Nei documenti programmatici dell’Unione
europea si fa strada la consapevolezza che
ormai la competitività di un territorio
non può che basarsi sulle potenzialità
offerte dalla peculiarità del patrimonio
locale.
Il territorio, dunque, è considerato come un
soggetto promotore di azioni che
consentono di fondare modelli di sviluppo in
cui le risorse territoriali vengono messe in
valore in modo durevole: costruire ricchezza
attraverso la valorizzazione del patrimonio
territoriale (Schema di sviluppo dello
spazio europeo, Potsdam, 1999).
A ciò si affianca la crescente sensibilità
dell’Ue e della società verso le
politiche ambientali che ha causato profonde
modifiche nelle strategie comunitarie
mediante l’inserimento del fattore
sostenibilità, supportato nei Fondi
strutturali attraverso numerosissime misure
e forme di finanziamento volte alla tutela
ambientale.
Attori di questo cambiamento e di tali
politiche, beneficiari di tali risorse, sono
i parchi, individuati come protagonisti
dello sviluppo locale, dello sviluppo
locale sostenibile in quanto ad essi si
riconosce la capacità di attivare processi
di crescita virtuosa in territori finora ai
margini dello sviluppo e perciò ricchi di
quei valori identitari considerati alla base
della nuova competitività economica:
l’ambiente, le tradizioni, le risorse
storico-culturali-naturali.
Quanto detto implica che ai parchi sia anche
riconosciuta la capacità di trasferire e
radicare, nelle realtà territoriali locali,
le politiche europee e di sperimentare
soluzioni all’inadeguato coordinamento dei
programmi europei con le politiche locali di
sviluppo.
Si fa strada, quindi, una nuova concezione
dei rapporti tra enti parco e territorio che
porta ad intrecciare politiche di protezione
e politiche di sviluppo. Questo amplia la
missione principale della conservazione
della biodiversità e complica il ruolo
dell’ente parco, caricandolo di
responsabilità, perché è chiara la
consapevolezza che l’obiettivo della
costruzione di un modello di sviluppo
sostenibile - che metta al centro il
territorio, recuperando una visione
integrata di esso in tutte le sue valenze
ambientali, culturali ed economiche - è
concretamente perseguibile soltanto se si è
in grado di influenzare tutte le scelte che
su di esso si compiono rendendole
eco-sostenibili.
L’ente parco deve essere, dunque, capace di
svolgere una funzione di coordinamento
strategico di una molteplicità di politiche
(urbanistiche, agricole, forestali,
turistiche, trasportistiche, ecc).
Ma tale azione, perché sia efficace, non si
attua con vincoli e limitazioni
unilateralmente stabiliti ma comporta la
cooperazione inter-istituzionale in quanto
un unico soggetto (il parco) non è in grado
di controllare decisioni esterne alla sua
area di competenza.
Ai parchi, di conseguenza, si chiede un
notevole sforzo in termini di crescita di
nuove competenze e nuove capacità:
- di programmazione;
- di gestione;
- di comunicazione.
In Campania, in questo particolare momento
storico, prima grande abilità richiesta è
quella di riuscire ad elaborare un
progetto integrato (Pi) di sviluppo
locale, grande banco di prova per i neonati
parchi regionali, ed occasione di verifica
del proprio percorso gestionale per i parchi
nazionali.
È necessario saper individuare le variabili
di rottura su cui agire e definire in
partnership, con le parti sociali e i
diversi soggetti coinvolti, gli obiettivi
generali e specifici verso cui stimolare e
convogliare la progettualità locale
(istituzionale e non) garantendo forte
integrazione intersettoriale.
Altra capacità chiesta ai parchi, nella
redazione di un Pi, è quella di rendere
immediatamente operativo un modello di
gestione basato su forme cooperative e
concertate tese a far convergere azioni di
competenza di diversi attori su strategie
atte al raggiungimento di un obiettivo
condiviso.
Ciò va costruito dando spazio alla
partecipazione delle collettività locali,
coinvolgendole sia nella indicazione dei
valori da tutelare e promuovere, che nella
definizione delle aspettative e potenzialità
di sviluppo.
Il modello di gestione proposto dai parchi è
il vero punto di forza ed è ciò che fa la
differenza rispetto ad altre istituzioni
sovracomunali che, usando canali
tradizionali di governo, non sempre riescono
a far emergere, rafforzare e valorizzare le
potenzialità di un territorio.
