Numero 12/13 - 2006

 

La pianificazione regionale  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Strategie turistiche in aree costiere marginali. Buone e cattive pratiche in Sardegna1


Maria Grazia Murru


 

I recenti paradigmi sull'uso del suolo nei territori sensibili hanno condotto alla maturazione dei concetti di rispetto, consumo e tutela, tali da prospettare un ampio ripensamento delle strategie di sviluppo turistico di aree connotate da elevato pregio e diffusa fragilità ambientale. Maria Grazia Murru illustra il caso del territorio comunale di Buggerru, manifestando ottimismo per il complesso delle scelte di governo del territorio in atto, a livello regionale, capaci di frenare spinte speculative e trasformazioni urbanistiche ambientalmente insostenibili

 

 

Definizione di aree di costa: da immagine lineare a immagine radiale

 

Talvolta alcuni approcci al tema delle aree di costa conducono a interpretazioni teoriche generiche o a rigide schematizzazioni operative che tendono a classificarle come sistemi territoriali a sviluppo prevalentemente lineare e parallelo alla linea di costa2.

Rappresentazioni che non soddisfano pienamente dal punto di vista dell’analisi territoriale, soprattutto alla luce degli importanti cambiamenti culturali avviati a partire dal 2000, grazie alla convenzione europea del paesaggio (Cep).

La complessità che caratterizza l’interpretazione del significato stesso di costa è sottolineata dalla mancanza di un organico quadro normativo per il loro governo e, soprattutto, dalla mancata integrazione tra le competenze e i diversi livelli di gestione che afferiscono a queste aree3.

Uno dei più importanti tentativi di armonizzazione delle diverse politiche che esercitano un influsso sulle regioni costiere è rappresentato dalla gestione integrata delle zone costiere (Gizc) promossa dall’Unione europea, la quale assume tra i diversi obiettivi quello di garantire la tutela degli ecosistemi e il benessere economico e sociale al tempo stesso ponendosi, non come ulteriore esperienza isolata, ma come processo aperto finalizzato a evolvere e durare nel tempo (Commissione europea, 2001).

Condividendone i principi, il governo di queste aree non deve rivolgersi alla semplice integrazione spaziale degli interventi e delle politiche programmate su di esse ma assolvere a tre principali funzioni strettamente interconnesse: lo sviluppo, la tutela e l’integrazione.

Una corretta pianificazione integrata di questi territori richiede approcci che aprano a nuove interpretazioni del concetto di aree di costa, ad esempio, sulla base del modello proposto da Virginio Bettini (Bettini V. e coll., in D’Erma M., Di Gioia V., 1986) che prevede l’introduzione del significato moderno di costa definito da un sistema territoriale più ampio fino a comprendere le risorse territoriali dell’interno e che permetta di frenare la zonizzazione consumistica lungo le coste4.

È questa la visione delineata anche dalla Cep che invita a mettere in campo azioni che considerino il territorio, e il paesaggio come concetto più ampio, secondo una visione che estende la valenza di bene comune a tutto il territorio, compreso quello più interno e non solo a quelli che, per il loro valore posizionale, sono economicamente più appetibili e, come tali, suscettibili di maggiori trasformazioni.

L’originalità della Cep risiede proprio nella sua applicazione tanto ai paesaggi eccezionali quanto a quelli ordinari, poiché, si dice, sono tutti determinanti per la qualità dell’ambiente di vita delle popolazioni.

Interpretazioni di questo tipo superano le tradizionali rappresentazioni di tipo lineare delle aree di costa e rimandano, piuttosto, a immagini di tipo radiale5 nelle quali convergono relazioni di scale e natura diverse. L’obiettivo è il superamento delle logiche di gerarchizzazione del territorio derivanti da sterili attribuzioni di vincoli solo ai paesaggi di riconosciuta valenza paesaggistica e che, spesso, hanno generato aree cuscinetto lungo le coste e nell’immediato entroterra, sulle quali sono state scaraventate le funzioni più disparate non localizzabili all’interno delle aree vincolate. Nella fattispecie delle aree costiere, tale strategia permetterebbe ai comuni costieri di non guardare i territori alle proprie spalle come nuovi spazi da colonizzare dopo la saturazione e l’esaurimento fisico dei litorali.

 

 

Il ruolo delle aree di costa: uso-rispetto, uso-consumo, uso-tutela

 

Il grado di artificializzazione, soprattutto a fini turistici, subita dalle aree di costa nel corso degli ultimi due secoli, e con accenti sempre più forti negli ultimi decenni, è stato recentemente confermato dall’ultimo Rapporto sullo stato di salute delle coste del Mediterraneo e da altri autorevoli studi condotti in territorio nazionale6.

