Un piano di parco con molte valenze
Nel 1997 i consigli comunali di Monterosso
di Vernazza e di Riomaggiore, riuniti in
assemblea pubblica, hanno deliberato
all’unanimità di chiedere l’istituzione del
parco nazionale delle Cinque Terre:
procedura singolare, poiché iniziata per
volontà delle comunità locali, anziché di
istituzioni sovraordinate.
Il parco è stato istituito nel 1999 e nelle
motivazioni del decreto istitutivo si cita:
“… l’unicità delle caratteristiche naturali,
paesistiche e storiche e culturali del
territorio compreso tra Monterosso al Mare e
Riomaggiore costituisce testimonianza
storica dell’originaria identità insediativa
delle Cinque Terre, determinata dai cinque
borghi marinari”.
Il legislatore ha ravvisato nei caratteri
del paesaggio agrario terrazzato e nella
testimonianza storica del lavoro dell’uomo i
valori preminenti da salvaguardare, ponendo
in evidenza i valori paesaggistici e
storico-culturali. L’articolo 1 al comma 5
recita: “Per il rilevante valore
paesaggistico, agricolo e storico-culturale
è individuato nel territorio del Parco
l’ambito territoriale delle Cinque Terre”,
riconoscendo in posizione centrale l’ambito
territoriale nel quale si concentra il
sistema dei terrazzamenti.
Nel dicembre 1997, le Cinque Terre sono
state iscritte nella lista Unesco dei siti
appartenenti al patrimonio mondiale
dell’umanità come “paesaggio organico
evolutivo”. La motivazione recita: “La
riviera ligure orientale delle Cinque Terre
è un paesaggio culturale di valore
eccezionale, che rappresenta l’armoniosa
interazione stabilitasi tra l’uomo e la
natura per realizzare un paesaggio di
qualità eccezionale, che manifesta un modo
di vita tradizionale millenario e che
continua a giocare un ruolo socio-economico
di primo piano nella vita della comunità”. I
valori eccezionali del paesaggio delle
Cinque Terre testimoniano “... della lunga
permanenza di colture agrarie tradizionali e
della storia secolare del territorio nella
quale si è consolidato, in forme del tutto
peculiari, il rapporto tra insediamento
rurale ed ambiente naturale” (Lenon J.,
2001; Rossler M., 1999.).
Il parco delle Cinque Terre è atipico
rispetto agli altri parchi nazionali poiché
l’ambiente naturale è stato profondamente
modificato dall’azione dell’uomo; con i suoi
4300 ettari di estensione, probabilmente è
il più piccolo e, con i suoi 5000 abitanti,
probabilmente è anche il più densamente
popolato.
Il valore non consiste in singoli fattori
emergenti o nella peculiarità di un unico
fenomeno dominante, bensì nella particolare
convergenza di fattori naturali ed umani,
che ha potuto continuamente trasformarsi,
pur mantenendosi vitale. La realtà
territoriale corrisponde ad un ecosistema
originale e complesso, in cui il mondo della
natura interagisce con i modi di vita delle
comunità abitanti e con i manufatti,
realizzati per garantire la stabilità e la
vitalità dell’insediamento rurale.
L’ambiente meritevole di tutela non è
esclusivamente quello naturale, poiché
all’equilibrio dei sistemi della natura è
stato sostituito un nuovo equilibrio, più
complesso, e quindi più delicato, degli
ecosistemi in cui la natura interagisce con
gli artefatti antropici. Tuttavia, mentre il
primo ha una sua stabilità indipendentemente
dalla presenza dell’uomo, il secondo, se
questa viene meno, può degenerare fino al
collasso (Verbas C., 1978; Faggioni P. E.,
1983; Cappellini D., 1992).
Oggi le necessità, che avevano motivato la
costruzione e la manutenzione del paesaggio
rurale terrazzato, non esistono più. Si è in
presenza di una tendenza generalizzata
all’abbandono delle pratiche agrarie.
