Numero 6/7 - 2003

 

la politica dei parchi 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rappresentazioni cognitive e normative nel piano di parco delle Cinque Terre


Mariolina Besio


 

Il territorio delle Cinque Terre è stato suddiviso in unità ambientali e in ecosistemi dell’insediamento rurale, al cui interno sono stati rilevati differenti comportamenti insediativi, secondo un percorso cognitivo ricco ed articolato e con carattere di interdisciplinarietà. Mariolina Besio, in qualità di coordinatrice scientifica del piano del parco, ne descrive i livelli di osservazione e di efficacia

 

 

 

Un piano di parco con molte valenze

 

Nel 1997 i consigli comunali di Monterosso di Vernazza e di Riomaggiore, riuniti in assemblea pubblica, hanno deliberato all’unanimità di chiedere l’istituzione del parco nazionale delle Cinque Terre: procedura singolare, poiché iniziata per volontà delle comunità locali, anziché di istituzioni sovraordinate.

Il parco è stato istituito nel 1999 e nelle motivazioni del decreto istitutivo si cita: “… l’unicità delle caratteristiche naturali, paesistiche e storiche e culturali del territorio compreso tra Monterosso al Mare e Riomaggiore costituisce testimonianza storica dell’originaria identità insediativa delle Cinque Terre, determinata dai cinque borghi marinari”.

Il legislatore ha ravvisato nei caratteri del paesaggio agrario terrazzato e nella testimonianza storica del lavoro dell’uomo i valori preminenti da salvaguardare, ponendo in evidenza i valori paesaggistici e storico-culturali. L’articolo 1 al comma 5 recita: “Per il rilevante valore paesaggistico, agricolo e storico-culturale è individuato nel territorio del Parco l’ambito territoriale delle Cinque Terre”, riconoscendo in posizione centrale l’ambito territoriale nel quale si concentra il sistema dei terrazzamenti.

Nel dicembre 1997, le Cinque Terre sono state iscritte nella lista Unesco dei siti appartenenti al patrimonio mondiale dell’umanità come “paesaggio organico evolutivo”. La motivazione recita: “La riviera ligure orientale delle Cinque Terre è un paesaggio culturale di valore eccezionale, che rappresenta l’armoniosa interazione stabilitasi tra l’uomo e la natura per realizzare un paesaggio di qualità eccezionale, che manifesta un modo di vita tradizionale millenario e che continua a giocare un ruolo socio-economico di primo piano nella vita della comunità”. I valori eccezionali del paesaggio delle Cinque Terre testimoniano “... della lunga permanenza di colture agrarie tradizionali e della storia secolare del territorio nella quale si è consolidato, in forme del tutto peculiari, il rapporto tra insediamento rurale ed ambiente naturale” (Lenon J., 2001; Rossler M., 1999.).

Il parco delle Cinque Terre è atipico rispetto agli altri parchi nazionali poiché l’ambiente naturale è stato profondamente modificato dall’azione dell’uomo; con i suoi 4300 ettari di estensione, probabilmente è il più piccolo e, con i suoi 5000 abitanti, probabilmente è anche il più densamente popolato.

Il valore non consiste in singoli fattori emergenti o nella peculiarità di un unico fenomeno dominante, bensì nella particolare convergenza di fattori naturali ed umani, che ha potuto continuamente trasformarsi, pur mantenendosi vitale. La realtà territoriale corrisponde ad un ecosistema originale e complesso, in cui il mondo della natura interagisce con i modi di vita delle comunità abitanti e con i manufatti, realizzati per garantire la stabilità e la vitalità dell’insediamento rurale. L’ambiente meritevole di tutela non è esclusivamente quello naturale, poiché all’equilibrio dei sistemi della natura è stato sostituito un nuovo equilibrio, più complesso, e quindi più delicato, degli ecosistemi in cui la natura interagisce con gli artefatti antropici. Tuttavia, mentre il primo ha una sua stabilità indipendentemente dalla presenza dell’uomo, il secondo, se questa viene meno, può degenerare fino al collasso (Verbas C., 1978; Faggioni P. E., 1983; Cappellini D., 1992).