Le ragioni di questo assalto sono riconducibili a numerosi fattori storico-culturali, sociali ed economici, che hanno determinato l’occupazione progressiva delle aree di costa, comprese quelle demaniali, attraverso il rilascio della concessione prevista dal codice navale del 19427.

Da un punto di vista storico, l’evoluzione del fenomeno è schematizzabile attraverso alcune concettualizzazioni che vedono questi spazi delle aree di costa caratterizzati dall’uso-rispetto nella prima fase storica, dall’uso-consumo nella seconda e dall’uso-tutela nella fase storica più recente.

La prima fase storica è, infatti, caratterizzata dall’equilibrato rapporto tra uomo e ambiente che ha portato all’utilizzo delle risorse ambientali secondo logiche che ne hanno rispettato i tempi di rigenerazione. I tempi e i modi delle trasformazioni dipendono dalle caratteristiche strutturali e morfologiche delle coste: il paesaggio è trasformato secondo modelli di utilizzazione molto vari e diversificati, producendo piccoli centri nelle coste più alte e rocciose, utilizzazioni agricole specializzate nelle pianure costiere, sfruttamento sostenibile delle aree umide a fini produttivi secondo un modello nel quale l’uso corrisponde alla produzione di valori aggiunti al paesaggio. In questa fase anche le trasformazioni legate alle dinamiche naturali (erosione, trasporto e deposito) sono in equilibrio secondo un processo chiuso che fa corrispondere all’erosione di un tratto di costa l’incremento di un altro tratto attraverso azioni di trasporto e deposito naturali.

Nella seconda fase l’uso dei territori costieri si concretizza successivamente nel suo consumo: il mito del progresso si è tradotto nello sfruttamento di tutte le aree anche di quelle apparentemente non vocate per un certo tipo di utilizzazione8. Il consumo è avvenuto in nome di uno sviluppo incentrato sostanzialmente su industria e turismo: l’industria attraverso la localizzazione di grandi poli, dal nord al sud secondo il modello a cattedrale, determinando elementi di forte rottura nel sistema territoriale costiero e interno per diverse ragioni (inquinamento, urbanizzazione delle periferie delle città costiere, abbandono delle aree più interne, localizzazione di nuovi centri costieri); e il turismo secondo un modello più diffuso e omologante che, alla grande scala e con l’eccezione di poche realtà locali, ha costituito un continuum urbano spalmato sui territori costieri senza distinzione e diversificazione9.

Tale processo ha contribuito ad accelerare le dinamiche di trasformazione naturali di erosione, subsidenza, inquinamento delle acque e dei suoli, determinando il collasso di importanti ecosistemi.

La terza fase è rappresentata dall’emergere, intorno agli anni ’70, di nuove istanze di matrice ecologica e di una nuova consapevolezza ambientale che ha portato, nel 1972, alla Conferenza sull’ambiente di Stoccolma10.

L’esigenza di tutela nasce per preservare i pochi residuali ambiti naturali e per contrastare i già citati fenomeni di accelerazione delle dinamiche naturali.

Il dibattito attuale è fortemente indirizzato verso i temi della tutela di queste aree che assolvono un importantissimo ruolo a scala locale e globale11.

Anche il turismo, fenomeno che spesso ha distrutto più di quanto abbia costruito, assume oggi un importante ruolo nel processo di valorizzazione integrata di queste aree ponendosi come punto di possibile convergenza tra sviluppo e tutela.

La capitalizzazione sostenibile dell’ambiente a fini turistici impone una trasposizione dal concetto di uso a quello di sviluppo, dal concetto di spazio a quello di territorio e una più ampia interpretazione del concetto di tutela come forma di gestione estesa alla totalità del territorio e non come mero vincolo da istituire.

Le interpretazioni teoriche e i campi di intervento della tutela sono molteplici, diversificati e a volte contrastanti, a seconda che si tratti di misure tese alla preservazione della natura in quanto tale e a prescindere dal beneficio che l’uomo può trarne12 (Bartolommei S., 1987) o alla possibilità di un suo utilizzo da parte dell’uomo con attività che vanno dalla mera fruizione e utilizzo compatibile fino alla sua capitalizzazione in chiave sostenibile finalizzata anche allo sviluppo turistico. Le diverse forme di tutela possono essere ricondotte ai concetti di conservazione, salvaguardia, protezione, valorizzazione e numerose altre interpretazioni derivano dalla possibilità di aggettivare il concetto stesso di ambiente secondo le diverse estrazioni culturali che lo studiano nella sua accezione naturale o in una più complessa come quella proposta dal filone di ricerca sul progetto ambientale13 per il quale la tutela assume significati di matrice anche sociale e culturale. È, quest’ultima, una interpretazione culturalmente più ampia che presuppone approcci integrati e di tipo multidisciplinare che permettano la definizione di forme di governo del territorio più articolate rispetto ad approcci di matrice settoriale.