L’economia locale trova nel turismo o nei
servizi sbocchi alternativi all’agricoltura
non più remunerativa. Le regole che avevano
governato i processi di antropizzazione sono
disattese e le leggi della natura tendono a
riprendere il loro corso, eliminando
artefatti, terrazzamenti e colture agrarie.
Il venir meno del presidio agricolo ha quale
effetto l’attivarsi di dissesti
idrogeologici che, senza adeguati
provvedimenti, provocheranno la scomparsa
del paesaggio, che oggi serve da richiamo
per il turismo (Terranova R., 1989; Trilla
J., 2002; Mannoni T., 2003).
Da questa breve premessa è evidente che i
valori da proteggere sono quelli del
paesaggio terrazzato, ancor prima di quelli
dell’ambiente naturale, e che la loro
conservazione dipende dal mantenimento
dell’equilibrio evolutivo dell’insediamento
rurale. Il piano del parco diventa anche
piano del paesaggio; ma il piano del
paesaggio, per governare l’evoluzione del
processo simbiotico tra le comunità di
abitanti ed il loro quadro di vita, assume
anche la valenza di piano di sviluppo della
società locale (Conferenza europea sullo
sviluppo rurale, 1996; Parlamento europeo,
2001; Federazione dei parchi europei, 2001;
Magnaghi A., 2000).
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Figura 1 - Veduta di Drignana |
Costruire conoscenza da diversi piani di
osservazione
Partendo dal presupposto che “non c’è
cognizione senza intenzione”, nel processo
cognitivo, finalizzato a sostenere le scelte
del piano, non sarebbe stato sufficiente
raccogliere dati, nel maggior numero
possibile di qualsiasi tipo, ed elaborare
informazioni secondo procedure predefinite,
esterne al contesto nel quale veniva
formulata la conoscenza. Nel nostro caso
interessava analizzare i rapporti complessi
tra la natura, i manufatti antropici ed i
modelli culturali e socio-economici, al fine
di rilevare le parti del territorio che
manifestano caratteri di unità, organicità,
complessità ed evoluzione, tipici degli
ecosistemi in cui le comunità abitanti
determinano la teleologia del sistema (Lynch
K., 1990; Bateson G., 1976; 1984).
Inizialmente il territorio del parco è stato
osservato da lontano, nella sua interezza,
per rilevare le strutture generali
dell’ambiente e le linee emergenti del
paesaggio, che distinguono le Cinque Terre
dai territori circostanti. Sono state
individuate diverse unità ambientali quali
parti del territorio in cui la presenza
dell’uomo e delle sue opere varia con
gradualità crescente, in rapporto a soglie
significative dei modi dell’abitare.
Le unità ambientali hanno il senso di una
rappresentazione complessiva da cui emerge
l’identità collettiva, poiché i fenomeni
dominanti e la struttura delle relazioni tra
mondo della natura e mondo rurale sono
ricorrenti e gli stessi comportamenti, le
stesse relazioni e le stesse regole sono
validi in maniera generalizzata (Quine W.,
1987; Remotti, 1996; Decandia L., 2000;
Bauman Z., 2003).
Nell’ambito naturale dei boschi e della
falesia le relazioni e le dinamiche dei
fenomeni naturali prevalgono su quelle dei
fenomeni antropici e dell’insediamento
umano, praticamente non vi sono edifici e
neppure colture agrarie di rilievo.
Nell’ambito rurale gli elementi
naturali ed i manufatti rurali sono
intrecciati secondo mutue relazioni in cui
le leggi che governano le dinamiche della
natura sono state composte con le regole che
hanno dato forma all’insediamento umano, vi
si trovano tutte le aree terrazzate, non
distinguendo quelle coltivate da quelle
abbandonate.
Nell’ambito urbano “la presenza
dell’uomo, delle sue attività e la
concentrazione di artefatti, tipica delle
realtà urbane in senso lato sono
rilevanti, vi prevalgono attività, usi delle
abitazioni, degli edifici e delle
infrastrutture diversi da quelli agricoli”.