Oggi le necessità, che avevano motivato la costruzione e la manutenzione del paesaggio rurale terrazzato, non esistono più. Si è in presenza di una tendenza generalizzata all’abbandono delle pratiche agrarie. L’economia locale trova nel turismo o nei servizi sbocchi alternativi all’agricoltura non più remunerativa. Le regole che avevano governato i processi di antropizzazione sono disattese e le leggi della natura tendono a riprendere il loro corso, eliminando artefatti, terrazzamenti e colture agrarie. Il venir meno del presidio agricolo ha quale effetto l’attivarsi di dissesti idrogeologici che, senza adeguati provvedimenti, provocheranno la scomparsa del paesaggio, che oggi serve da richiamo per il turismo (Terranova R., 1989; Trilla J., 2002; Mannoni T., 2003).

Da questa breve premessa è evidente che i valori da proteggere sono quelli del paesaggio terrazzato, ancor prima di quelli dell’ambiente naturale, e che la loro conservazione dipende dal mantenimento dell’equilibrio evolutivo dell’insediamento rurale. Il piano del parco diventa anche piano del paesaggio; ma il piano del paesaggio, per governare l’evoluzione del processo simbiotico tra le comunità di abitanti ed il loro quadro di vita, assume anche la valenza di piano di sviluppo della società locale (Conferenza europea sullo sviluppo rurale, 1996; Parlamento europeo, 2001; Federazione dei parchi europei, 2001; Magnaghi A., 2000).

Figura 1 - Veduta di Drignana

 

 

 

Costruire conoscenza da diversi piani di osservazione

 

Partendo dal presupposto che “non c’è cognizione senza intenzione”, nel processo cognitivo, finalizzato a sostenere le scelte del piano, non sarebbe stato sufficiente raccogliere dati, nel maggior numero possibile di qualsiasi tipo, ed elaborare informazioni secondo procedure predefinite, esterne al contesto nel quale veniva formulata la conoscenza. Nel nostro caso interessava analizzare i rapporti complessi tra la natura, i manufatti antropici ed i modelli culturali e socio-economici, al fine di rilevare le parti del territorio che manifestano caratteri di unità, organicità, complessità ed evoluzione, tipici degli ecosistemi in cui le comunità abitanti determinano la teleologia del sistema (Lynch K., 1990; Bateson G., 1976; 1984).

Inizialmente il territorio del parco è stato osservato da lontano, nella sua interezza, per rilevare le strutture generali dell’ambiente e le linee emergenti del paesaggio, che distinguono le Cinque Terre dai territori circostanti. Sono state individuate diverse unità ambientali quali parti del territorio in cui la presenza dell’uomo e delle sue opere varia con gradualità crescente, in rapporto a soglie significative dei modi dell’abitare.

Le unità ambientali hanno il senso di una rappresentazione complessiva da cui emerge l’identità collettiva, poiché i fenomeni dominanti e la struttura delle relazioni tra mondo della natura e mondo rurale sono ricorrenti e gli stessi comportamenti, le stesse relazioni e le stesse regole sono validi in maniera generalizzata (Quine W., 1987; Remotti, 1996; Decandia L., 2000; Bauman Z., 2003).

Nell’ambito naturale dei boschi e della falesia le relazioni e le dinamiche dei fenomeni naturali prevalgono su quelle dei fenomeni antropici e dell’insediamento umano, praticamente non vi sono edifici e neppure colture agrarie di rilievo.

Nell’ambito rurale gli elementi naturali ed i manufatti rurali sono intrecciati secondo mutue relazioni in cui le leggi che governano le dinamiche della natura sono state composte con le regole che hanno dato forma all’insediamento umano, vi si trovano tutte le aree terrazzate, non distinguendo quelle coltivate da quelle abbandonate.

Nell’ambito urbano “la presenza dell’uomo, delle sue attività e la concentrazione di artefatti, tipica delle realtà urbane in senso lato sono rilevanti, vi prevalgono attività, usi delle abitazioni, degli edifici e delle infrastrutture diversi da quelli agricoli”.

Successivamente il parco è stato osservato con maggiore attenzione, per cogliere i processi di trasformazione, che introducono elementi di difformità e di rottura nell’apparente uniforme stabilità della veduta da lontano.

