L’applicazione dei principi della
sostenibilità ambientale alla pianificazione
urbanistica e territoriale costituisce una
delle tematiche su cui si concentra il
dibattito in corso.
La sempre più diffusa consapevolezza del
bene ambiente quale risorsa limitata
ed erodibile ha portato ad un progress
normativo, culturale e tecnico-metodologico
tuttora in corso, le cui tappe sono state
scandite da esperienze variegate, spesso
progressive, riferibili a diverse scale di
intervento.
La sottoscrizione di Agenda 21 a Rio de
Janeiro nel giugno 1992, da parte di oltre
170 paesi di tutto il mondo, ben esprime
tale consapevolezza, che a livello europeo
ha trovato nelle conferenze di Aalborg
(1994), di Lisbona (1996) e Hannover (2000)
ulteriore determinazione e diffusione.
In Italia numerose sono le amministrazioni
firmatarie della Carta di Aalborg e che
stanno promuovendo processi di Agenda 211
locale sul proprio territorio. Tali
iniziative esprimono l’alto livello
partecipativo dei diversi soggetti che,
alle diverse scale e ruoli, operano nel
territorio.
In termini normativi e procedurali il
processo evolutivo della governance
può essere riferibile essenzialmente a due
differenti filiere. Da una parte, dalla fine
degli anni ’802 nel nostro paese
si è sviluppato un processo pianificatorio
specificamente indirizzato alla tutela
ambientale nelle sue tre diverse componenti
(acqua-aria-suolo). Ne sono derivate
specifiche competenze e strumenti dedicati
(primo fra tutti il piano di bacino) che
hanno fornito forti contributi settoriali in
merito alla conoscenza delle valenze
ecologico-ambientali e delle conseguenti più
opportune modalità di possibile utilizzo del
territorio.
Nel contempo, è stato affrontato l’aspetto
più specificamente insediativo-antropico,
nell’ottica di prevenire il danno
ambientale che potrebbe derivare da
specifiche realizzazioni, valutandone
preventivamente le conseguenti relazioni con
l’ambiente esterno. Trattasi della procedura
di valutazione di impatto ambientale
(Via), che ha avuto anche nel nostro paese
progressive determinazioni normative e
procedurali e che trova applicazione in
relazione a predeterminate tipologie di
opere e relative loro dimensioni.
Il processo di valutazione preventiva
del danno ambientale da scelte antropiche
non ha invece ancora trovato una sua
organica applicazione alla scala
urbanistica.
Recente (2001) è la Direttiva europea che ha
affrontato esplicitamente la questione,
introducendo la valutazione ambientale
strategica (Vas) e individuando quest’ultima
come lo strumento per l’integrazione delle
considerazioni ambientali all’atto
dell’elaborazione e dell’adozione di piani e
programmi al fine di promuovere lo sviluppo
sostenibile. La Vas rappresenta un processo
inteso a valutare le conseguenze sul piano
ambientale delle azioni proposte (politiche,
piani o iniziative nell’ambito di programmi
nazionali, regionali e locali) in modo che
queste siano incluse e affrontate, insieme
alle considerazioni di ordine economico e
sociale, fin dalle prime fasi (strategiche)
del processo decisionale. Attuata a livello
macro sugli strumenti programmatori e
pianificatori, essa completa e agevola la
già citata Via, che interessa interventi ad
una scala più puntuale.
L’esigenza di una valutazione preventiva
delle scelte di piano, volta
all’individuazione di quelle opzioni meno
impattanti e di maggiori garanzia
rispetto al non depauperamento delle risorse
naturali, è ormai diffusamente esplicitata
nelle normative e negli strumenti vigenti.
Ne fanno fede sia i piani urbanistici
ordinari (Ptr, Ptc o Prg) sia quelli di
settore che recepiscono o tendono a fare
proprio il concetto di sostenibilità.
A fronte di quanto espresso va però
esplicitata una criticità che, di fatto, si
verifica nella determinazione delle modalità
con cui poter valutare tale sostenibilità.
Si rende, infatti, necessario definire
criteri e modalità con cui tale valutazione
deve essere effettuata, basandosi su
elementi oggettivi, in modo che possa essere
al tempo stesso sia generalizzabile e,
quindi, applicabile a diversi contesti, sia
aggiornabile e flessibile, in relazione alle
singole più specifiche esigenze.
È proprio in tale senso che si sta
sviluppando un’articolata attività di
ricerca condotta in collaborazione con la
Provincia di Savona e che trova anche
ulteriori approfondimenti e applicazioni in
un progetto Interreg in corso di svolgimento
con le Province di Cuneo e Imperia3.
