Numero 12/13 - 2006

 

La pianificazione regionale  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La pianificazione dell'attività estrattiva in Sardegna. Rischi e opportunità


Ginevra Balletto

Giovanni Mei

Noemi Meloni

Alessandra Milesi


 

Il nuovo disegno di legge in materia di attività estrattive e di ricerca e coltivazione delle sostanze minerali di cava estende le proprie disposizioni alle attività minerarie, introducendo una problematica non ancora completamente definita sotto il profilo disciplinare, foriera di vantaggi ma insidiata da potenziali criticità. Ginevra Balletto, Giovanni Mei, Noemi Meloni e Alessandra Milesi approntano un'esaustiva rassegna normativa, tesa focalizzare aspetti tecnici, procedurali, amministrativi, metodicamente posti a confronto

 

 

La Regione Sardegna nell’ambito delle sue competenze in materia di attività estrattiva ha di recente approvato (delibera del 5 ottobre 2005, n. 47/12) il disegno di legge (ddil) dal titolo Disciplina delle attività estrattive, che ha stimolato un vivace dibattito, interessando oltre agli operatori di settore anche altri soggetti, tra i quali le Università sarde.

Tale ddil disciplina “la programmazione regionale in materia di ricerca e coltivazione delle sostanze minerali di cava di cui all’art. 2 del Regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443”.

Il sopraccitato Regio decreto opera una distinzione tra attività mineraria e attività di cava secondo quanto indicato nell’art. 2 dello stesso che, per maggiore chiarezza, viene di seguito riportato insieme all’art. 1.

“Art. 1: La ricerca e la coltivazione di sostanze minerali e delle energie del sottosuolo, industrialmente utilizzabili, sotto qualsiasi forma o condizione fisica, sono regolate dalla presente legge”;

“Art. 2: Le lavorazioni indicate nell’art. 1 si distinguono in due categorie: miniere e cave. Appartengono alla prima categoria la ricerca e la coltivazione delle sostanze ed energie seguenti:

a) minerali utilizzabili per l’estrazione di metalli, metalloidi e loro composti, anche se detti minerali siano impiegati direttamente;

b) grafite, combustibili solidi, liquidi e gassosi, rocce asfaltiche e bituminose;

c) fosfati, Sali alcalini e magnesiaci, allumite, miche, feldspati, caolino e bentonite, terre da sbianca, argille per porcellana e terraglia forte, terre con grado di refrattarietà superiore a 1630 gradi centigradi;

d) pietre preziose, granati, corindone, bauxite, leucite, magnesite, fluorina, minerali di bario e di stronzio, talco, asbesto, marna di cemento, pietre litografiche;

e) sostanze radioattive, acque minerali e termali, vapori, gas.

Appartiene alla seconda categoria la coltivazione:

a) delle torbe;

b) dei materiali per costruzioni edilizie, stradali e idrauliche;

c) delle terre coloranti, delle farine fossili, del quarzo e delle sabbie silicee, delle pietre molari, delle pietre coti;

d) degli altri materiali industrialmente utilizzabili ai termini dell’art. 1 non compresi nella prima categoria”.

Il punto su cui focalizzeremo l’attenzione riguarda il Titolo V - Disposizioni comuni alle miniere, finali e transitorie, nel quale le disposizioni riferite all’attività di cava vengono estese a quelle di miniera, creando una condizione particolare, date le diverse peculiarità delle due attività estrattive. L’obiettivo che ci si propone è quello di valutare rischi e opportunità che da tale orientamento possono scaturire.

A tal proposito si è realizzata una prima valutazione consistente nel selezionare le sole leggi regionali il cui titolo si riferisce all’attività estrattiva in generale, escludendo invece quelle che si rivolgono solo all’attività di cava.

Lo studio è stato svolto con l’intento di analizzare tale ddil, e in particolare il suddetto Titolo V, in relazione alle altre leggi regionali di settore, evidenziandone i punti comuni e le principali differenze.

