Lo studio di fattibilità la risorsa fiume e la città lineare
è stato elaborato a seguito del concorso
nazionale di idee bandito dalla Provincia di
Salerno per la riqualificazione dell’agro
nocerino sarnese da un gruppo di lavoro
costituito dagli architetti Michele Cirillo,
Bartolomeo Di Bartolomeo, Aldo De Vivo,
Antonella Gemey, dall’ingegnere Enzo
Salzano e dagli economisti Luciano Venerato
e Salvatore La Mura, da me coordinato.
Precedentemente era stata svolta una ampia
ricerca progettuale sul Comune di Scafati
attraverso una convenzione tra la sua
amministrazione e l’Università di Napoli,
sul recupero del centro antico della città,
il quartiere Vetrari, e sul possibile ruolo
del fiume Sarno nella riqualificazione
urbana, ricerca progettuale di cui lo studio
di fattibilità, almeno parzialmente,
rappresenta lo sviluppo, ampliato
geograficamente, articolato negli obiettivi
e precisato metodologicamente.
All’interno del vasto ambito problematico riguardante il ruolo delle
aree produttive dismesse e quello del
sistema dei beni culturali e ambientali
nella riqualificazione del territorio,
l’agro nocerino sarnese rappresenta un
luogo geografico e sociale tra i meno sostenibili
del meridione d’Italia, ma insieme
rappresenta un valido campo di
sperimentazione per verificare i reali
ambiti operativi della progettazione
complessa, quando questa assuma
l’attuazione come obiettivo e la
realizzazione commisurata alle capacità di
gestione e alle forze economiche locali,
superando il volontarismo astratto che
spesso accompagna la redazione di progetti
di risanamento ambientale.
Lo studio, che comprende elaborati di sintesi delle analisi svolte e di
quelle già esistenti disponibili e una
serie articolata di proposte progettuali e
di gestione, è da intendersi come uno
strumento operativo aperto a sviluppi
ulteriori, che individua diversi livelli di
intervento, dalla scala comprensoriale a
quella locale (progetti strategici) su cui
canalizzare nel tempo le risorse pubbliche e
private, acquisendo come metodologia di
attuazione la concertazione e il principio
di sussidiarietà.
Lo studio è il risultato di diversi livelli di analisi e di
interpretazione dei dati: la ricerca
pluridisciplinare applicata alla conoscenza
fisica e storica del territorio, la
ricognizione e la valutazione delle
politiche in atto, il rapporto con gli enti
di governo locale e con le istituzioni
presenti sul territorio, con lo scopo di
verificare le ipotesi progettuali alle
diverse scale attraverso la concertazione
degli obiettivi e delle modalità di
gestione in relazione alle risorse
disponibili.
Il progetto proposto acquisisce la conoscenza e la critica degli
elementi strutturali del paesaggio
culturale come ragione fondativa
dell’ipotesi operativa, con l’obiettivo
di determinare nel tempo assetti adatti ad
esprimere e a tradurre in segni connotativi
nel paesaggio le istanze espresse nella
società contemporanea, definendo un disegno
strategico d’insieme, inteso, piuttosto
che come obiettivo finale, come processo o
iter continuamente modificabile, attuabile
attraverso progetti specifici e determinati
nel tempo e nel luogo.
Dalla definizione di paesaggio culturale come risultato nel
corso del tempo dell’interazione tra uomo
e ambiente si può legittimamente fondare il
progetto di risanamento ambientale non già
come elencazione, constatazione,
salvaguardia di ciò che resta naturale
o di valore culturale dopo le
trasformazioni operate dall’uomo,
piuttosto come modo di stabilire nuovi
equilibri nel rapporto tra natura e storia.
Equilibri che saranno necessariamente precari, soggetti ad ulteriori
trasformazioni, non tutte prevedibili, ma
che dovranno assumere la sostenibilità come
obiettivo condiviso.
