territoriale ereditato
dalle generazioni precedenti, dalla
necessità di mantenere la presenza dell’uomo
nello spazio rurale per prevenire il degrado
ambientale e favorire lo sviluppo
socio-economico e dal cercare di mantenere
un quadro ambientale di riconoscibile
qualità, anche dal punto di vista degli
accessi e dei servizi connessi. Per la
scelta di questo tipo di obiettivi la
variante ha integrato azioni quali la difesa
del paesaggio con quelle orientate a
garantire un reddito sufficiente e adeguato
alle aspettative delle genti che vivono di
attività agricola.
Figura 3 - Variante generale al Prg:
carta dei parchi e delle aree verdi
specialistiche (1996) |
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1
L’ampio significato che attualmente viene
dato al termine paesaggio, utilizzato per
descrivere un ambito di interesse legato
strettamente alla natura trasformata
dall’uomo in contrapposizione alla natura
lasciata al suo stato, si è evoluto
estendendosi a svariati campi di interesse e
alle più diverse scale, con la conseguente
difficoltà a fornirne una definizione che lo
esprima con chiarezza, ne delimiti il campo
di azione e ne permetta la rappresentazione
nella sua complessità. Volendo però superare
ogni riferimento alle scale antropiche, la
definizione di paesaggio, alla quale sembra
riferirsi anche la variante di Bruno
Dolcetta, come “sistema di ecosistemi, o
metaecosistema” appare la più completa. Il
paesaggio è, infatti, caratterizzato da
numerosi “domini gerarchici di scale
spazio-temporali” e rappresenta “un livello
specifico della organizzazione della vita,
superiore all’ecosistema” (Ingegnoli V.,
1993).
2
“Sono stati scoperti reperti archeologici
che attestano una presenza in luogo già
nell’età della pietra, ma reperti più
importanti riguardano gli insediamenti dei
paleoveneti (popolazioni indoeuropee venute
dall’Asia Minore) diffusi sia nella pianura
veneta, ma anche lungo il corso del Piave
dalla necropoli di Mel, attraverso i
ritrovamenti di Cavarzano e Fisterre fino
alla importante stazione archeologica di
Lagole (Calalzo). Quest’ultima venne alla
luce nel 1881 con il ritrovamento di ben
ottanta tombe, i cui corredi di bronzo, fra
l’altro, andarono completamente distrutti
durante la prima guerra mondiale” (http://www.webdolomiti.net).
3
Per quanto riguarda i biotopi (“ambiti
circoscritti di grande e documentato
interesse naturalistico”) sono stati
individuati i seguenti 19 biotopi: dorsale
monte Faverghera-monte Cor, che associa ad
un notevole interesse paesaggistico un
grande valore naturalistico; Valle di San
Mamante, di interesse per l’abbondanza di
ambienti di forra ricchi di specie vegetali
tra cui il tasso; torbiera di Casera
pescalia, il cui interesse è legato alle sue
caratteristiche floristico-vegetazionali,
tra cui la presenza del trifoglio fibrino,
della rhynchospora alba, le formazioni a
carex fusca e gli arbusti di salix cinerea;
zona umida di Cet, che non è stato ancora
oggetto di studi analitici ma è segnalato
quale esempio residuo delle numerose zone
umide che caratterizzavano il Castionese;
boschi di Socchieva, dove si rinvengono,
grazie alla particolare termofilia della
stazione, specie non riscontrate altrove
quali Buglossoides purpureocaerulea e
Carpesium cernuum o non frequenti quali
Crataegus oxyacantha e Malus silvestris;
Torbiera di Socchieva, scoperta da poco, è
di eccezionale interesse naturalistico per
valore ecologico e stato di conservazione,
che stanno emergendo dalle indagini in corso
volte a caratterizzare le principali
emergenze floristiche-vegetazionali; Bosco
della China, ottimo esempio di carpineto,
cenosi che costituisce l’espressione
climatica della vegetazione dei “dossi
marnoso-arenacei terziari avanzati”; ex
torbiere di Bios, il quale ha perduto gran
parte del suo originario interesse a causa
delle operazioni di bonifica e alla messa a
coltura dei terreni che hanno comportato la
scomparsa delle specie proprie; torbiera di
Antole, che è studiata fin dall’800, ed è
stata oggetto di recenti ricerche che hanno
messo in rilievo il suo interesse floristico;
la gola dell’Ardo, caratterizzato
soprattutto da un assetto ambientale
complessivo molto ben conservato; prato
umido di Tovena, il cui interesse è legato
alle sue caratteristiche
floristico-vegetazionali e la cui specie
guida è la Schoenus nigricans; prato umido
di Pra Mat, il cui interesse del biotopo
anche qui è legato alle sue caratteristiche
floristico-vegetazionali e la cui specie
guida è la Schoenus nigricans; l’olt,
interessante soprattutto per le
caratteristiche geomorfologiche e
paesaggistiche; la forra dell’Ardo, dove vi
sono molte forre scavate dal torrente tra
cui la Pont de la mortis; Bus del buson, che
rappresenta una delle emergenze
geomorfologiche più interessanti della
Provincia di Belluno, caratterizzate dalle
pareti a strapiombo della forra, il
microclima fresco e gli strati di roccia
sedimentaria sovrapposti; prati sommitali
del monte Terne, di notevole interesse
floristico-vegetazionale all’interno del
quale l’acidificazione del substrato ha
permesso l’insediarsi di specie non
frequenti quali Rodiola rosea e Cotoneaster
integerrimus; Col cavalin-bocca del rospo,
dove si concentrano specie floristiche di
eccezionale interesse, legate alla funzione
svolta dal monte Serva nel corso delle
glaciazioni quando rappresentò un’importante
stazione di rifugio per la flora terziaria;
Fontane di Nogarè, dove a livello
vegetazionale si riscontra una serie di
ambienti molto diversificati che ospitano
una flora ricca e varia; prati aridi di Pra
de Santi, che rappresenta uno dei pochi
ambienti aridi e relitti non ancora invasi
dal bosco o compromessi da interventi
antropici.