Sulla base di tale valutazione, effettuata utilizzando la normativa indicata sull’autorevole testo “Miniere e cave tra disciplina nazionale e regionale” (2003) di Sertorio M.1 citiamo:

1. Emilia Romagna, Lr 18 luglio 1991, n. 17 - Disciplina delle attività estrattive;

2. Friuli Venezia Giulia, Lr18 agosto 1986, n. 35 - Disciplina delle attività estrattive;

3. Marche, Lr 1 dicembre 1997, n. 71 - Norme per la disciplina delle attività estrattive;

4. Toscana, Lr 3 novembre 1998, n. 78 - Testo unico in materia di cave, torbiere, miniere, recupero di aree escavate e riutilizzo di residui recuperabili;

5. Sicilia, Lr 27 maggio 1987, n. 28 - Norme urgenti per il settore minerario.

Da questa analisi si evince che solo 5 regioni su 20 e 2 province autonome non hanno esplicitato direttamente il riferimento all’attività di cava, lasciando intendere di volersi occupare del settore estrattivo in senso più ampio. Si è, quindi, proceduto alla verifica di ciascuna delle leggi sopraccitate.

 

Emilia Romagna, Lr 18 luglio 1991, n. 17 - Disciplina delle attività estrattive

Art. 3 - Ambito di applicazione, il comma 1 recita: “… la presente legge disciplina le attività svolte in aree diverse dal demanio fluviale, lacuale, marittimo, che comportino modificazioni dello stato fisico del suolo e del sottosuolo, dirette all’estrazione, ai fini di trasformazione, selezione o comunque utilizzazione e commercializzazione, dei materiali appartenenti alla categoria prevista dal terzo comma dell’art. 2 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443”(esclusivamente materiali di cava).

Il comma 2 recita: “Il rilascio dei permessi di ricerca e concessioni per l’estrazione dei materiali di cui al 2 comma art. 2 del citato R.D. 1443/1927 di competenza statale, è in via preventiva comunicato alla Giunta regionale ai fini dell’intesa prevista dall’art. 81 del DPR 24 Luglio 1977, n. 616”.

L’unico riferimento ai minerali di prima categoria appare, quindi, in relazione alla delega assegnata alle regioni dal Dpr 616/1977 per quanto riguarda i permessi di ricerca e le concessioni; non appare nessun altro riferimento in merito all’applicazione specifica della norma regionale ai minerali di prima categoria.

Nel rimanente testo della legge si continua a trattare in termini generali di attività estrattive ma rimane comunque valido l’ambito di applicazione citato nell’art. 3 per cui attività estrattiva diventa sinonimo di attività di cava.

 

Friuli Venezia Giulia, Lr 18 agosto 1986, n. 35 - Disciplina delle attività estrattive

Art. 1 Oggetto recita: “La presente legge disciplina l’esercizio dell’attività di estrazione e coltivazione delle sostanze minerarie previste dall’art. 2 categoria seconda del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443 e successive modifiche e integrazioni, ivi comprese le cosiddette cave di prestito”.

Appare, quindi, evidente che, anche in questo caso, il riferimento è ai minerali di cava e non esiste in questa legge nessuna altra indicazione riguardante i minerali di prima categoria.

 

Marche, Lr 1 dicembre 1997, n. 71 - Norme per la disciplina delle attività estrattive

Art 1. Finalità, oggetto della legge recita: “La presente legge disciplina l’attività di coltivazione delle cave allo scopo di conseguire un corretto uso delle risorse, nel quadro di una rigorosa salvaguardia dell’ambiente e del territorio, delle sue componenti fisiche, biologiche, paesaggistiche e monumentali definite in particolare dal PPAR e dai piani di bacino ...”.

Anche in questa legge regionale il riferimento ai minerali di cava risulta esclusivo.

 

Toscana, Lr 3 novembre 1998, n. 78 - Testo unico in materia di cave, torbiere, miniere, recupero di aree escavate e riutilizzo di residui recuperabili

Tale legge regionale dedica ai minerali di prima categoria l’intero Titolo VII - Miniere, definendo all’art. 32 le funzioni amministrative (“la Giunta regionale esercita tutte le funzioni amministrative relative alle attività di ricerca e coltivazione dei minerali solidi appartenenti alla categoria miniere di cui all’articolo 2 del R.D. 1443/1927 …”).