Figura
1 - Particolari progettuali di
interventi previsti nello studio di
fattibilità
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L’agro nocerino sarnese
L’agro nocerino sarnese può essere considerato, così come
storicamente si è definito, un’area
omogenea capace di distinguersi dal restante
territorio provinciale, fisicamente
perimetrabile come la vasta pianura compresa
tra il Vesuvio, i monti Picentini, la
penisola sorrentina, territorialmente
definibile ed evidenziabile.
L’ambito territoriale riguarda un’area di circa 161 Kmq
corrispondente al territorio dei Comuni di
Angri, Castel San Giorgio, Nocera Inferiore,
Nocera Superiore, Pagani, Roccapiemonte, San
Marzano, San Valentino Torio, Sant’Egidio
del Monte Albino, Sarno, Scafati. L’area
dell’agro nocerino sarnese si situa, in
maniera equidistante, tra i poli urbani
delle città capoluogo di Napoli e di
Salerno nella piana del fiume Sarno.
I territori comunali di Angri, Scafati, S. Marzano sul Sarno e San
Valentino Torio si sviluppano nel lato ovest
della pianura del Sarno; Nocera Inferiore,
Nocera Superiore, Pagani e S. Egidio del
Monte Albino si sviluppano lungo la fascia
pedemontana dei Monti Lattari; Castel San
Giorgio e Roccapiemonte si insinuano lungo
le valli di confine a nord est; Sarno si
adagia alle pendici dei monti Picentini.
La presenza dei vulcani nei territori vicini, e la presenza del fiume
Sarno hanno dato luogo a un terreno
particolarmente fertile. Ulteriore ricchezza
è data anche dalla rilevante presenza di
sorgenti di acque minerali in tutto il
territorio, soprattutto nelle zone
pedemontane.
La morfologia del territorio e la sua antica origine hanno prodotto nel
tempo un sistema di beni storici e
ambientali ricco e articolato: l’area
archeologica di Nuceria Alfaterna, città
che gareggiava con Pompei per importanza, i
tracciati delle antiche vie consolari (fra
cui la Via Popilia), le abbazie ed i
santuari, le torri e i castelli sorti lungo
i percorsi storici nei punti ritenuti più
adatti alla difesa del territorio,
illustrano la continuità storica degli
insediamenti nell’agro nocerino sarnese.
La notevole fertilità del suolo ha portato ad una redditizia pratica
dell’agricoltura, innestatasi e
sviluppatasi anche grazie alla bonifica
borbonica che realizzò una rete di
canalizzazioni per la captazione delle acque
del fiume Sarno, utilizzata sia per
l’irrigazione dei campi sia per lo
sviluppo di attività industriali, quali
quelle tessili della lavorazione della
canapa. Oggi la produzione industriale è
prevalentemente quella della trasformazione
agro alimentare, con qualche presenza di
industrie nel settore della produzione di
componenti per l’informatica.
L’ agro nocerino sarnese, quindi, costituisce un contesto ambientale
in cui condizioni naturali e sociali hanno
consentito uno sviluppo insediativo ed
economico-produttivo che configura
quest’area come luogo emergente nel
contesto regionale, sia in relazione
all’intensità del processo di
urbanizzazione, sia alla peculiare
collocazione nella rete insediativa
regionale.
Nella pianura nocerina, in particolare, emergono gli addensamenti
urbani tra Scafati e Nocera Superiore. In
particolare, la continuità dei centri
abitati e le loro analogie morfologiche e
funzionali definiscono questi insediamenti
come un’unica aggregazione a sviluppo
lineare situata lungo la direttrice della
storica Via Consolare (attuale strada
statale 18), dell’Autostrada A3 e della
linea ferroviaria.
La stessa direttrice si allunga, idealmente, verso il territorio
napoletano e salernitano esercitando
un’attrazione sociale e industriale verso
territori confinanti.
Figura
2 - Il polverificio borbonico
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A questo sistema lineare si relaziona una diffusione insediativa
piuttosto intensa relativa agli insediamenti
di minore estensione e compattezza quali San
Marzano, San Valentino Torio, Sant’Egidio
del Monte Albino, Roccapiemonte e Castel San
Giorgio.