Successivamente il parco è stato osservato
con maggiore attenzione, per cogliere i
processi di trasformazione, che introducono
elementi di difformità e di rottura
nell’apparente uniforme stabilità della
veduta da lontano.
Guardando all’interno delle diverse unità
ambientali si colgono differenti situazioni;
ci si accorge che i caratteri dominanti
stanno impercettibilmente modificandosi,
poiché sono soggetti a trasformazioni non
rilevabili nelle visioni istantanee, ma
soltanto nella sequenza di successivi stati,
ricostruiti dalle cartografie storiche con
un attendibile metodo indiziario (Muratori
S., 1967; Thom R., 1980; Ginzburg C., 1986;
Papagno G., 2000).
I terrazzi coltivati si distinguono da
quelli abbandonati, dove talvolta prevalgono
processi di rinaturalizzazione ed altre
volte si instaurano condizioni di rischio.
L’evoluzione naturale dei boschi sta
scendendo a colonizzare anche alcune aree
del versante. La costa alta è soggetta al
processo erosivo del mare, che alimenta le
poche spiagge e contribuisce a formare
l’immaginario scenografico del paesaggio
delle Cinque Terre. Negli ambiti rurali le
abitazioni ed i terrazzamenti ancora in uso
si distinguono da quelli in cui è in atto un
progressivo processo di abbandono. Talvolta,
anche se le pratiche agricole sono ancora
attive, si rileva una nuova pressione
turistica che cambia le destinazioni di
abitazioni e manufatti. La falesia naturale
si distingue dalla costa alta, ormai
inaccessibile per il dissesto idrogeologico
causato dal crollo dei muri a secco di
sostegno dei terrazzamenti, e/o
ricolonizzata dalla garriga e dalla macchia
mediterranea. I boschi di pregio e/o
autoctoni si distinguono dai boschi che
recentemente hanno ricolonizzato le aree un
tempo terrazzate. Nell’ambito urbano
i centri costieri, suddivisi in nuclei
storici e zone di espansione, si distinguono
dai nuclei e dagli aggregati di versante
(Piano del parco delle Cinque Terre, 2002;
World Monument Fund, 2002).
Infine, l’ambito rurale è stato osservato
ancor più da vicino, per analizzare con
attenzione i luoghi dove si concentrano i
valori ambientali e paesistici dell’ambito
rurale. Guardando al suo interno, mettendo a
confronto gli elementi, per evidenziare
diversi casi che si possono trovare
all’interno delle stesse categorie, e
considerando le strutture delle relazioni
depositate dalla storia dei gruppi locali,
per mettere in evidenza le discontinuità, è
stato possibile cogliere caratteri
ricorrenti e legami forti, differenze e
discontinuità tra luoghi diversi, che non
appaiono nelle immagini del paesaggio ma
soltanto nella struttura nascosta
soggiacente. È stato possibile tracciare
partizioni dello spazio rurale, seguendo i
confini immateriali che segnano le
differenze tra i mondi locali e delimitano i
luoghi che, all’interno della narrazione
collettiva, raccontano le storie particolari
degli individui e dei gruppi.
Sono stati rilevati luoghi in cui
l’insediamento rurale ha un’organizzazione
unitaria. Gli elementi che ne fanno parte -
l’insediamento, l’assetto artificiale di
suoli ed acque, il tessuto delle proprietà,
la rete dei percorsi interpoderale e le
colture agrarie - rivelano un’evidente
intenzione progettuale collettiva, che è
l’esito dei processi di lunga durata, nei
quali si è consolidato il rapporto di
identificazione tra le comunità insediate ed
i luoghi dell’abitare. Questi luoghi
costituiscono particolari ecosistemi
dell’insediamento rurale in cui
l’organizzazione ha lo scopo della
sopravvivenza delle piccole comunità rurali
e si è variamente conformata in base alle
percezioni antropologiche e
tecnico-culturali che i suoi componenti
avevano dei loro ambiti vitali. Per questo
ciascun ecosistema ha individualità ed
identità proprie che lo distinguono da tutti
gli altri (Alexander C., 1979; Habraken N.,
1998; Besio M., 2002).
