La Regione Sardegna nell’ambito delle sue
competenze in materia di attività estrattiva
ha di recente approvato (delibera del 5
ottobre 2005, n. 47/12) il disegno di legge
(ddil) dal titolo Disciplina delle
attività estrattive, che ha stimolato un
vivace dibattito, interessando oltre agli
operatori di settore anche altri soggetti,
tra i quali le Università sarde.
Tale ddil disciplina “la programmazione
regionale in materia di ricerca e
coltivazione delle sostanze minerali di cava
di cui all’art. 2 del Regio decreto 29
luglio 1927, n. 1443”.
Il sopraccitato Regio decreto opera una
distinzione tra attività mineraria e
attività di cava secondo quanto indicato
nell’art. 2 dello stesso che, per maggiore
chiarezza, viene di seguito riportato
insieme all’art. 1.
“Art. 1: La ricerca e la coltivazione di
sostanze minerali e delle energie del
sottosuolo, industrialmente utilizzabili,
sotto qualsiasi forma o condizione fisica,
sono regolate dalla presente legge”;
“Art. 2: Le lavorazioni indicate nell’art. 1
si distinguono in due categorie: miniere e
cave. Appartengono alla prima categoria la
ricerca e la coltivazione delle sostanze ed
energie seguenti:
a) minerali utilizzabili per l’estrazione di
metalli, metalloidi e loro composti, anche
se detti minerali siano impiegati
direttamente;
b) grafite, combustibili solidi, liquidi e
gassosi, rocce asfaltiche e bituminose;
c) fosfati, Sali alcalini e magnesiaci,
allumite, miche, feldspati, caolino e
bentonite, terre da sbianca, argille per
porcellana e terraglia forte, terre con
grado di refrattarietà superiore a 1630
gradi centigradi;
d) pietre preziose, granati, corindone,
bauxite, leucite, magnesite, fluorina,
minerali di bario e di stronzio, talco,
asbesto, marna di cemento, pietre
litografiche;
e) sostanze radioattive, acque minerali e
termali, vapori, gas.
Appartiene alla seconda categoria la
coltivazione:
a) delle torbe;
b) dei materiali per costruzioni edilizie,
stradali e idrauliche;
c) delle terre coloranti, delle farine
fossili, del quarzo e delle sabbie silicee,
delle pietre molari, delle pietre coti;
d) degli altri materiali industrialmente
utilizzabili ai termini dell’art. 1 non
compresi nella prima categoria”.
Il punto su cui focalizzeremo l’attenzione
riguarda il Titolo V - Disposizioni
comuni alle miniere, finali e transitorie,
nel quale le disposizioni riferite
all’attività di cava vengono estese a quelle
di miniera, creando una condizione
particolare, date le diverse peculiarità
delle due attività estrattive. L’obiettivo
che ci si propone è quello di valutare
rischi e opportunità che da tale
orientamento possono scaturire.
A tal proposito si è realizzata una prima
valutazione consistente nel selezionare le
sole leggi regionali il cui titolo si
riferisce all’attività estrattiva in
generale, escludendo invece quelle che si
rivolgono solo all’attività di cava.
Lo studio è stato svolto con l’intento di
analizzare tale ddil, e in particolare il
suddetto Titolo V, in relazione alle altre
leggi regionali di settore, evidenziandone i
punti comuni e le principali differenze.
Sulla base di tale valutazione, effettuata
utilizzando la normativa indicata
sull’autorevole testo “Miniere e cave tra
disciplina nazionale e regionale” (2003) di
Sertorio M.1 citiamo:
1. Emilia Romagna, Lr 18 luglio 1991, n. 17
- Disciplina delle attività estrattive;
2. Friuli Venezia Giulia, Lr18 agosto 1986,
n. 35 - Disciplina delle attività
estrattive;
3. Marche, Lr 1 dicembre 1997, n. 71 - Norme
per la disciplina delle attività estrattive;
4. Toscana, Lr 3 novembre 1998, n. 78 -
Testo unico in materia di cave, torbiere,
miniere, recupero di aree escavate e
riutilizzo di residui recuperabili;
5. Sicilia, Lr 27 maggio 1987, n. 28 - Norme
urgenti per il settore minerario.