Di particolare interesse risulta l’attività
espletata nell’ambito del territorio
savonese, a motivo della favorevole
impostazione del sistema di governance
locale riferibile sia agli strumenti di
pianificazione e gestione del territorio in
quanto tali, che alle forme di
partecipazione attiva dei vari soggetti
pubblici e privati4.
In particolare nel piano territoriale di
coordinamento (Ptc) di Savona il tema
della sostenibilità costituisce uno dei
principali capisaldi degli obiettivi da
perseguire, in relazione alla
riorganizzazione del comparto energetico, la
riconversione industriale, la sicurezza, la
riduzione delle emissioni inquinanti in
atmosfera e la produzione di energia da
fonti rinnovabili.
La descrizione fondativa del Ptc contiene
un’analisi degli aspetti fisici,
naturalistici, insediativi e paesistici,
fatta sulla base di una concezione
metodologica che intende superare la visione
settoriale dei vari aspetti del territorio,
per andare verso una sua considerazione
globale, intesa come insieme delle diverse
entità ambientali e antropiche, le quali
possono trovare una sinergia di sviluppo in
un’ottica integrata attraverso una
pianificazione sostenibile.
Negli ultimi anni la Provincia di Savona si
è particolarmente attivata affinché i nuovi
piani urbanistici considerassero la
sostenibilità ambientale come principio base
per la pianificazione territoriale; ciò
anche in riferimento a quanto previsto dalla
legge urbanistica regionale ligure 36/19975.
Il Documento politico programmatico
dell’amministrazione provinciale ha
proposto, inoltre, il Patto della
sostenibilità ambientale (presente nel Ptc
della Provincia di Savona) e la cooperazione
fra gli enti locali, ribadendo l’indirizzo
generale della sostenibilità dello sviluppo
per ridurre i carichi antropici.
In tale contesto si sviluppa l’approccio
metodologico citato, in corso di ulteriore
affinamento, che ha ad oggetto
l’individuazione di indicatori specifici di
sostenibilità (e rispettivo grado di
importanza – pesi), volti a fornire
indicazioni in merito ad azioni e/o
interventi sostenibili da porre in essere
nel territorio per un efficace sviluppo
sostenibile dello stesso. Interventi e/o
azioni, che una volta individuati, possono
essere considerati in una valutazione
ambientale nei piani urbanistici
(nell’ambito del processo decisionale).
L’approccio metodologico individuato, Cba6,
ha preso il suo avvio da un metodo olandese
(Dcba7 o delle quattro varianti),
che è stato opportunamente rivisitato,
contestualizzandolo alla realtà italiana, e
integrato con tecniche intuitive,
opportunamente rielaborate (metodo Delphy).
Rispetto al Dcba, applicato solo a quartieri
di nuova costruzione, il metodo Cba o delle
tre varianti può essere applicato ad un
territorio consolidato, quale quello in
esame, e l’ambito di riferimento può
riguardare non solo la scala urbana ma anche
l’area vasta.
La denominazione del metodo rappresenta tre
diverse soglie: C il valore che ha ciascun
indicatore allo status quo; B il
valore che esso assume nella normativa
vigente; A il target che si intende
raggiungere entro il 2012 in conformità alle
linee guida dettate dal Ministero
dell’ambiente e tutela del territorio.
Specifica peculiarità dell’approccio
metodologico citato è stata quella della
definizione e relativa quantificazione di
indicatori di sostenibilità, da confrontare
con i valori previsti nelle normative
tecniche (B) e con gli obiettivi definiti
nella documentazione nazionale (A), quali
elemento di maggiore oggettività delle
scelte.
Nel merito si è effettuata preventivamente
ad un’ampia ricognizione e selezione di
indicatori di sostenibilità presenti nella
letteratura o in esperienze particolarmente
significative ai diversi livelli di scala8:
europea, nazionale e locale.
Una volta individuato il set complessivo di
indicatori di possibile riferimento, si è
proceduto, attraverso opportune metodologie
di analisi e valutazioni pesate, alla
determinazione dei 48 più rappresentativi e
incisivi rispetto alla realtà in esame.
Per ognuno di tali indicatori si è applicato
la procedura prima esposta.
Completato l’abaco Cba sono stati valutati i
pesi (attraverso il metodo Delphy), per
ciascun indicatore, per determinare i
livelli prioritari di intervento. In tale
ambito, oltre alla valutazione di
sostenibilità, è stata considerata la reale
disponibilità finanziaria programmata nei
capitoli di bilancio delle amministrazioni
interessate.