La variante segnala anche 3 ambiti che
ricadono nel Parco nazionale Dolomiti
Bellunesi che assumono un notevole interesse
naturalistico anche se difficilmente
circoscrivibili in maniera precisa: Monte
Schiara, Creste del monte Serva e Crode dei
For.
4
L’art. 1 - (Finalità) della Lr 24/1985,
Tutela ed edificabilità delle zone agricole,
recita: “La presente legge si propone di
disciplinare l’uso del territorio agricolo,
perseguendo le finalità di:
- salvaguardare la destinazione agricola del
suolo, valorizzando le caratteristiche
ambientali e le specifiche vocazioni
produttive;
- promuovere la permanenza nelle zone
agricole in condizioni adeguate e civili
degli addetti all’agricoltura;
- favorire il recupero del patrimonio
edilizio rurale esistente soprattutto in
funzione delle attività agricole”.
All’art. 4 - (Zone di protezione e di
sviluppo controllato. Zone di pre-parco) è
scritto: “Ove se ne ravvisi la necessità,
nei territori esterni ma contigui ai parchi
e alle riserve, possono venire individuate
zone di protezione e di sviluppo controllato
(zone di pre-parco), nelle quali sono
consentite, con la osservanza delle
prescrizioni contenute nella legge
istitutiva e nel piano ambientale, soltanto
quelle costruzioni o trasformazioni
edilizie, nonchè quelle opere e attività di
qualsiasi altra natura che non siano
contrastanti con i fini istituzionali del
parco o della riserva. In tali zone può
essere vietata qualsiasi attività di caccia
e pesca, mentre possono venir insediate
iniziative idonee a promuovere la
valorizzazione delle risorse naturali
locali, nonchè attrezzature per attività
ricreative, turistiche e sportive”.
5
Interessante in proposito un’osservazione di
Antonio Passaro (Passaro A. (a cura di)
(2003), Politiche agrarie e tutela del
paesaggio rurale, in “Esperienze
innovative per la configurazione del
paesaggio rurale”, Luciano Editore, Napoli):
“Il paesaggio, inteso come espressione
percettiva del complesso mutuarsi di tutti
gli elementi costituenti il sistema
ambientale, ha subito un fenomeno di
terziarizzazione e di industrializzazione
che nel tempo ha lentamente coinvolto ogni
ecosistema. A questo punto è lecito
domandarsi se ha ancora senso l’astrazione
di paesaggio rurale come luogo legato
essenzialmente alle attività della
produzione del settore agricolo quando …”
più che un vero e proprio ecosistema
omogeneo, si tratta di un insieme di
ecosistemi variamente collegati. Se si
accetta che l’agricoltura abbia ancora un
ruolo fondamentale nella odierna società,
come da più parti viene riconosciuto (ad
esempio nella Dichiarazione di Cork) sarà
necessario ricostruire un assetto del
paesaggio rurale in cui la presenza
dell’agrario riacquisti un valore specifico.
Bibliografia
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confini del paesaggio umano, Editore
Laterza, Bari.
Canevari A., Palazzi D. (2001), Paesaggio
e territorio, FrancoAngeli, Milano.
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generale al Piano regolatore, in
Urbanistica Quaderni n. 20, Inu Edizioni.
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Torino.
Mc Harg I. L. (1989), Progettare con la
natura, Muzzio, Padova.
Passaro A. (a cura di) (2003), Esperienze
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paesaggio rurale, Luciano Editore,
Napoli.
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Romani V. (1986), Il paesaggio. Teoria e
pianificazione, FrancoAngeli, Milano.
Sepe M. (2002), Itinerari turistici
integrati: natura e cultura nel Parco
Nazionale del Pollino, in F. Jannuzzi (a
cura di), Atti del Convegno Storia,
architettura ed urbanistica nei luoghi di
Isabella Morra, SeRSA - Cnr, Napoli. |