Da questa analisi si evince che solo 5
regioni su 20 e 2 province autonome non
hanno esplicitato direttamente il
riferimento all’attività di cava, lasciando
intendere di volersi occupare del settore
estrattivo in senso più ampio. Si è, quindi,
proceduto alla verifica di ciascuna delle
leggi sopraccitate.
Emilia Romagna,
Lr 18 luglio 1991, n. 17 - Disciplina delle
attività estrattive
Art. 3 - Ambito di applicazione, il comma 1
recita: “… la presente legge disciplina le
attività svolte in aree diverse dal demanio
fluviale, lacuale, marittimo, che comportino
modificazioni dello stato fisico del suolo e
del sottosuolo, dirette all’estrazione, ai
fini di trasformazione, selezione o comunque
utilizzazione e commercializzazione, dei
materiali appartenenti alla categoria
prevista dal terzo comma dell’art. 2 del
R.D. 29 luglio 1927, n. 1443”(esclusivamente
materiali di cava).
Il comma 2 recita: “Il rilascio dei permessi
di ricerca e concessioni per l’estrazione
dei materiali di cui al 2 comma art. 2 del
citato R.D. 1443/1927 di competenza statale,
è in via preventiva comunicato alla Giunta
regionale ai fini dell’intesa prevista
dall’art. 81 del DPR 24 Luglio 1977, n.
616”.
L’unico riferimento ai minerali di prima
categoria appare, quindi, in relazione alla
delega assegnata alle regioni dal Dpr
616/1977 per quanto riguarda i permessi di
ricerca e le concessioni; non appare nessun
altro riferimento in merito all’applicazione
specifica della norma regionale ai minerali
di prima categoria.
Nel rimanente testo della legge si continua
a trattare in termini generali di attività
estrattive ma rimane comunque valido
l’ambito di applicazione citato nell’art. 3
per cui attività estrattiva diventa sinonimo
di attività di cava.
Friuli Venezia Giulia,
Lr 18 agosto 1986, n. 35 - Disciplina delle
attività estrattive
Art. 1 Oggetto recita: “La presente legge
disciplina l’esercizio dell’attività di
estrazione e coltivazione delle sostanze
minerarie previste dall’art. 2 categoria
seconda del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443 e
successive modifiche e integrazioni, ivi
comprese le cosiddette cave di prestito”.
Appare, quindi, evidente che, anche in
questo caso, il riferimento è ai minerali di
cava e non esiste in questa legge nessuna
altra indicazione riguardante i minerali di
prima categoria.
Marche,
Lr 1 dicembre 1997, n. 71 - Norme per la
disciplina delle attività estrattive
Art 1. Finalità, oggetto della legge recita:
“La presente legge disciplina l’attività di
coltivazione delle cave allo scopo di
conseguire un corretto uso delle risorse,
nel quadro di una rigorosa salvaguardia
dell’ambiente e del territorio, delle sue
componenti fisiche, biologiche,
paesaggistiche e monumentali definite in
particolare dal PPAR e dai piani di bacino
...”.
Anche in questa legge regionale il
riferimento ai minerali di cava risulta
esclusivo.
Toscana,
Lr 3 novembre 1998, n. 78 - Testo unico in
materia di cave, torbiere, miniere, recupero
di aree escavate e riutilizzo di residui
recuperabili
Tale legge regionale dedica ai minerali di
prima categoria l’intero Titolo VII -
Miniere, definendo all’art. 32 le funzioni
amministrative (“la Giunta regionale
esercita tutte le funzioni amministrative
relative alle attività di ricerca e
coltivazione dei minerali solidi
appartenenti alla categoria miniere di cui
all’articolo 2 del R.D. 1443/1927 …”).
All’art. 33 invece recita “Permessi di
ricerca e concessione minerari.
(1) La giunta regionale conferisce i
permessi di ricerca e concessioni minerarie
relative ai materiali solidi e ai gas non
combustibili applicando la disciplina dei
procedimenti del DPR del 18 aprile 1994 n.
382.