All’art. 33 invece recita “Permessi di ricerca e concessione minerari.

(1) La giunta regionale conferisce i permessi di ricerca e concessioni minerarie relative ai materiali solidi e ai gas non combustibili applicando la disciplina dei procedimenti del DPR del 18 aprile 1994 n. 382.

(2) Per il riconoscimento della presenza e della coltivabilità del giacimento minerario, quale presupposto per la concessione mineraria, la giunta regionale verifica l’effettiva rilevanza dell’interesse pubblico rappresentato dalla utilizzazione del giacimento in rapporto alla tutela e valorizzazione delle risorse essenziali del territorio definite dall’articolo 2 della LR 5/1995, ai vincoli e alle limitazioni d’uso del territorio interessato e all’incidenza dell’estrazione mineraria rispetto alla movimentazione degli altri materiali necessaria per consentire l’utilizzazione del giacimento minerario.

(3) Alle domande di permesso di ricerca e di concessione mineraria deve essere allegato anche un progetto di risistemazione dell’area interessata dagli interventi per la sua ricomposizione ambientale compreso lo smantellamento degli impianti e delle attrezzature con indicazione delle modalità e dei tempi di attuazione, nonché il progetto delle eventuali opere di urbanizzazione primaria necessarie e quelle di allacciamento ai pubblici servizi, delle opere di trattamento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi, nonché delle ulteriori opere a tutela degli interessi collettivi connessi con l’attività di ricerca e coltivazione mineraria.

(4) I permessi di ricerca e le concessioni minerarie sono soggetti a prestazione preventiva di garanzia fidejussoria commisurata all’ammontare complessivo degli interventi descritti al comma 3, come risultati di una perizia di stima allegata alla domanda, che potrà essere svincolata, anche parzialmente, con cadenza minima annuale, per l’ammontare delle opere realizzate.

(5) La giunta regionale potrà disciplinare le modalità di formulazione delle domande per i permessi di ricerca e per le concessioni minerarie e gli specifici requisiti tecnici degli elaborati da allegare alle domande tramite istruzioni tecniche.

(6) I permessi di ricerca e le concessioni minerarie rilasciate anteriormente alla decorrenza delle funzioni regionali di cui all’art. 32 rimangono in vigore fino alla scadenza fissata nei singoli atti, semprechè non si presentino motivi di decadenza”.

Nel resto del testo si riscontra inoltre che i piani per l’attività estrattiva sia regionali (Paer) che provinciali (Paerp) sono da riferirsi esclusivamente all’attività di cava (art. 3, 4 e seguenti).

 

Sicilia, Lr 27 maggio 1987, n. 28 - Norme urgenti per il settore minerario

Tale legge si riferisce ad azioni urgenti riguardo i permessi di coltivazione per le attività di cava.

 

Da questa analisi sintetica è emerso che solo nel caso della Regione Toscana si presenta un tentativo di ricondurre in un’unica legge sia l’attività di cava che di miniera sulla base della classificazione tra minerali di prima e seconda categoria espressi dal Rd 1443/1927. Da questa prima valutazione possiamo riscontrare che il ddil della Sardegna si muova nella medesima direzione.

Segue ora una breve analisi del testo proposto che si soffermerà solamente sui punti più significativi.

In particolare ci si riferisce all’art. 30 - Norme sulle attività minerarie

“1. L’obbligo di rilascio della fidejussione a garanzia della risistemazione ambientale delle aree oggetto degli interventi previsto dagli artt. 9 e 12 è esteso ai titolari dei permessi delle concessioni per minerali definiti di prima categoria ai sensi del R.D. n. 1443/27 e della presente Legge. I titolari di concessioni minerarie in essere dovranno adeguarsi a tale obbligo a pena di decadenza entro 1 anno dalla data di entrata in vigore della presente Legge.

