Il capitale territoriale della Campania
Guardando il Mezzogiorno d’Italia e la
Campania in particolare, attraverso la lente
del capitale territoriale, ovvero
quel sistema di risorse locali che
rappresentano una vera e propria dotazione
genetica e patrimoniale dei luoghi, il
sistema dei beni culturali e paesaggistici
rappresenta senz’altro una presenza
fondamentale, per la sua intrinseca capacità
di produrre economia, influenzando
direttamente prezzi, rendite e livelli di
redditività degli investimenti.
L’affermazione dell’importanza di politiche
di conservazione integrata e di
valorizzazione delle risorse culturali e
paesaggistiche della nostra regione, è ormai
un principio acquisito e ampiamente
condiviso, come affermata è l’opinione
secondo la quale per la Campania, così come
per tutto il Mezzogiorno, modelli di
sviluppo resource-based, basati sulla
capacità attrattiva delle risorse culturali
e paesaggistiche, non solo siano
potenzialmente vincenti sul mercato globale,
ma risultino anche decisamente coerenti con
le vocazioni territoriali locali (Pollice,
2002).
D’altra parte, il cosiddetto turismo
culturale in Campania è esistito sin da
quando la regione, e la città di Napoli in
particolare, divenne meta estrema
meridionale del circuito del Grand Tour,
viaggio di formazione estetica dei giovani
nord-europei.
La densità e la straordinaria varietà di
risorse culturali e paesaggistiche su cui si
fonda la fortuna turistica e la capacità di
attrazione della Campania, sono avvalorate
dai numeri. Infatti, nella particolare
classifica stilata periodicamente dal
Ministero dei beni e attività culturali, dei
20 monumenti più visitati del 2004, ben
cinque sono in Campania (Scavi di Pompei,
Reggia di Caserta e Complesso Vanvitelliano,
Museo Archeologico Nazionale, Grotta Azzurra
ad Anacapri e Scavi di Ercolano) che, con
una quota del 20% circa sul totale dei
visitatori nazionali, si pone in una
posizione di preminenza, registrando un
milione di visitatori in più della Toscana
ed un incremento di oltre il 5% rispetto al
2003 (Regione Campania, 2005). Secondo i
dati elaborati dal Touring Club Italiano (Tci),
sui primi trenta musei e siti più visitati
nel 2005, sei si trovano in Campania
(annoverando, fra l’altro, Città della
Scienza e l’area archeologica di
Capaccio-Paestum).
Inoltre, in Campania sono presenti 5 siti
iscritti dall’Unesco nella World Heritage
List su 40 siti italiani1,
pari al 12,5% e a poco più dello 0,5% sul
totale mondiale; solo la Toscana può vantare
più siti iscritti nella lista (6), sebbene
con una minore varietà ed estensione
territoriale. Se concentriamo lo sguardo sui
paesaggi culturali, per i quali l’Unesco
ha elaborato una lista specifica,
estrapolandola dalla precedente, la Campania
presenta un primato non solo a livello
nazionale, ma addirittura a livello
mondiale. In Campania, infatti sono stati
riconosciuti ben due paesaggi culturali (la
Costiera amalfitana e il Parco del Cilento2)
sui 5 italiani e sui 50 complessivi nel
mondo: questo vuol dire che in Italia è
concentrato il 10% dei paesaggi culturali
del mondo: di questo il 40% (ossia il 4% sul
totale mondiale) si trova in Campania.
Nessuna altra regione al mondo può vantare
questo primato, ancor più particolare se si
pensa che i siti campani riconosciuti quali
paesaggi culturali si trovano ambedue in
Provincia di Salerno.
La particolarissima condizione della Regione
Campania, sullo sfondo di sistemi locali
percorsi da profondi processi di cambiamento
nei valori, impone compiti e responsabilità
che non si potranno evitare, e di cui
accettare la complessità. L’obiettivo
fondamentale deve essere quello di stabilire
un modello di organizzazione delle risorse
territoriali intese in senso integrato, in
grado cioè di generare un processo realmente
autosostenibile che si appoggi sulla
strutturazione di un’offerta che attragga
flussi turistici esterni, per creare una
vera e propria rete
paesaggistico-culturale, sottolineando
l’inscindibile binomio fra beni culturali e
paesaggio, nella loro organica reciprocità.