Sviluppo e tutela rappresentano anche le principali finalità delle politiche alla base dell’istituzione dei parchi14 passati, nel tempo, da istanze di conservazione dei caratteri prettamente ambientali fino alle più moderne concezioni che racchiudono ordini di valori e obiettivi molto più complessi fino a ipotizzare la definizione di reti ecologiche e culturali (Peano A., 1997), promuovere lo sviluppo locale basato su processi di valorizzazione e integrazione dei diversi settori economici, soprattutto con il settore turistico15.

Anche secondo quanto indicato dalla già citata Gizc il turismo rappresenta un importantissimo tramite per la promozione di nuovi modelli di sviluppo sostenibili per le aree costiere. Il turismo ha prodotto molti scompensi sul sistema delle risorse16, ma se pianificato secondo i criteri della sostenibilità e dell’integrazione può rivelarsi fondamentale, non solo per le aree strettamente costiere quanto piuttosto per tutto il sistema territoriale del quale la fascia costiera fa parte.

Figura 1 - Stato dell'urbanizzazione costiera al 2000 nel Comune di Buggerru

 

 

Il concetto di tutela nelle aree di costa può riferirsi a tre macro-categorie:

1. quella relativa alle aree ormai compromesse17;

2. quella relativa alla tutela dei pochi residuali ambiti naturali esistenti e inseriti in ambiti territoriali fortemente antropizzati e con problematiche connesse alla conflittualità degli usi18;

3. quella relativa ad ambiti che mantengono una condizione di diffusa naturalità ma a rischio in quanto aree nelle quali, a volte, mancano forme di tutela adeguate19.

Sviluppo e tutela dovranno porsi alla base degli strumenti di governo del territorio come variabili non negoziabili capaci di ristabilire l’equilibrio tra tempi economici dello sviluppo e tempi ecologici dell’ambiente. Ciascuna variabile comprende diverse sotto-variabili che, nel caso della tutela, saranno rappresentate da forme di gestione che vanno dalla conservazione integrale a quelle di riqualificazione territoriale e urbana20 senza escludere possibili sovrapposizioni o forme di gestione a rotazione che rispettino i tempi di rigenerazione dei processi ambientali.

Figura 2 - I nuovi comparti turistici costieri previsti dal Puc di Buggerru

 

 

In questo senso non si escluderanno forme di utilizzo a fini turistici secondo strategie che, in alcuni casi, ne permettano la fruizione in altri, ne regolino o ne limitino anche l’accesso per alcuni periodi.

La variabile sviluppo è delineata in stretta relazione alla vocazione del territorio e, nel caso specifico di un territorio a vocazione di matrice turistica21, secondo il principio che permette una forte correlazione con gli altri settori economici: agricoltura, artigianato e attività locali in genere.

Per ciascuna sotto-variabile della tutela (conservazione, valorizzazione, ecc.) si individueranno diversi strumenti di intervento che saranno modulati sulla base delle sotto-variabili dello sviluppo in maniera tale da prevedere azioni e interventi realmente territorializzati22. Il concetto di tutela andrà esteso alla complessità del territorio, secondo quanto prevede la Cep, attraverso individuazione di diversi obiettivi di qualità diversificati e orientati a nuove forme di tutela estese anche ai paesaggi ordinari e a quelli degradati.

Infine, il concetto di integrazione e di visione radiale delle aree di costa, più volte richiamato, trova una sua possibile applicazione attraverso strategie che li connettano a sistemi territoriali più ampi secondo il principio della compensazione, dell’equilibrio tra uso e costi dell’uso da risarcire, della complementarietà dei diversi sistemi territoriali (montano, collinare, di pianura e costiero) caratterizzati dalla presenza di risorse diversificate e complementari.

Figura 3 - Possibile evoluzione dello stock edilizio

 

 

Dal punto di vista turistico, le aree costiere, come quelle montane, sono caratterizzate da forti processi di stagionalità che ne determinano tempi di funzionamento a due velocità. Il risultato sono utilizzazioni e carichi molto intensi in alta stagione, periodi di sottoutilizzo nel resto dell’anno.

Le azioni messe in campo dovranno tendere al decentramento dei flussi turistici dalla costa verso l’interno in alta stagione e alla diversificazione dell’offerta nei periodi intermedi che riesca a captare forme di utilizzo turistico di matrice diversa da quella di tipo prettamente balneare per le aree di costa o invernale per quelle montane.