La carta delle unità ambientali, la
carta delle dinamiche in atto (nelle
unità ambientali), la carta degli
ecosistemi dell’insediamento rurale
restituiscono diverse rappresentazioni della
stessa realtà territoriale. In ciascuna di
loro è stato osservato il rapporto tra il
mondo della natura ed il mondo
dell’insediamento rurale, se pur con diverse
intenzioni interpretative, a diversa
distanza e con diverso approfondimento; gli
stessi elementi sono stati osservati con
diverso dettaglio, è stato loro attribuito
diverso significato e tra loro sono state
considerate diverse relazioni. Sono tutte
motivate dalla stessa intenzione:
individuare i confini, non sempre evidenti,
degli ambiti territoriali e dei luoghi in
cui i caratteri degli elementi e le loro
relazioni significative sono ricorrenti,
poiché connessi nelle strutture nascoste dei
processi di radicamento degli uomini ai
suoli (Dematteis G., 1991; 1995; Bruner J.,
1992; Casati R., Varzi A., 1999).
L’intento del processo cognitivo è stato
quello di ritrovare nella struttura
profonda, che soggiace alle forme visibili,
le relazioni complesse, unitarie ed
organiche che nel passato rendevano solidali
in maniera efficiente l’ambiente civile con
quello costruito dall’uomo e con quello
naturale, al fine di riproporle in maniera
innovativa ed adeguata ai sistemi economici
e socio-antropologici attuali. In
particolare, interessava rilevare il
progetto latente: progetto collettivo,
ideato dalle comunità per garantire la
propria sopravvivenza e quella dei propri
figli secondo forme che oggi si direbbero
sostenibili, attuato nei secoli con
l’apporto di una pluralità di interventi
diversi, realizzati in tempi diversi e
sedimentato nelle forme del paesaggio come
patrimonio ereditato dalla storia.
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Figura 2 - Veduta di Tramonti |
Un piano con livelli di efficacia differenti
Partendo dal presupposto che il piano è
la vita che continua, la struttura del
piano del parco avrebbe dovuto formalizzare,
con gli strumenti ed i linguaggi della
disciplina urbanistica, i rapporti
interscalari e le dinamiche evolutive
osservate nella realtà territoriale.
Ai tre livelli di osservazione si possono
associare tre livelli di efficacia del piano
del parco, che si articola nel piano
delle strategie, nel piano delle
salvaguardie e nel piano della
gestione e della progettualità.
Il piano delle strategie ha quale
riferimento la figura spaziale delle
unità ambientali. Funziona come una
specie di ideogramma ideale, immanente alla
realtà territoriale, che restituisce la
figura di uno scenario per orientare verso
un futuro desiderabile. È un documento di
indirizzo, che stabilisce gli obiettivi
prioritari e fissa le linee generali delle
politiche differenziate degli usi dei suoli
per le diverse unità ambientali. Non ha
valore direttamente prescrittivo, ma
costituisce il riferimento per i successivi
livelli di piano: una trama spaziale a
maglie larghe di inquadramento normativo per
la trama più fitta del piano delle
salvaguardie; un modello per valutare la
sostenibilità paesistica e la coerenza dei
progetti previsti dal piano della
gestione e della progettualità (Diappi
L., 1997; Gibelli M., 1997; Piroddi E.,
1999; Magnaghi A., 2001).
Nell’ambito naturale dei boschi e della
falesia la politica del parco è orientata
soprattutto alla tutela delle dinamiche
della natura. Considerata la limitata
estensione del parco, anche le aree
apparentemente più naturali risentono
comunque della presenza umana; per questa
ragione non sono state individuate riserve
integrali, ma soltanto riserve generali
orientate.