Guardando all’interno delle diverse unità ambientali si colgono differenti situazioni; ci si accorge che i caratteri dominanti stanno impercettibilmente modificandosi, poiché sono soggetti a trasformazioni non rilevabili nelle visioni istantanee, ma soltanto nella sequenza di successivi stati, ricostruiti dalle cartografie storiche con un attendibile metodo indiziario (Muratori S., 1967; Thom R., 1980; Ginzburg C., 1986; Papagno G., 2000).

I terrazzi coltivati si distinguono da quelli abbandonati, dove talvolta prevalgono processi di rinaturalizzazione ed altre volte si instaurano condizioni di rischio. L’evoluzione naturale dei boschi sta scendendo a colonizzare anche alcune aree del versante. La costa alta è soggetta al processo erosivo del mare, che alimenta le poche spiagge e contribuisce a formare l’immaginario scenografico del paesaggio delle Cinque Terre. Negli ambiti rurali le abitazioni ed i terrazzamenti ancora in uso si distinguono da quelli in cui è in atto un progressivo processo di abbandono. Talvolta, anche se le pratiche agricole sono ancora attive, si rileva una nuova pressione turistica che cambia le destinazioni di abitazioni e manufatti. La falesia naturale si distingue dalla costa alta, ormai inaccessibile per il dissesto idrogeologico causato dal crollo dei muri a secco di sostegno dei terrazzamenti, e/o ricolonizzata dalla garriga e dalla macchia mediterranea. I boschi di pregio e/o autoctoni si distinguono dai boschi che recentemente hanno ricolonizzato le aree un tempo terrazzate. Nell’ambito urbano i centri costieri, suddivisi in nuclei storici e zone di espansione, si distinguono dai nuclei e dagli aggregati di versante (Piano del parco delle Cinque Terre, 2002; World Monument Fund, 2002).

Infine, l’ambito rurale è stato osservato ancor più da vicino, per analizzare con attenzione i luoghi dove si concentrano i valori ambientali e paesistici dell’ambito rurale. Guardando al suo interno, mettendo a confronto gli elementi, per evidenziare diversi casi che si possono trovare all’interno delle stesse categorie, e considerando le strutture delle relazioni depositate dalla storia dei gruppi locali, per mettere in evidenza le discontinuità, è stato possibile cogliere caratteri ricorrenti e legami forti, differenze e discontinuità tra luoghi diversi, che non appaiono nelle immagini del paesaggio ma soltanto nella struttura nascosta soggiacente. È stato possibile tracciare partizioni dello spazio rurale, seguendo i confini immateriali che segnano le differenze tra i mondi locali e delimitano i luoghi che, all’interno della narrazione collettiva, raccontano le storie particolari degli individui e dei gruppi.

Sono stati rilevati luoghi in cui l’insediamento rurale ha un’organizzazione unitaria. Gli elementi che ne fanno parte - l’insediamento, l’assetto artificiale di suoli ed acque, il tessuto delle proprietà, la rete dei percorsi interpoderale e le colture agrarie - rivelano un’evidente intenzione progettuale collettiva, che è l’esito dei processi di lunga durata, nei quali si è consolidato il rapporto di identificazione tra le comunità insediate ed i luoghi dell’abitare. Questi luoghi costituiscono particolari ecosistemi dell’insediamento rurale in cui l’organizzazione ha lo scopo della sopravvivenza delle piccole comunità rurali e si è variamente conformata in base alle percezioni antropologiche e tecnico-culturali che i suoi componenti avevano dei loro ambiti vitali. Per questo ciascun ecosistema ha individualità ed identità proprie che lo distinguono da tutti gli altri (Alexander C., 1979; Habraken N., 1998; Besio M., 2002).

La carta delle unità ambientali, la carta delle dinamiche in atto (nelle unità ambientali), la carta degli ecosistemi dell’insediamento rurale restituiscono diverse rappresentazioni della stessa realtà territoriale. In ciascuna di loro è stato osservato il rapporto tra il mondo della natura ed il mondo dell’insediamento rurale, se pur con diverse intenzioni interpretative, a diversa distanza e con diverso approfondimento; gli stessi elementi sono stati osservati con diverso dettaglio, è stato loro attribuito diverso significato e tra loro sono state considerate diverse relazioni. Sono tutte motivate dalla stessa intenzione: individuare i confini, non sempre evidenti, degli ambiti territoriali e dei luoghi in cui i caratteri degli elementi e le loro relazioni significative sono ricorrenti, poiché connessi nelle strutture nascoste dei processi di radicamento degli uomini ai suoli (Dematteis G., 1991; 1995; Bruner J., 1992; Casati R., Varzi A., 1999).