(2) Per il riconoscimento della presenza e
della coltivabilità del giacimento
minerario, quale presupposto per la
concessione mineraria, la giunta regionale
verifica l’effettiva rilevanza
dell’interesse pubblico rappresentato dalla
utilizzazione del giacimento in rapporto
alla tutela e valorizzazione delle risorse
essenziali del territorio definite
dall’articolo 2 della LR 5/1995, ai vincoli
e alle limitazioni d’uso del territorio
interessato e all’incidenza dell’estrazione
mineraria rispetto alla movimentazione degli
altri materiali necessaria per consentire
l’utilizzazione del giacimento minerario.
(3) Alle domande di permesso di ricerca e di
concessione mineraria deve essere allegato
anche un progetto di risistemazione
dell’area interessata dagli interventi per
la sua ricomposizione ambientale compreso lo
smantellamento degli impianti e delle
attrezzature con indicazione delle modalità
e dei tempi di attuazione, nonché il
progetto delle eventuali opere di
urbanizzazione primaria necessarie e quelle
di allacciamento ai pubblici servizi, delle
opere di trattamento dei rifiuti solidi,
liquidi e gassosi, nonché delle ulteriori
opere a tutela degli interessi collettivi
connessi con l’attività di ricerca e
coltivazione mineraria.
(4) I permessi di ricerca e le concessioni
minerarie sono soggetti a prestazione
preventiva di garanzia fidejussoria
commisurata all’ammontare complessivo degli
interventi descritti al comma 3, come
risultati di una perizia di stima allegata
alla domanda, che potrà essere svincolata,
anche parzialmente, con cadenza minima
annuale, per l’ammontare delle opere
realizzate.
(5) La giunta regionale potrà disciplinare
le modalità di formulazione delle domande
per i permessi di ricerca e per le
concessioni minerarie e gli specifici
requisiti tecnici degli elaborati da
allegare alle domande tramite istruzioni
tecniche.
(6) I permessi di ricerca e le concessioni
minerarie rilasciate anteriormente alla
decorrenza delle funzioni regionali di cui
all’art. 32 rimangono in vigore fino alla
scadenza fissata nei singoli atti, semprechè
non si presentino motivi di decadenza”.
Nel resto del testo si riscontra inoltre che
i piani per l’attività estrattiva sia
regionali (Paer) che provinciali
(Paerp) sono da riferirsi esclusivamente
all’attività di cava (art. 3, 4 e seguenti).
Sicilia,
Lr 27 maggio 1987, n. 28 - Norme urgenti per
il settore minerario
Tale legge si riferisce ad azioni urgenti
riguardo i permessi di coltivazione per le
attività di cava.
Da questa analisi sintetica è emerso che
solo nel caso della Regione Toscana si
presenta un tentativo di ricondurre in
un’unica legge sia l’attività di cava che di
miniera sulla base della classificazione tra
minerali di prima e seconda categoria
espressi dal Rd 1443/1927. Da questa prima
valutazione possiamo riscontrare che il ddil
della Sardegna si muova nella medesima
direzione.
Segue ora una breve analisi del testo
proposto che si soffermerà solamente sui
punti più significativi.
In particolare ci si riferisce all’art. 30 -
Norme sulle attività minerarie
“1. L’obbligo di rilascio della fidejussione
a garanzia della risistemazione ambientale
delle aree oggetto degli interventi previsto
dagli artt. 9 e 12 è esteso ai titolari dei
permessi delle concessioni per minerali
definiti di prima categoria ai sensi del
R.D. n. 1443/27 e della presente Legge. I
titolari di concessioni minerarie in essere
dovranno adeguarsi a tale obbligo a pena di
decadenza entro 1 anno dalla data di entrata
in vigore della presente Legge.
2. Sono estese alle attività minerarie le
procedure e prescrizioni di cui agli artt. 8
e 9 (fatta eccezione per il requisito della
disponibilità dell’area), 10, 11 e 12 (fatta
eccezione per il requisito della
disponibilità dell’area), 13, 14, 16, 17 e
18, e le modalità di vigilanza di cui
all’art. 19, nonché, per le attività a cielo
aperto, la durata di cui all’art. 15.
3. Sono estese alle attività minerarie le
sanzioni di cui agli artt. 22 e 23.