Il tessuto connettivo tra i diversi centri storici, e tra l’Agro ed i
suoi confini naturali, si caratterizza per
la commistione tra edilizia residenziale e
produttiva, spesso di origine abusiva e di
scarsa qualità architettonica. Queste
tipologie di costruzioni hanno contribuito a
depauperare il patrimonio delle aree
produttive agricole, fortemente
parcellizzato.
Nel periodo 1961-1971 le dinamiche demografiche dell’agro nocerino
sarnese presentano una continua crescita dei
centri maggiori. I centri connotati da un
significativo apparato produttivo sono
interessati da un incremento demografico che
caratterizza l’area come un territorio in
fase di sviluppo demografico ed
economico-produttivo. I comuni dell’agro,
ad esclusione di Nocera Superiore, si
presentano in generale con una dimensione
media di più di ventimila abitanti e,
nonostante dimostrino segnali di crisi, si
impongono nel sistema insediativo
provinciale con ruoli emergenti.
Nel decennio successivo aumenta la concentrazione di popolazione
nell’agro nocerino sarnese, con uno
sviluppo più intenso nei comuni a nord e a
est di Nocera Superiore. Nel periodo
1981-1991 la crescita è diffusa, e si
ridimensionano gli elevati valori positivi
di Scafati e Angri.
Nei successivi cinque anni, il territorio continua a configurarsi come
un’area in crescita, con l’eccezione di
Sarno e Nocera Inferiore, in cui si verifica
un’inversione di tendenza.
Ad oggi l’agro nocerino sarnese si presenta con la maggior parte dei
comuni aventi una dimensione demografica
superiore a diecimila abitanti. Nocera
Inferiore, Pagani, Sarno e Scafati hanno una
dimensione compresa fra i 30mila e 50mila
residenti; alcuni di questi centri, infatti,
hanno raggiunto livelli di saturazione tali
da comportare una perdita di funzionalità e
qualità insediativa, che induce al
trasferimento verso i comuni limitrofi.
Riguardo alla dinamica occupazionale, il quadro complessivo è
negativo: il valore medio del tasso di
disoccupazione dell’area dell’agro
nocerino sarnese risulta superiore ai valori
provinciali, regionali e nazionali con un
dato del 39,67% contro il 32,60% della
provincia.
La situazione occupazionale femminile è drammatica, presentando tassi
prossimi al 50%, con i Comuni di Pagani, di
S. Egidio del Monte Albino e di S. Valentino
Torio con addirittura un dato di indice
mediamente superiore di circa 6 punti
percentuali rispetto alla media dell’area;
ugualmente la situazione delle generazioni
più giovani della popolazione dell’Agro,
dove il valore medio dell’area risulta
pari al 67,26%.
Il progetto alla scala comprensoriale La
presenza delle aree dismesse come opportunità
Il processo di deindustrializzazione e di trasformazione produttiva non
interessa solo le grandi metropoli: molte
parti del territorio europeo ne sono
caratterizzate e raramente sarà possibile
immaginare di convogliarvi grandi interessi
finanziari e immobiliari, sicché è
possibile immaginare uno scenario in cui le
differenze qualitative tra sistemi
insediativi forti e sistemi insediativi
deboli, nella stessa Europa, siano destinate
ad aumentare piuttosto che a diminuire.
Le esperienze di riqualificazione degli insediamenti a tutt’oggi
realizzate, hanno generalmente riguardato
ambiti di grandi metropoli: Parigi, Londra,
Berlino, Glascow, Barcellona, sono tutte
città dove le aree produttive dismesse sono
collocate in zone strategiche per il futuro
dello sviluppo urbano, fortemente appetibili
all’intervento privato di qualità; di
conseguenza, le destinazioni funzionali
contrattate tra gli enti locali e
l’imprenditoria ai fini della loro
trasformazione, utilizzando gli alti livelli
di valore immobiliare, hanno potuto
garantire, attraverso la costruzione di
attrezzature collettive culturali e servizi,
anche la riqualificazione urbanistica di
interi ambiti periferici.