L’intento del processo cognitivo è stato quello di ritrovare nella struttura profonda, che soggiace alle forme visibili, le relazioni complesse, unitarie ed organiche che nel passato rendevano solidali in maniera efficiente l’ambiente civile con quello costruito dall’uomo e con quello naturale, al fine di riproporle in maniera innovativa ed adeguata ai sistemi economici e socio-antropologici attuali. In particolare, interessava rilevare il progetto latente: progetto collettivo, ideato dalle comunità per garantire la propria sopravvivenza e quella dei propri figli secondo forme che oggi si direbbero sostenibili, attuato nei secoli con l’apporto di una pluralità di interventi diversi, realizzati in tempi diversi e sedimentato nelle forme del paesaggio come patrimonio ereditato dalla storia.

 

Figura 2 - Veduta di Tramonti

 

Un piano con livelli di efficacia differenti

 

Partendo dal presupposto che il piano è la vita che continua, la struttura del piano del parco avrebbe dovuto formalizzare, con gli strumenti ed i linguaggi della disciplina urbanistica, i rapporti interscalari e le dinamiche evolutive osservate nella realtà territoriale.

Ai tre livelli di osservazione si possono associare tre livelli di efficacia del piano del parco, che si articola nel piano delle strategie, nel piano delle salvaguardie e nel piano della gestione e della progettualità.

Il piano delle strategie ha quale riferimento la figura spaziale delle unità ambientali. Funziona come una specie di ideogramma ideale, immanente alla realtà territoriale, che restituisce la figura di uno scenario per orientare verso un futuro desiderabile. È un documento di indirizzo, che stabilisce gli obiettivi prioritari e fissa le linee generali delle politiche differenziate degli usi dei suoli per le diverse unità ambientali. Non ha valore direttamente prescrittivo, ma costituisce il riferimento per i successivi livelli di piano: una trama spaziale a maglie larghe di inquadramento normativo per la trama più fitta del piano delle salvaguardie; un modello per valutare la sostenibilità paesistica e la coerenza dei progetti previsti dal piano della gestione e della progettualità (Diappi L., 1997; Gibelli M., 1997; Piroddi E., 1999; Magnaghi A., 2001).

Nell’ambito naturale dei boschi e della falesia la politica del parco è orientata soprattutto alla tutela delle dinamiche della natura. Considerata la limitata estensione del parco, anche le aree apparentemente più naturali risentono comunque della presenza umana; per questa ragione non sono state individuate riserve integrali, ma soltanto riserve generali orientate.

Nell’ambito rurale la politica del parco è orientata alla conservazione del paesaggio agrario dei terrazzamenti. Politiche di sviluppo del turismo rurale, che mirano ad alleggerire i flussi turistici concentrati sulla costa, si integrano alle politiche agricole multifunzionali e di presidio ambientale.

Nell’ambito urbano dei centri abitati e delle spiagge, ma anche dei nuclei e degli aggregati di versante, le politiche del parco sono orientate a migliorare i servizi e le infrastrutture sia per gli abitanti che per i turisti.

