Numero 6/7 - 2003

 

la politica dei parchi  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cosa aspettarsi dai parchi?


Simonetta Volpe


 

La competitività di un territorio, sostenuta da un’adeguata valorizzazione del suo patrimonio, scaturisce dalle potenzialità che quest’ultimo è in grado di offrire. Per Simonetta Volpe i parchi, recuperando una visione integrata del territorio in tutte le sue valenze ambientali, culturali ed economiche, rappresentano i protagonisti dello sviluppo locale. Ad essi, infatti, viene riconosciuta la capacità di attivare processi di crescita virtuosa di nuove competenze e nuove capacità attraverso una forte animazione sociale

 

 

 

Nei documenti programmatici dell’Unione europea si fa strada la consapevolezza che ormai la competitività di un territorio non può che basarsi sulle potenzialità offerte dalla peculiarità del patrimonio locale.

Il territorio, dunque, è considerato come un soggetto promotore di azioni che consentono di fondare modelli di sviluppo in cui le risorse territoriali vengono messe in valore in modo durevole: costruire ricchezza attraverso la valorizzazione del patrimonio territoriale (Schema di sviluppo dello spazio europeo, Potsdam, 1999).

A ciò si affianca la crescente sensibilità dell’Ue e della società verso le politiche ambientali che ha causato profonde modifiche nelle strategie comunitarie mediante l’inserimento del fattore sostenibilità, supportato nei Fondi strutturali attraverso numerosissime misure e forme di finanziamento volte alla tutela ambientale.

Attori di questo cambiamento e di tali politiche, beneficiari di tali risorse, sono i parchi, individuati come protagonisti dello sviluppo locale, dello sviluppo locale sostenibile in quanto ad essi si riconosce la capacità di attivare processi di crescita virtuosa in territori finora ai margini dello sviluppo e perciò ricchi di quei valori identitari considerati alla base della nuova competitività economica: l’ambiente, le tradizioni, le risorse storico-culturali-naturali.

Quanto detto implica che ai parchi sia anche riconosciuta la capacità di trasferire e radicare, nelle realtà territoriali locali, le politiche europee e di sperimentare soluzioni all’inadeguato coordinamento dei programmi europei con le politiche locali di sviluppo.

Si fa strada, quindi, una nuova concezione dei rapporti tra enti parco e territorio che porta ad intrecciare politiche di protezione e politiche di sviluppo. Questo amplia la missione principale della conservazione della biodiversità e complica il ruolo dell’ente parco, caricandolo di responsabilità, perché è chiara la consapevolezza che l’obiettivo della costruzione di un modello di sviluppo sostenibile - che metta al centro il territorio, recuperando una visione integrata di esso in tutte le sue valenze ambientali, culturali ed economiche - è concretamente perseguibile soltanto se si è in grado di influenzare tutte le scelte che su di esso si compiono rendendole eco-sostenibili.

L’ente parco deve essere, dunque, capace di svolgere una funzione di coordinamento strategico di una molteplicità di politiche (urbanistiche, agricole, forestali, turistiche, trasportistiche, ecc).

Ma tale azione, perché sia efficace, non si attua con vincoli e limitazioni unilateralmente stabiliti ma comporta la cooperazione inter-istituzionale in quanto un unico soggetto (il parco) non è in grado di controllare decisioni esterne alla sua area di competenza.

Ai parchi, di conseguenza, si chiede un notevole sforzo in termini di crescita di nuove competenze e nuove capacità:

- di programmazione;

- di gestione;

- di comunicazione.

In Campania, in questo particolare momento storico, prima grande abilità richiesta è quella di riuscire ad elaborare un progetto integrato (Pi) di sviluppo locale, grande banco di prova per i neonati parchi regionali, ed occasione di verifica del proprio percorso gestionale per i parchi nazionali.

È necessario saper individuare le variabili di rottura su cui agire e definire in partnership, con le parti sociali e i diversi soggetti coinvolti, gli obiettivi generali e specifici verso cui stimolare e convogliare la progettualità locale (istituzionale e non) garantendo forte integrazione intersettoriale.

Altra capacità chiesta ai parchi, nella redazione di un Pi, è quella di rendere immediatamente operativo un modello di gestione basato su forme cooperative e concertate tese a far convergere azioni di competenza di diversi attori su strategie atte al raggiungimento di un obiettivo condiviso.

Ciò va costruito dando spazio alla partecipazione delle collettività locali, coinvolgendole sia nella indicazione dei valori da tutelare e promuovere, che nella definizione delle aspettative e potenzialità di sviluppo.