Nell’agro nocerino sarnese, che può essere inteso come un sistema
insediativo continuo tra Napoli e Salerno,
le aree industriali dismesse rappresentano
una rilevante opportunità di trasformazione
della qualità insediativa, purché i
progetti riescano ad individuare il giusto
equilibrio tra le destinazioni d’uso in
funzione della effettiva trasformabilità e
della sostenibilità ambientale degli
interventi.
È a partire dal ruolo di queste parti del territorio, oggi in gran
parte incluse negli ambiti urbani, che è
possibile innescare concretamente un
processo di riqualificazione generale degli
insediamenti, assumendo come obiettivo
generale la individuazione di interventi
progettuali definiti, di contenuti
funzionali e di dimensione adeguata alle
capacità produttive locali, capaci di
configurarsi nell’insieme come un sistema,
atto ad innescare ulteriori processi di
trasformazione e di riconfigurazione di
gerarchie funzionali e di qualità
architettonica, localmente governabili anche
utilizzando la nuova realtà gestionale
determinatasi con la creazione dei patti
territoriali.
Il luogo agro nocerino evoca scenari di un immenso terrain
vague, dove insediamenti urbani
convivono con edifici industriali vecchi e
recenti, nel disordine amministrato
dall’abusivismo, dove la rete del fiume
Sarno, del suo principale affluente Cavaiola
e dei numerosi canali di raccolta delle
acque e di distribuzione apporta più che
qualità naturali al territorio, vaste
problematiche ambientali; dove la
realizzazione delle infrastrutture di
collegamento, ferrovie e autostrade e strade
di vario genere, tracciate seguendo la
logica del più breve percorso tra punti
evitando il più possibile gli espropri, ha
reso incomprensibile la trama sottile della
geografia antropica delle coltivazioni in
pianura e generato incredibili ritagli di
territorio. Un territorio dove al visitatore
i difficili orientamenti sono affidati alla
geografia naturale dei rilievi montuosi - il
Vesuvio da una parte, i Monti Lattari, che
separano dalla costiera amalfitana, le
ultime propaggini del golfo di Napoli - e
alla presenza dei resti sui rilievi montuosi
delle antiche opere di difesa.
Non così per chi questo territorio abita e vive e che oggi chiede un
progetto capace di configurare qualità
insediativa.
La prima fase dello studio ha riguardato, quindi, la possibilità di
individuare l’esistenza di una nuova
geografia su cui fondare nel tempo il
processo di riconversione di questo
territorio da non luogo a nuovo
luogo, canalizzando le risorse esistenti in
una serie di azioni promotrici di sviluppo
non solo economico, ma anche culturale.
A seguito delle valutazioni emerse dagli studi di settore, sono quindi
stati individuati due sistemi territoriali
già esistenti in nuce, che sono stati
assunti come caposaldi della sostenibilità
dello sviluppo futuro: la città fluviale
e la città lineare.
Figura
3 - Inquadramento territoriale dello
studio di fattibilità
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La città fluviale
La città fluviale si sviluppa lungo il Sarno, dalle sorgenti a valle,
coinvolgendo al suo interno le aree ancora
naturali che seguono il suo corso e i Comuni
di San Marzano e di San Valentino Torio, con
caratteristiche ancora fortemente agricole.
La città fluviale è individuata da due porte
significative: Scafati a Sud e Sarno a monte
del percorso. La prima è fortemente
caratterizzata dalla presenza del
Polverificio borbonico del XVIII secolo in
occasione della costruzione del quale il
corso del fiume fu rettificato per
consentire la navigabilità dal porto
industriale di Castellammare, forma di
paesaggio che può essere recuperata per
una importante destinazione museale connessa
alla riqualificazione della città
archeologica di Pompei. La seconda porta è
caratterizzata dall’area archeologica
delle sorgenti del Sarno e dalla presenza
dei numerosi edifici di archeologia
industriale in corso di restauro e di
rifunzionalizzazione; per la sua posizione
pedemontana è naturalmente destinata a
costituire il luogo di relazione tra il
sistema montano e collinare e la pianura.