Il piano delle salvaguardie ha, quale riferimento, i processi di trasformazione in atto nelle diverse unità ambientali. L’obiettivo è quello della conservazione degli equilibri ecologici, pur garantendo la loro continuità evolutiva. Ha valore direttamente prescrittivo e governa le trasformazioni attraverso il controllo degli usi dei suoli, tenendo presente le indicazioni della legge 394/1991. Stabilisce un regime di salvaguardia che regola i singoli interventi individuali entro soglie di ammissibilità diverse per le diverse zone. Le norme hanno particolare cogenza nei confronti della salvaguardia dal rischio idrogeologico, della conservazione del paesaggio terrazzato, dell’equilibrio degli ecosistemi agricoli e vegetazionali e degli interventi edilizi ed infrastrutturali. Esercita il controllo delle trasformazioni con criteri prestazionali, poiché, avendo un obiettivo complessivo, lo persegue con modalità articolate. Introduce una forma di perequazione ambientale nei confronti del plusvalore immobiliare acquisito dal patrimonio dell’edilizia rurale con gli interventi di recupero, poiché, attraverso la stipula di un atto unilaterale d’obbligo, li condiziona al recupero di terrazzamenti degradati e coltivi abbandonati. Introduce un principio di responsabilità, poiché associa alle azioni dei privati cittadini anche un interesse più generale e collettivo (Jonas H., 1990; Gambino R., 1996; Moroni S., 1999; Faludi A., 2000).

Il piano della gestione e dei progetti ha quale riferimento gli ecosistemi dell’insediamento rurale. È finalizzato in maniera mirata alla conservazione attiva del paesaggio terrazzato ed al coinvolgimento partecipe delle comunità locali in programmi operativi di intervento. Non ha valore prescrittivo, ma di riferimento per la formazione dei “progetti di riqualificazione paesistico-ambientale e di sviluppo sostenibile del territorio”, previsti da uno specifico articolo delle norme di piano. Dovranno essere attuati attraverso la stipula di intese che regolano i rapporti tra il parco, le pubbliche amministrazioni ed i privati e le modalità di gestione dei progetti e, dove sono stabiliti i criteri, le aree di intervento, i tipi di intervento ed i soggetti coinvolti. I progetti sono gli strumenti per coordinare, gestire ed attuare in maniera integrata una pluralità di interventi diversificati – di recupero e di manutenzione dei muri a secco, di rimpianto dei vigneti o delle colture in genere, di recupero del patrimonio dell’edilizia rurale, di miglioramento dell’accessibilità interpoderale ai fondi agricoli, di prevenzione dal rischio idrogeologico e degli incendi - entro programmi complessi, redatti per porzioni significative del territorio delle Cinque Terre.

La conservazione del paesaggio costruito, nel quale l’uomo ha operato continue trasformazioni, al fine di mantenerlo geomorfologicamente integro ed ecologicamente stabile, richiede strumenti operativi, normativi e di gestione per sostenere gli interventi e la presenza dell’uomo; non può essere conservato soltanto con strumenti normativi che vincolano l’immutabilità delle sue forme.

Gli indirizzi politici delineati nel piano delle strategie, i meccanismi normativi previsti dal piano delle salvaguardie, gli strumenti operativi definiti dal piano della gestione e dei progetti non si riferiscono al paesaggio delle Cinque Terre quale pura immagine, considerata, nella migliore delle ipotesi, l’icona di un passato difficilmente riproponibile. In tal caso il piano avrebbe dovuto associarle comportamenti, modelli di vita e sistemi economici, che oggi sarebbero fuori della realtà. Partendo, invece, dalla considerazione delle esigenze espresse dalle attuali comunità di abitanti, ha esplorato le forme del possibile progetto che si pone nella linea della continuità del progetto latente, che si legge in controluce nelle tre rappresentazioni. La figura del progetto non attiene soltanto ad uno dei possibili futuri, ma è anche la logica evoluzione di quello operante nel passato come struttura nascosta delle relazioni ambientali e delle immagini paesistiche.

 

Figura 3 - Veduta di San Bernardino

 

Rappresentazioni cognitive e rappresentazioni normative

 

Il linguaggio del progetto urbanistico, sia esso piano territoriale, piano ambientale o piano del paesaggio, codifica in maniera formale le trasformazioni ammissibili e quelle non consentite attraverso la delimitazione di zone in cui vigono diverse regole di comportamento; in altri termini attraverso zonizzazione e normativa. Tuttavia, i criteri con cui delimitare le zone, i principi e le categorie normative possono essere diversi. Anche il rilievo del progetto latente è stato rappresentato secondo il linguaggio disciplinare codificato; il territorio delle Cinque Terre è stato suddiviso nelle zone corrispondenti alle diverse unità ambientali ed ai diversi ecosistemi dell’insediamento rurale, al cui interno sono stati rilevati differenti comportamenti insediativi. Nell’apparente banalità della ripartizione in zone è sintetizzato un percorso cognitivo ricco ed articolato, che ha il carattere dell’interdisciplinarità, poiché vi sono coinvolte molte discipline, della complessità, poiché ha analizzato la contestualità di molti fenomeni, delle loro relazioni e la loro evoluzione nel tempo, della qualità, poiché ha trattato prevalentemente forme e relazioni in un contesto di significati (Le Moigne, 1990; Guttemberg A., 1993; Mazza L., 1997; Maciocco G., 1996; Morin E., 1994; Waldrop M., 1996).

