Numero 6/7 - 2003

 

la politica dei parchi  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La politica dei parchi. L'istituzione dei parchi regionali in Campania


Michele Palermo


 

In contrasto con la comune immagine di degrado, abusivismo edilizio e cementificazione selvaggia e priva di verde, la Regione Campania presenta, rispetto ad altre, la più alta percentuale di territorio protetto. Michele Palermo ripercorre l’iter istitutivo delle aree naturali protette, fornisce chiarimenti sulla pianificazione e istituzione dei parchi e, infine, apre un confronto di potenziale utilità per i futuri operatori del settore

 

 

 

Perché scrivere un articolo sulla istituzione dei parchi regionali in Campania? È parso utile esporre la situazione della pianificazione delle aree naturali protette in una regione come la Campania che, in contrasto con la comune immagine di degrado, abusivismo edilizio, cementificazione selvaggia e senza verde, sta per divenire la regione con la più alta percentuale di territorio protetto, con parchi e riserve, d’Italia.

Dopo un breve cenno sull’iter istitutivo delle aree protette, si esprimono delle considerazioni che cercano di dare alcuni chiarimenti sulla pianificazione e istituzione dei parchi e tentano di aprire un confronto che potrebbe essere utile a chi opererà nelle fasi di realizzazione e gestione di aree protette.

Dopo la pubblicazione della legge quadro 394/1991 sulle aree naturali protette che, tra l’altro, istituiva in Campania due parchi nazionali, il Vesuvio ed il Cilento-Vallo di Diano ed individuava alcune aree di reperimento per la realizzazione di altri parchi nazionali, il Consiglio regionale della Campania, con un notevole tempismo ed accordo totale tra le componenti politiche, deliberò la legge 33/1993 che, recependo quanto individuato dalla legge quadro, prevedeva, tra l’altro, l’istituzione di 11 aree naturali protette regionali, alcune delle quali utilizzavano aree di reperimento di parchi nazionali.

Nel giugno del 1995, dopo un anno e mezzo dall’istituzione della legge regionale, ai sensi dell’art. 6 della legge 33/1993, venivano decretati, dal Presidente della Giunta regionale, su proposta del Comitato consultivo regionale per le aree naturali protette, 6 parchi e 4 riserve; non veniva emesso il decreto per il Parco dei Monti Lattari, già vincolati paesisticamente con la Lr 35/1987, per il timore che le superfici vietate alla caccia superassero il limite di tutela della fauna omoterma, così come interpretato dall’art. 10 della intervenuta legge 157/1992.

Dopo il parere espresso rapidamente dagli enti locali interessati sui decreti di perimetrazione, trascorse molto tempo, per vicissitudini amministrative e burocratiche, prima che nel 1997 si deliberasse la perimetrazione del Parco dei Campi Flegrei e nel 1999 degli altri 5 parchi e 4 riserve naturali; si era giunti finalmente, anche se con la mancanza del Parco dei Monti Lattari, alla istituzione di tutti i parchi e riserve regionali e si era creato un sistema di aree protette che con i due parchi nazionali copriva l’intera dorsale appenninica e buona parte della fascia costiera regionale.

Vennero nominati anche i presidenti provvisori dei relativi enti, ma un ricorso al Tar contro questa nomina ha fatto decadere i provvedimenti ed un ricorso contro la procedura di perimetrazione ha portato, nel luglio 2000, alla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 6 della Lr perché in contrasto con l’art. 22 della legge nazionale 394/1991.

Tutto questo ha portato alla sentenza del Tar Campania che, recependo la sentenza della Corte costituzionale, ha annullato la perimetrazione dei parchi e riserve costituite. Nel frattempo, la Giunta regionale, nel collegato al bilancio con l’art. 34 della Lr 18/2000, che recepiva integralmente l’art. 22 della legge 394/1991, ha sostituito l’articolo dichiarato incostituzionale ed ha aperto la possibilità di perimetrare nuovamente i parchi con la procedura che prevede la deliberazione da parte della Giunta regionale, sentite le Commissioni consiliari competenti, conformemente a quanto scaturito dalle conferenze con gli enti territorialmente interessati dalla perimetrazione del parco.

Con l’art. 50 della Lr 15/2000, su espressa richiesta dei comuni interessati è stato aggiunto all’elenco delle aree protette di cui all’art. 5 della Lr 33/1993, il Parco del Fiume Sarno.

Allo stato attuale risultano istituiti 6 parchi: Matese, Roccamonfina-Foce Garigliano, Taburno-Camposauro, Partenio, Picentini e Sarno; 3 riserve: Lago Falciano, Monti Eremita Marzano, Foce Sele Tanagro; sono in attesa di parere delle Commissioni consiliari il Parco dei Campi Flegrei, la riserva di Foce Volturno Costa di Licola ed il Parco dei Monti Lattari.

In attesa della nomina dei presidenti e per accelerare l’utilizzo dei fondi del programma operativo regionale (Por) per le misure 1.9, 1.10, 1.11, sono stati nominati i commissari regionali dei parchi e riserve istituiti.

Diventa sempre più consistente la richiesta, da parte di enti locali, di istituire altri parchi regionali, ad esempio il Parco del Vallo di Lauro e Pizzo d’Alvano.

All’interno dell’assessorato regionale alla gestione del territorio, dove esiste il Servizio pianificazione e tutela aree naturali protette che sta realizzando questo sistema di parchi e riserve, è stato istituito il nuovo Servizio parchi urbani e agricoltura urbana che ha già provveduto alla stesura di due disegni di legge per regolamentare e proteggere questi altri tipi di aree e la istituzione del primo dei parchi urbani, quello delle Colline di Napoli.