Nell’ambito rurale la politica del parco è
orientata alla conservazione del paesaggio
agrario dei terrazzamenti. Politiche di
sviluppo del turismo rurale, che mirano ad
alleggerire i flussi turistici concentrati
sulla costa, si integrano alle politiche
agricole multifunzionali e di presidio
ambientale.
Nell’ambito urbano dei centri abitati
e delle spiagge, ma anche dei nuclei e degli
aggregati di versante, le politiche del
parco sono orientate a migliorare i servizi
e le infrastrutture sia per gli abitanti che
per i turisti.
Il piano delle salvaguardie ha, quale
riferimento, i processi di trasformazione in
atto nelle diverse unità ambientali.
L’obiettivo è quello della conservazione
degli equilibri ecologici, pur garantendo la
loro continuità evolutiva. Ha valore
direttamente prescrittivo e governa le
trasformazioni attraverso il controllo degli
usi dei suoli, tenendo presente le
indicazioni della legge 394/1991. Stabilisce
un regime di salvaguardia che regola i
singoli interventi individuali entro soglie
di ammissibilità diverse per le diverse
zone. Le norme hanno particolare cogenza nei
confronti della salvaguardia dal rischio
idrogeologico, della conservazione del
paesaggio terrazzato, dell’equilibrio degli
ecosistemi agricoli e vegetazionali e degli
interventi edilizi ed infrastrutturali.
Esercita il controllo delle trasformazioni
con criteri prestazionali, poiché, avendo un
obiettivo complessivo, lo persegue con
modalità articolate. Introduce una forma di
perequazione ambientale nei confronti del
plusvalore immobiliare acquisito dal
patrimonio dell’edilizia rurale con gli
interventi di recupero, poiché, attraverso
la stipula di un atto unilaterale d’obbligo,
li condiziona al recupero di terrazzamenti
degradati e coltivi abbandonati. Introduce
un principio di responsabilità, poiché
associa alle azioni dei privati cittadini
anche un interesse più generale e collettivo
(Jonas H., 1990; Gambino R., 1996; Moroni
S., 1999; Faludi A., 2000).
Il piano della gestione e dei progetti
ha quale riferimento gli ecosistemi
dell’insediamento rurale. È finalizzato
in maniera mirata alla conservazione attiva
del paesaggio terrazzato ed al
coinvolgimento partecipe delle comunità
locali in programmi operativi di intervento.
Non ha valore prescrittivo, ma di
riferimento per la formazione dei “progetti
di riqualificazione paesistico-ambientale e
di sviluppo sostenibile del territorio”,
previsti da uno specifico articolo delle
norme di piano. Dovranno essere attuati
attraverso la stipula di intese che regolano
i rapporti tra il parco, le pubbliche
amministrazioni ed i privati e le modalità
di gestione dei progetti e, dove sono
stabiliti i criteri, le aree di intervento,
i tipi di intervento ed i soggetti
coinvolti. I progetti sono gli strumenti per
coordinare, gestire ed attuare in maniera
integrata una pluralità di interventi
diversificati – di recupero e di
manutenzione dei muri a secco, di rimpianto
dei vigneti o delle colture in genere, di
recupero del patrimonio dell’edilizia
rurale, di miglioramento dell’accessibilità
interpoderale ai fondi agricoli, di
prevenzione dal rischio idrogeologico e
degli incendi - entro programmi complessi,
redatti per porzioni significative del
territorio delle Cinque Terre.
La conservazione del paesaggio costruito,
nel quale l’uomo ha operato continue
trasformazioni, al fine di mantenerlo
geomorfologicamente integro ed
ecologicamente stabile, richiede strumenti
operativi, normativi e di gestione per
sostenere gli interventi e la presenza
dell’uomo; non può essere conservato
soltanto con strumenti normativi che
vincolano l’immutabilità delle sue forme.