L’approccio integrato evita la realizzazione di nuovi insediamenti, valorizza il patrimonio edilizio esistente all’interno dei centri costieri e nei territori più interni escludendo nuove localizzazioni e infrastrutture sulla costa.

 

 

Il caso del Comune di Buggerru nella costa sud-occidentale della Sardegna

 

Quella del comune di Buggerru23, è una vicenda che si inserisce in quella più nota dei precedenti piani territoriali paesistici (Ptp) sardi e del loro annullamento sopraggiunto per mancata corrispondenza con la funzione conservativa attribuitogli dalla legge24.

Il Comune di Buggerru, come pochi altri comuni costieri della Sardegna, ha adeguato, nel 2000, il proprio piano urbanistico comunale al sovraordinato Ptp del Marganai, anch’esso annullato. Il piano individuava, infatti, alcune aree oggetto di trasformazione (2C) su un complesso dunale di 350 ettari di proprietà demaniale, rimboschito su circa 230 e con un fronte mare di circa 2 km localizzato all’interno del comune alle spalle della straordinaria spiaggia di San Nicolò-Portixeddu. Un sito che, per il suo particolare interesse ambientale, solo tre anni dopo è stato inserito nell’elenco dei siti di interesse comunitario (Sic).

Figura 4 - Un tratto di costa nel Comune di Buggerru

 

 

Obiettivo del nuovo piano era la creazione di un sistema turistico che compensasse la crisi economica e sociale conseguente alla dismissione del settore industriale minerario che a Buggerru, come in tutto il bacino metallifero, ha prodotto economia su cui si basava lo sviluppo culturale e sociale di questi luoghi. Oggi, questo territorio appare fortemente penalizzato su molti fronti: quello industriale, quello agricolo e quello terziario che non sono più in grado di far fronte alla richiesta di lavoro conseguente la crisi industriale25. Il settore turistico sembra quello più appetibile in termini di investimenti, ma appare anch’esso piuttosto marginale26.

Anche per tale ragione, e in mancanza di modelli di riferimento adeguati, l’amministrazione comunale ha adottato una strategia di ritorno economico a breve termine che si è tradotta nella previsione di interventi edilizi da localizzarsi sulla costa proprio in corrispondenza dei Sic precedentemente citati. Un comparto attuativo sul complesso dunale di Portixeddu (250.000 mq), un comparto per l’adiacente area di San Nicolò (42.000 mq) e un comparto per l’area di Pranu Sartu (10.000 mq). Quest’ultimo attraverso il recupero delle volumetrie originarie di un vecchio villaggio minerario localizzato su uno straordinario altopiano sul mare integro da urbanizzazioni.

Questo sarebbe stato un altro esempio di intervento turistico volutamente pianificato che avrebbe avuto come esito una colata di cemento con morfologia a macchia di leopardo nella fase iniziale, quasi certamente senza soluzione di continuità nelle fasi successive27. Ciò sarebbe avvenuto se le Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale, individuate dalla Lr 8/2004, non fossero intervenute in tempo.

In contesti territoriali marginali che si affacciano a nuove opportunità di sviluppo attraverso il turismo, senza strumenti e riferimenti adeguati, torna utile la riflessione sui temi dello sviluppo della tutela e dell’integrazione.

Lungo i suoi 9 km di costa integri, Buggerru possiede un’importante sistema di risorse ma altrettanti valori si riscontrano nel territorio più interno.

La millenaria cultura mineraria, unitamente alla crisi economico-sociale e agli ingenti danni ambientali, ha lasciato a Buggerru un patrimonio culturale, materiale e immateriale, unico e inserito in uno straordinario contesto paesaggistico; un sistema di valori universalmente riconosciuti che persistono anche oltre la scomparsa delle cause che li hanno generati e che hanno fatto sì che il 30 luglio 1998, l’Unesco abbia riconosciuto il Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna, del quale Buggerru fa parte, primo esempio emblematico della nuova rete mondiale dei Geositi-Geoparchi.

La matrice territoriale incardinata sui temi dello sviluppo, della tutela e dell’integrazione, precedentemente ipotizzata, permette, anche nel caso di Buggerru, una concreta sperimentazione con strategie che vanno dalla conservazione e capitalizzazione sostenibile degli importanti ecosistemi ambientali (compresa la grande risorsa sole-mare), alla valorizzazione dei territori più interni, fino a interventi di riqualificazione territoriale e urbana.

