Organizzato dall’Ordine degli architetti,
pianificatori, paesaggisti e conservatori
della Provincia di Salerno, si è svolto il
12.12.2002 un seminario per illustrare i
punti salienti del “Regolamento per
l’attuazione degli interventi di ingegneria
naturalistica nel territorio della Regione
Campania”, approvato dalla Giunta regionale
della Campania nella seduta del 12.7.2002.
È sotto gli occhi di tutti il crescente
grado di antropizzazione del nostro
territorio a seguito dei processi di
urbanizzazione, industrializzazione e
realizzazione delle infrastrutture di
collegamento.
Nello stesso tempo sta crescendo nella
società l’esigenza di qualità ambientale e
con essa una filosofia negli interventi
improntata al recupero ambientale, alla
mitigazione dell’impatto, ad una
pianificazione e gestione del territorio di
tipo sostenibile.
L’ingegneria naturalistica discende proprio
dalla necessità di conciliare lo sviluppo
con la tutela dell’ambiente.
Fin dall’antichità le essenze vegetali ed
arboree erano utilizzate nel campo delle
costruzioni, ma oggi con l’introduzione di
elementi innovativi in ordine ai materiali
da impiegare ed alle tecnologie di
intervento, si è venuta a costituire una
vera e propria disciplina tecnica,
l’ingegneria naturalistica appunto.
L’ingegneria naturalistica, attraverso
metodologie proprie dell’ingegneria e sulla
base di criteri meccanici, biologici ed
ecologici, utilizza come materiale da
costruzione piante vive o parti di esse in
abbinamento con altri materiali quali
pietrame, legno, terra, biostuoie,
geotessili, ecc.
Le tecniche dell’ingegneria naturalistica si
possono applicare a numerose tipologie di
interventi: scarpate stradali e ferroviarie,
discariche, cave, alvei fluviali, aree in
erosione o in frana, ma anche per interventi
di restauro del paesaggio come ricostruzione
di stagni, di zone umide, di boschi e così
via.
Queste tecniche, da anni utilizzate nel
centro Europa, si sono ormai ampiamente
diffuse nelle zone collinari e montane del
centro e del nord del nostro paese, un pò
meno in ambito mediterraneo.
Le maggiori criticità erano ascrivibili alla
difficoltà di approvvigionamento di
materiale vivo, alla scarsa esperienza dei
tecnici progettisti e delle imprese, alla
mancanza di specifiche voci di riferimento
per la redazione di capitolati e di elenchi
prezzi, elemento questo essenziale nel caso
di opere pubbliche.
Tuttavia, già da qualche anno le cose sono
cambiate e si è registrato un diverso
atteggiamento verso tali tecniche.
Il primo importante passo in avanti è stato
compiuto con l’introduzione dell’ingegneria
naturalistica nella normativa nazionale in
materia di lavori pubblici.
Infatti, nella legge 109/1994 (la legge
quadro sui lavori pubblici) all’art. 2, nel
quale sono individuate le categorie dei
lavori pubblici, sono elencate - tra le
altre - le attività di difesa ambientale e
di ingegneria naturalistica.
Il Regolamento di attuazione della legge
quadro, il Dpr 554/1999, al comma 1, lettera
f) dell’art. 2. definisce che cosa debba
intendersi per difesa ambientale e
ingegneria naturalistica e cioè “… quelli
puntuali o a rete, destinati al risanamento
o alla salvaguardia dell’ambiente e del
paesaggio” e, ancora, il comma 5 dell’art.
15, che disciplina gli elementi che devono
costituire il documento preliminare
all’avvio della progettazione, prevede che
tale documento debba riportare la
possibilità del ricorso alle tecniche di
ingegneria naturalistica.
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Figura 1 - Cordonata viva |
In ordine ai soggetti abilitati
all’esecuzione di tali interventi, il Dpr
34/2000 sulla qualificazione dei soggetti
esecutori di lavori pubblici, inserisce tra
le categorie di opere generali la OG13 -
opere di ingegneria naturalistica,
precisando che questa categoria riguarda la
costruzione, la manutenzione, la
ristrutturazione di opere o lavori puntuali
e di opere o lavori diffusi, necessari alla
difesa del territorio ed al ripristino della
compatibilità fra sviluppo sostenibile
ed ecosistema, comprese tutte le opere ed i
lavori necessari per attività botaniche e
zoologiche. Tale categoria comprende in via
esemplificativa i processi di recupero
naturalistico, botanico e faunistico, la
conservazione ed il recupero del suolo
utilizzato per cave e torbiere e dei bacini
idrografici, l’eliminazione del dissesto
idrogeologico per mezzo di piantumazione, le
opere necessarie per la stabilità dei
pendii, la riforestazione, i lavori di
sistemazione agraria e le opere per la
rivegetazione di scarpate stradali,
ferroviarie, cave e discariche.
L’ingegneria naturalistica è però presente
anche in altri provvedimenti legislativi.
Citiamo il Dm 471/1999 (Regolamento per la
bonifica dei siti inquinati) che annovera
tra le tecniche di intervento l’ingegneria
naturalistica; il Dpr 2 settembre 1999 che
tratta delle norme tecniche per gli studi di
impatto ambientale e che prevede l’uso
preferenziale dell’ingegneria naturalistica,
e ancora il Decreto 30 ottobre 2002,
inerente i piani stralcio per la tutela dal
rischio idrogeologico che all’art. 8
“disposizioni generali per le aree a rischio
idraulico” prevede l’impiego di tecniche a
basso impatto ambientale e tecniche di
ingegneria naturalistica.