Le risorse culturali e paesaggistiche nella
programmazione regionale
Il sistema di risorse territoriali campano è
un sistema culturale complesso, che vede la
simultanea presenza di patrimonio
architettonico monumentale e non
monumentale, patrimonio ambientale e
naturalistico, siti storici, centri urbani e
paesaggi culturali. Nel nuovo scenario
competitivo globalizzato, questo sistema
culturale complesso può essere il detonatore
di processi di innovazione e di
riqualificazione territoriale in grado di
integrare e far interagire componenti
naturali, culturali e sociali.
In base al principio dei vantaggi comparati,
un processo di specializzazione territoriale
e di valorizzazione economica dei beni
culturali e paesaggistici, appare dunque per
la Campania una strategia che renderebbe
effettivo un vantaggio competitivo
potenziale, garantito dalla qualità e
quantità del capitale culturale e
paesaggistico.
Un’analisi delle relazioni sistemiche che
legano questo sistema di risorse al contesto
turistico, mette in evidenza la necessità di
attuare una pianificazione delle politiche
turistiche della Campania mirata ad
articolare l’offerta turistica secondo un
più diversificato sistema di valori.
Difatti, tale modello di sviluppo deve oggi
confrontarsi con una serie di sollecitazioni
sul lato dell’offerta (quali la maturità
delle destinazioni classiche del Golfo di
Napoli e la relativa necessità di rilancio,
la riscoperta di Napoli e il
conseguente ridisegno della geografia
turistica costiera, la progressiva crescita
del turismo rurale nei borghi appenninici) e
su quello della domanda (l’esplosione del
turismo culturale, lo sviluppo delle
motivazioni eno-gastronomiche, la pressione
costante e continua crescita del turismo
religioso, tra gli altri) e non può basarsi
su rendite posizionali (Regione Campania,
2003).
Questa consapevolezza traspare chiaramente
dai principali orientamenti strategici della
Regione Campania che sono esplicitamente
rivolti all’elaborazione di modelli di
sviluppo locale fondati sulla valorizzazione
del patrimonio culturale e paesaggistico.
I progetti integrati (Pi), ad esempio,
introdotti nell’ambito della programmazione
dei Fondi strutturali comunitari per il
sessennio 2000-2006, sono concentrati sul
tema dello sviluppo territoriale incentrato
sull’apprezzamento dei beni culturali e
paesaggistici e delle risorse turistiche ad
essi collegati. Ben quattro dei sei ambiti
tematici identificati dall’amministrazione
regionale (città capoluogo, grandi
attrattori culturali, itinerari culturali
regionali, parchi naturali, sistemi locali a
vocazione turistica) e 39 dei 51 Pi
complessivi, mirano, direttamente o
indirettamente, ad accrescere l’attrattività
del territorio regionale e a rafforzarne la
competitività a livello internazionale
mediante la diversificazione dell’offerta
turistica, il potenziamento della capacità
ricettiva, il miglioramento della qualità
del contesto ambientale, urbano e
paesaggistico, oltre che dei prodotti e dei
servizi proposti.
L’aggiornamento del Rapporto di valutazione
intermedia effettuato a ottobre 2005 dal
nucleo di valutazione e verifica degli
investimenti pubblici (Nvvip), riconosce
che le strategie regionali nel settore dei
beni culturali sono strettamente
interconnesse con quelle del turismo, della
rete ecologica e dello sviluppo sostenibile
delle aree urbane, pur essendo in parte
riconducibili a capitoli di spesa e ad assi
diversi del programma operativo regionale.
Il Rapporto ricostruisce la strategia
regionale nel settore Beni culturali
attraverso l’identificazione di due
macro-obiettivi di livello strutturale:
obiettivo di conservazione e
riqualificazione e obiettivo di promozione e
valorizzazione; a questi obiettivi generali
si connettono tre obiettivi di carattere
operativo, che si rifanno alle misure
specifiche del Por: conservazione e
valorizzazione integrata dei beni culturali,
sviluppo della microfiliera imprenditoriale
e sviluppo di competenze del capitale umano.
Il Documento strategico Mezzogiorno,
elaborato nell’ambito del quadro strategico
nazionale 2007-2013 dal Dipartimento per le
politiche di sviluppo e reso pubblico a
dicembre 2005, ha sottolineato che alcuni
fattori critici, quali l’inquinamento
costiero, la distruzione del paesaggio e
l’abusivismo edilizio, riducono
sensibilmente il potenziale di attratività
turistica delle regioni meridionali e che
pertanto è estremamente riduttivo proporre
strategie di sviluppo turistico il cui unico
obiettivo sia l’incremento dell’offerta e,
quindi, delle presenze, prescindendo da
strategie di conservazione degli asset
ambientali, culturali e paesaggistici.