La corretta gestione del processo di conservazione dei 3 Sic del territorio comunale e degli 8 localizzati nei comuni limitrofi28, con forme di fruizione secondo logiche che ne valutino l’effettiva capacità di carico e ne rispettino i tempi di rigenerazione, presuppone una reale possibilità di sviluppo anche economico. A questo, si sommano le reali opportunità di attivazione di importanti strumenti finanziari specifici per la protezione della biodiversità, così come previsto dalla Direttiva Uccelli 79/409/Ue e la Direttiva Habitat 92/43/Ue messe in campo al fine di individuare strategie comuni per la costruzione della Rete Natura 2000.

I processi di riqualificazione territoriale e urbana, nel caso di Buggerru, potrebbero essere orientate, da un lato, al ripristino degli ingenti danni ambientali29 e, dall’altro, alla riqualificazione dell’importante patrimonio edilizio minerario esistente fino ad arrivare ad azioni, anche puntuali, di rigenerazione urbana del centro storico finalizzata al superamento di forme di utilizzo del territorio a due velocità tipiche del turismo di tipo stagionale.

Il concetto di integrazione tra le parti lascia spazio a proposte progettuali che escludano volontà edificatorie lungo la costa e tendano piuttosto alla valorizzazione delle risorse dell’interno: degli antichi tracciati viari che dalla costa spingevano le prime popolazioni fenice e cartaginesi verso l’interno alla ricerca dei preziosi minerali del Sulcis-Iglesiente; il riutilizzo delle importanti polarità territoriali costituite da insediamenti storici oggi abbandonati30; la valorizzazione dell’ampia rete di siti minerari dismessi e dei numerosi siti archeologici ancora privi di studi sistematici secondo modalità di fruizione diversificate: di tipo archeologico, didattico, escursionistico sulla base del già richiamato principio della complementarietà, dell’equilibrio tra le parti e di quella visione olistica del paesaggio promossa dalla Cep.

 

Figura 5 - L'altopiano di Pranu Sartu nel Comune di Buggerru

 

 

Conclusioni

 

Il tema della tutela del territorio bene comune in Sardegna sembra, finalmente, essersi riappropriato del proprio spazio grazie alle politiche messe in campo dall’attuale amministrazione regionale la quale prevede di assegnare, ai temi dell’ambiente, del turismo e della pianificazione, un ruolo centrale nello sviluppo socio-economico sostenibile dell’isola.

All’interno del processo di predisposizione del nuovo piano paesaggistico regionale, per l’area del bacino metallifero, si prevedono azioni orientate anche alla conservazione dei litorali sabbiosi dei campi dunari di Portixeddu e il recupero dei percorsi storici di derivazione mineraria (Conferenza copianificazione n. 7, 2006).

Alla base delle pratiche è fondamentale un radicale ripensamento politico-culturale capace di guidare i comuni come Buggerru che, spesso, sono costretti a operare in assenza di un adeguato quadro di coerenze, di modelli di riferimento sostenibili e in condizioni di risorse economiche sempre più limitate.

Occorrono nuovi paradigmi culturali che, di fronte a volontà edificatorie insostenibili e a spinte speculative, valutino fermamente anche l’opzione zero, a volte, unica garanzia per la salvaguardia del sistema dei valori territoriali e per il ritorno economico anche a lungo termine.

Con ciò non si vuole certo colpevolizzare l’operato di chi, ai diversi livelli amministrativi, coscientemente e con molta fatica, si occupa della complessa (e in alcuni casi fragile) disciplina della pianificazione territoriale.

Ma se davvero, come auspica l’attuale amministrazione regionale, ci fosse una maggiore e più diffusa responsabilizzazione, ciascun comune opterebbe per soluzioni di sicuro più sostenibili senza approfittare di scelte palesemente irragionevoli derivanti dagli strumenti urbanistici sovraordinati.

In una tale prospettiva anche il deciso, quanto urgente, cambiamento culturale avviato in questi ultimi anni dall’amministrazione regionale governata da Renato Soru, agirebbe in condizioni di maggiore stabilità non potendo essere, essa stessa, come ogni azione importante, totalmente esente da possibili errori o fallimenti.

 

 

Note

 

1 Quanto segue raccoglie i primi esiti di una ricerca annuale che conduco dal titolo: “Prospettive di governo del territorio nell’era della dispersione urbana. Il caso delle aree di costa”. La ricerca avviata alcuni mesi fa è stata finanziata grazie ad un assegno di ricerca istituito presso il Centro internazionale di studi sui paesaggi culturali dell’Università di Ferrara (Facoltà di Architettura). L’analisi del caso studio proposto trova, invece, spunto nel lavoro di tesi discussa nell’a.a 2002 presso la Facoltà di Architettura di Ferrara dal titolo: “Il Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna. Il Comune di Buggerru come nuovo modello di sviluppo economico, valorizzazione e tutela del territorio”. Relatori: Paolo Ceccarelli e Francesca Leder. Il caso studio analizzato si colloca, all’interno della ricerca sulla dispersione urbana nelle aree di costa, come caso paradigmatico di pianificazione di un intervento turistico che rischiava di compromettere uno straordinario tratto di costa localizzato nella Sardegna sud-occidentale, per certi aspetti ancora incontaminato.