“È stato possibile costruire conoscenza, rispondente ai requisiti dell’interdisciplinarità, della complessità, della qualità e dell’evoluzione, tipici dei paradigmi ecosistemici, con l’aiuto strumentale di un sistema Gis, che è stato utilizzato al livello prestazionale più elevato: non solo per elaborare dati od informazioni, ma anche conoscenza. L’elaborazione della conoscenza, attraverso un’adeguata struttura del data base, costruita in base a categorie ontologiche e di significato, e la formulazione di specifiche procedure di interrogazione, basate sulla struttura sintattica della rete semantica, ha aiutato non solo il chiarimento epistemologico dei concetti, ma anche la trasparenza del processo interpretativo seguito nelle rappresentazioni. Il flusso continuo e coerente, stabilito tra rappresentazioni cognitive e rappresentazioni normative ha, inoltre, garantito la trasparenza e la condivisione delle scelte di piano entro un contesto di concertazione, che si è svolto sia con la partecipazione degli abitanti, che a livello interistituzionale” (Goodchild M., 1993; Besio M., Quadrelli N., 2003; Curry M., 1998; Laurini R., 2001; Besio M., Monti C., 1999).

Nel passato la cura del territorio, esercitata con le pratiche agricole, non era solo funzionale al sostentamento economico, ma ad una visione complessiva, integrata ed organica del rapporto tra l’abitare ed il controllo del territorio, tra la casa e l’ambiente, tra la responsabilità del proprio ruolo sociale e il controllo del patrimonio collettivo. La responsabilità non poteva essere dei singoli se prima non era di tutti e la consapevolezza di acquisire, in forza dei rapporti collettivi, anche un’identità individuale corrispondeva al senso di appartenenza ai luoghi ed alla comunità.

Nel piano del parco nuove regole, non più spontaneamente assentite dai membri di una comunità chiusa, ma istituzionalmente stabilite per una comunità aperta agli apporti esterni, servono a garantire le convenienze economiche di una rinnovata economia rurale ed i vantaggi della riscoperta di nuove ed originali forme di identità comunitaria. La norma ha cercato di radicare il patrimonio edilizio alla terra, avendo come riferimento le forme consolidate dell’insediamento rurale che rendevano complementari gli interventi sull’edilizia a quelli sul territorio, ma innovandole, per tener conto delle istanze sociali ed economiche attuali. I meccanismi normativi degli standards di perequazione ambientale, e la stipula dell’intesa per i progetti complessi di riqualificazione paesistico-ambientale e di sviluppo sostenibile reintroducono, in forme istituzionali, la pratica della cura che le comunità preindustriali esercitavano in maniera spontanea.

Gli elementi che compongono le immagini del paesaggio oggi si presentano contemporaneamente alla nostra osservazione o si dispongono contestualmente nella stessa mappa. Però si sono posizionate, in tempi successivi, secondo una sequenza che oggi non è facile da ricostruire. Generazione dopo generazione, ciascuna ha aggiunto o tolto qualcosa, man mano trasformando il progetto già sedimentato, garantendo la sua possibilità di evolvere assieme alla vitalità dell’ecosistema.