2. Sono estese alle attività minerarie le procedure e prescrizioni di cui agli artt. 8 e 9 (fatta eccezione per il requisito della disponibilità dell’area), 10, 11 e 12 (fatta eccezione per il requisito della disponibilità dell’area), 13, 14, 16, 17 e 18, e le modalità di vigilanza di cui all’art. 19, nonché, per le attività a cielo aperto, la durata di cui all’art. 15.

3. Sono estese alle attività minerarie le sanzioni di cui agli artt. 22 e 23.

4. È esteso alle attività minerarie il quadro pianificatorio di cui agli artt. 4 e segg.

omissis

 

Questo articolo integra il precedente testo di legge (Lr 7 giugno 1989, n. 30 - Disciplina delle attività di cava e successive modifiche) introducendo la fidejussione a garanzia della risistemazione ambientale dei luoghi soggetti ad attività estrattiva di materiali di prima categoria.

Seppur questo principio appaia condivisibile, tuttavia non risultano chiare le modalità di definizione dei parametri caratterizzanti il ripristino stesso e la sua qualità.

L’aspetto più rilevante è rappresentato invece dal comma 4 del citato art. 30 che estende alle attività minerarie (prima categoria) il quadro pianificatorio del piano regionale attività estrattive (Prae) che interessa l’attività di cava.

Tale estensione del Prae all’attività mineraria risulta unica in Italia e appare di difficile applicabilità. A riguardo, se di valutazione dei fabbisogni si può parlare con oggettività, ci si può riferire esclusivamente ai materiali per opere civili che derivano da una quantificabile domanda locale. Diversamente i materiali di prima categoria entrano in processi industriali particolarmente complessi dei quali si perdono i passaggi, risultando difficilmente quantificabili anche se oggettivamente necessari. A titolo di esempio citiamo nel primo caso la sabbia e la ghiaia a uso civile il cui fabbisogno è principalmente riconducibile alle opere edilizie. Non esiste invece la stessa immediatezza, almeno in Sardegna, nel legame tra la richiesta di minerali di prima categoria e il loro sbocco finale. Tuttavia questi prodotti si inseriscono nella filiera produttiva andando ad essere i componenti di numerosi beni indispensabili per il vivere civile.

Appare, quindi, alquanto significativa la scelta, introdotta dal ddil della Regione Sardegna, di voler estendere il quadro pianificatorio di cava anche all’attività di miniera. Se da una parte trova delle giustificazioni di tipo ambientale, in particolare riferite ai ripristini, non altrettanto si comprendono le modalità della valutazione del fabbisogno minerario di prima categoria. Si tratta di un concetto più teorico che pratico, che non trova positivi riscontri ai fini della produzione. Anzi, le implicazioni che da questa possono scaturire senz’altro si mostrano rischiose. Infatti, una valutazione sottostimata genera anomalie nel mercato e maggiori dipendenze da altri paesi, limitando la corretta formazione del prezzo finale dei prodotti di miniera.

Un altro aspetto rilevante del ddil è rappresentato dal fatto che si subordina l’attività estrattiva alla disciplina urbanistica e alla pianificazione territoriale di livello locale. Si ritiene interessante citare gli articoli nei quali emerge tale indirizzo.

Art. 5, comma 2: “Sono contenuti essenziali del Prae, con distinta evidenziazione dei dati riferiti agli ambiti degli usi ornamentali civili e industriali:

omissis

f) la zonizzazione per le attività estrattive e in particolare:

omissis

- le aree in cui è vietato l’esercizio delle attività di cava, comprese quelle sottoposte a vincoli preclusivi ai fini della tutela e conservazione di beni ambientali e paesaggistici e culturali ovvero derivanti da strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica”.

Art. 6, comma 3: “La proposta di Piano, con il relativo rapporto ambientale, è per stralci funzionali, inviata alle Province e ai Comuni che, entro centoventi giorni dalla pubblicazione nel BURAS, deliberano eventuali proposte di modifica in coerenza con i piani e le previsioni urbanistiche e di sviluppo del territorio inviandole in forma scritta all’Assessorato dell’Industria e all’Assessorato della Difesa dell’Ambiente. Qualora Comuni e Province esprimano diniego alle previsioni del Piano, la Regione adegua coerentemente alla valutazione degli Enti locali territoriali la proposta di Prae in ordine al rilascio di autorizzazioni e concessioni per nuove attività, fatta eccezione per i materiali utili ai fini energetici”.