Anche la recente proposta di piano
territoriale regionale (Ptr), adottata
dalla Giunta regionale e attualmente in fase
di ridefinizione dopo le osservazioni e
proposte di modifica, assume come proprio
epicentro strategico la valorizzazione delle
risorse territoriali. Il Ptr promuove il
rafforzamento di una Campania plurale,
attraverso la ricerca di un più organico
investimento nelle esperienze di
programmazione, in corso e future, e il
consolidarsi di reti di connessione di un
sistema policentrico, basate su di un
efficiente sistema della mobilità, delle
continuità ecologiche, della valorizzazione
paesaggistica e della gestione efficace del
grado di rischio ambientale del territorio.
Il Ptr definisce quali ambiti territoriali
di base per la nuova programmazione i
sistemi territoriali di sviluppo (Sts),
individuati in funzione dell’assetto
geografico-ambientale del territorio, delle
alleanze condotte tra i vari attori e delle
linee strategiche conseguenti, secondo una
dominante di sviluppo riconosciuta per
ciascun Sts. Vengono individuati almeno tre
categorie di Sts che assumono in maniera più
o meno esplicita come stella polare lo
sviluppo locale basato sulla valorizzazione
delle risorse culturali e paesaggistiche: i
sistemi a dominante rurale-culturale, i
sistemi a dominante naturalistica e i
sistemi costieri a dominante
paesisitico-ambientale-culturale, (oltre
naturalmente ai sistemi urbani), che
complessivamente riguardano oltre i 3/4 del
territorio e della popolazione regionale.
Il bello attorno al bello: dalla qualità
estetica lo sviluppo locale
Il Rapporto preparatorio per l’elaborazione
del documento strategico regionale
preliminare per la politica di coesione
2007-2013, pubblicato sul Burc del 27
dicembre 2005, n. 68 bis, configura una
strategia plurale di sviluppo
regionale che non ingessi le identità dei
territori appiattendole su traiettorie di
sviluppo desunte dalla sola proiezione delle
vocazioni localistiche, ma che invece adotti
una visione aperta e dinamica, tenendo
distinte, insomma, le vocazioni del
territorio dalle visioni di futuro (D’Auria
e Ruocco, 2006).
Il Rapporto riconosce che il territorio è la
principale risorsa per lo sviluppo della
regione e che pertanto le strategie indicate
nel Ptr vanno poste in reciprocità con i
contenuti del prossimo programma operativo
2007/2013. All’interno del Rapporto si
sottolinea che lo sviluppo delle attività
turistiche non ha prodotto effetti
strutturali per la mancanza di
intersettorialità tra ambiente, beni
culturali, trasporti e attività produttive.
In tal senso appare coerente la scelta di
individuare un set di scelte strategiche
incentrate sulla riqualificazione e
valorizzazione del patrimonio ambientale e
culturale, con particolare attenzione al
riequilibrio territoriale fra aree urbane e
paesaggio rurale.
Si prefigura, dunque, la necessità di
attivare un processo di sviluppo locale che
assuma come epicentro il sistema delle
risorse culturali e paesaggistiche, sia come
marcatori di identità locale, vera e propria
risorsa della comunità in grado di generare
e ri-generare capitale sociale e
relazionale, sia come detonatori di economie
collegate a risorse presenti o potenziali.
In particolare, la regione si propone di
avviare un programma denominato il bello
attorno al bello, volto a combattere il
degrado attorno ai siti turistici più
visitati, mediante l’estensione del
Progetto Sirena3 e
l’introduzione di meccanismi di fiscalità di
vantaggio per il recupero urbano e per il
riordino del territorio rurale.
Questo programma possiede, dunque, una
valenza strategica e innovatrice
particolarmente rivolta al perseguimento
degli obiettivi di qualità paesaggistica,
che sono alla base della convenzione
europea del paesaggio (Cep), stipulata a
Firenze dal 2000 – e cui recentemente il
Parlamento italiano ha dato ratifica ed
esecuzione con la legge 14/2006 – e
declinati anche dal Codice Urbani4.
Il Rapporto non individua, com’è ovvio, le
modalità di applicazione del programma il
bello attorno al bello, e pertanto è
possibile avanzare specifiche ipotesi
operative, definendo innanzitutto gli ambiti
territoriali di applicazione.