Gli indirizzi politici delineati nel
piano delle strategie, i meccanismi
normativi previsti dal piano delle
salvaguardie, gli strumenti operativi
definiti dal piano della gestione e dei
progetti non si riferiscono al paesaggio
delle Cinque Terre quale pura immagine,
considerata, nella migliore delle ipotesi,
l’icona di un passato difficilmente
riproponibile. In tal caso il piano avrebbe
dovuto associarle comportamenti, modelli di
vita e sistemi economici, che oggi sarebbero
fuori della realtà. Partendo, invece, dalla
considerazione delle esigenze espresse dalle
attuali comunità di abitanti, ha esplorato
le forme del possibile progetto che si pone
nella linea della continuità del progetto
latente, che si legge in controluce nelle
tre rappresentazioni. La figura del progetto
non attiene soltanto ad uno dei possibili
futuri, ma è anche la logica evoluzione di
quello operante nel passato come struttura
nascosta delle relazioni ambientali e delle
immagini paesistiche.
|
Figura 3 - Veduta di San Bernardino |
Rappresentazioni cognitive e
rappresentazioni normative
Il linguaggio del progetto urbanistico, sia
esso piano territoriale, piano ambientale o
piano del paesaggio, codifica in maniera
formale le trasformazioni ammissibili e
quelle non consentite attraverso la
delimitazione di zone in cui vigono diverse
regole di comportamento; in altri termini
attraverso zonizzazione e normativa.
Tuttavia, i criteri con cui delimitare le
zone, i principi e le categorie normative
possono essere diversi. Anche il rilievo del
progetto latente è stato
rappresentato secondo il linguaggio
disciplinare codificato; il territorio delle
Cinque Terre è stato suddiviso nelle zone
corrispondenti alle diverse unità
ambientali ed ai diversi ecosistemi
dell’insediamento rurale, al cui interno
sono stati rilevati differenti comportamenti
insediativi. Nell’apparente banalità della
ripartizione in zone è sintetizzato un
percorso cognitivo ricco ed articolato, che
ha il carattere dell’interdisciplinarità,
poiché vi sono coinvolte molte discipline,
della complessità, poiché ha analizzato la
contestualità di molti fenomeni, delle loro
relazioni e la loro evoluzione nel tempo,
della qualità, poiché ha trattato
prevalentemente forme e relazioni in un
contesto di significati (Le Moigne, 1990;
Guttemberg A., 1993; Mazza L., 1997;
Maciocco G., 1996; Morin E., 1994; Waldrop
M., 1996).
“È stato possibile costruire conoscenza,
rispondente ai requisiti dell’interdisciplinarità,
della complessità, della qualità e
dell’evoluzione, tipici dei paradigmi
ecosistemici, con l’aiuto strumentale di un
sistema Gis, che è stato utilizzato al
livello prestazionale più elevato: non solo
per elaborare dati od informazioni, ma anche
conoscenza. L’elaborazione della conoscenza,
attraverso un’adeguata struttura del data
base, costruita in base a categorie
ontologiche e di significato, e la
formulazione di specifiche procedure di
interrogazione, basate sulla struttura
sintattica della rete semantica, ha aiutato
non solo il chiarimento epistemologico dei
concetti, ma anche la trasparenza del
processo interpretativo seguito nelle
rappresentazioni. Il flusso continuo e
coerente, stabilito tra rappresentazioni
cognitive e rappresentazioni normative ha,
inoltre, garantito la trasparenza e la
condivisione delle scelte di piano entro un
contesto di concertazione, che si è svolto
sia con la partecipazione degli abitanti,
che a livello interistituzionale” (Goodchild
M., 1993; Besio M., Quadrelli N., 2003;
Curry M., 1998; Laurini R., 2001; Besio M.,
Monti C., 1999).