2 È il caso, per esempio, della Lr 33/2002 relativa alle norme in materia di turismo emanate dalla Regione Veneto che prevede la zonizzazione della costa per fasce parallele, attraverso la suddivisione dei litorali in tre fasce con relativa definizione delle estensioni minime (Lenoci S., Urbanistica Informazioni, n. 198, 2004). Un’altra definizione di carattere normativo deriva, ancora, dal concetto di demanio marittimo che fa riferimento a confini territoriali variabili delimitando una visione che tende alla separazione e non all’integrazione di questi ambiti con i più ampi sistemi territoriali dei quali fanno parte.

3 Un esempio, il conflitto esistente tra la regolamentazione urbanistica e le norme sul demanio marittimo che ha generato un quadro piuttosto complesso e articolato così come evidenzia Corbino M. L. (1990). Gli strumenti di governo delle aree di costa sono, inoltre, numerosissimi e articolati su altrettanti livelli comprendenti strategie e forme di intervento più o meno dirette al governo di queste aree. Le strategie di tipo diretto vanno dalle politiche di mera attribuzione di vincoli (di tipo passivo) finalizzati alla tutela di porzioni territoriali secondo logiche di gerarchizzazione dei territori fino alle strategie che mirano al coinvolgimento di numerosi attori e attività come, ad esempio, l’istituzione di parchi (strategie di tipo attivo). Tra le strategie indirette rientrano quelle di area vasta orientate a costruire il quadro di coerenze generali entro il quale la pianificazione di livello inferiore e settoriale dovrebbe muoversi. Tuttavia, come si cercherà di dimostrare attraverso l’utilizzo del caso studio, la presenza degli strumenti non rappresenta sempre una condizione sufficiente a garantire la tutela. In alcuni casi, infatti, possono dimostrarsi inadeguati mentre, in altri, privi di forza a causa dell’insorgere di fenomeni, come l’abusivismo edilizio, che prescindono dal numero e dal grado di evoluzione degli strumenti stessi.

4 Virginio Bettini propone, inoltre, la necessità di basare gli studi di fattibilità sui bilanci di impatto ambientale (Bettini V. e coll. in D’Erma M., Di Gioia V., 1986). La letteratura sul tema della valutazione dell’impatto ambientale è molto vasta e gli studi condotti da Virginio Bettini rappresentano, in questo senso, un contributo indubbiamente molto importante. Tra i suoi contributi si veda ad esempio, Bettini V., Canter L. W., Ortolano L., 2000.

5 Utilizzo il concetto di radialità vs quello di linearità al fine di tentare di codificare quanto emerge dalle interpretazioni che propongono il superamento delle logiche di classificazione delle aree di costa come sistemi lineari.

6 Da quanto emerso nel Rapporto dell’United Nations Environment Programme (Unep), presentato a Roma il 30 marzo 2006, il numero di turisti al 2000, concentrati particolarmente sui litorali, ammontava a 175 milioni e le proiezioni al 2025 stimano un aumento di altri 137 milioni. In particolare, nel caso dell’Italia, secondo quanto sostenuto dal II Rapporto sul Turismo Natura (Ecotur, 2004), il turismo balneare continua a rivestire un ruolo determinante: ben due terzi della popolazione italiana trascorre le proprie vacanze al mare con il 50% di preferenze per la spiaggia attrezzata e un fatturato degli stabilimenti balneari stimato nell’1,4% dei consumi turistici. A questi vanno poi aggiunti circa 12 milioni di turisti stranieri che gravitano sulle stesse aree e utilizzano gli stessi sevizi.

7 Greco N. e Murroni B. sostengono che tale processo sia stato accompagnato da una sorta di incapacità della giurisprudenza di far fronte all’adeguamento dell’istituto della concessione rispetto alle nuove esigenze di una società (quella post-bellica) in rapida evoluzione vedendo scemare la distinzione tra l’originario uso normale del bene demaniale (connesso alla navigazione, alla pesca, alla balneazione e alle caratteristiche fisiche del demanio stesso) e uso eccezionale (che prevede attività alternative rispetto alla destinazione normale ed esclusiva) causato dalle numerose richieste di concessione avanzate per le più svariate utilizzazioni (Greco N., Murroni B., 1980). Tale processo ha determinato una sorta di perdita di significato del concetto di bene pubblico, insito in queste aree, come bene finalizzato a garantire interessi di tipo collettivo e le recenti proposte di rilascio di concessioni a fini turistici della durata di 90 anni rappresentano un tangibile tentativo di dissoluzione di tale qualificazione.