Si fa rilevare che l’applicazione del Delphy,
opportunamente rielaborato, nella
definizione dei pesi, consente
l’oggettiva valutazione locale, in
quanto chiama in causa contemporaneamente
gli interlocutori esperti locali
individuando il livello di attendibilità
delle conseguenti determinazioni collettive.
Diverse sono le considerazioni che si
evincono dalla analisi delle elaborazioni
effettuate.
In questa sede non si ritiene essenziale
parlare di risultati ottenuti (peraltro,
almeno in parte già utilizzabili nella
concreta attività di governance). Si
sottolinea, invece, l’aspetto metodologico
che, pur necessitando di ulteriore
affinamenti, è volto a fondare le
valutazioni e conseguenti determinazioni su
criteri oggettivi connessi sia alla
normativa (livelli B e C) che alla reale
considerazione con cui la realtà locale vede
l’incisività dei vari fattori in campo.
Note
1
Come noto trattasi di un processo che
prevede la definizione partecipata e
condivisa di uno scenario di sviluppo di
medio-lungo periodo partendo da un’analisi
ambientale e socio-economica del contesto
attuale. Definito lo scenario, grazie ad un
forum permanente, ciascun attore della
comunità si impegna ad attivare azioni
coerenti con gli obiettivi comuni e
partecipa, con altri, ad azioni sinergiche.
A21L rappresenta per l’Europa l’elemento
chiave dei processi di sviluppo sostenibile
a supporto delle politiche dei governi
locali (80% dei processi complessivamente
avviati nel mondo). Anche in Italia le
Agende 21 sono in rapida espansione; si
passa da 53 del 1998 a 513 nel 2002 e in
particolare si segnalano quali esperienze
positive quelle attuate in Lombardia ed
Emilia Romagna.
2
Si ricorda in particolare nel 1986
l’Istituzione del Ministero dell’ambiente,
nel 1989 l’avvio della pianificazione di
bacino, ecc.
3
Trattasi del Progetto Rives (Protezione del
territorio dai rischi naturali), Programma
Interreg III A (Alcotra) di cui capofila è
la Provincia di Cuneo, e sono coinvolti
anche, oltre alla Provincia di Imperia, per
la Francia il Brgm (Service Geologique
Regionel Provence – Alpes – Cote d’Azur) e
il Cstb (Centre Scientifique et Technique du
Bâtiment, Département Développement Durable
– Sophia Antipolis). Il progetto prende in
considerazione un ampio territorio
transfrontaliero e ha quale obiettivo la
determinazione di modalità per la messa in
sicurezza del territorio da eventi
calamitosi di origine prevalentemente
naturale nell’ambito della sostenibilità
ambientale. Nel merito diverse attività
riguardano l’analisi dei documenti
urbanistici attraverso l’integrazione delle
dimensioni dello sviluppo sostenibile, alle
diverse scale territoriali considerate, e la
scelta degli obiettivi di sviluppo
sostenibile con i ruoli istituzionali
competenti.
4
Nel merito si segnalano due importanti
iniziative attuate nella Provincia di
Savona: la Spes spa (Società di produzione
enti savonesi) e la Ips Scpa (Insediamenti
produttivi savonesi).
La prima è costituita dalla Provincia e dal
Comune di Savona, dall’Unione industriali e
dalla Cciaa, oltre che dall’Università degli
Studi di Genova, e ha quale obiettivo lo
sviluppo della ricerca avanzata e della
formazione (a riguardo si ricorda la
realizzazione di un apposito campus in
Savona-Legino). La seconda è una società
mista, a maggioranza pubblica, che vede la
partecipazione di tutti i principali
soggetti rappresentativi della realtà locale
ed è rivolta alla riconversione dell’ampio
patrimonio di insediamenti produttivi
(presenti soprattutto in Val Bormida)
degradati e/o dismessi a seguito delle
mutate esigenze del mercato.