Alla fine di questa descrizione della situazione attuale di istituzione delle aree protette in Campania e del loro lungo e difficile cammino, vengono, come prima anticipato, espresse alcune considerazioni:

- il Ministero dell’ambiente, con l’individuazione, nella legge 394/1991, di varie aree di reperimento, oltre a due parchi nazionali, di cui Cilento-Vallo di Diano è il secondo per estensione in Italia, confermava la presenza in Campania di vaste aree ad elevata naturalità e la presenza di una grande varietà di elementi di biodiversità;

- la Regione Campania già nel 1980 aveva proposto un sistema di parchi e riserve sul proprio territorio con aree che sono state riprese nelle varie proposte di pianificazione territoriale regionale degli anni successivi che, purtroppo, non sono mai riuscite ad essere deliberate dal Consiglio regionale. Tali aree, confrontate con quelle delle attuali perimetrazioni, mostrano che le caratteristiche orografiche ed ambientali hanno sempre portato ad individuare sulle stesse zone elementi tanto importanti da rendere necessaria la loro tutela sia sotto l’aspetto ambientale che paesistico, architettonico, ecc.; infatti, le attuali perimetrazioni interessano le stesse aree individuate nel 1980 dalla regione ad eccezione di quella del Parco nazionale del Cilento che prevedeva la realizzazione di un sistema di parchi regionali, in particolare degli Alburni, del Cervati, del Bulgheria e del Monte Stella. Viene da chiedersi se non sia preferibile realizzare un sistema di parchi al posto di un unico grande parco che abbraccia territori abbastanza diversi tra loro, dal punto di vista orografico, ambientale, economico e della mobilità;

- a chi dubita dell’utilità di realizzare parchi e riserve in territori ritenuti poco naturali, vanno due suggerimenti. Il primo è quello di visitare i luoghi della Campania posti fuori dagli itinerari più noti, in particolare le zone interne dell’Alto Casertano, del Beneventano, dell’Irpinia e del Cilento. L’altro suggerimento è quello di osservare con attenzione le ortofoto, realizzate per la Regione Campania, in cui si può notare come, contrariamente a quanto credono i più, la stragrande maggioranza del territorio abbia una notevole dose di naturalità con boschi, aree coltivate, pinete e macchia mediterranea. La pur diffusa antropizzazione non è sempre soltanto elemento di disturbo visivo e di degrado ambientale, come spesso si sostiene, ma anzi, si presenta sovente come elemento caratterizzante e qualificante dei luoghi. Un esempio tra tutti è quello costituito dai limoneti a terrazza della costiera sorrentina che, grazie al sapiente intervento umano, ha caratteristiche naturali mirabili perché perfettamente inserite nel contesto territoriale esistente. Sarebbe, pertanto, utile porre fine a sterili discussioni basate più su pregiudizi che su una reale conoscenza dei luoghi ed affrontare e risolvere i reali elementi di disturbo del territorio: cave, discariche, periferie degradate, insediamenti industriali e abitativi realizzati senza pianificazione o abusivamente, e via dicendo. Tuttavia, è bene ribadire che questi elementi negativi non costituiscono la maggior parte del territorio e, certamente, potrebbero essere vanificati dall’unione consapevole e solidale delle energie e potenzialità intellettuali e politiche attualmente volte troppo spesso a disperdersi in litigiosi confronti;

- con lo stesso spirito di confronto costruttivo si potrebbe affrontare il problema, accennato precedentemente, del limite delle superfici agrosilvopastorali vietate alla caccia di cui all’art. 10 della legge 157/1992. Tale articolo, di una legge che nello spirito del legislatore doveva servire a proteggere la fauna omoterna, non essendo molto chiaro, in particolare nell’ultimo comma, ha generato una serie di problemi interpretativi che nei vari ricorsi delle associazioni venatorie ha sempre visto un pronunziamento degli organi giudicanti favorevoli al mantenimento delle perimetrazioni dei parchi effettuate dalla Regione Campania. Ora, però, con quanto previsto dal piano faunistico, dalla volontà di molti comuni di ampliare o realizzare nuove aree protette, con la necessità di realizzare la rete ecologica ed il progetto Appennino Parco d’Europa, voluto dalla Comunità europea, con l’integrazione anche dei siti di importanza comunitaria e le zone di protezione speciale, nonché per l’utilizzo dei fondi Por e di quanti altri possano intervenire, si rende indispensabile la concertazione tra i vari soggetti interessati alla realizzazione, gestione e utilizzazione delle aree protette e le associazioni venatorie che, anche se rappresentano una minoranza della popolazione, hanno il diritto di esercitare la loro attività su parte del territorio e possono essere utili se giustamente motivati per il controllo del territorio dagli incendi e dal degrado e del mantenimento dell’equilibrio faunistico.

È utile far notare come la mancanza di informazione o, per meglio dire, l’avvenuta disinformazione nell’applicazione delle leggi sulle aree protette, abbia generato un clima di diffidenza e contrasto nei riguardi dell’istituzione dei parchi. Solo il continuo e fattivo confronto con le amministrazioni locali ha consentito alla Regione Campania di trovarsi in una situazione di controtendenza rispetto ad altre regioni con la richiesta di aumento delle superfici e del numero dei parchi.

 

 

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