Art. 6, comma 8: “Decorsi tre anni dall’entrata in vigore, il Prae potrà recepire eventuali modifiche e richieste dalle Province e dai Comuni competenti per territorio. Le modifiche del Prae introdotte sulla base delle suddette richieste comportano conseguente variazione automatica degli strumenti di pianificazione territoriale interessati, in ordine al rilascio di autorizzazioni e concessioni per nuove attività”.

Lo stesso Sertorio esaminando il ddil evidenzia che questo sovverte in modo rilevante il sistema giuridico minerario (cave e miniere) come è evidenziato sia nella legislazione nazionale che in quella regionale e ricorda i due principi cardine del sistema minerario:

- essere la disciplina estrattiva autonoma rispetto a quella urbanistica;

- costituire le miniere patrimonio indisponibile dello Stato, in quanto la loro coltivazione è riconosciuta di pubblico interesse da parte dello Stato.

Tale ddil prevede di sottoporre la proposta di piano alla procedura di valutazione ambientale strategica nell’obiettivo di coinvolgere gli enti locali nella prima fase dell’elaborazione del piano e di sottoporlo ad un articolato quadro di verifiche e consensi. Si ritiene pregevole il tentativo di concertazione con gli enti locali, ma tale indirizzo appare trascurare la prevalente funzione pubblica dell’attività estrattiva, subordinando alla pianificazione territoriale e urbanistica locale le decisioni che presentano forti implicazioni di livello regionale.

Già la Regione Sardegna si era mossa in tale direzione, infatti la Lr 15/2002 conferma il medesimo indirizzo, recitando all’art. 8 che “fino all’emanazione di una normativa per la disciplina dell’attività mineraria e di cava, i permessi di ricerca, le concessioni minerarie e le autorizzazioni di cava possono essere rilasciate dall’Amministrazione regionale previa intesa con il Comune territorialmente competente espresso in conformità con la pianificazione urbanistica comunale o, in assenza di questa, previa delibera del Consiglio Comunale assunta con i due terzi dei componenti”. Tale situazione ha reso complesso poter tentare di pianificare il settore, poiché da parte delle Amministrazioni locali perdura un atteggiamento spesso polemico e poco disposto ad accogliere iniziative minerarie.

Per l’importanza del settore estrattivo e per il benessere da esso indotto si è cercato di inserirlo nella pianificazione territoriale, tuttavia la maggiore difficoltà si riscontra nell’individuare il peso degli attori ai fini delle decisioni inerenti il rilascio delle autorizzazioni.

Un problema di non facile soluzione soprattutto perché nel settore estrattivo i più vedono soltanto gli effetti negativi e pertanto vi è un generale rifiuto ad accogliere tale attività. La conoscenza degli effetti sia positivi che negativi sembra l’unica strada percorribile per sensibilizzare le comunità e gli amministratori locali in modo da creare un contesto meno ostile nei confronti di una attività indispensabile. Risulta opportuno individuare, nei limiti del possibile, i reali fabbisogni che, come già visto, si mostrano attendibili per i materiali di cava ma non per quelli di miniera. Per questi ultimi rimane valida la regola del libero mercato; la pianificazione territoriale di fatto non riesce a incidere efficacemente. Forse l’attività estrattiva dei minerali di prima categoria non è ancora ascrivibile all’interno di una pianificazione territoriale perché da questa dipendono settori prevalenti per l’economia nazionale.

 

 

Note

 

1 Docente della Facoltà di Economia presso l’Università di Torino. Autore di numerosi studi in materia di Diritto Civile.

 

 

Bibliografia

 

Sartorio M. (2003), Miniere e cave tra disciplina nazionale e regionale, Il Sole 24 Ore.

Balletto G., Mei G., Puledda M. L. (2005), Disciplina di cave e miniere in Sardegna. pag. 39-41 Quarry and Construction, n. 10, Edizioni Pei, Ottobre.

 

 

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