Nel piano del parco, la struttura dei diversi livelli di efficacia consente di mantenere aperto il processo progettuale, che può evolvere assieme alle trasformazioni che si verificano nel territorio. Il piano delle salvaguardie può modificarsi a seguito di eventuali cambiamenti. Questi possono essere coerenti agli obiettivi del piano, se si verificano a seguito dell’attuazione dei progetti di riqualificazione paesistico-ambientale e di sviluppo sostenibile o del recupero diffuso dell’edilizia rurale, che abbia soddisfatto in maniera significativa gli standards di perequazione ambientale, oppure contrastarli, se motivati dal progressivo abbandono dei terrazzi coltivati o dalla pressione di flussi turistici non controllati. Una procedura garantisce la coerenza dell’evoluzione del piano con gli obiettivi generali della stabilità ambientale e della vitalità degli ecosistemi dell’insediamento rurale; infatti, tutti i cambiamenti sono ammissibili, poiché il piano delle strategie pone condizioni non superabili al piano delle salvaguardie.

A ben vedere, il progetto latente, che ha retto la lunga durata dei cicli della storia, è stato sostenuto dai principi fondamentali della conoscenza orientata e condivisa, della cura e della evoluzione. Il nuovo progetto del piano del parco ha cercato di riproporre questi stessi principi, codificandoli nella forma istituzionale di adeguate figure spaziali e di opportune disposizioni normative. Queste sono state orientate da rappresentazioni del territorio del parco formulate sulla base di conoscenze, che hanno cercato di simulare quelle del senso comune, sintetiche e rivolte all’azione, in base alle quali le comunità del passato hanno realizzato gli ecosistemi dell’insediamento rurale e percepito le immagini del paesaggio (Frixione, 2002).

 

Figura 4 - Veduta di Volastra

 

Bibliografia

 

Alexander Ch. (1979), The Timeless Way of Building, Oxford University Press, New York.

Bateson G. (1976), Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano.

Bateson G. (1984), Mente e natura un’unità necessaria, Adelphi, Milano.

Bauman Z. (2003), Intervista sull’identità, Laterza, Roma.

Besio M., Monti C. (a cura) (1999), Dal cannocchiale alle stelle: strumenti per il nuovo piano, FrancoAngeli, Milano.

Besio M. (a cura) (2002), Il vino del mare. Il piano del paesaggio tra i tempi della tradizione ed i tempi della conoscenza, Marsilio, Venezia.

Besio M. (2002), “Préserver le paysage bati, conserver une architecture collective”, in Patrimoine & paysages culturels, Actes du Colloque International de Sait Emilion, Unesco.

Besio M. (2002), Remarks on conservation plannning from european case of rural landscape: a project of the World Monuments Watch, a program of the World Monument Fund granted from the American Express Company in Rossler M. (ed.) “Cultural landscape the challenge of conservation. Taking stock ten years after: cultural landscape in the framework of the world heritage convention: Europe. A model region”, proceedings Unesco International Workshop Ferrara.

Besio M., Quadrelli N. (2003), Strategia di conoscenza & strategia di piano, in “Informatica e pianificazione urbana e territoriale: costruzione e gestione della conoscenza”, Atti Conferenza nazionale Input.

Bruner J. (1992), La ricerca del significato. Per una psicologia culturale, Bollati Boringhieri, Torino.

Capellini D. (1992), Per quell’amor di cose. Personaggi, costumi e vita nelle Cinque Terre, Lunaria, Sarzana.

Casati R., Varzi A. (1999), Parts and Places: the Structures of Spatial Representations, Mit Press, Cambridge Mass.

Conferenza europea sullo sviluppo rurale (1996), Carta di Cork sullo sviluppo rurale, Cork.

Curry M. (1998), Digital Places: Living with Geographic Information Technologies, Routledge, London.

Decandia L. (2000), Dell’identità: saggio sui luoghi per una critica della razionalità urbanistica, Catanzaro, Rubettino.

Dematteis G. (1991), Le metafore della terra; la geografia umana tra mito e scienza, Feltrinelli, Milano.

Dematteis G. (1995), Progetto implicito: il contributo della geografia umana alle scienze del territorio, FrancoAngeli, Milano.

Diappi L. (1997), La pianificazione strategica: alcuni modelli a confronto, in Territorio n. 5.

Faggioni P. E. (1983), (ed), Vini e vigneti delle Cinque Terre, Stringa, Genova.

Faludi A. (2000), Decisione e pianificazione ambientale, Dedalo, Bari.

Federazione dei parchi europei (2001), “Carta europea del turismo durevole”.