L’evoluzione del quadro legislativo e
normativo ha contribuito ad una sempre
maggiore diffusione di tali tecniche
nell’ambito dei lavori pubblici.
Ad esempio l’ingegneria naturalistica è
stata utilizzata nei lavori di
ammodernamento e adeguamento della
Salerno-Reggio Calabria, in buona parte
degli interventi nel parco nazionale del
Vesuvio, nella diga dell’Alento e così via,
nel Vallo di Diano, soprattutto in ambiti
fluviali.
La Provincia di Salerno ha in corso un
intervento sul fiume Irno che utilizza
ampiamente l’ingegneria naturalistica sia
per gli interventi di messa in sicurezza del
fiume sia per la rinaturazione del bacino
fluviale, in modo da ricreare l’habitat
originario.
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Figura 2 - Palificata viva a parete
semplice |
E, infine, parecchie delle misure del Por
Campania 2000-2006 prevedono il ricorso
all’ingegneria naturalistica e vi è una
specifica misura del Feoga (il fondo europeo
di orientamento e garanzia in agricoltura)
che ne promuove l’utilizzo, soprattutto con
riferimento al Regolamento regionale.
Il Regolamento approvato dalla Regione
Campania rappresenta un passo molto
importante verso un sempre maggiore utilizzo
dell’ingegneria naturalistica nelle opere
pubbliche e private. Infatti, oltre ad
incentivare l’uso di tale disciplina, indica
le tipologie di opere da realizzare in
funzione del tipo di intervento, i costi, le
piante da utilizzare in relazione al
microclima dell’area di intervento.
È questo un fatto molto importante perché,
come ho detto prima, una delle criticità
verso l’impiego dell’ingegneria
naturalistica è stata la mancanza di
specifici punti di riferimento normativi ed
economici.
Non crediamo che l’ingegneria naturalistica
sia la panacea per risolvere tutti i
problemi, anche per i limiti applicativi di
tali tecniche. Siamo tuttavia convinti che
la sua diffusione possa apportare un valido
contributo verso forme di intervento
improntate allo sviluppo sostenibile del
nostro territorio.
Nel corso del seminario dell’Ordine degli
architetti sono stati evidenziati i punti
salienti del procedimento. Gli interventi in
merito sono stati svolti da due funzionari
regionali: Chiara Davanzo - coordinatrice
del Commissario di governo per l’emergenza
rifiuti e Antonio Dinetti, responsabile del
Gis e della cartografia del Commissariato.
L’impianto normativo - infatti - è stato
definito e messo a punto proprio in
occasione della predisposizione del bando
per la bonifica dei siti delle vecchie
discariche.
L’ing. Mariano Lucio Alliegro, presidente
dell’Associazione Italiana per
l’ingegneria naturalistica (Aipin) della
Campania ha poi illustrato l’allegato al
Regolamento regionale nel quale sono
individuate le varie tecniche di intervento.
L’Aipin, è stata fondata a Trieste nel 1989
con lo scopo di divulgare le tecniche
dell’ingegneria naturalistica ed ha al suo
attivo anni di esperienza nel settore. Nella
nostra regione l’Aipin ha contribuito non
poco alla diffusione dell’ingegneria
naturalistica, curando in particolare modo
la formazione dei tecnici attraverso
seminari e corsi di aggiornamento e, da
ultimo, ha fornito la consulenza per il
Regolamento della regione.
Infine, sono stati mostrati alcuni casi
applicativi delle tecniche di ingegneria
naturalistica a cura di Sergio Maria De
Simone, amministratore delegato della
Codra Mediterranea azienda di Vignola (Pz)
impegnata da anni nel settore
dell’ingegneria naturalistica ed ha
sviluppato la sua esperienza anche grazie a
costanti rapporti di collaborazione
scientifica e professionale con istituti di
ricerca ed università. Il centro operativo
comprende oltre 1.200.000 metri quadrati con
specializzazioni in vivaistica, forestazione,
fitodepurazione, ingegneria naturalistica e
si connota come un vero e proprio parco
ambientale nel quale è presente a servizio
del bacino del mediterraneo.
Il secondo contributo è stato quello di
Angelo Ricciuti, responsabile dell’area
manager mediterranea della Tenax spa che ha
la sede produttiva in Brianza e produce reti
estruse in plastica e geosintetici. Tali
prodotti trovano un largo campo di
applicazioni, in agricoltura, in edilizia,
nell’industria e, in particolare, in
geotecnica con soluzioni per l’ingegneria
civile e ambientale, geogriglie per il
rinforzo e la stabilizzazione del terreno,
geocompositi per drenaggio, geocelle per
controllo dell’erosione.
In relazione alla folta partecipazione al
seminario ed alle richieste degli iscritti,
è imminente l’avvio - sempre a cura
dell’Ordine degli architetti di Salerno - di
un corso di formazione teorico/pratico sul
tema.
Le immagini sono tratte dal Regolamento
per l'attuazione degli interventi di
ingegneria naturalistica nel territorio
della Regione Campania - Allegato tecnico. |