Il modello di gestione proposto dai parchi è il vero punto di forza ed è ciò che fa la differenza rispetto ad altre istituzioni sovracomunali che, usando canali tradizionali di governo, non sempre riescono a far emergere, rafforzare e valorizzare le potenzialità di un territorio.

La missione è far crescere tra gli enti istituzionali, tra il partenariato sociale ed economico la cultura del co-management, diffondendo e consolidando tra le amministrazioni il modus operandi di un ente parco attraverso l’applicazione più ampia possibile del principio di sussidiarietà che l’atto di nascita dei parchi italiani, la legge 394/1991, ha introdotto culturalmente prevedendo “la partecipazione degli enti locali interessati alla gestione dell’area protetta” e la costituzione della “Comunità del Parco” determinando il rinnovamento e l’evoluzione del modo di amministrare il territorio.

Il parco deve, conseguentemente, esser anche capace di stimolare e guidare il rafforzamento delle competenze tecniche e amministrative degli enti locali, rafforzamento indotto attraverso l’apprendimento collettivo stimolato dagli scambi d’esperienza e dal processo decisionale concertato ma soprattutto attraverso l’accentuazione della responsabilizzazione nella gestione delle risorse.

Presupposto del principio di sussidiarietà e, quindi, del rafforzamento del ruolo degli enti locali, è la necessità di impegnarsi per la consapevolezza, consenso e condivisione dei valori ambientali e circa l’operato del parco. Per il raggiungimento di tali obiettivi è essenziale riuscire ad attivare un’efficace strategia di comunicazione, strutturata su promozione, informazione e didattica.

Il parco, attraverso essa, deve riuscire a far conoscere ed apprezzare il proprio ruolo e le proprie iniziative e a coinvolgere le pubbliche amministrazioni, l’economia, la società civile nella risoluzione dei problemi che incontra e nell’attuazione dei progetti di riqualificazione delle risorse ambientali che amministra.

Deve, inoltre, svolgere un ruolo attivo nello sviluppo di una consapevolezza e di un interesse diffusi, che oltrepassino i confini delle aree protette e chiamino i cittadini ad una responsabilizzazione e partecipazione diretta ad iniziative che puntino a migliorare il contesto e la qualità territoriale.

Alla base del progetto di sviluppo proposto dal parco vi è la capacità di costruire una rete complessa di attori locali che, nel costruire nuove economie, sono consapevoli del valore aggiunto delle proprie risorse identitarie.

Questi sono agricoltori, piccolo commercio, artigianato, ospitalità, agriturismo, cultura e la formazione di filiere e reti locali a carattere intersettoriale e integrato.

C’è però bisogno di una forte animazione sociale per far emergere il tessuto sociale ed imprenditoriale interessato alla valorizzazione del territorio e a fare impresa sulle produzioni che la favoriscono. Per manifestarsi lo sviluppo ha bisogno di imprenditori, cioè di persone disponibili ad investire in una nuova attività, percepita come interessante rispetto ad attività preesistenti.

Ma ciò succederà a patto che la popolazione locale metabolizzi la cultura della protezione attraverso la consapevolezza che il vincolo rappresenta nella realtà una opportunità.

Tale processo richiede, per avviarsi, la mobilitazione degli operatori e delle amministrazioni attorno ad un concreto progetto comune. Diventa fondamentale, pertanto, aggregare consenso attorno a idee e progetti ed ottenere così la massa critica necessaria.

All’ente parco, dunque, è richiesta, oltre al compito di favorire questo processo, la ricerca delle sinergie e delle complementarietà che consentano di raggiungere risultati che non potrebbero essere raggiunti dai singoli attori.

Diffusa è, infatti, la consapevolezza che i parchi, promotori e interpreti di identità locali, danno voce e rappresentatività, più ampie ed autorevoli, a piccole comunità locali che solo associate ad altre, nell’ambito di un’area protetta, riescono ad immettersi in circuiti regionali, nazionali ed anche internazionali. Tale ruolo è tanto più significativo se si considera che spesso le aree protette ricadono in territori marginali sotto il profilo demografico, economico e socio-culturale.

Da quanto esposto emerge chiaramente quanto l’idea odierna di parco non è assestata ma in costruzione ed in costante evoluzione, in una dialettica tra azioni di conservazione e di governo complessivo del territorio su cui insiste. Si fa strada sempre più, seppur faticosamente, l’idea di parco-laboratorio per la sperimentazione della ricerca di una nuova convivenza fra uomo e natura in cui il parco, necessariamente, esce da una posizione difensiva per dialogare a fondo con le comunità locali e costituire così quel motore istituzionale necessario allo sviluppo ed alla coesione tra tutti gli attori interessati.

 

 

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