8 Le aree umide sono trasformate in poco tempo in spazi per agricolture intensive, localizzazioni industriali, insediamenti turistici passando, in Italia, dai 700.000 ettari all’inizio del secolo a 100.000 nel 1994 (Benedetto G., in Fioravanti S., Martinoja D., a cura di, 2000).

9 I diversi modelli di sviluppo perseguiti hanno prodotto l’omologazione di molti paesaggi costieri con ricadute in termini sociali e culturali, diversificati a seconda del contesto locale.

10 Purtroppo molto spesso, come sottolinea Alessandro Lanza (1997), le conferenze internazionali, che hanno prodotto oltre 200 trattati in tema di ambiente, assumono la forma di dichiarazioni non vincolanti e, come tali, diventano politicamente rilevanti solo per i paesi che ne riconoscono un appropriato peso.

11 In queste aree si concentrano, infatti, la maggior parte delle attività economiche, un’altissima densità abitativa, una grande quantità di biodiversità con altissimi valori ecologici. Sono aree nelle quali interessi economici molto forti convivono con forti tensioni di carattere ambientale.

12 Per esempio, secondo alcune teorie dell’etica ambientale il movimento Deep Ecology Movement (Dem), allarga la considerazione morale agli oggetti naturali (Bartolommei S., 1987).

13 Il filone di ricerca sul Progetto Ambientale, nasce negli anni ’70 presso le Università di Parma, Pisa e Bologna e, grazie all’opera di Fernando Clemente, trova la sua massima espressione nella scuola di Cagliari oggi, portata avanti grazie ai numerosi studi di Macciocco G.. Secondo tale approccio l’ambiente non è inteso come fattore fisico ma come racconto dei luoghi, come sistema di relazioni tra popolazione, luoghi e attività passando da oggetto a soggetto attivo custode di sapienza ambientale e identità.

14 Attualmente esistono in Italia 24 parchi costieri, 54 riserve naturali diffuse lungo le cose, 16 riserve marine che hanno tra gli obiettivi principali: la difesa della costa, la salvaguardia dell’ambiente costiero, l’arretramento delle infrastrutture e la promozione del turismo ecocompatibile.

15 Si pensi, ad esempio, al caso del Parco delle Cinque Terre, il quale promuove azioni mirate al mantenimento del paesaggio culturale dei terrazzamenti di particolare interesse anche turistico o al Parco del Delta del Po, nel quale convivono forme di utilizzazione delle risorse ambientali (produzione ittica, agricoltura) unitamente a istanze di carattere conservativo finalizzate al mantenimento di importanti ecosistemi.

16 Pressioni sulle risorse idriche, inquinamento, il declino di tradizionali metodi di coltivazione ad alta intensità di manodopera, l’omologazione dei paesaggi ecc.

17 È il caso di gran parte dei paesaggi del turismo, con il caso emblematico della costa medio e alto-adriatica, caratterizzata da diffusione insediativa con connotazioni di conurbazione nei quali il caos e il degrado emergono come costanti e fattori dominanti anche all’interno dei pochi brandelli di spazi aperti rimasti. Questi assumono, infatti, la caratteristica di spazi transitori, in attesa di imminenti lottizzazioni. È una condizione di degrado spesso superiore a quella riscontrabile nelle periferie di molte grandi città, ma rispetto a queste le città balneari non possiedono il dinamismo e la vitalità urbana essendo, quelli del turismo, paesaggi che vivono a intermittenza per tre mesi l’anno. Tuttavia, l’utilizzazione massiva dei degradati arenili soffocati nella diffusione urbana, conferisce a questi spazi la qualificazione di luoghi popolari, di nuove centralità, (Ricci M., 2003) di paesaggi ordinari che, anche se privi di qualità, costituiscono un sistema di risorse sociali importanti che lasciano spazio a nuove sperimentazioni progettuali.

18 È il caso del già citato Delta del Po che ha subito processi di antropizzazione molto forti ma che conserva ambiti di naturalità di grande interesse, come il bosco della Mesola, le dune di Massenzatica, le Valli di Comacchio e altri importanti ecosistemi.