La città fluviale perimetra le porzioni di territorio entro le quali
si rende possibile sia il recupero di
interessanti manufatti agricoli, come le
masserie abbandonate, sia lo sviluppo di
nuove attività produttive legate alla
riconversione agricola verso la produzione
di specie più pregiate e specializzate.
La città fluviale comprende il progetto del parco fluviale inteso come
un sistema complesso, nel quale le
trasformazioni territoriali non possono
essere governate per via di politiche
settoriali, bensì da azioni interrelate
coerentemente.
La questione ambientale deve essere affrontata mirando a definire e
dotare di efficacia normativa sistemi di
condizioni alla trasformazione, che
coinvolgono le componenti strutturali
(naturalistiche), formali (paesaggistiche e
documentarie), funzionali (igieniche e
tecnologiche), socio economiche (sviluppo
produttivo e mercato) e culturali (identità
dei luoghi).
Il parco fluviale è inteso come un sistema di sistemi, all’interno
di questa struttura complessa la risorsa
acqua rappresenta il filo conduttore nei
suoi molteplici significati e forme: di
elemento primario ambientale, del paesaggio
naturale e storico, di matrice di opere di
architettura e di strutture storiche.
Da queste considerazioni emergono gli obiettivi del progetto, dove i
diversi fattori si richiamano reciprocamente
nell’individuazione di un percorso
politico gestionale fatto di momenti e di
azioni consequenziali.
La stabilità del rapporto acqua-suolo diviene un obiettivo principale
delle costruzioni di regole e di progetti di
settore e d’area insieme funzionali alla
riqualificazione complessiva del territorio
nell’ottica di una forte bonifica
ambientale e di rilancio economico.
Gli obiettivi generali possono sintetizzarsi in:
- recupero dell’ecosistema fluviale che presuppone il recupero della
qualità delle acque;
- riorganizzazione dei canali di bonifica che storicamente hanno
costruito l’armatura funzionale alle
colture agricole;
- restauro e ricostruzione degli ambiti perifluviali, ai fini della
capacità depurativa delle acque di
superficie e di falda;
- salvaguardia della struttura storica del territorio, con il recupero
del sistema dei fondi agricoli, delle strade
interpoderali, delle masserie, del rapporto
con i numerosi centri storici, oggi
fortemente degradati;
- valorizzazione ed indirizzo della produzione agricola verso forme di
riconversione biologica;
- miglioramento della fruibilità del fiume anche come elemento di
riqualificazione del sistema dei parchi
urbani;
- riorganizzazione delle aree industrializzate con la riconversione a
tecnologie avanzate meno inquinanti con il
controllo del ciclo di produzione e la
promozione dei certificati ambientali;
- riqualificazione della rete stradale con gerarchie e ruoli
chiaramente individuabili anche a livello
paesaggistico, ai fini della definizione di
diversi livelli di percorribilità del
territorio.
La città lineare
La città lineare comprende gli insediamenti sorti lungo la strada
statale, caratterizzati ormai come
conurbazione metropolitana (Pompei, Scafati,
Angri, Sant’Egidio di Monte Albino,
Pagani, Nocera Inferiore e Nocera inferiore,
fino a Cava dei Tirreni). L’idea-progetto
individua alcuni luoghi lungo il tracciato
al momento privi di identità, che, per la
presenza di edifici industriali dismessi o
in via di trasferimento e per la contiguità
con il nuovo tracciato della strada statale,
possono essere utilizzati come nuove porte
di accesso alle aree centrali urbane e
costituirsi come nuovi luoghi di identità
collettiva.
Il lavoro, in corso di elaborazione, sinteticamente definisce un
insieme di progetti di scala urbana o di
dettaglio che ha come scopo la
riqualificazione dell’insediamento urbano
in relazione al sistema dei valori storici e
ambientali. Esso individua un quadro di
azioni diverse che interessano operatori
pubblici e privati, capaci di riconfigurare
nel paesaggio e nell’architettura le
relazioni tra le diverse funzioni.