Dal momento che vi è una pressoché totale
coincidenza fra i siti campani più ambiti
dai turisti e le eccellenze territoriali
riconosciute dall’Unesco (con l’ovvia
eccezione di quei territori – il Cilento, la
Costiera amalfitana, il patrimonio culturale
non-monumentale del centro storico di Napoli
– per i quali non è previsto un biglietto
d’ingresso), per l’articolazione del
programma di incentivi appare dunque
plausibile limitare il campo d’azione ai
casi di particolare eccellenza estetica
(Gabrielli, 2004), prendendo in
considerazione un’opzione che riguardi i
siti Unesco della regione, estendendo, cioè,
i principi che sono alla base del
Progetto Sirena per il centro storico di
Napoli anche agli altri siti.
In merito ai beni puntuali, come
possono essere considerati gli scavi
archeologici di Pompei, Oplonti ed Ercolano
o la Reggia di Caserta col Parco,
l’Acquedotto e il Complesso di San Leucio,
si ritiene necessaria la preventiva
delimitazione di specifici settori di
salvaguardia, ossia aree (urbane e
perturbane) nell’intorno di detti siti, al
cui interno modulare un sistema di incentivi
finanziari.
Di particolare interesse risulta la
possibile articolazione del programma nei
siti riconosciuti quali paesaggi
culturali, sia per la loro estensione e
intrinseca complessità territoriale sia,
soprattutto, per la crescente domanda di
paesaggio (Gambino, 2003) derivante
dalla ricerca di identità legata alle
dinamiche dei processi di globalizzazione e
ai loro contradditori effetti di
omologazione e deterritorializzazione.
Le preferenze dei consumatori e dei turisti
in particolare si stanno da tempo orientando
verso prodotti con un ruolo preminente delle
caratteristiche morfologiche, ovvero
estetico-percettive. Inoltre, a livello
sociale si assiste all’esplosione della
cultura del loisir (Morin, 1974) con
l’aumento esponenziale della ricerca di
spettacolarizzazione dell’esperienza
turistica in quanto esperienza totale e
multisensoriale che non si limiti a
intrattenere, ma che sia anche in grado di
“educare, coinvolgere ed estasiare il
consumatore” (Pine e Gilmore, 2000)5.
Nell’era dell’eterno presente dell’economia
dell’accesso, la semplice produzione di beni
e servizi non è più sufficiente e sono
invece le esperienze e le emozioni
offerte al consumatore a costituire il
fondamento della creazione di valore (Schmitt,
1999): dal continuo processo di
accumulazione e consumo di quello che
Bourdieau definiva “capitale simbolico”
(1983), consegue un apprezzamento
mercantile del valore differenziale
della bellezza e della qualità estetica.
Il concetto stesso di paesaggio culturale,
così com’è concepito dall’Unesco6,
contiene intrinsecamente una dimensione di
tipo antropologico, in quanto experience
provider, ovvero non è solo un concetto
di tipo oggettivo, misurabile attraverso
parametri e indicatori, ma ha a che fare
anche con la rappresentazione che del
territorio danno coloro che lo vivono, con
il tipo di immaginario e di aspettative che
questo suscita, con le complesse dinamiche
di identità e di appartenenza.
In questo senso i paesaggi culturali campani
sono, per quantità e qualità, intimamente
connessi con la fruizione turistica,
configurandosi come “scena spettacolare del
turismo e dell’economia globale” (Lanzani,
2004). La stessa conservazione/progettazione
del paesaggio, in quanto creazione di valori
d’uso e di scambio a partire da valori
intrinseci/simbolici/culturali, diventa
ragione di sviluppo economico (Fusco Girard
e Nijkamp, 2005).
I paesaggi campani si trovano ad essere in
competizione con altri paesaggi
nell’attrarre flussi turistici, ma anche le
scelte localizzative di imprese e attività
produttive e pertanto possono effettivamente
rappresentare – lo si vuole ribadire – il
vantaggio competitivo più rilevante nella
crescente competizione globale, per uno
sviluppo di qualità che non deve temere la
delocalizzazione delle imprese o la
contraffazione dei marchi (Clementi, 2005).
Queste considerazioni rinviano
inequivocabilmente al significato
progettuale che la Cep attribuisce al
paesaggio e alla sua funzione come risorsa
strategica per incentivare le economie
locali, in quanto capace di legare la
coscienza storica e le memorie collettive
alle attese e ai progetti di cambiamento
dello spazio sociale.