Frixione M. (2002), Il senso comune, in Besio M. (a cura), “Il vino del mare. Il piano del paesaggio tra i tempi della tradizione ed i tempi della conoscenza”, Marsilio, Venezia.

Gambino R. (1996), Progetti per l’ambiente, FrancoAngeli, Milano.

Gibelli M. G. (1997), Tre famiglie di piani strategici: uno sguardo d’assieme alle vicende internazionali, in Urbanistica n. 106.

Ginzburg C. (1986), Miti, emblemi, spie: morfologia e storia, Einaudi, Torino.

Goodchild M. (1993), Environmental Modelling with Gis, Oxford University Press, Oxford.

Guttemberg A. (1993), The Language of Planning, University of Illinois Press, Urbana Chicago.

Habraken N. J. (1998), The Structure of the Ordinary. Form and Control in the Built Environment, The Mit Press, Cambridge Mass.

Jonas H. (1990), Il principio di responsabilità: un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino.

Laurini R. (2001), Information Systems for Urban Planning: a Hipermedia Cooperative Approach, Spoon, London.

Le Moigne (1990), La modellisation des systemes complexes, Dunod, Paris.

Lenon J. (2001), Management Guidelines for World Heritage Cultural Landscapes, Unesco, third draft.

Lynch K. (1990), Progettare la città, Etaslibri, Milano.

Maciocco G. (a cura) (1996), La città in ombra. Pianificazione urbana e interdisciplinarietà, FrancoAngeli, Milano.

Magnaghi A. (2000), Il progetto locale, Boringhieri, Torino.

Magnaghi A. (a cura) (2001), Rappresentare i luoghi: metodi e tecniche, Alinea, Firenze.

Mannoni T. (2002), Il patrimonio da salvare è il saper fare, in Besio M. (a cura), “Il vino del mare. Il piano del paesaggio tra i tempi della tradizione e i tempi della conoscenza”, Marsilio, Venezia.

Mazza L. (1997), Trasformazioni del piano, FrancoAngeli, Milano.

Morin E. (1994), Terra Patria, Cortina, Milano.

Moroni S. (1999), Urbanistica e regolazione: la dimensione regolativa della pianificazione territoriale, FrancoAngeli, Milano.

Muratori S. (1967), Civiltà e territorio, Centro studi di storia urbanistica, Roma.

Papagno G. (2000), Un modello per la storia: materiali, attività, funzioni, Diabasis, Reggio Emilia.

Parlamento europeo (2001), Rapporto della commissione dell’agricoltura e dello sviluppo rurale del parlamento europeo, “Rapporto per i 25 anni di applicazione del regolamento comunitario a favore dell’agricoltura di montagna”, Bruxelles.

Piano del parco delle Cinque Terre (2002), Descrizione fondativa, Riomaggiore.

Piroddi E. (1999), Le forme del piano urbanistico, FrancoAngeli, Milano.

Quine W., (1987), La scienza e i dati di senso, Roma, Armando.

Rossler M. (1999), Cultural Landscapes in the Framework of the Convention Concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage, in Geja H., (ed), “Monument-Site-Cultural Landscape Exemplified by the Walchau”, Austrian National Commitee of Icomos, Vienna.

Terranova R. (1989), Il paesaggio costiero agrario terrazzato delle Cinque Terre in Liguria, in Studi e ricerche di geografia, n. 1.

Thom R. (1980), Stabilità strutturale e morfogenesi: saggio di una teoria generale dei modelli, Einaudi, Torino.

Trilla Arrufat J. (2002), Le molte dinamiche del paesaggio, in Besio M. (a cura), “Il vino del mare. Il piano del paesaggio tra i tempi della tradizione e i tempi della conoscenza”, Marsilio, Venezia.

Verbas C. (1978), Le Cinque Terre, in Studi e ricerche di geografia, n. 1.

Waldrop M. (1996), Complessità, Instar, Torino.

World Monument Fund (2002), Studio per la conservazione dei terrazzamenti delle Cinque Terre, Dipartimento Polis, Università di Genova, Genova.

 

 

Le immagini riportate nel presente articolo sono di Daniele Virgilio

 

 

Presentazione | Referenze Autori | Scrivi alla redazione | AV News | HOME

 

 Il sito web di Area Vasta è curato da Michele Sol