La missione è far crescere tra gli
enti istituzionali, tra il partenariato
sociale ed economico la cultura del
co-management, diffondendo e
consolidando tra le amministrazioni il
modus operandi di un ente parco
attraverso l’applicazione più ampia
possibile del principio di sussidiarietà che
l’atto di nascita dei parchi italiani, la
legge 394/1991, ha introdotto culturalmente
prevedendo “la partecipazione degli enti
locali interessati alla gestione dell’area
protetta” e la costituzione della “Comunità
del Parco” determinando il rinnovamento e
l’evoluzione del modo di amministrare il
territorio.
Il parco deve, conseguentemente, esser anche
capace di stimolare e guidare il
rafforzamento delle competenze tecniche e
amministrative degli enti locali,
rafforzamento indotto attraverso
l’apprendimento collettivo stimolato dagli
scambi d’esperienza e dal processo
decisionale concertato ma soprattutto
attraverso l’accentuazione della
responsabilizzazione nella gestione delle
risorse.
Presupposto del principio di sussidiarietà
e, quindi, del rafforzamento del ruolo degli
enti locali, è la necessità di impegnarsi
per la consapevolezza, consenso e
condivisione dei valori ambientali e circa
l’operato del parco. Per il raggiungimento
di tali obiettivi è essenziale riuscire ad
attivare un’efficace strategia di
comunicazione, strutturata su
promozione, informazione e didattica.
Il parco, attraverso essa, deve riuscire a
far conoscere ed apprezzare il proprio ruolo
e le proprie iniziative e a coinvolgere le
pubbliche amministrazioni, l’economia, la
società civile nella risoluzione dei
problemi che incontra e nell’attuazione dei
progetti di riqualificazione delle risorse
ambientali che amministra.
Deve, inoltre, svolgere un ruolo attivo
nello sviluppo di una consapevolezza e di un
interesse diffusi, che oltrepassino i
confini delle aree protette e chiamino i
cittadini ad una responsabilizzazione e
partecipazione diretta ad iniziative che
puntino a migliorare il contesto e la
qualità territoriale.
Alla base del progetto di sviluppo proposto
dal parco vi è la capacità di costruire una
rete complessa di attori locali che, nel
costruire nuove economie, sono consapevoli
del valore aggiunto delle proprie risorse
identitarie.
Questi sono agricoltori, piccolo commercio,
artigianato, ospitalità, agriturismo,
cultura e la formazione di filiere e reti
locali a carattere intersettoriale e
integrato.
C’è però bisogno di una forte animazione
sociale per far emergere il tessuto sociale
ed imprenditoriale interessato alla
valorizzazione del territorio e a fare
impresa sulle produzioni che la favoriscono.
Per manifestarsi lo sviluppo ha bisogno di
imprenditori, cioè di persone disponibili ad
investire in una nuova attività, percepita
come interessante rispetto ad attività
preesistenti.
Ma ciò succederà a patto che la popolazione
locale metabolizzi la cultura della
protezione attraverso la consapevolezza che
il vincolo rappresenta nella realtà una
opportunità.
Tale processo richiede, per avviarsi, la
mobilitazione degli operatori e delle
amministrazioni attorno ad un concreto
progetto comune. Diventa fondamentale,
pertanto, aggregare consenso attorno a idee
e progetti ed ottenere così la massa
critica necessaria.
All’ente parco, dunque, è richiesta, oltre
al compito di favorire questo processo, la
ricerca delle sinergie e delle
complementarietà che consentano di
raggiungere risultati che non potrebbero
essere raggiunti dai singoli attori.
Diffusa è, infatti, la consapevolezza che i
parchi, promotori e interpreti di identità
locali, danno voce e rappresentatività, più
ampie ed autorevoli, a piccole comunità
locali che solo associate ad altre,
nell’ambito di un’area protetta, riescono ad
immettersi in circuiti regionali, nazionali
ed anche internazionali. Tale ruolo è tanto
più significativo se si considera che spesso
le aree protette ricadono in territori
marginali sotto il profilo demografico,
economico e socio-culturale.
Da quanto esposto emerge chiaramente quanto
l’idea odierna di parco non è assestata
ma in costruzione ed in costante evoluzione,
in una dialettica tra azioni di
conservazione e di governo complessivo del
territorio su cui insiste. Si fa strada
sempre più, seppur faticosamente, l’idea di
parco-laboratorio per la
sperimentazione della ricerca di una nuova
convivenza fra uomo e natura in cui il
parco, necessariamente, esce da una
posizione difensiva per dialogare a fondo
con le comunità locali e costituire così
quel motore istituzionale necessario allo
sviluppo ed alla coesione tra tutti gli
attori interessati. |