Si propone di attribuire al programma il
bello attorno al bello la forma di un
vero e proprio progetto di paesaggio,
inteso non come prefigurazione di opere
fisiche e funzionali, ma come un processo
strutturato di perenne manutenzione
dell’immagine paesaggistica, costituito
da molteplici azioni e differenti attori,
orientato ad una visione di futuro e
articolato secondo modalità di sostegno
finanziario a geometria variabile.
In termini economici questa progettualità
significa conservazione del paesaggio
attraverso la formazione di paesaggio, nel
senso che possiamo conservare un paesaggio
solo se lo produciamo attraverso il processo
economico, nella consapevolezza che proprio
la fruizione turistica – più di altre – è
legata al contesto paesaggistico e culturale
in cui si pone, e anzi i fruitori
percepiscono in maniera rilevante gli esiti
morfologici del processo di produzione del
paesaggio (di cui gli stessi turisti sono
parte integrante), nella misura in cui tali
esiti rappresentano dei valori estetici che
influenzano la disponibilità a pagare.
Agire sul paesaggio vuol dire intervenire
all’interno dei molteplici processi di
progettazione del territorio che coinvolgono
una grande quantità di soggetti, competenze
ed esperienze, tutte altrettanto legittimate
e abilitate a modificare gli spazi esistenti
(Urbani, 2002).
Va sottolineato, intanto, che per prime le
attività connesse alla filiera agricola
risultano fondamentali nella prospettiva di
uno sviluppo equilibrato del contesto dei
paesaggi campani e di una corretta
conservazione dei caratteri identitari. Con
particolare riferimento al Cilento, gli
studi effettuati sulle dinamiche di
trasformazione del territorio rurale in
Campania (Di Gennaro e Innamorato, 2005)
hanno messo in evidenza che negli ultimi
quaranta anni si è verificato un progressivo
ma inesorabile processo di riforestazione
spontanea a seguito dell’abbandono
colturale: in questo senso, il programma
dovrà analizzare necessariamente il
trade-off tra il valore estetico del
paesaggio e il reddito di coloro i quali
contribuiscono alla produzione di quel
paesaggio7, riconoscendo che lo
spazio rurale, in quanto componente
strutturale paesaggistica, rappresenta nel
suo complesso un bene comune al di là degli
assetti proprietari e delle forme di
conduzione. Pertanto, le politiche e le
strategie di valorizzazione sostenibile
andranno indirizzate a sostenere
economicamente lo sviluppo di quelle
attività di produzione agricola che
risultino più compatibili con le esigenze di
conservazione del paesaggio.
Il progetto di paesaggio sarà dunque
finalizzato a guadagnare tanto la
collettività locale tanto i singoli privati
alla conservazione del paesaggio, cui
demandare deliberatamente il compito di
promuovere insieme sviluppo e identità: solo
in questo modo la tutela dei valori
paesaggistici potrà effettivamente essere
considerata compito comune delle
collettività insediate in quei territori.
Il Codice Urbani, confermando la
distinzione tra beni culturali e beni
paesaggistici, sembra trascurare il
fondamentale ruolo delle relazioni tra i
singoli beni. Questo programma può superare
questa aporia, mediante la sperimentazione
di modalità di controllo e di indirizzo
delle dinamiche territoriali entro i confini
dei paesaggi eccezionali, sviluppando
cioè un sistema di relazioni possibili tra
questi e il contesto ed evidenziando la
sistematica incidenza delle dinamiche
socio-economiche del territorio sui
caratteri dei paesaggi, e dunque, sulle
identità delle comunità territoriali
insediate.
Note
1
In ordine di iscrizione: il Centro Storico
di Napoli (1995); la Reggia di Caserta, col
Parco, l’Acquedotto Vanvitelliano e il
complesso di San Leucio (1997); le aree
archeologiche di Pompei, Ercolano e Oplonti
(1997); la Costiera amalfitana (1997); il
Parco nazionale del Cilento e del Vallo di
Diano, con i siti archeologici di Paestum,
Velia e la Certosa di Padula (1998).