19 A tale proposito si veda l’approfondimento tematico sul caso studio della costa sud occidentale della Sardegna.

20 Intesa nella sua più ampia accezione di rigenerazione come forma “più complessa, aperta a obiettivi di integrazione e coesione sociale e di sviluppo economico locale” così come propone Franz G. (2005, pag. 43). In questo senso potrebbero essere comprese anche alcune forme di ripristino ambientale per contesti degradati quali, ad esempio, le aree minerarie in disuso, quelle legate alle attività estrattive e le aree industriali.

21 Da definire con valutazioni ex ante anche attraverso l’utilizzo di indicatori specifici, come ad esempio quelli proposti dall’Unione europea per le destinazioni turistiche non tradizionali (Commissione europea, 2002), ai quali sommare valutazioni relative alla propensione delle comunità locali all’ospitalità, alla presenza di un sistema di risorse che ne permetta l’effettiva attrattività turistica, l’accessibilità del territorio o la possibilità di un suo potenziamento.

22 Strategie di conservazione ambientale in contesti di matrice agricola (di tipo industriale o tradizionale) necessitano di strumenti e forme di intervento diversi da quelle necessarie per la conservazione ambientale in contesti turistici o industriali.

23 Con una popolazione di circa 1.000 abitanti su una estensione territoriale di circa 48.000 kmq e un fronte mare di circa 9 km integralmente libero dall’urbanizzazione, ad eccezione del suo un centro abitato incastonato in uno dei tratti di costa più suggestivi della costa occidentale sarda.

24 Secondo quanto disposto dalla precedente Lr 45/1989 "Norme per l'uso e tutela del territorio regionale", che indicava tra gli strumenti preposti alla disciplina dell'uso e della tutela del territorio i Ptp, redatti per l'intera fascia costiera dei 2 km dalla linea di battigia e per alcune parti dell'interno, comprendendo gli ambiti territoriali individuati ai sensi delle leggi 1497/1939 e 431/1985, le aree dei parchi e delle riserve naturali a norma dalla Lr 31/1989. La vicenda dell’annullamento di ben 13 dei 14 Ptp della Sardegna è piuttosto complessa e ingarbugliata e, anche per tale ragione, mi soffermerò all’analisi delle ripercussioni che questa ha prodotto su un livello sott’ordinato, in particolare quello comunale, attraverso l’analisi del caso studio del Comune di Buggerru. Solo per citare alcune motivazioni di tale annullamento, in alcuni piani si riscontrava l’eccesso di potere per mancata valutazione dei dati relativi alla edificabilità e altre numerose violazioni. Si esprimeva, inoltre, la dichiarata compatibilità, all’interno di zone a tutela integrale, di usi palesemente incompatibili: depuratori, discariche, inceneritori, opere aeroportuali, ferroviarie, reti elettriche, dighe, impianti per la trasformazione agricola su scala industriale, alberghi, residences, strutture residenziali stagionali, ecc.

25 Fonte dati: materiale archivio Progemisa spa. Agenzia Governativa regionale della Ras_Regione Autonoma della Sardegna.

26 L’intero sistema della costa occidentale della Sardegna, rimasta fuori dai grandi flussi turistici tipici di altre zone dell’isola, trova i suoi punti di forza proprio nella assoluta incontaminazione di molti dei suoi ambiti tutelati oggi da importanti forme di tutela internazionali. Neppure Alghero sembra aver trovato una sua connotazione di vero e proprio distretto turistico essendo caratterizzato dalla assenza di integrazione, sia orizzontale che verticale-settoriale, che sposta molti benefici derivanti dalla domanda locale verso le aree esterne (Paci R., Usai S., L’ultima spiaggia, 2002).

27 Volumetria che si sarebbe sommata al 50% circa delle abitazioni inutilizzate dai residenti all’interno del centro urbano.

28 Altri 8 Sic per un totale di oltre 3.000 ettari e, in particolare a Buggerru, i Sic presentano valori particolarmente importanti dal punto di vista ecologico: alcune specie presenti sul sito, come per esempio gli insediamenti di Pinus Pinea, sono state addirittura definite dall’Unione europea di importanza prioritaria. La realizzazione dell’insediamento turistico avrebbe compromesso, inevitabilmente, il fragile equilibrio naturale esistente, anche nell’eventualità che non si fosse previsto il disboscamento dell’area.

29 Ipotizzabili attraverso l’attivazione di processi e strategie di tipo sovracomunale.

30 Come nel caso della località di Grugua posta in posizione strategica tra il mare e le aree più interne e che, nel corso dei secoli attraverso un processo di fruizione integrata del territorio, ha assunto un ruolo di assoluta centralità e che versa oggi in condizioni di completo abbandono e inacessibilità.

 

Le immagini sono tratte dalla Tesi di laurea di M. G. Murru, 2002.

 

 

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