5
Si ricorda che la Lur 36/1997 della Regione
Liguria affida allo strumento Ptc il compito
di illustrare il grado di stabilità
ambientale e la suscettività alle
trasformazioni dell’assetto territoriale
attraverso la Descrizione fondativi;
in essa diventano individuabili gli ambiti
atti alla rigenerazione ecologica e al
disegno di tutela e di conservazione
ambientale e, di conseguenza, possono essere
coordinati, confrontati e valutati gli
interventi di trasformazione sul territorio
tramite il Documento degli obiettivi
e la Struttura del piano. Il Ptc
assume obiettivi generali quali la
regolazione del consumo delle risorse sulla
base della conoscenza sistematica del
territorio, dell’ambiente e del paesaggio;
la gestione delle risorse ambientali,
assicurandone la riproducibilità a lungo
termine; il management degli effetti
delle trasformazioni territoriali in modo da
ridurre gli squilibri ecologici e
ambientali, affinché lo sviluppo delle
comunità non comporti rischi elevati per le
generazioni future.
6
Trattasi di approccio metodologico, relativo
alla sostenibilità, predisposto dall’équipe
di ricerca del Deuim – Facoltà di Ingegneria
– Università degli Studi di Genova.
7
La metodologia si è sviluppata presso
l’Università di Deft alla fine degli anni
’80 in Olanda ed è finalizzata alla
progettazione ex novo di quartieri
ecosostenibili. Essa propone, per ogni
tematica, diverse soluzioni costruttive e ne
indica il livello di sostenibilità (D, C, B
o A in ordine crescente di sostenibilità);
ciò permette di avere una visione globale
delle varie soluzioni progettuali possibili
da adottare per un determinato progetto.
In particolare: D rappresenta la soluzione
normale; C la correzione dell’uso attuale; B
la minimizzazione del danno; A la
autonomizzazione (è cioè la situazione più
propizia).
Il metodo, che si può definire un vero e
proprio strumento per l’amministrazione
del progetto, fu inizialmente concepito in
occasione di un progetto dimostrativo
ambientale; successivamente, si concretizzò
nel quartiere Ecolonia ad Alphen aan den
Rijn e venne applicato per la prima volta a
scala urbanistica durante la progettazione
di altri due quartieri residenziali di
espansione urbana: Morrapark a Drachten e
Ecodus a Deft. La progettazione di questi
due ultimi quartieri si svolse
contemporaneamente (a partire dal 1989), e
costituì un’importante esperienza formativa
per il metodo delle quattro varianti.
8
A livello europeo si ricorda la
pubblicazione degli Indicatori comuni
europei, da parte della Direzione generale
dell’ambiente nel 2000, la pubblicazione di
indicatori di pressione ambientale e
indicatori strutturali da parte di Eurostat
(Ufficio statistico della Commissione
europea) nel 2001 o la pubblicazione degli
indicatori ambientali a cura dell’Agenzia
europea dell’ambiente nel 2003. Circa le
esperienze nel nostro paese sono state
analizzate gli Indicatori ambientali forniti
dall’Anpa (Agenzia nazionale per la
protezione dell’ambiente), attualmente Apat
– Agenzia per la protezione dell’ambiente e
per i servizi tecnici. In quest’ultimo caso
trattasi di un set di 107 indicatori
ambientali, il cui schema concettuale si
basa sul Dpsir (Driving forces – Pressure –
State – Impact – Response) suddivisi in 12
diverse tematiche: agricoltura; qualità
dell’aria; cambiamenti climatici; coste e
mari; energia; abitazioni; natura; suolo;
turismo; trasporti; rifiuti; acqua. Infine,
si segnalano gli indicatori propri di
diverse esperienze a carattere regionale
(tra cui quelle della Regione Lombardia e
Regione Liguria) (2000), o quelli
provinciali o comunali presenti in Agende 21
locali (ad esempio, si ricorda l’esperienza
della A21L della Provincia di Torino basati
sugli Eci).
Bibliografia
Ptc della Provincia di Savona (2003).
Ugolini P., Drago E., Pirlone F. (2006),
Analisi di sostenibilità ambientale in area
vasta: il caso della Provincia di Savona,
in Ugolini P., “Pianificazione territoriale,
portualità e infrastrutture. Il caso
Savonese”, FrancoAngeli, Milano.
Ugolini P., Delponte I., Pirlone F. (2006),
Ricerche sui temi infrastrutturali per la
realtà savonese, Atti Convegno “Porti e
regione logistica del Nord Ovest. Nuovi
scenari per il Savonese e la ValBormida”,
Ugolini P., Schizzi A. (a cura di), Savona,
20 maggio 2005, FrancoAngeli, Milano.
Ugolini P., Delponte I., Pirlone F. (2005),
Scenari come strumenti strategici.
Esperienze di simulazione a supporto dello
sviluppo a scala urbana e territoriale,
Atti II Giornata Studi Inu Campania “Visioni
di territori dalle utopie agli scenari”,
Napoli, 14 novembre 2005. |