Nel passato la cura del territorio,
esercitata con le pratiche agricole, non era
solo funzionale al sostentamento economico,
ma ad una visione complessiva, integrata ed
organica del rapporto tra l’abitare ed il
controllo del territorio, tra la casa e
l’ambiente, tra la responsabilità del
proprio ruolo sociale e il controllo del
patrimonio collettivo. La responsabilità non
poteva essere dei singoli se prima non era
di tutti e la consapevolezza di acquisire,
in forza dei rapporti collettivi, anche
un’identità individuale corrispondeva al
senso di appartenenza ai luoghi ed alla
comunità.
Nel piano del parco nuove regole, non più
spontaneamente assentite dai membri di una
comunità chiusa, ma istituzionalmente
stabilite per una comunità aperta agli
apporti esterni, servono a garantire le
convenienze economiche di una rinnovata
economia rurale ed i vantaggi della
riscoperta di nuove ed originali forme di
identità comunitaria. La norma ha cercato di
radicare il patrimonio edilizio alla terra,
avendo come riferimento le forme consolidate
dell’insediamento rurale che rendevano
complementari gli interventi sull’edilizia a
quelli sul territorio, ma innovandole, per
tener conto delle istanze sociali ed
economiche attuali. I meccanismi normativi
degli standards di perequazione ambientale,
e la stipula dell’intesa per i progetti
complessi di riqualificazione
paesistico-ambientale e di sviluppo
sostenibile reintroducono, in forme
istituzionali, la pratica della cura che le
comunità preindustriali esercitavano in
maniera spontanea.
Gli elementi che compongono le immagini del
paesaggio oggi si presentano
contemporaneamente alla nostra osservazione
o si dispongono contestualmente nella stessa
mappa. Però si sono posizionate, in tempi
successivi, secondo una sequenza che oggi
non è facile da ricostruire. Generazione
dopo generazione, ciascuna ha aggiunto o
tolto qualcosa, man mano trasformando il
progetto già sedimentato, garantendo la sua
possibilità di evolvere assieme alla
vitalità dell’ecosistema.
Nel piano del parco, la struttura dei
diversi livelli di efficacia consente di
mantenere aperto il processo progettuale,
che può evolvere assieme alle trasformazioni
che si verificano nel territorio. Il
piano delle salvaguardie può modificarsi
a seguito di eventuali cambiamenti. Questi
possono essere coerenti agli obiettivi del
piano, se si verificano a seguito
dell’attuazione dei progetti di
riqualificazione paesistico-ambientale e di
sviluppo sostenibile o del recupero
diffuso dell’edilizia rurale, che abbia
soddisfatto in maniera significativa gli
standards di perequazione ambientale, oppure
contrastarli, se motivati dal progressivo
abbandono dei terrazzi coltivati o dalla
pressione di flussi turistici non
controllati. Una procedura garantisce la
coerenza dell’evoluzione del piano con gli
obiettivi generali della stabilità
ambientale e della vitalità degli ecosistemi
dell’insediamento rurale; infatti, tutti i
cambiamenti sono ammissibili, poiché il
piano delle strategie pone condizioni
non superabili al piano delle
salvaguardie.
A ben vedere, il progetto latente, che ha
retto la lunga durata dei cicli della
storia, è stato sostenuto dai principi
fondamentali della conoscenza orientata e
condivisa, della cura e della
evoluzione. Il nuovo progetto del piano
del parco ha cercato di riproporre questi
stessi principi, codificandoli nella forma
istituzionale di adeguate figure spaziali e
di opportune disposizioni normative. Queste
sono state orientate da rappresentazioni del
territorio del parco formulate sulla base di
conoscenze, che hanno cercato di simulare
quelle del senso comune, sintetiche e
rivolte all’azione, in base alle quali le
comunità del passato hanno realizzato gli
ecosistemi dell’insediamento rurale e
percepito le immagini del paesaggio (Frixione,
2002).
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Figura 4 - Veduta di Volastra |
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Le immagini riportate nel presente articolo
sono di Daniele Virgilio |