4. È esteso alle attività minerarie il
quadro pianificatorio di cui agli artt. 4 e
segg.
omissis”
Questo articolo integra il precedente testo
di legge (Lr 7 giugno 1989, n. 30 -
Disciplina delle attività di cava e
successive modifiche) introducendo la
fidejussione a garanzia della risistemazione
ambientale dei luoghi soggetti ad attività
estrattiva di materiali di prima categoria.
Seppur questo principio appaia
condivisibile, tuttavia non risultano chiare
le modalità di definizione dei parametri
caratterizzanti il ripristino stesso e la
sua qualità.
L’aspetto più rilevante è rappresentato
invece dal comma 4 del citato art. 30 che
estende alle attività minerarie (prima
categoria) il quadro pianificatorio del
piano regionale attività estrattive (Prae)
che interessa l’attività di cava.
Tale estensione del Prae all’attività
mineraria risulta unica in Italia e appare
di difficile applicabilità. A riguardo, se
di valutazione dei fabbisogni si può parlare
con oggettività, ci si può riferire
esclusivamente ai materiali per opere civili
che derivano da una quantificabile domanda
locale. Diversamente i materiali di prima
categoria entrano in processi industriali
particolarmente complessi dei quali si
perdono i passaggi, risultando difficilmente
quantificabili anche se oggettivamente
necessari. A titolo di esempio citiamo nel
primo caso la sabbia e la ghiaia a uso
civile il cui fabbisogno è principalmente
riconducibile alle opere edilizie. Non
esiste invece la stessa immediatezza, almeno
in Sardegna, nel legame tra la richiesta di
minerali di prima categoria e il loro sbocco
finale. Tuttavia questi prodotti si
inseriscono nella filiera produttiva andando
ad essere i componenti di numerosi beni
indispensabili per il vivere civile.
Appare, quindi, alquanto significativa la
scelta, introdotta dal ddil della Regione
Sardegna, di voler estendere il quadro
pianificatorio di cava anche all’attività di
miniera. Se da una parte trova delle
giustificazioni di tipo ambientale, in
particolare riferite ai ripristini, non
altrettanto si comprendono le modalità della
valutazione del fabbisogno minerario di
prima categoria. Si tratta di un concetto
più teorico che pratico, che non trova
positivi riscontri ai fini della produzione.
Anzi, le implicazioni che da questa possono
scaturire senz’altro si mostrano rischiose.
Infatti, una valutazione sottostimata genera
anomalie nel mercato e maggiori dipendenze
da altri paesi, limitando la corretta
formazione del prezzo finale dei prodotti di
miniera.
Un altro aspetto rilevante del ddil è
rappresentato dal fatto che si subordina
l’attività estrattiva alla disciplina
urbanistica e alla pianificazione
territoriale di livello locale. Si ritiene
interessante citare gli articoli nei quali
emerge tale indirizzo.
Art. 5, comma 2: “Sono contenuti essenziali
del Prae, con distinta evidenziazione dei
dati riferiti agli ambiti degli usi
ornamentali civili e industriali:
omissis
f) la zonizzazione per le attività
estrattive e in particolare:
omissis
- le aree in cui è vietato l’esercizio delle
attività di cava, comprese quelle sottoposte
a vincoli preclusivi ai fini della tutela e
conservazione di beni ambientali e
paesaggistici e culturali ovvero derivanti
da strumenti di pianificazione territoriale
e urbanistica”.
Art. 6, comma 3: “La proposta di Piano, con
il relativo rapporto ambientale, è per
stralci funzionali, inviata alle Province e
ai Comuni che, entro centoventi giorni dalla
pubblicazione nel BURAS, deliberano
eventuali proposte di modifica in coerenza
con i piani e le previsioni urbanistiche e
di sviluppo del territorio inviandole in
forma scritta all’Assessorato dell’Industria
e all’Assessorato della Difesa
dell’Ambiente. Qualora Comuni e Province
esprimano diniego alle previsioni del Piano,
la Regione adegua coerentemente alla
valutazione degli Enti locali territoriali
la proposta di Prae in ordine al rilascio di
autorizzazioni e concessioni per nuove
attività, fatta eccezione per i materiali
utili ai fini energetici”.