Se la costruzione della nuova sede della strada statale 18 rappresenta
un progetto di ambito comprensoriale, la sua
realizzazione può indurre un processo di
trasformazione degli ambiti locali,
ridefinendo i luoghi dell’accesso alle
città storiche, le funzioni da attribuire
al patrimonio delle aree e degli edifici
dismessi compresi tra l’edificato attuale
e la nuova sede stradale.
Conseguentemente sono stati individuati una serie di progetti
strategici d’area capaci di ridefinire
l’identità dei luoghi come un sistema
articolato lungo la direttrice principale
caratterizzato da gerarchie funzionali e
architettoniche ben precisate. I progetti
strategici possono sinteticamente essere
individuati in:
- la trasformazione della attuale sede della Ss 18 in una viabilità di
carattere urbano; con la costruzione della
nuova sede, si rende possibile ridefinire il
ruolo urbano di questa arteria esistente
come grande viale di collegamento tra i
centri dell’agro con nuove e appropriate
destinazioni d’uso degli edifici, con la
utilizzazione per parcheggi e per servizi
delle aree disponibili;
- il recupero dei luoghi centrali: a seguito del processo di
urbanizzazione, molti centri storici sono
stati abbandonati a causa dello sviluppo del
terziario in aree di nuova edificazione, si
tratta di un patrimonio spesso di notevole
valore culturale, che definisce l’identità
storica delle singole città e che può
essere recuperato attraverso politiche di
incentivazione al restauro e alla
rifunzionalizzazione;
- i luoghi del mercato: le aree mercatali hanno rappresentato da sempre
luoghi di identità delle città
dell’Agro, ma a causa del fenomeno di
abbandono dei centri storici, oggi i mercati
si svolgono nelle aree periferiche, in spazi
male attrezzati e prestati allo scopo
occasionalmente; il progetto propone una
nuova collocazione di questi spazi in
relazione al perimetro dei centri storici,
con lo scopo di riconnettere anche
attraverso la qualità architettonica dello
spazio collettivo, la città storica con la
nuova edificazione;
- la riqualificazione delle aree produttive dismesse: il progetto
valuta l’opportunità di confermare anche,
oltre alla destinazione commerciale e
sportivo ricreativa prevista nella maggior
parte dei piani regolatori, la destinazione
produttiva con attività compatibili, come
quelle ad esempio, legate alla produzione di
beni immateriali e di servizi;
- la ridefinizione del sistema dei parchi urbani: il progetto individua
una serie di aree limitrofe alle città
storiche fortemente degradate, da destinare
alla formazione di parchi di corona;
l’insieme delle aree verdi nella città
consolidata deve essere considerato come
oggetto di una progettazione unitaria
attuata per parti, che valorizzi il rapporto
tra i singoli centri storici e la nuova
edificazione, strutturando il sistema dei
percorsi pedonali e ciclabili, nonché i
parcheggi scambiatori.
La valorizzazione del complesso archeologico di Nuceria Alfaterna
attraverso la istituzione del parco
archeologico; la vasta area archeologica nel
sottosuolo di Nocera Superiore è conosciuta
da tempo e campagne di scavo hanno rinvenuto
il teatro e la necropoli di Pizzone, la
proposta del parco archeologico parte dalla
constatazione della difficoltà di gestione
delle opere già realizzate e della
programmazione degli scavi in una realtà
fortemente urbanizzata, ma la presenza di
una vasta proprietà comunale rende
immediatamente operativa la realizzazione di
una nuova campagna di scavi per la messa in
luce dell’antico Foro. L’area della città
antica potrà comunque essere oggetto di una
progettazione unitaria che, pur
salvaguardando la città superiore, permetta
l’organizzazione di percorsi didattici e
di visita ai saggi di scavo nel corso della
loro attuazione.
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