2
La Costiera amalfitana è stata iscritta con
le seguenti motivazioni: “Rappresenta con la
sua conformazione naturale e architettonica
di suggestiva bellezza, il senso del potere
della natura sull’uomo, che da sempre ha
attratto poeti, artisti e viaggiatori di
tutto il mondo. Fu infatti luogo di scambio
fra il mondo islamico e l’Occidente, ricco
di contrasti: sole mediterraneo e rocce
scoscese, lussureggiante vegetazione e
grotte sul mare”. Il Parco del Cilento è
stato iscritto con le seguenti motivazioni:
“La zona del Cilento è costituita da un
insieme di paesaggi naturali e siti
culturali di eccezionale qualità: con i suoi
santuari e gli stabilimenti manufatturieri
che punteggiano le catene montuose
circostanti denota la sua evoluzione storica
dagli albori sino al Medioevo. Crocevia tra
le colonie della Magna Grecia e i popoli
indigeni etruschi e lucani, conserva le
vestigia delle due più importanti città
classiche quali Paestum e Velia. Criterio (iii).
Durante la preistoria e il Medio Evo la
regione del Cilento è stata il principale
passaggio per le comunicazioni culturali,
politiche e commerciali in un modo
particolare, cioè attraverso le catene
montuose che corrono da est a ovest creando
così un panorama culturale di notevole
significato e qualità. Criterio (iv): in due
momenti chiave dello sviluppo della società
umana del Mediterraneo come regione la zona
del Cilento ha costituito l’unico modo
esistente di comunicazione tra l’Adriatico e
il Tirreno nella regione del Mediterraneo
centrale, e ciò è chiaramente illustrato da
quello che resta oggi del paesaggio
culturale”.
3
Il Progetto Sirena è stato promosso
dal Comune di Napoli e dalla regione a
partire dalla fine degli anni ’90 per
incentivare il recupero delle parti comuni
degli edifici privati dei centri storici e
delle periferie della città (D’Auria, 2004 e
2005).
4
La Cep mira alla conservazione e al
miglioramento “degli aspetti significativi o
caratteristici di un paesaggio”, attraverso
l’individuazione di obiettivi di qualità
paesaggistica definiti come “la formulazione
da parte delle autorità pubbliche
competenti, per un determinato paesaggio,
delle aspirazioni delle popolazioni per
quanto riguarda le caratteristiche
paesaggistiche del loro ambiente di vita”
(art. 1).
Il Codice Urbani (DLgs 42/2004)
recepisce l’invito della Cep e all’art. 143,
comma 2, stabilisce che gli obiettivi di
qualità paesaggistica siano:
“a) il mantenimento delle caratteristiche,
degli elementi costitutivi e delle
morfologie, tenuto conto anche delle
tipologie architettoniche, nonché delle
tecniche e dei materiali costruttivi;
b) la previsione di linee di sviluppo
urbanistico ed edilizio compatibili con i
diversi livelli di valore riconosciuti e
tali da non diminuire il pregio
paesaggistico del territorio, con
particolare attenzione alla salvaguardia dei
siti inseriti nella lista del patrimonio
mondiale dell’Unesco e delle aree agricole;
c) il recupero e la riqualificazione degli
immobili e delle aree sottoposti a tutela
compromessi o degradati, al fine di
reintegrare i valori preesistenti ovvero di
realizzare nuovi valori paesaggistici
coerenti e integrati con quelli”.
5
Secondo gli autori le esperienze “sono una
quarta tipologia di offerta economica,
distinta dai servizi così come i servizi
sono distinti dai beni e i beni dalle
commodity. Quando una persona acquista un
servizio, compra un set di attività
intangibili che vengono svolte per suo
conto. Quando invece acquista un’esperienza
paga per passare del tempo nel godere di una
serie di eventi memorabili”.
6
Va ricordato che, a differenza della
Convenzione del patrimonio mondiale
culturale e naturale dell’Unesco, in cui è
introdotto il concetto di paesaggio
culturale, nella Convenzione europea del
paesaggio l’aggettivo culturale viene
evitato, risultando incompatibile col
concetto di paesaggio esteso alla totalità
del territorio, inclusi i paesaggi del
degrado e dell’abbandono o delle
infrastrutture territoriali.
7
Per quanto attiene i paesaggi rurali, gli
obiettivi di salvaguardia e
riqualificazione, potranno essere raggiunti
tramite l’impiego coordinato di strumenti di
pianificazione paesaggistico-ambientale e di
politica agraria che, attraverso
l’erogazione di contributi finanziari, siano
in grado di indurre l’agricoltore a
realizzare azioni di miglioramento del
paesaggio. Tramite l’utilizzo di modelli di
multi-objective analisis è possibile
individuare soluzioni di compromesso tra la
realizzazione di azioni volte a migliorare
l’assetto paesaggistico del territorio da
parte degli agricoltori e la massimizzazione
del reddito delle aziende agricole (Tempesta
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