Art. 6, comma 8: “Decorsi tre anni
dall’entrata in vigore, il Prae potrà
recepire eventuali modifiche e richieste
dalle Province e dai Comuni competenti per
territorio. Le modifiche del Prae introdotte
sulla base delle suddette richieste
comportano conseguente variazione automatica
degli strumenti di pianificazione
territoriale interessati, in ordine al
rilascio di autorizzazioni e concessioni per
nuove attività”.
Lo stesso Sertorio esaminando il ddil
evidenzia che questo sovverte in modo
rilevante il sistema giuridico minerario
(cave e miniere) come è evidenziato sia
nella legislazione nazionale che in quella
regionale e ricorda i due principi cardine
del sistema minerario:
- essere la disciplina estrattiva autonoma
rispetto a quella urbanistica;
- costituire le miniere patrimonio
indisponibile dello Stato, in quanto la loro
coltivazione è riconosciuta di pubblico
interesse da parte dello Stato.
Tale ddil prevede di sottoporre la proposta
di piano alla procedura di valutazione
ambientale strategica nell’obiettivo di
coinvolgere gli enti locali nella prima fase
dell’elaborazione del piano e di sottoporlo
ad un articolato quadro di verifiche e
consensi. Si ritiene pregevole il tentativo
di concertazione con gli enti locali, ma
tale indirizzo appare trascurare la
prevalente funzione pubblica dell’attività
estrattiva, subordinando alla pianificazione
territoriale e urbanistica locale le
decisioni che presentano forti implicazioni
di livello regionale.
Già la Regione Sardegna si era mossa in tale
direzione, infatti la Lr 15/2002 conferma il
medesimo indirizzo, recitando all’art. 8 che
“fino all’emanazione di una normativa per la
disciplina dell’attività mineraria e di
cava, i permessi di ricerca, le concessioni
minerarie e le autorizzazioni di cava
possono essere rilasciate
dall’Amministrazione regionale previa intesa
con il Comune territorialmente competente
espresso in conformità con la pianificazione
urbanistica comunale o, in assenza di
questa, previa delibera del Consiglio
Comunale assunta con i due terzi dei
componenti”. Tale situazione ha reso
complesso poter tentare di pianificare il
settore, poiché da parte delle
Amministrazioni locali perdura un
atteggiamento spesso polemico e poco
disposto ad accogliere iniziative minerarie.
Per l’importanza del settore estrattivo e
per il benessere da esso indotto si è
cercato di inserirlo nella pianificazione
territoriale, tuttavia la maggiore
difficoltà si riscontra nell’individuare il
peso degli attori ai fini delle decisioni
inerenti il rilascio delle autorizzazioni.
Un problema di non facile soluzione
soprattutto perché nel settore estrattivo i
più vedono soltanto gli effetti negativi e
pertanto vi è un generale rifiuto ad
accogliere tale attività. La conoscenza
degli effetti sia positivi che negativi
sembra l’unica strada percorribile per
sensibilizzare le comunità e gli
amministratori locali in modo da creare un
contesto meno ostile nei confronti di una
attività indispensabile. Risulta opportuno
individuare, nei limiti del possibile, i
reali fabbisogni che, come già visto, si
mostrano attendibili per i materiali di cava
ma non per quelli di miniera. Per questi
ultimi rimane valida la regola del libero
mercato; la pianificazione territoriale di
fatto non riesce a incidere efficacemente.
Forse l’attività estrattiva dei minerali di
prima categoria non è ancora ascrivibile
all’interno di una pianificazione
territoriale perché da questa dipendono
settori prevalenti per l’economia nazionale.
Note
1
Docente della Facoltà di Economia presso
l’Università di Torino. Autore di numerosi
studi in materia di Diritto Civile.
Bibliografia
Sartorio M. (2003), Miniere e cave tra
disciplina nazionale e regionale, Il
Sole 24 Ore.
Balletto G., Mei G., Puledda M. L. (2005),
Disciplina di cave e miniere in Sardegna.
pag. 39-41 Quarry and Construction, n. 10,
Edizioni Pei, Ottobre. |